paese reale

Piovono le pec. Le manifestazioni d’interesse. Le offerte. Anche se con un po’ di ritardo si moltiplicano i possibili acquirenti dell’U. S. Avellino. Non resta che attendere: sfogliare la margherita o, meglio, dar vita ad una sorta di “gara d’appalto” perché venga aggiudicata la società di calcio da una nuova proprietà, mentre c’è buio pesto intorno alla Scandone basket. Purtroppo, non allo stesso modo presente nel cuore degli appassionati di sport avellinesi. 

Che la pallacanestro biancoverde sia finita nel viluppo di una sovraesposizione debitoria aggravata da mancati pagamenti, ingiunzioni non rispettate e tasse inevase, alla base dello stesso caso Sidigas, è noto. Come pure l’inserimento del roster virtuale, che dovrebbe continuare una storia che risale al 1948, nel girone D della serie B, senza sapere chi andrà in campo, chi sarà il coach e chi il presidente. Ragione che ha portato gli irriducibili Original Fans a indire per sabato prossimo una pubblica manifestazione. Ma l’impressione è che a pochi importi davvero il destino di una formazione che ha condotto la città di Avellino ai vertici del basket italiano. Dopo aver diffuso il verbo cestistico in queste lande impervie e desolate. 

Qui, infatti, intere generazioni, grazie alla Scandone, sono state educate ai sani principi di uno sport bellissimo, con le indimenticabili leve di minibasket da cui sono usciti i primi “campioni” fatti in casa, contribuendo a cambiare anche sul piano anatomico il profilo fisico degli avellinesi, allungando un po’ gli arti di quanti preferivano iscriversi alle attività della “Felice Scandone” al più rude gioco del pallone, dentro scuole calcio e vivai. 

Da sempre è stata una scelta minoritaria quella per il basket, in una realtà che si emozionava in prevalenza per i lupi del calcio, vivendone ogni successo con trasporto caloroso e feste di piazza. 

Eppure dalla pallacanestro è arrivato il trofeo più importante della storia dello sport biancoverde: la Coppa Italia del 2008. Appena undici anni fa. 

Il tifoso irpino ruggiva quasi esclusivamente per l’U. S. Avellino 1912, il suo magico decennio in serie A, e poi la cadetteria, il sali e scendi con la serie C, le due improvvide cancellazioni, una più incredibile dell’altra, e infine, proprio all’atto della risalita in Lega Pro dalla D, l’attuale clamoroso crac De Cesare.

L’idea più realizzabile per dare concretezza alla condizione di virtualità che investe la Scandone, ridotta pressoché ad un’entità fantasma, sarebbe quella di mettere insieme i giovani rincalzi delle ultime annate affidandoli ad un altrettanto giovane coach, tutti made in Irpinia a giocarsi la B, ma questa soluzione non può che essere vana se prima non si dà forma ad un nuovo assetto societario. 

A tal proposito, però, non ci sono pec né alcun interessamento, a parte l’impegno, seppur limitato, del primo cittadino Gianluca Festa, ex cestista della Scandone in A2. C’è un patrimonio di passione sportiva da salvare, oltre che nel calcio, nella pallacanestro avellinese.