Creato da il_grillo_sparlante il 28/04/2006
raccontero' di come sono fuggita dalla favola e di come mi sono messa in proprio per sparlare di me...

«Come gli amici adulando pervertono, così i nemici con i rimproveri molte volte correggono.»

Sant'Agostino

 
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Post N° 47

Post n°47 pubblicato il 01 Luglio 2007 da il_grillo_sparlante

Penso che non sia una casualita' il fatto che quando c'e' in giro il mio uomo od un altro oltre al suo ragazzo  lei giri in casa in perizoma  e reggiseno

 
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Post N° 46

Post n°46 pubblicato il 17 Giugno 2007 da il_grillo_sparlante

Purtroppo ci sono verita' inconfutabili come la stupidita'.....e la conqui e' inconfutabile!

 
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Post N° 45

Post n°45 pubblicato il 17 Giugno 2007 da il_grillo_sparlante
 

Metto un "velo" su quanto scritto in precedenza...per oscurare un periodo decisamente brutto. Mi scuso con quanti, disgraziatamente,sono passati di qui,trovando una fossa melmosa,sto cercando di bonificare l'area ,e di ritrovarmi a scrivere  delle cose con piu' ironia .

 
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Post N° 43

Post n°43 pubblicato il 16 Marzo 2007 da il_grillo_sparlante

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Mi rivedo molto in Paperino sono irascibile e ultimamente scatto per un nonnulla aggredendo le persone che amo...ho un caratterino....che cerco di addestrare alla mitezza ,e' giusto avere "carattere"peccato per me che lo sfodero nei momenti sbagliati...da qui nascono i miei tormenti.
Mi difendo da chi dovrei dar fiducia...e mostro vulnerabilita' a chi dovrei tener distante,ma non lo faccio di proposito ,non so gestire i momenti.

 
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Post N° 42

Post n°42 pubblicato il 14 Dicembre 2006 da il_grillo_sparlante

  TRADISCIMI

 
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Post N° 40

Post n°40 pubblicato il 14 Dicembre 2006 da il_grillo_sparlante

i miei occhi e il cuore sono in conflitto estremo

per contendersi l'immagine della tua persona:

gli occhi al cuor vorrebbero celare la tua effigie,

agli occhi il cuor contesta la libertà di tal diritto.

Il cuore a difesa adduce che tu dimori in lui

- un tempio mai violato da sguardi penetranti -

ma gli accusati negano tal dissertazione,

dicendo che in loro giace il tuo bel sembiante.

Per attribuir questo diritto si convoca in giuria

un esame dei pensieri che al cuore son fedeli,

e per verdetto loro viene aggiudicata

la parte dei puri occhi e quella del caro cuore:

così: agli occhi spetta la tua esteriorità,

e diritto del mio cuore è il tuo profondo amore.

 
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Post N° 39

Post n°39 pubblicato il 14 Dicembre 2006 da il_grillo_sparlante

Hospes comesque

 

Corpo, facchino dell'anima, in cui sperare forse
sarebbe vano, amato corpo, più che non amarti;
cuore in un vivente ciborio trasmutato;
bocca senza fine tesa alle più nuove esche.

Mari dove si può vogare, sorgenti dove si può bere;
frumento e vino misti al banchetto rituale;
alibi del sonno, dolce cavità nera;
inseparabile terra offerta a tutti i nostri passi.

Aria che mi colmi di spazio e di equilibrio;
brividi lungo i nervi; spasmi di fibra in fibra;
occhi sull'immenso vuoto per poco tempo aperti.

Corpo, vecchio mio compagno, noi moriremo insieme.
Come non amarti, forma a cui io somiglio,
se è nelle tue braccia che stringo l'universo?

Marguerite Yourcenar

 
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Post N° 38

Post n°38 pubblicato il 14 Dicembre 2006 da il_grillo_sparlante
 
Tag: VERITA'

La verità della nostra infanzia è scritta nel nostro corpo, e anche se possiamo reprimerla non la muteremo mai. Possiamo, certo, arrivare ad ingannare il nostro intelletto, a manipolare i nostri sentimenti, a ingarbugliare le nostre percezioni e a mentire al nostro corpo con l'assunzione di farmaci. Una volta o l'altra, tuttavia, esso ci presenterà il conto: il nostro corpo infatti è incorruttibile, come un bambino non ancora sconcertato sul piano emotivo che non ammette né scuse né compromessi e che cessa di tormentarci solo quando non rifuggiamo più la verità" (Miller, 1981, ). 

 

 
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Post N° 37

Post n°37 pubblicato il 01 Dicembre 2006 da il_grillo_sparlante

Non ne esco piu' da questo labirinto

 
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Post N° 36

Post n°36 pubblicato il 30 Novembre 2006 da il_grillo_sparlante

Quando un legame affettivo con i genitori si presenta disturbato, si genera nella paziente una percezione di abbandono. Tale esperienza affettiva frustrante e significativa, determinerebbe la strutturazione di costrutti cognitivi di valenza negativa per l'individuo, rappresentati in questo caso da una scarsa importanza di sé, autosvalutazione, bassa autostima, autoetichettamento negativo, poiché la paziente attribuirebbe alle proprie inadeguatezze il distacco affettivo dei genitori.

