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Post n°494 pubblicato il 28 Aprile 2019 da carlopicone1960
 
Foto di carlopicone1960

Al di là dei dati numerici da guiness dei primati, la longevità oltre ogni limite di Ciriaco De Mita, che, a 91 anni, mostrando una tempra e una lucidità sempre più invidiabili, ha deciso di ricandidarsi, per la seconda volta consecutiva, alla carica di sindaco di Nusco, non può non far sorgere una considerazione in merito allo stato della politica in Irpinia. Che ci sia una figura “eterna” come quella dell’ex segretario nazionale della Dc oltre che ex presidente del consiglio, ancora in attività, è, infatti,  il sintomo di una crisi che si esplicita nella mancanza di novità e di leadership parimenti carismatiche dentro una realtà la cui caratteristica predominante è la staticità immobile, sinonimo di emancipazione inesistente, come di evoluzione bloccata agli anni d’oro dei “magnifici sette” uomini politici democristiani capeggiati proprio dal “Signore” di Nusco. Ora rivolto al traguardo dell’immortalità.

L’estrema passività del panorama politico irpino è del resto suffragata dall’assenza ai tempi attuali di alternative credibili in qualsiasi schieramento partitico. 

Nemmeno il Movimento Cinque Stelle pare aver attecchito come i risultati elettorali facevano attendere, né tantomeno, fra i parlamentari della nuova formazione, spicca qualche nome come possibile punto di riferimento nella provincia di Avellino, qualcuno davvero impegnato per lo sviluppo e la salvaguardia dei nostri territori. Ancor più desertico, lo scenario sul quale impatta il “salvinismo”, assolutamente dominante in tutt’Italia, ma ancora privo di elementi di contatto qui dove il tempo pare essersi fermato. Senza più leader, però. In una condizione generale indietro anni luce rispetto a zone più all’avanguardia, a livello nazionale ed europeo. 

 

Allora, sarà stato anche a causa dell’irrealizzato ricambio della classe dirigente locale, sistematicamente azzerata non appena si apprestava a mettere in campo politiche autonome, da parte degli anziani feudatari del potere democristiano, tuttora in sella e attenti al controllo del territorio; ma la colpa essenziale è di chi, subendo gli effetti deleteri del clientelismo diffuso e dell’intramontabile “familismo amorale”, ha continuato e continua a votarli, senza esprimere istanze veramente nuove. E, al loro fianco, non si possono non citare i membri della “società civile”, gli intellettuali, gli uomini di cultura ed i politici odierni, incapaci di produrre un pensiero nuovo ed innovatore per l’Irpinia ed il suo capoluogo.

 
 
 
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