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Biophilia

Post n°501 pubblicato il 26 Maggio 2019 da carlopicone1960
 
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C’è un tema che riguarda tutti gli esseri umani dotati di buonsenso ma che ancora non suscita la giusta mobilitazione: la condizione critica del nostro pianeta. Relegato ad un problema minore. 

Anche in quest’ultima campagna elettorale per le Europee, è stato pressoché assente dal dibattito in cui l’emergenza ambientale, il più che necessario ecologismo, di fronte al riscaldamento globale e all’inquinamento sempre più distruttivo, sono stati quasi accantonati. Per l’ennesima volta rinviati a decisioni che tardano a venire da parte di istituzioni e governi, organismi internazionali che passivamente osservano l’aggravarsi della crisi.

E meno male che nel riaffiorare ciclico della retorica ambientalista, quella destinata a sgonfiarsi dopo aver acquietato le coscienze di politici ed opinionmaker in marce e scioperi contro il buco dell’ozono e le emissioni di Co2, ci sia, oggi, un movimento di giovani imberbi, la “Green generation”, che prendono coscienza e scendono in piazza, pretendendo un pianeta terrestre davvero vivibile. Senza più plastica a togliere il respiro al nostro mare. Senza più veleni ad uccidere i nostri fiumi, a desertificare i nostri boschi e le nostre foreste. 

Giunti ad un punto di non ritorno, con un’emergenza climatica sempre più sconvolgente, l’aspetto migliore, che fa ben sperare per il futuro, è proprio l’impegno delle nuove generazioni, mentre quelle più anziane continuano nell’opera suicida di cementificazione, di eliminazione sistematica di alberi e vegetazione per costruire ed asfaltare, trasformando al contempo le città in camere a gas, aggredite da uno sregolato traffico di automobili, sempre più invasivo. 

Ci si sforza, infatti, nell’ignorare o addirittura negare l’entità del problema ambientale, quasi non fosse di ogni uomo sulla terra. Mentre il primo passo da compiere non può che essere la presa di coscienza individuale, partendo dalle piccole azioni ecologiche che sommate possono rendere più sostenibile la convivenza tra gli umani. I più giovani sembrano averlo già capito e lottano e manifestano per un pianeta più pulito, per la salvaguardia dell’ecosistema gravemente ferito. 

Il loro grido d’allarme, il loro sos clima, merita di essere prontamente ascoltato e tradotto in scelte efficaci da parte dei governanti. Mobilità sostenibile, efficienza energetica, sviluppo e cura del verde anche fra i palazzoni delle città, azzeramento dei gas nocivi, e, soprattutto, una costante attività di sensibilizzazione all’educazione ambientale e alla “biophilia”. Che significa amore e rispetto per la natura.

Mai come in questi tempi il pensiero di un filosofo del Settecento, come Jean Jacques Rousseau, dimostra la sua attualità, quando occupandosi del problema dell’uomo mette a confronto lo stato di natura e lo stato in cui l’uomo vive nella società, mettendo al di sopra di tutto la condizione naturale. 

Oggi si riparla della dipendenza degli esseri umani dalla natura, che non solo ci sostiene fisicamente, dandoci aria pulita, acqua potabile e cibo, ma anche psichicamente, rigenerandoci dentro un legame affettivo ancestrale, che resta sempre forte. Perdere il contatto con la Natura, come progressivamente hanno fatto gli uomini, costituisce l’atto di maggiore autolesionismo che essi abbiano potuto compiere. La crescente disconnessione nei confronti della natura, come spiegano gli esperti di ecopsicologia, non può che lasciarci inquieti: Richard Louv, in “L’ultimo bambino nei boschi”, la definisce sindrome da deficit di natura. E biofilia è, secondo gli scienziati, il nostro legame affettivo con la natura. Essi hanno scoperto che il bisogno di natura investe concretamente lo sviluppo della personalità. Il contatto frequente con l’elemento naturale, è stato accertato, riduce lo stress e favorisce la rigenerazione dalla fatica mentale. 

 

Oggi che più della metà della popolazione mondiale è urbanizzata, per favorire il contatto con la natura, c’è bisogno di riprogettare gli ambienti artificiali come case, scuole, ospedali, luoghi pubblici, per renderli il più possibile simili ai contesti naturali. Si aprono nuove frontiere per l’architettura e il design, per la riqualificazione urbana, verso l’efficienza energetica e, innanzitutto, la cura del benessere di chi vive l’ambiente. La natura è da conservare per il nostro benessere fisico e mentale. Cambiare stili di vita, divenuti insostenibili, è l’imperativo del presente, in cui non c’è più tempo da perdere.      

 
 
 
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