   L'autosvalutazione, la bassa autostima e l'autoetichettamento negativo guidano la lettura della realtà personale che va sempre a confermare la percezione di inadeguatezza «interna», che inevitabilmente diventa, confrontandosi con il sociale, una percezione di inadeguatezza «esterna».

   Tale percezione viene rinforzata dalla dipendenza psicologica che l'individuo nutre nei confronti del giudizio degli altri per la scarsa affermatività che tale soggetto esprime come stile comportamentale relazionale (attenzione maggiore agli altri, vivere per gli altri trascurando se stesso).

   L'individuo che ha sperimentato una percezione di abbandono e ha fatto una proiezione di solitudine affettiva (che per il soggetto diventa certezza totale), vivrà una condizione depressiva molto presente, aggravata dalla percezione di inadeguatezza esterna. Il malessere profondo e le «crisi di panico» che ne derivano generano un comportamento anoressico con forte valenza autodistruttiva.

   Il comportamento anoressico è anche la risultante di una percezione negativa della realtà e del mondo circostante che blocca ogni spinta naturale e di crescita favorendo, anzi, una regressione psicologico-comportamentale oltre che un isolamento sociale.

   Le categorie cognitive del sé descritte precedentemente determinano nell'individuo sia anoressico che bulimico un'immagine corporea distorta fonte di profonda ansia, che viene sedata nel caso dell'anoressia con la negazione ostinata di uno stato di bisogno e l'affermazione della propria «autosufficienza» e nel caso della bulimia con dinamiche autoconsolatorie, quali l'assunzione compulsiva di cibo, cui segue il vomito autoindotto e/o l'uso di purghe e lassativi
per tamponare rapidamente la paura di un aumento considerevole di peso.

   Il soggetto anoressico esercita un forte controllo sugli stimoli della fame che come abbiamo visto, a livello comportamentale si traduce in una energica restrizione alimentare, ottenendo un forte e rapido calo ponderale.
Contemporaneamente, riesce a vanificare la percezione di abbandono affettivo-familiare
in quanto provoca, per via del suo aspetto fisico sempre più emaciato, maggiore attenzione e preoccupazione da parte della famiglia.

   Si delineano così le dinamiche che costituiscono i fattori di mantenimento del comportamento anoressico.

   Elementi discriminanti tra il comportamento bulimico e quello anoressico sembrano essere le frustrazioni, sia a livello personale sia a livello di rapporti con l'ambiente sociale, che il soggetto bulimico ritiene di subire.

   La bulimica che non riesce a gestire situazioni frustranti per via della sua alta reattività emotiva perde facilmente il controllo razionale.
Di fronte all'insorgere di tali emozioni negative ansiogene, il cibo diventa un mezzo di riduzione a breve termine di tali emozioni, creando un meccanismo autoconsolatorio.

   Come unica possibilità di sollievo la bulimica mette in atto, così, un comportamento alimentare compulsivo. Ella diviene, quindi, consapevole della facilità con cui perde il controllo sul cibo ed instaura un meccanismo di difesa che la induce ad una forte restrizione nutrizionale.

   Quando il soggetto avverte la sensazione di fame biologica, riprende di nuovo il feedback negativo che si è instaurato (figure 1 e 2).

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Post N° 35

Post n°35 pubblicato il 25 Novembre 2006 da il_grillo_sparlante
 

Sei una bravissima persona di alta levatura morale ,sincero,onesto,genuino,passionale,sorridente,leale,generoso di sentimenti,bello,lavoratore instancabile,comprensivo, sensibile

  •  ma che ci fai con  una come me?
    che davanti agli ostacoli o torna indietro o al massimo ci gira intorno,
    che non lavora ,
    che la mattina non riesce ad alzarsi,
    che non ha regole,
    che non sa pensare a se stessa,
    che mangia disordinatamente,
    che sa solo cazzeggiare e scrivere su un blog,
    che e' piena di paure ,
    che ha trasformato ogni sua paura in un mattone con cui ha costruito una casa e ci si e' chiusa dentro,
    che al telefono mente e ti dice che va sempre tutto bene,
    che non ha il coraggio di dirti chi e' veramente e di lasciarti con fermezza per il tuo bene,
    che ti dice ti amo con tanti dubbi,
    che non ti risponde al telefono di proposito
    che non gode nemmeno quando facciamo l'amore

    (fossi una grande passera scopaiola,tutto avrebbe un senso al perche' tu stia con me,fossi una stra figa..peso solo 117 kg,mi rimane da pensare che lo fai per soldi...su questo ti do' ragione sono un bell'investimento!)

Se ti capita fai un ...investimento che torni utile pure a me

 
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Post N° 34

Post n°34 pubblicato il 25 Novembre 2006 da il_grillo_sparlante

Come farmi lasciare in 10 giorni....mi sento cattiva e sono cattiva con lui,lo tratto male e lui sembra non accorgersene,mi tratta come una principessa,e allora persevero perche' prima o poi si stanchera' voglio solo accorciare i tempi,soffrire il meno possibile,non e'  proprio possibile che non riesca a vedere i miei terribili difetti...ed io allora glieli sbatto in faccia per vedere che effetto gli fanno e per sentire se sono ancora la sua "Dolcezza" che non mi si dica un giorno che non l'avevo avvertito.Mi sento spesso come se non lo meritassi glielo ho detto tante volte,con le buone di lasciarci,che non mi sento molto equilibrata,che non sono pronta a costruire una famiglia,mettere al mondo figli,LUI secondo me pensa che sono le solite paure,niente di piu' o forse mi vede ancora "in rosa"innamorato (ma di chi?),innamorato della sua idea di sposarsi perche' la sua sveglia biologica sta per scattare,esono solo 9 mesi che stiamo insieme...uno cosi' appena lo svegli dal suo sogno e si accorge che esisto secondo me ...e' meglio non essre nei paraggi.

