Creato da Giur il 15/09/2006
blog per alunni (e famiglie) che si avvalgono dell'ora di religione

Chi sono

Mi chiamo Giovanni Giuranna. Sono un insegnante di religione cattolica in servizio presso l'I.C. Salvatore Quasimodo (15 ore) e la S.M.S. Via Moscati-Mameli (3 ore) di Milano.

Reli John è un blog rivolto agli alunni (e alle loro famiglie) su cui pubblico i materiali e gli strumenti di approfondimento proposti durante l’anno scolastico (testi, brevi video, link di approfondimento, ecc...).

Per contattarmi: e-mail

 

Archivio messaggi

 
 << Luglio 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
1 2 3 4 5 6 7
8 9 10 11 12 13 14
15 16 17 18 19 20 21
22 23 24 25 26 27 28
29 30 31        
 
 

 

 

« FINE DEL RAMADANORA DI RELIGIONE: GIANNI... »

DON LUIGI GIURANNA, IL RICORDO DEL VESCOVO

Post n°52 pubblicato il 23 Ottobre 2006 da Giur
 
Foto di Giur

Nei giorni scorsi vi ho parlato di Ginomio zio prete. E' morto il 22 febbraio 2002 all'età di 75 anni per un tumore alla tiroide.

Voglio ricordarlo con le parole di Monsignor Agostino Vallini, allora vescovo di Albano Laziale e oggi Cardinale Prefetto del Tribunale della Segnatura Apostolica.

Il testo che segue è stato pubblicato su Il Giornale Locale, n.90, marzo 2002, p.13:

DON LUIGI GIURANNA, SACERDOTE ED AMICO

Era una persona interessante. Che usciva fuori dalle forme tradizionali della vita sacerdotale, ma era prete fino alle midolla. Mi colpì fin dal primo incontro, la sera del 15 gennaio dl 2000, durante il mio ingresso come Vescovo della Diocesi di Albano. Si avvicinò alla cattedra episcopale per rendere omaggio al nuovo Pastore e mi salutò con queste parole: «Padre-Vescovo, siate il benvenuto tra noi!». La sua barba fluente, il sorriso accattivante, il parlare tranquillo, aperto alla comunicazione di concetti mai scontati, originali, qualche volta forse appena oltre le righe, ma che trasmettevano vita sentita, intensa, vissuta in semplicità.

Lo incontrai poi familiarmente qualche giorno dopo e stabilì subito le coordinate del nostro rapporto. Mi disse così: «Vi chiamo Padre-Vescovo e vi do del “voi”; beninteso, non per un particolare atto di rispetto, ma perché voi siete il padre e nella vostra persona c'è il plurale, ci siamo tutti noi». E poi aggiunse: «Ma voi, per favore, datemi del tu, come si addice a dei fratelli. E se mi chiamate Gino, mi fate felice: così mi chiamava mia madre». E io da allora ho obbedito al suo nobilissimo desiderio, fino all'ultimo momento della sua vita quando, visitandolo per l'ultima volta in ospedale e vedendolo assopito, l'ho chiamato Gino e lui ha aperto gli occhi, mi ha riconosciuto ed ha sorriso.

Nel corso di questi due anni sono stati molto frequenti i contatti tra noi, ben oltre quelli del presbiterio diocesano, a cui non mancava mai. Lo chiamavo a casa, la sera, per salutarlo e don Luigi, alzando la cornetta del telefono, esordiva così: «Chi mi onora?», rivelando una disponibilità non comune, verso tutti.

Aveva conservato un animo di fanciullo, semplice e buono; ma soprattutto era un uomo libero. Il suo programma di vita era il vangelo delle beatitudini, per questo era amato da tutti, dai sacerdoti (la numerosa presenza ai suoi funerali in Duomo ne è stata la conferma) e dai tanti amici laici, uomini e donne, famiglie, giovani e anziani, per i quali la sua vita, il suo stile, il suo modo di fare sono stati essi stessi un messaggio cristiano. Dove la parola “cristiano” vuol dire “pienezza di umano”.

Don Luigi, sì, era un uomo senza condizionamenti, pacificato, pronto a tutto, perché la sua fede in Cristo era vera linfa vitale. Era riuscito ad attuare in se stesso quanto il Concilio Vaticano II aveva scritto nella Costituzione pastorale Gaudium et spes, al n.41: «Chiunque segue Cristo, l'uomo perfetto, si fa lui pure più uomo».

E l'ultima prova di questa su umanità matura l'ha offerta nei giorni della malattia. Dopo l'intervento chirurgico, lungo e difficile, volli parlare con il medico, che mi illustrò la gravità della situazione. Ero emozionato e preoccupato. Subito dopo, andai nella sua stanza e, appena mi vide, provvide lui a rasserenarmi, con queste parole: «Padre-Vescovo, sono contento di essere venuto all'Ospedale S.Giuseppe di Albano, insieme con tutti gli altri pazienti, come uno del popolo. Mi sento libero e sereno. Hanno rimosso un brutto tumore; mi dicono che ho anche una metastasi; farò un ciclo di chemioterapia. Cosa volete, tra una cura e l'altra passa un po' di tempo ed arriva anche per me l'ora della partenza». E condì con un dolcissimo ed affettuoso sorriso l'infausto comunicato. Con la serenità dell'uomo di Dio aveva stilato la sua diagnosi, pronto ad accoglierla, perché per lui vivere o morire era la stessa cosa. In quelle parole percepii la statura umana, spirituale e morale di questo degnissimo sacerdote.

Ora è passato all'altra riva; ci mancherà la sua voce libera e costruttiva, ma, nella comunione dei santi, ci sarà vicino e continuerà ad esserci fratello ed amico affettuoso e sincero.

+ Agostino Vallini (Vescovo di Albano)

Questo articolo compare anche nel volume scritto da un suo collega di scuola: Vincenzo Manfredi, Il prete che non voleva il don, Edizione a cura della Cooperativa "Don Milani" Acri, Cosenza, 2005

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 
Vai alla Home Page del blog


 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 

Istruzioni per l'uso

Seleziona la tua classe tra i "tags" qui sotto.

Il primo "post" che compare è l'ultimo pubblicato in ordine di tempo.

 

Tag

 

 

Area personale

 
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963