Creato da: davide1985555 il 15/11/2007
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Post N° 502

Post n°502 pubblicato il 15 Gennaio 2008 da davide1985555

IDEOLOGIA FEMMINISTA : Maschi e femmine sono uguali e solo il contesto sociale che influisce.

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Le capacità intellettive che le persone sviluppano durante la vita dipendono indubbiamente da molteplici fattori. E' indiscutibile che, oltre che dall'ambiente, l'intelligenza dipenda anche dal patrimonio ereditario.
Si conoscono diversi geni indispensabili per un normale sviluppo intellettivo. Se questi geni vengono danneggiati nell'ovulo fecondato, si corre il pericolo che il bambino, crescendo, soffra di ritardi mentali o che abbia un'intelligenza limitata.

All'Università di Ulm hanno analizzato dati genetici provenienti dallo Human Genome Project, confermando precedenti supposizioni: geni di questo tipo sembrano localizzati preferibilmente nel cromosoma X,quello del sesso femminile. Se si fa un confronto con gli altri cromosomi, si scopre che su quello X ricorrono con una frequenza quattro volte superiore. E di essi la femmina ne possiede di norma due esemplari; il maschio uno.

Da oltre cent'anni si osserva che le malattie mentali colpiscono più facilmente i maschi: dato che le femmine hanno un cromosoma X in più, compensano i difetti genetici dell'uno con la parte intatta dell'altro.
Si possono considerare questi geni del cromosoma X come "geni dell'intelligenza" che rendono la mente più ricettiva?

Un favorevole collocamento di questi geni sull'unico cromosoma X dell'uomo dovrebbe avere come conseguenza un'intelligenza particolarmente brillante; per ottenere lo stesso risultato una donna invece dovrebbe avere una supercombinazione su entrambi i cromosomi X, cosa più difficile.
Inoltre ci dovrebbero essere non solo più maschi malati di mente ma anche più con intelligenza superiore alla media.

Di fatto i valori di QI nella popolazione femminile si trovano vicini al valor medio nella gaussiana, mentre nei maschi si notano più ampie oscillazioni dei valori di QI.
La presenza di una funzione cerebrale estremamente marcata è caratteristica della specie umana.
Dall'accumulo di "geni intelligenti" nel cromosoma X, un genetista evolutivo giunge facilmente alla conclusione che essi devono aver avuto un ruolo particolare nell'evoluzione della specie.

Le caratteristiche tipiche di una specie si sviluppano in un tempo relativamente breve.
Nei pesci ciò può avvenire in poche generazioni.
Negli esseri umani si contano sette milioni di anni dalla separazione della linea degli scimpanzé.
Le caratteristiche delle specie devono essere selezionate velocemente e questo è possibile tramite i geni che vengono fissati sul cromosoma X.

Il cambiamento di questi geni nell'individuo maschile può essere visibile e dunque selezionabile, già nella successiva generazione.
Le ricerche sui processi di selezione che portano allo sviluppo della specie si sono molto intensificate dai tempi di Charles Darwin.
Per lo sviluppo di una nuova specie, oltre a molti altri fattori, è di particolare importanza la selezione sessuale.

Le scelte femminili dominano il mondo animale, per semplici motivi: nella riproduzione la femmina investe di più. Paragonando l'elevatissimo numero di spermatozoi del maschio, la femmina produce relativamente poche e preziose cellule uovo.
Per questa ragione la femmina tende ad accoppiarsi più raramente del maschio, ed è più selettiva.
Darwin spiegò la presenza di caratteristiche appariscenti - come la coda del pavone o il canto dell'usignolo - proprio con la selezione sessuale.

A fianco della selezione sessuale c'è la selezione naturale, dove a spuntarla non sono i più belli, ma i più robusti. E queste forme di selezione possono agire, da un certo punto in poi, in direzioni contrastanti.
Un esempio: la femmina del pavone sceglie tra i pretendenti quello con la coda più imponente; nel corso dell'evoluzione questa coda sarebbe potuta diventare talmente lunga e vistosa da ostacolare la fuga del pavone maschio dai predatori, ma la selezione naturale frena e limita lo sviluppo di queste caratteristiche sessuali.

Se questa moderazione non ha successo,la specie si estingue.
Lo sviluppo dell'intelligenza nell'uomo è qualcosa di molto diverso: in questo caso entrambe le forme di selezione (naturale e sessuale) si rinforzano a vicenda.
Un uomo con capacità eccellenti non soltanto sarà attraente per molte donne e dunque in grado di concepire più discendenti, ma quegli stessi geni gli forniranno un vantaggio anche nella lotta per la sopravvivenza.