 
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Post N° 33

Post n°33 pubblicato il 17 Novembre 2006 da il_grillo_sparlante

Che cosa vuoi sapere, è meglio non sapere
(Che cosa vuoi sapere, è meglio non sapere)
L’amore che mi chiedi non può finire bene…
Non può finire bene…

Il cielo non lo vuole
Ha le nuvole in catene
Non fa più uscire il sole
Senza vento e senza vele
Il tuo amore non si muove
E’ fermo come un sasso
Anche il sangue nelle vene…

E’ amore in mezzo al ghiaccio,
Nel guanto del potere
Un cuore che è vigliacco
E non sa volere bene
Prende le vite con un braccio
Le tiene chiuse al buio,
coperte da catene…
Coperte da catene…

C’è un segno corto e chiaro
Laggiù nella tua mano
E’ l’ombra del destino
Che come un frutto acerbo
O la prima stella del mattino
Rende l’amore eterno…

Amore disperato
Amore mai amato
Amore messo in croce
Amore che resiste
E se Dio esiste
Voi, voi
Vi ritroverete là, là…

Amore…

Inizia la partita
Il diavolo vi sfida
Gli artigli del potere
Che come nera neve
Il lutto di una chiesa
Una candela accesa

Amore disperato
Amore mai amato
Amore messo in croce
Amore che resiste
E se Dio esiste
Voi, voi
Vi ritroverete là, là…

Amore…

 
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Post N° 32

Post n°32 pubblicato il 17 Novembre 2006 da il_grillo_sparlante

Non sono scesa neanche per buttare la spazzatura,ho mangiato adesso me ne ero scordata,ho un macigno in testa in piu' la !conqui! e' piu' odiosa che mai,dovreste vederla com'e' diventata compita nel parlare come mi imita soprattutto...anche nel ridere,e quello che mi infastidisce non e' questo se progredisce buon per lei,ma sottilmente c'e' sempre lei ,che cerca di comandarmi su tutto quello che riguarda la casa..non esiste chiedere se - puoi farlo...c'e' l'imperativo -fai questo e quello,il problema e' che quando sto male mi condizionano troppo certi atteggiamenti altrui.
Poi non mi sono confidata con nessuno di questo mia totale paralisi,neanche con LUI .
Non riesco a coinvolgerlo non voglio gravare lsulle sue fragilita',tante volte l'ho messo in guardia su di me ...del mio equilibrio instabile...gli ho piu volte dato la via d'uscita e
potersi liberare di me...niente...vuole soffrire!Ma prima o poi so che si disamorera',lui vuole una famiglia IO NO e in genere queste sono motivazioni Mooolto forti per chiudere un rapporto.

 
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Post N° 31

Post n°31 pubblicato il 16 Novembre 2006 da il_grillo_sparlante

Ho smesso il   f a r m a c o (zoloft) e sto male.Credevo di farcela anche senza...ma passato il tempo di copertura.. tutti dico TUTTI  i sintomi sono tornati!come se non fossero mai passati 5 anni dall'ultima crisi di panico,come se non avessi mai fatto psicoterapia.Non riesco a uscire di casa,se esco mi sento mancare la terra da sotto i piedi,oggi ho dormito tutto il giorno,pero' non voglio piu' riprendere un farmaco,almeno per il momento,finche' resisto ....stavolta voglio vedere fin dove scivolo giu' coscientemente.

 
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Post N° 29

Post n°29 pubblicato il 27 Ottobre 2006 da il_grillo_sparlante
 

DEREALIZZAZIONE E DEPERSONALIZZAZIONE:
DI CHE SI TRATTA?

(Il presente articolo è stato pubblicato per la prima volta sulla rivista "Lettera ai soci" (il vecchio nome di PAN, la rivista dell'associazione LIDAP ONLUS) n. 1, anno 2001. Lo ripropongo qui in forma leggermente modificata.)


1
Definizione

La depersonalizzazione fu descritta per la prima volta da Dugas Ludovic (uno psichiatra francese) intorno agli anni '50. Oggi va compendiata con il concetto di derealizzazione. La differenza fra i due stati è solo relativa al focus dell'attenzione: la depersonalizzazione implica un appannamento del senso del sè (persona); la derealizzazione un appannamento del senso della realtà.
I due fenomeni possono essere estemporanei e passeggeri o possono accompagnare stabilmente precise sindromi psicopatologiche come ansia generalizzata, attacchi di panico (D.A.P.), stress, disturbi ossessivo-compulsivi. Talvolta possono essere prodotti artificialmente mediante assunzione di droghe come la canapa e l'extasy.
Genericamente i due fenomeni possono essere descritti come episodi occasionali o persistenti di distacco o estraneamento da se stessi o dal mondo esterno. La persona che li sperimenta riferisce spesso frasi di questo genere: "Mi sembra di comportarmi come un automa", "E' come se fossi in trance ma facessi normalmente tutte le cose quotidiane", "E' come se una parte di me, del mio pensiero, fosse assente...". La ricorrenza, in tali descrizioni, del "Mi sembra" e del "Come se..." è tipica di chi vive uno stato di ansia "dispercettiva" (che altera le percezioni) e cerca di descriverlo.
Un altra nota: gli esami elettroencefalografici e psicologici (T.A.T., M.M.P.I.) e i colloqui clinici psichiatrici, forniscono di solito risultati nella "norma. Dunque, i due fenomeni, presi in se stessi, non sono in alcun modo da intendersi come neuropatologici o di rilevanza psichiatrica.

