Un secondo casello a S.Veneranda vale quanto 30 milioni di opere di compensazione per il miglioramento delle strutture stradali urbane? Secondo Michele Gambini e il suo appena nato comitato il gioco vale la candela, ma la domanda sorge spontanea: chi ci dà l’assoluta garanzia di questa tesi?
Dopo la sentenza di società Autostrade di pochi giorni fa, il comitato del “SI a S.Veneranda sempre e comunque” ha sferrato una pesante controffensiva nei confronti di quelli che dicono NO e ha strategicamente esteso il suo consenso a consiglieri e politici legati a quei territori periferici probabilmente penalizzati dalla futura messa in opera del casello di Fenile. A mio avviso, il gruppo capeggiato dall’ex assessore al traffico e viabilità, in questa recente fase di dibattito sulla viabilità locale, ha assunto un atteggiamento da tecnocrate, ignorando opportunisticamente le voci dei residenti di S.Veneranda e Celletta. Mentre quest’ultimi gridano giustizia di fronte alla proposta di un casello a ridosso delle abitazioni.
Il progetto del comitato del SI a S.Veneranda, esposto in occasione della recente tavola rotonda, prevede l’annientamento del secondo polmone verde della città, ovvero il Cuneo Verde, attraverso la costruzione di una bretella che collegherebbe l’interquartieri con la Flaminia, ma senza tenere in considerazione l’impatto che ne deriverebbe sulla viabilità del quartiere di Loreto.
I comitati di quartiere che lottano contro la realizzazione del secondo casello non devono assolutamente essere etichettati come provinciali e chiusi mentalmente; la colpa di questo evidente problema di viabilità risiede nelle strategie urbanistiche dei vecchi amministratori, i quali non sono stati capaci di costruire un piano di sviluppo in cui le vie di comunicazione più importanti, come l’Autostrada, venissero progettate e realizzate alla luce di un prevedibile allargamento della città e dei suoi centri residenziali.
Alessandro Panaroni