Anche l'esperienza dei kibbutz israeliani, animati da uno spirito egualitario e dall'obiettivo di "emancipare" le femmine dagli "svantaggi" della maternità, hanno dimostrato in maniera incontestabile la diversità esistente fra i due sessi.
Nei kibbutz l'accesso alle professioni era aperto a tutti indiscriminatamente,le femmine erano educate a non porre eccessiva cura nell'aspetto esteriore e invece di crescere in nuclei familiari tradizionali i bambini erano allevati in speciali comunità per l'infanzia.
In modo affine ai Kinderladen tedeschi, anche nei kibbutz l'educazione era strettamente unisex e mirava a estirpare gli stereotipi maschio-femmina.
Tra il 1956 e il 1958 l'antropologo americano Melford E.Spiro dedicò un'ampia ricerca alle conseguenze dell'educazione innovativa applicata ai kibbutz israeliani.
E fu il primo a sorprendersi scoprendo che i piccoli istraeliani sviluppavano le classiche preferenze per giochi maschili e femminili.
A dispetto di tutti gli sforzi degli educatori, particolarmente spiccata era la preferenza delle bambine per giochi mamma-bebè.
L'antropologo andò oltre: tornò a controllare i soggetti del suo studio dopo un intervallo di vent'anni.
Le bambine dei kibbutz, ora adulte, erano diventate donne "emancipate", tenaci nel perseguire gli stessi obiettivi professionali dei colleghi uomini?
Avevano sviluppato gli stessi interessi professionali dei maschi della loro generazione?
Al contrario.
Spiro constatò una specie di controtendenza: la maggior parte delle femmine cresciute nei kibbutz era tornata coscientemente ai ruoli tradizionali, con l'annessa divisione dei compiti.
Invece di continuare la lotta per "l'emancipazione" impegnandosi nell'eliminazione di pregiudizi e ingiustizie, queste femmine cresciute all'insegna dell'ideale della parità dei sessi ora chiedevano di dedicarsi ai figli e al focolare domestico, contrapponendo a quell'ideale unisex una scelta di vita ispirata ai ruoli tradizionali.
Spiro, fino ad allora fautore della tesi sociogenetica dei ruoli sociali, concluse "ipotizzando" l'esistenza di "fattori preculturali determinanti": fattori biologici, dunque, che determinano in modo decisivo le costanti comportamentali di maschi e femmine.

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In bambini e bambine vi è il germe innato della differenza sessuale.
Ma l'idea che sia la disposizione genetica che spinge a selezionare gli stimoli dell'ambiente secondo il ruolo sessuale, contraddice la tesi molto popolare e in voga non solo fra le femministe,ma anche presso molti e stimati ambienti scientifici, secondo la quale la differenza sessuale è frutto esclusivamente dell'ambiente culturale, il prodotto di una secolare educazione agli stereotipi.
I dubbi intorno a questa concezione sociogenetica hanno cominciato ad addensarsi in seguito all'esperienza di asili alternativi sorti dopo il '68.
All'epoca, molte giovani coppie di genitori decisero di rompere con i ruoli sessuali tradizionali impartendo ai figli un'educazione non repressiva e sessualmente neutra.
L'idea era che le differenze tra maschi e femmine sarebbero andate così via via scomparendo, anzi non sarebbero sorte affatto.
In Germania, tra le varie iniziative, vi fu l'organizzazione di asili autogestiti da cooperative di genitori, che furono battezzati "Tante-Emma-Laden", le botteghe della zia Emma.
In questi Kinderladen o botteghe dell'infanzia, si cercò di praticare una cultura della non-violenza e di favorire l'affermarsi di comportamenti solidali e reciproci.
I promotori dei Kinderladen intendevano soprattutto mettere in discussione i tradizionali ruoli sociali, per cui, per esempio,le bambole erano tabù per le femmine.
Gli psicologi Horst Nickel e Ulrich Schmidt Denter, all'epoca ricercatori presso l'Università di Dusselfort, ed essi stessi simpatizzanti di un'educazione antiautoritaria, si prefissero di documentare il progetto dei Kinderladen dal punto di vista scientifico.
Misero quindi a confronto lo sviluppo di circa 400 bambini in età compresa fra i tre e i cinque anni provenienti in parte da scuole tradizionali e in parte da quelle alternative.
In un primo momento, i rilevamenti sembrarono confermare le aspettative: le attività di gioco nei Kinderladen palesavano una minore tendenza alla conflittualità.
Ma la ragione era che, in caso di contrasto,le bambine cedevano subito, senza colpo ferire.
Si scoprì così che le differenze comportamentali erano ancora più pronunciate nei bambini cresciuti nelle antiautoritarie "botteghe di zia Emma", i quali si avvicinavano agli stereotipi sessuali più dei bambini educati tradizionalmente.
I maschi erano più aggressivi e inclini all'uso della forza e le femmine più paurose e portate a cedere ai maschi in situazioni di esasperata competizione.
Le femmine imparavano a "difendersi" solo verso i cinque anni.
La conclusione fu scoraggiante: gli stereotipi che gli studiosi si aspettavano di trovare negli asili tradizionali erano ancora più "ingombranti" nei Kinderladen alternativi.
Successive ricerche hanno avvalorato i dubbi sulla tesi sociogenetica della differenza sessuale.
L'educazione agli stereotipi maschio-femmina durante i primi anni di vita non è mai tanto sistematica da spiegare l'insorgere di comportamenti specifici solo attraverso la socializzazione.
Questo vale in maggior misura per le categorie "autoaffermazione e aggressività", dove le differenze di comportamento vanno ben al di là di quanto possa incidere l'esempio trasmesso quotidianamente dai genitori.
Con buona pace delle femministe e relativi seguaci maschi.

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FONTE : UOMINI3000.IT

 
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