2
Teoria

Nella letteratura psichiatrica contemporanea è invalso l'uso di parlare di derealizzazione e di depersonalizzazione come di fenomeni fondamentalmente anormali, dunque neuropatologici. Ma non è stato sempre così. Nella psichiatria d'impostazione fenomenologica ed esistenziale essi erano considerati forme di esperienza "alterata", non necessariamente anormale. In questo senso, la psichiatria moderna ha fatto un deciso passo indietro rispetto al passato. L'ossessione di "medicalizzare" e "farmacologizzare" ogni fenomeno psichico anche solo leggermente alterato fa della psichiatria moderna una disciplina "handicappata": sostanzialmente incapace sia di sottile analisi psicologica che di complessa costruttività scientifica.

Lo psichiatra moderno, per "illuminarsi" al riguardo, dovrebbe chiedersi come mai alcuni psicofarmaci, come le benzodiazepine, sono in grado di indurre artificialmente fenomeni di derealizzazione. Il soggetto che assume benzodiazepine continua a percepire la realtà in modo cognitivamente corretto, eppure, emotivamente, egli la "sente" remota, lontana, strana, estranea, rimpicciolita o allargata in modo anomalo ecc.. Perché?
La spiegazione è che le benzodiazepine agiscono direttamente sulle emozioni: esse non fanno altro che sconnettere il sottofondo emotivo della mente dalle funzioni percettive. La follia, dunque, non c'entra nulla! Il senso della realtà è stato modificato semplicemente interferendo sulle emozioni. Il senso di realtà dipende dalle emozioni.
Per comprendere appieno, usiamo una metafora musicale: poniamo che un pianoforte sia stato scordato da qualcuno che intendeva tararlo su una certa tonalità. I suoni escono dallo strumento stonati, inclinano ad una tonalità sgradevole o inusuale. Siamo forse autorizzati a dire che il pianoforte è rotto? Fuori di metafora: se le emozioni sono alterate (anche solo mediante l'uso di psicofarmaci), alterato è anche il sentimento della realtà, col conseguente prodursi di fenomeni di derealizzazione. E' cambiata la tonalità delle emozioni, non è il cervello che è rotto. Non c'è nessuna patologia mentale intrinseca.
Le emozioni sono la chiave di volta della nostra interpretazione della realtà: esse creano piani di relazione (alcune cose le sentiamo "vicine" altre "lontane", ed esse ci appaiono nella distanza cui le pone l'emozione) e tonalità cromatiche (alcune cose ci sembrano "vive" altre "morte"). Interferendo sulle emozioni siamo in grado di alterare il nostro senso della realtà. Questo è un dato evidente; eppure, nonostante ciò, esistono psichiatri che affermano che la derealizzazione è un fenomeno che deriva da un'anomalia organica del cervello!

La parola de-realizzazione significa, letteralmente, "perdita del senso di realtà". Pertanto, per capire appieno cosa significa perdere il proprio senso di realtà occorre, innanzi tutto, capire cosa significa possedere un senso della realtà. La realtà così come noi la vediamo è un fenomeno sia oggettivo che soggettivo. Immaginiamo un'altra metafora: facciamo conto di essere di fronte a un disegno che é il prodotto di un'elaborazione collettiva, per esempio il progetto di un quartiere. Di questo progetto vengono fatte tante copie quanti individui abitano in quel quartiere; quindi, viene chiesto a ciascuno di essi di completare il lavoro colorando la propria tavola in modo assolutamente personale. Ebbene, la nostra percezione-cognizione della realtà è come il progetto urbanistico (è cioè un fatto comune, un fatto collettivo); i colori, invece, sono le emozioni, che strutturano appunto il nostro personale sentimento della realtà.
Facciamo un esempio: l'estraniazione. Ciascuno di noi avrà, almeno una volta, sperimentato quel senso di estraneità e di irrealtà che ci allontana da un contesto sociale: siamo ad una festa, ad una cena, in compagnia di qualcuno e d'un tratto la scena si allontana con la stessa progressione con la quale noi ci sentiamo separati e isolati dentro noi stessi. L'isolamento emotivo sperimentato (l'estraniazione, appunto) è una forma elementare di derealizzazione.
Fenomeni di derealizzazione sono anche la rèverie (l'attività del ricordare in modo vivido e sognante) e la fantasticheria (quel "sognare a occhi aperti" che nei bambini e in alcuni adulti introversi o creativi astrae intensamente dalla realtà). Estraniazione, rèverie e fantasticheria sono fenomeni normali nei quali possiamo renderci conto che la percezione ordinaria della realtà è un costrutto psichico, un "film", da cui possiamo distrarci ogni volta che lo desideriamo, rivolgendo la mente al nostro mondo interno, il quale diventa vivido in modo abnorme, derealizzando la percezione del mondo esterno.

