Creato da: Serj_Tankian il 07/01/2006
Lettere all'amico immaginario e altri racconti scontati

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IL CERCATORE

Post n°6 pubblicato il 06 Giugno 2006 da Serj_Tankian
Foto di Serj_Tankian

Apro la porta e mi incammino per la strada buia. Il passo è quello del cercatore. Leggero e misurato mi inoltro tra i mastodonti di cemento della mia città. Un fiocco di neve si posa sul mio naso. È caldo. Mi tolgo la giacca e la butto in un secchio, stanotte non mi servirà. Delle ombre mi incrociano incappucciate e contratte. Bozzoli umani che ridono appena sorpassato il mio sguardo. Gelati dal loro stesso sorriso. La strada è in salita. Mi fermo. Alzo lo sguardo. Un bambino mi fissa da dietro un vetro che si appanna ad ogni suo respiro. Con la manica del maglione gli dà una pulita e torna a fissarmi. Un respiro, un colpo di manica, un respiro un colpo di manica, e poi ancora. Sfilo dalla tasca dei pantaloni le chiavi della mia dimora. Gliele mostro, lui ride. Le poso a terra e vado via. Serviranno più a lui che a me. La salita è ripida e la strada sdrucciolevole. Le mie scarpe non fanno presa sull'asfalto innevato. Scivolo e batto il grugno su un mucchio di carta straccia. La faccia mi brucia. Dalla carta sorge una mano che mi aiuta a rialzarmi. 'Qual'è il problema amico?' mi chiede l'uomo padrone della mano, 'Stanotte scivolo.' rispondo. 'Questo perché non senti la strada.'. La sua espressione non ammette controbattute. Mi sfilo le scarpe continuando a guardarlo. Le lascio a lui, anche se non saprà cosa farsene, e continuo l'arrampicata. Dai vicoli sale odore di piscio. Non mi infastidisce. Non stanotte. Mentre inizio a sudare la neve si tramuta in pioggia trasformando i bordi delle strade in fossati tumultuosi che difendono le porte sicure dai viandanti e gli inopportuni. La cosa non mi preoccupa, non devo entrare, sto ancora cercando. Giro l'angolo e mi accorgo che da un muro sgorga un liquido argenteo. Sotto, una gran folla di curiosi guarda stupita. Qualcuno ride, altri battono le mani in segno di festa. Un uomo si toglie il cappello, ne raccoglie un poco e corre via con la pelata lucente a far da specchio per i lampioni. Mi avvicino per toccare la fonte di cotanto giubilo. Appena immergo un dito urlo di dolore. È denso come il sangue e gelido come una lama di ghiaccio. La folla s'infuria. 'Sacrilego!', 'Dannato!', 'Maledetto!', mi urlano alla rinfusa protendendo le mani in cerca di vendetta. Provo a divincolarmi ma mi accerchiano ruggendo come bestie feroci. Faccio una finta, poi un'altra, mi volto e mi lancio in un piccolo spazio. Troppo tardi. Calci di pelle firmata e pugni coi polsi dorati mi raggiungono. Unghie laccate di rosso mi lacerano la carne e mi strappano i vestiti. 'Hai trovato la tua fine sporco bastardo!' mi urla una signora indiavolata con una pelliccia sulle spalle mentre distrugge l'ultimo brandello di stoffa che ricopre il mio corpo. Il gong del campanile mette fine all'incontro. 'Lasciamolo a morire di freddo sotto la neve e la pioggia a 'sto cane!' propone una ragazza con disprezzo mentre tutti già si allontanano di fretta come se le loro scarpe di cristallo dovessero diventare cenere alla fine dei rintocchi. “Poveri stolti”, mi viene da pensare ”La neve è calda e così pure la pioggia, il gelo viene a casa con voi”. Dolorante mi rimetto in cammino, la salita è ancora lunga e la meta lontana. Nudo mi appoggio sfinito ad una finestra. Un viso si propone dall'altra parte della vetro. L'acqua che lo bagna non mi permette di distinguere i tratti. Mentre cerco di mettere a fuoco la figura la finestra si scioglie, il vetro torna sabbia e il legno seme. ' Entra a rinfrescarti' mi dice un volto dolce e sorridente di una splendida creatura. Scavalco il davanzale e sono al suo cospetto. È nuda. I nostri corpi si sfiorano e in un istante le mie ferite si rimarginano. L'accarezzo. Lei mi circonda la vita con le braccia di seta e porcellana. Fremo e tremo. Le sue labbra incantano le mie, i suoi occhi s'allacciano ai miei. E in un istante siamo l'uno nell'altra. Carne nella carne. Calore e poesia. La penetro. È calda di vita come il ventre d'una fiamma. Il respiro si fa ritmato, affannoso di piacere. Lei mi guarda come se volesse rubarmi l'anima. Gliela regalo con in dote il mio corpo. Si arrampica su di me mentre il suo ventre si contrae e si rilassa abbracciando il mio membro turgido. Mi aggrappo ai suoi seni e assaporo coi morsi il suo corpo. Mi sto perdendo. La amo piano come la brezza d'estate. Poi forte come un temporale di primavera. E ancora dolce mentre stringo le sue mani. E ancora brutale come una scopata in mezzo ad una tempesta. Le mi accompagna, a tratti mi guida, a tratti m'asseconda. Ora mi domina, ora la domino. Urliamo, sussurriamo, ci baciamo e ci respingiamo in una giostra di piacere carnale senza tempo. D'un tratto ci avvinghiamo e con un ruggito lasciamo esplodere in un istante tutto il vuoto che ci circonda rimanendo soli ad ascoltare nel silenzio il battere e il levare dei nostri cuori.
'Devo tornare alla mia salita' le dico all'improvviso. 'Non puoi' mi risponde,'il sole è alto e fuori fa freddo.'. Resta in silenzio. Poi riprende melodiosa 'Chiudi gli occhi e riposa nudo cercatore. Hai vissuto abbastanza per oggi, è ora di dormire. È tempo di sognare'. Le sue parole mi sfiorano le narici mentre la sua mano protegge teneramente le mie guance. Le palpebre si abbassano. Mi lascio andare, e nel calore del suo respiro ricomincio a vagare
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