Senso di realtà vuol dire "appartenenza alla realtà": nel mio senso di realtà io sono Nicola Ghezzani, psicologo e psicopatologo, autore di alcuni libri e di numerosi articoli, coautore della Psicopatologia Struttural-Dialettica, scrittore e poeta, dotato di una certa sensibilità estetica e filosofica, introverso e intuitivo, nato in certo numero di anni fa in una città del Sud, venuto poi a vivere a Roma, sposato con una donna introversa e sentimentale e padre di un bambino estroverso, ludico e creativo. Il senso del mio essere persona (la mia "individuazione" o "personazione") dipende dalla mia appartenenza a questa sintetica realtà: questi dati (affettivi, cognitivi, esperienziali) costituiscono il mio io, il mio mondo, dunque la mia "sicurezza di base", o "sicurezza ontologica", come la chiama Laing. Se una cosa, una qualunque cosa (un evento esterno o un pensiero), mi portasse a dubitare di quella fonte di certezza che sono per me il mio mondo e i miei valori, avrei un'elevata probabilità di incorrere in episodiche esperienze di derealizzazione che allontanerebbero il mio io dal suo mondo e dai suoi valori per riportarlo nell'utero del mondo interno, dove potrebbe essere coinvolto nella genesi di nuovi pensieri e nuovi significati. Essendo io un introverso, dotato di una certa sensibilità estetica e filosofica (non solo di processi logici realistici) sono naturalmente predisposto a esperienze di distacco dal mondo ordinario e di elaborazione immaginativa di nuove realtà. Il mio senso di realtà, dunque, è soggetto naturalmente a oscillare secondo il vento emozionale e immaginario che spira dai luoghi riflessivi del mio mondo interno. Questo è un caso in cui la capacità derealizzante é funzionale, dunque "normale".

Ovviamente la "funzione derealizzante" può attivarsi in strutture di esperienza psichica anormali, spesso correlate a personalità patologiche. Ma che cos'è una personalità patologica?
Una personalità patologica é un'identità psichica realizzatasi attraverso "cattive socializzazioni" (coi genitori, col mondo dell'infanzia, coi valori correnti), che, attraverso traumi o condizionamenti affettivi, l'hanno resa gravemente artificiosa e falsa (un "falso sé", direbbe Winnicott). In questi casi l'identità si è realizzata a dispetto dei bisogni psichici più profondi, cioè a dispetto delle innate disposizioni neuro-psicologiche soggettive. L'artificiosità e falsità di base dell'identità comportano, allora, che i bisogni non emersi entrino in conflitto con essa. I bisogni non realizzati, dunque, si manifestano attraverso emozioni discordanti, dubbi, fantasie e progetti antagonistici e giungono a confliggere con le forme abituali dei ruoli, degli affetti, delle convinzioni individuali. Quindi, poiché l'identità, per quanto falsa, costituisce il fondamento di ogni legame e di ogni certezza, la persona che è entrata in conflitto con essa (con la sua stessa identità) può sentirsi in colpa o - anziché sentirsi in colpa - può provare ansia per la sua spinta a dissociarsi dalle certezze affettive e ideologiche abituali.
Se la prevalenza emotiva è di tipo ansioso, possono aversi reazioni di panico di due tipi principali.

1. Nel caso che l'ansia abbia come oggetto la perdita del proprio mondo abituale il panico è di solito agorafobico, nel senso che l'io si sente "perso" in una condizione di atopia, di smarrimento del proprio "luogo", del proprio abituale senso di realtà.
2. Nel caso l'ansia abbia, invece, come oggetto la perdita di se stessi (il controllo su di sé) il panico è di solito claustrofobico oppure attiva una fobia relativa al corpo o alla mente (paura di morire o di impazzire).

Per contro, se la prevalenza emotiva va in direzione del senso di colpa, è possibile si strutturi una depressione, ossia un sentimento acuto o cronico di negatività, che può investire tanto se stessi quanto il mondo.
Nel caso l'oggetto dell'attacco depressivo riguardi se stesso, il soggetto può sviluppare sentimenti d'insicurezza e di autodenigrazione che possono portare dalla depressione ansiosa a quella ipocondriaca fino a quella autoaccusatoria.
Nel caso, invece, l'oggetto dell'attacco depressivo sia il mondo esterno, il soggetto avverte il mondo intero come un luogo del tutto inadatto alla vita e alla felicità. In questa forma depressiva, l'io si trova collocato nel mondo in una condizione definibile come distopia (il contrario di utopia), una condizione di estraneamento e di assoluta negatività, nella quale la realtà viene allontanata per la sua insopportabile bruttezza.
Anche in questo caso siamo di fronte ad una derealizzazione, questa volta di tipo depressivo. Per quanto essa rifletta un giudizio soggettivo arbitrariamente avvertito come oggettivo, la percezione depressiva della negatività del mondo è comunque una percezione complessa e sottile e come tale va rispettata e attentamente indagata. Le si fa certamente un torto a volerla sopprimere alla radice come si appresta a fare l'ingegneria genetica, che sarà in grado, tra non molto, di intervenire sui geni regolatori delle strutture neurologiche, appiattendo la gamma emotiva e costringendo così tutti gli esseri umani a sperimentare un'unica monocroma percezione della realtà.
In sintesi, la derealizzazione è, all'interno di queste complesse dinamiche psicologiche (fobiche o depressive), una manifestazione ansiosa relativa a quella separazione dalle certezze abituali che è abbinata ai processi di crisi e di cambiamento. Corollario di questo teorema è che più il soggetto é passivamente aggrappato al suo mondo abituale, più la sua differenziazione psicologica indurrà fenomeni di ansia e di panico; più il soggetto, viceversa, è fiducioso dei segnali che gli provengono dal mondo interno, meno avrà paura dell'apparente "stranezza" del suo distacco emotivo, affettivo e percettivo dal mondo esterno.
(Per una più esauriente trattazione del fenomeno della derealizzazione consiglio di leggere il terzo capitolo del mio libro Uscire dal panico - Ed. Franco Angeli. Questo libro può essere acquistato in una qualunque libreria )

3
Testimonianza di un'esperienza di derealizzazione tratta da una rivista di Auto Mutuo Aiuto

(di R. C.)

 

Preferisco, nel mio caso, non parlare di DAP o di "attacco di panico", perché non sono ancora sicuro che ciò che s'intende per "attacco di panico" sia esattamente ciò che provo...
Quella "cosa" di cui parto fece la sua prima comparsa nell'inverno dell'anno 1974, quando avevo l'età di dieci anni, mentre mi trovavo ad assistere ad una funzione religiosa che si stava svolgendo nella chiesa del mio quartiere nel tardo pomeriggio. La crisi fu inaspettata e violenta, provai la sensazione di essere, portato via" dal mondo che mi circondava. Io c'ero e nello stesso momento non ero più presente, ma mi trovavo "oltre" le cose e le altre persone che stavano accanto a me, pur mantenendo uno stato di coscienza normale ed essendo capace di svolgere qualsiasi funzione fisica o intellettiva senza alcun pregiudizio. Vissi alcune settimane di crisi ricorrenti (di diversa durata, più volte al giorno), nella disperazione totale ma senza proferire parola sull'accaduto a nessuno (i miei famigliari non sanno nulla neanche oggi). Appena mi riusciva di restare solo piangevo disperatamente e mi chiedevo In continuazione "perché a me?". Pregavo perché quella "cosa" se ne andasse. Mentre stavo per perdere ogni speranza e cominciavo a guardare la vita e tutto ciò che mi circondava con gli occhi di un condannato, quasi non m'accorsi che quella "cosa" mi aveva abbandonato. Vissi felice e spensierato per un anno. Ancora non sapevo che una volta aperta quella porta bastasse volgere un attimo lo sguardo verso di essa per essere nuovamente trascinati nel "vortice della paura". Puntualmente durante le feste di Natale dell'anno 1975 "lei" tornò. Furono altre drammatiche settimane e altro ne seguirono durante l'anno e negli anni successivi ma sempre con una maggior frequenza durante le feste di Natale. Qualcosa però stava cambiando, ad ogni nuova crisi, giorno dopo giorno, imparai a conoscere quella "cosa", ad accettarla, ad ignorarla, o addirittura a rievocarla, a sfidarla; imparai a provocarmi una crisi in qualsiasi momento volessi e ad uscirne subito scuotendo la testa e sorridendo: ero riuscito a beffarmi di "lei"...
Ciò che fino a ieri stupidamente ritenevo fosse una condanna riservata solo e me in realtà la stavo condividendo inconsapevolmente con tante altre persone. In realtà avevo già maturato l'ipotesi logicamente fondata sull'esistenza di altre persone con lo stesso disturbo ma il prezzo da pagare per ricercarle sarebbe stato troppo alto: uscire allo scoperto con il rischio di non essere capito. Nel corso degli anni, dopo aver temuto di avere qualche disturbo mentale o di essere epilettico (per contro ho anche sospettato di essere un individuo alieno), ho cercato di dare una mia spiegazione logica pur avendo limitatissime conoscenze in campo medico psichiatrico, a ciò che mi accadeva e sono arrivato alla seguente conclusione: quella "cosa" che mi accompagna da anni è tutt'altro che una maledizione, una condanna o una grave malattia ma altro non è che la capacità della mente umane di imboccare un percorso insolito e alternativo nella percezione del reale.
Quando studiavo al liceo cercai delle affinità con alcune personalità artistiche e le trovai nel Manzoni con le sue crisi di agorafobia, nel raptus suicida di quel bambino che, se non ricordo male, era un Alfieri sofferente in tenera età di un ingiustificato "male di vivere" e in tanti altri casi che lasciavano trasparire visioni che andavano oltre la piatta realtà del quotidiano.
Insomma da diversi anni ritengo che convivere con quella "cosa" o per meglio dire con quella qualità non sia così negativo e che il fatto di possederla (preferisco pensare di essere io a possederla che non "lei" a possedere me), mi contraddistingua come persona speciale dotata di una sensibilità particolare.
Ora che so che forse non sono il solo, mi si apre il cuore e per me è un'ulteriore conferma del fatto che esistono persone che hanno una sensibilità maggiore o comunque differente rispetto ad altre nella percezione della realtà. E' come scoprire l'acqua calda. Sono perfettamente d'accordo con quel poco che ho letto dei vostri scritti a taglio scientifico che una reazione sbagliata dell'individuo che prende coscienza di quel qualcosa di strano che gli accade possa generare seri problemi di natura medica e psichiatrica.
Posso dire al giorno d'oggi di aver reagito alle mie crisi con coraggio e forse nel modo più corretto, ho sviluppato un discreto self-control sin dall'insorgenza del fenomeno a tal punto da affermare di non aver subito alcuna influenza negativa in nessun campo da quello affettivo relazionale a quello professionale (non sono in grado di dire se ci possono essere state influenze sull'inconscio).
Non pensate però che io sia un presuntuoso o che mi creda un superuomo perché quando mi capita di addentrarmi in quel "buio sentiero" della mia mente... la paura fa a novanta!, credetemi, e dopo aver percorso un po' di strada torno indietro (ahimè! sono un fifone, ho paura di non trovare più la strada del ritorno che, in altre parole, significa aver paura di rimanere sempre nella condizione di crisi). Se le mie si possono definire "crisi dì panico", ciò che differenzia il mio caso da altri, che si manifestano con evidenti sintomi somatici (sudorazione, tachicardia, ecc.), è dovuto al fatto che io torno da quel sentiero alla chetichella mentre altri tornano urlando e strepitando...

Non voglio dilungarmi oltre, per cui fornirò altre informazioni che possano rendere più chiara la sensazione che provo perché possa essere più o meno identificata come crisi di panico.
Se penso razionalmente ad un astronauta che sganciandosi dalla sua navicella si perda nello spazio, l'idea mi terrorizza ma non più di quanto non accada a tutti, ma se riuscissi a provare veramente quello che proverebbe l'astronauta in questione, potrei dire di essere molto vicino a ciò che provo in una delle mie crisi.
Potrei dire che nel corso di una crisi mi sento "altro" rispetto alla realtà che mi circonda, è come se improvvisamente io fossi "fuori" dal contesto, ma in una posizione dominante: la realtà che mi circonda mi appare solo una parte di qualcosa di più grande che riesco a percepire.
Nella speranza che la mia esperienza possa essere utile anche ad altri, così come le altre lo saranno per me, Vi saluto porgendovi un caloroso grazie.

R.C.

 
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Post N° 28

Post n°28 pubblicato il 26 Ottobre 2006 da il_grillo_sparlante

Sei in uno stato di tensione quasi permanente Certo, ci sono dei momenti generatori di ansia che ti mettono in una condizione di eccitazione nervosa. Ma altri momenti più piacevoli li vivi con la stessa angoscia. Quando inviti degli amici hai paura di deluderli. Vai in aeroporto parecchie ore in anticipo per paura di perdere l'aereo. Ma, quando sei in aeroporto, temi che l'aereo non parta... Attenzione: a forza di trasformare i tuoi istanti di gioia in momenti di sfida e dura prova, rischi di rovinarti la vita! Sei indubbiamente una persona le cui emozioni sono esacerbate. Il che ti rende sensibile ed e commovente. Ma lo stress ti sfinisce, e dovresti cercare di controllare le tue emozioni per non lasciarti sommergere da sensazioni troppo forti. Impara ad esprimere e sfogare i tuoi sentimenti. E puoi anche ricorrere a tecniche di rilassamento, che ti insegneranno a conservare un certo distacco nei confronti delle situazioni e a mollare la presa per poter vivere in un clima più sereno !

L'amore non fa per me.

Credi nel grande amore. Per gli altri... Pensi che le tue amiche lo meritino. Ma tu no. Allora, quando un uomo ti fa gli occhi dolci, sei perplessa. Ti chiedi che cosa gli possa piacere di te. E' veramente innamorato o piuttosto ti sta prendendo in giro ? Invece di lasciarti andare tendi ad arrovellarti e a non avere fiducia nell'altro. E così perdi l'occasione di innamorarti ! Dovresti interrogarti sulla ragione dei tuoi dubbi.
Perché pensi che un uomo non possa interessarsi veramente a te ? Probabilmente non credi abbastanza in te stessa per poter ammettere tale idea ! Impara ad accettarti per quello che sei ! Apprezzandoti di più risulterai anche più attraente agli occhi degli altri. Attirerai nuove persone e pian piano apprezzerai il piacere di amare ed essere amata.

A volte pensi che la vita non sia perfetta e che bisognerebbe trasformare molte cose. E pensi di essere pronta per dei grandi cambiamenti. Ma hai paura di essere frenata da chi ti circonda. Infatti sei convinta che se hai dei problemi non è colpa tua, ma degli altri che ti impediscono di essere felice. Sogni un mondo migliore in cui incontrare persone piacevoli e competenti : un capo che ha fiducia in te e che ti fa dei complimenti per il lavoro svolto, un uomo che ti dà tutto quello di cui hai bisogno... Smettila di credere in un mondo ideale ! Puo' essere rassicurante, ma rischi di rimanere in un'atteggiamento di attesa, tipiacamente infantile. 

Non sta agli altri darsi da fare : se non ti senti in armonia con te stessa solo tu puoi cambiare la situazione e ritrovare il tuo vero essere. Solo così diventerai attrice e artefice del tuo destino e ti sentirai veramente soddisfatta di tutto quello che riesci a costruire con le tue mani, senza aspettarti nulla dagli altri.

Sei insicura
Non sei molto sicura di te.
Durante le discussioni preferisci non prendere posizione e tacere. Lasci che il tuo partner scelga il ristorante che preferisce, o il posto in cui andare in vacanza... Non sei un tipo che si impone anzi ! Ti piace far sentire importante il prossimo e cerchi di soddisfare i desideri di chi ti sta vicino. Pensi : "a cosa serve che mi arrabbi, anche se non sono d'accordo su qualcosa ?" E cedi. Di sicuro la tua elasticità e la tua capacità di adattamento sono molto apprezzate dagli altri.
Tuttavia, anche se la tua abnegazione suscita l'ammirazione altrui, dovresti ascoltare di più le tue aspirazioni. Infatti, a forza di voler soddisfare i desideri degli altri, rischi di trascurare te stessa e quindi di non poterti sentire pienamente soddisfatta e realizzata. Perché hai così poca fiducia in te stessa ? Impara ad apprezzarti di più, realizza i tuoi obiettivi senza chiedere il permesso. Chi ti ama veramente saprà apprezzarti per come sei e sarà felice di aiutarti a seguire la tua strada...

Come molte altre donne, i difetti fisici o di carattere non ti lasciano indifferente. Ci sono aspetti di te stessa che vorresti cambiare, a volte ti piacerebbe avere una bacchetta magica per fare scomparire i tuoi difetti. Forse essi ti hanno fatto soffrire durante l'adolescenza, al momento di costruire la tua personalità. Tuttavia ormai ti accetti come sei, senza focalizzarti sulle tue imperfezioni. Anzi, hai imparato a sfruttare al massimo le tue qualità per dare sempre il meglio di te stessa, e così i tuoi difetti neanche si notano. Continua a lavorare su te stessa, scoprirai ancora molti altri tesori nascosti dentro di te.

La tua coppia è ancora solida
Le vostre relazioni sono profonde e tenete molto l'uno all'altra, nonostante qualche burrasca e, a volte, un po' di risentimento. Ma vi date da fare entrambi per superare le difficoltà. Infatti l'amore e la tolleranza finiscono sempre per avere la meglio sulla rabbia e le ripicche e non lasciate mai che i legami si allentino più di tanto. La tua coppia non cede.

UNA COMUNICAZIONE
EQUILIBRATA

Non sei troppo estroversa, né troppo timida. Non sei neanche un gran chiacchierona. Certe situazioni ti fanno paura, come parlare davanti al pubblico o il primo appuntamento con un uomo. Il cuore ti batte forte forte e hai le mani sudate. Alcune volte, dato che ti senti a disagio, dici un sacco di sciocchezze e non lo sopporti. Pensi dentro di te :"Devo sembrare proprio stupida". In altre situazion invece sai essere determinata e sostieni con fermezza la tua posizione per far valere le tue idee o portare avanti un progetto. Non aver paura, sentirsi emozionati è normale, anzi è proprio l'emozione che ci permette di gestire e superare i momenti più stressanti. Tuttavia, se alcune tue reazioni non ti piacciono, puoi cercare di cambiare. Parlane con una tua amica, ti aiuterà a reagire meglio nel momento del bisogno. Sei comunque una persona comunicativa e obiettiva quindi otterrai sicuramente i risultati voluti.

Sei una persona molto ragionevole. E la tua prudenza si riflette anche nei tuoi comportamenti amorosi.
Pensi che l'armonia della coppia dipenda dal rispetto dei limiti di ciascun partner.
Perciò, anche se il tuo partner si mette in ginocchio, non sei disposta a fare follie.
Probabilmente hai paura di perdere il controllo della tua esistenza, o di mettere in pericolo il tuo equilibrio interiore. Sei convinta che nella vita sia meglio essere sempre un po' diffidenti quindi le barriere che ti sei creata, anche tra te e il tuo uomo, ti danno sicurezza. Ma ti impediscono anche di realizzarti pienamente.
Delle volte dovresti staccarti dalle tue abitudini, senò a foza di sprofondare nella routine rischi di stancare il tuo compagno, o di rimpiangere di aver soffocato la tua spontaneità. Lasciati andare, il rischio fa parte della vita e la rende più interessante. E anche la tua vita di coppia diventerebbe più vivace.

Test/Uomini: sai parlare la loro lingua?

Livello: Avanzato

Una cosa è certa: le basi ci sono. Gli uomini difficilmente riescono a prenderti in giro... Ma che dire del pessimismo con cui gestisci i rapporti? D'accordo, non sempre intendono realmente ciò che dicono, ma quando sei in dubbio, inevitabilmente pensi il peggio.
Non credi sia arrivato il momento di dare a te e a loro una possibilità? Di avvicinarti agli uomini con un approccio più positivo?

La prossima volta che ti ritroverai a trarre conclusioni (negative) in merito a ciò che lui ti dice e ciò che in realtà intende, chiediti un attimo: "Forse dovrei concedere a questo ragazzo il beneficio del dubbio?".
In fondo, la tua tendenza ad aspettarti il peggio non fa che nascondere, in realtà, il desiderio e la paura di iniziare una relazione con fiducia e positività. Non vorrai mica "sabotare" una potenziale storia d'amore perché tu hai frainteso a priori, no?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
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