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Post n°1 pubblicato il 20 Luglio 2007 da karmen71

Libro
La Psicologia della Conservazione
di Carmen Pernicola

Tema generale del libro
Il libro è rivolto agli psicologi e presenta in maniera organica per la prima volta in Italia un’area applicativa emergente, la Psicologia della Conservazione (Conservation Psychology), che da alcuni anni è andata sviluppandosi accanto alla biologia della conservazione e che studia la diversità e fattori di rischio a cui questa diversità è esposta a causa delle attività umane.
La biologia della conservazione è stata originariamente concettualizzata come una disciplina di “crisi”, con l’obiettivo di fornire principi e strumenti per tutelare la biodiversità (Soule, 1985). Lo scopo di tutelare la biodiversità è chiaramente il valore guida e implica un urgenza, e finora le tecniche di biologia della conservazione sono le uniche scientifiche. Le questioni della ricerca e i metodi sono derivate da una vasta gamma di campi di ricerca pura ed applicata. La maggior parte dei contenuti delle aree che contribuiscono alla biologia della conservazione sono collegate alle scienze naturali, ma i biologi della conservazioni hanno riconosciuto che la conoscenza biologica da sola non è sufficiente a risolvere i problemi della conservazione (ad esempio Mascia et al. 2003). Infatti, Lidicker (1998) ha concluso che “la conservazione ha bisogno sicuramente dei biologi della conservazione, ma anche dei sociologi della conservazione, degli scienziati politici della conservazione, dei chimici della conservazione, degli economisti della conservazione, degli psicologi della conservazione e degli umanitari della conservazione”.
Come la biologia della conservazione, la psicologia della conservazione ha un obiettivo principale, che è quello di condurre ricerche psicologiche che siano orientate alla sostenibilità ambientale. Questo obiettivo completa direttamente quella della biologia della conservazione.

E’ guidato da situazioni problematiche in cui gli esseri umani hanno l’occasione di vivere in maggiore armonia con la terra e con le altre specie. Come risultato, la Psicologia della Conservazione dovrà avere almeno quello di conversare con gli scienziati naturali con i quali lavorano. Un approccio promettente che guida sia le scienze biologiche che quelle sociali a sostenere le pratiche della conservazione è quello dell’ adaptive management (Salafsky et al. 2002; Norton unpublished paper; see also earlier work by Lee 1993).
Un’altra affinità della psicologia della conservazione con la biologia della conservazione è il modo in cui è organizzata. Essa si incrocia con una varietà di sub-discipline della psicologia, ognuna con un lavoro teorico e con delle metodologie che possono contribuire al raggiungimento del suo obiettivo.
Per esempio, molti contributi sono venuti da subdiscipline della psicologia sociale e ambientale sulle attitudini, sui valori ambientali e sul modo in cui incoraggiare comportamenti responsabili nei confronti dell’ambiente (
ad esempio Gardner and Stern 2002; Bechtel and Churchman 2002; Schultz and Oskamp 2000).
La
Psicologia della Conservazione è un nuovo approccio alla comprensione della dimensione umana della conservazione ed è nata come supporto ai programmi di conservazione volti a incoraggiare l’assunzione di comportamenti che abbiano un minore impatto sull’ambiente.
Numerosi psicologi lavorano oggi in aree relative alla conservazione, e sembra che molte più iniziative potrebbero giovarsi della prospettiva che la psicologia può fornire.
Non si intende certo avvalorare l’impressione di assistere alla nascita di una nuova disciplina, quanto piuttosto richiamare l’attenzione sull’apertura della psicologia alla conservazione dell’ambiente naturale, in cui convergono acquisizioni culturali di lunga data e temi didattici trattati da discipline che tradizionalmente ne hanno anticipato o surrogato i contenuti.
Tali temi possono essere individuati agevolmente in base alla caratterizzazione, più che alla definizione, della
Psicologia della Conservazione come luogo di confronto tra psicologi di ogni area di studio; ambientale, sociale, di personalità, dello sviluppo,cognitiva, organizzativa, biopsichico, orientato alla comprensione dei motivi che inducono le persone a proteggere o invece a danneggiare l’ambiente naturale e alla promozione di pratiche di sviluppo sostenibile (Saunders, 2003).
La
Psicologia della Conservazione, infatti, nasce come area problematica cui ogni psicologo può offrire, come affermano i suoi pionieri, che negli ultimi cinque anni hanno compiuto sforzi importanti per far incontrare psicologi e studiosi delle altre scienze sociali intorno a tematiche di interesse ambientale.

Noi ci auguriamo che più che diventare un’altra area specialistica di studio, la Psicologia della Conservazione venga interpretata come un’area problematica cui le persone di ogni area della psicologia possono contribuire”, dice, infatti, Gene Myers Jr. (nella foto), PhD, professore associato nel dipartimento di studi ambientali della Western Washington University e membro della Divisione 34 dell’American Psychological Association.
Virtualmente tutte le aree della psicologia hanno qualcosa da dire che ci può essere d’aiuto per fare un lavoro migliore in favore della tutela del mondo naturale” osserva
Carol Saunder.
Oggi alla
Psicologia della Conservazione si dedicano studiosi provenienti da diverse aree di studio della psicologia e in generale delle scienze sociali, secondo i quali le aree della psicologia che maggiormente possono contribuire alla tutela ambientale sono:
- la psicologia industriale e delle organizzazioni, ad esempio con studi sulla sostenibilità ambientale delle industrie e sull’inquinamento dei luoghi di lavoro;
- la psicologia della salute, ad esempio con studi sugli effetti positivi che il contatto con la natura può avere sulla salute;
- la psicologia dei consumi, ad esempio con ricerche inerenti l’impatto sull’ambiente dei consumi e sui modi in cui controllare l’espansione del consumo di risorse importanti come l’acqua o il petrolio.

Nessun territorio resta incontaminato laddove incontra la presenza umana. La sola presenza umana è un’alterazione del territorio stesso. L’habitat umano è il risultato dell’incontro che si produce nel rapporto tra esseri umani e ambiente naturale ed è uno specifico spazio antropico e naturale.
Quando cerchiamo il modo migliore per utilizzare le intuizioni dei ricercatori e degli esperti sul campo, una sfida molto importante è quella di considerare ogni dimensione psicologica nel contesto che Bonnes e Bonaiuto (2002) chiamano “completo sviluppo ecologico”, che comprende le specie umane e quelle non umane.
La sedimentazione delle persone nel proprio habitat antropico e naturale agisce in diverso modo sui confini culturali e innesca varie forme di definizioni identitarie per i soggetti interessati.
Così prevalentemente l’ambiente naturale di cui parliamo è un ambiente fortemente antropizzato, esito della particolare azione dell’uomo sul territorio e della più generale e secolare azione antropica sugli ecosistemi naturali e la conservazione dell’ambiente naturale diventa ricerca di un equilibrio tra azione antropica e spazio naturale e controllo sociale sull’evoluzione integrata del sistema umano e del sistema territoriale.
I confini della
Psicologia della Conservazione, allora, diventano sempre meno determinabili e mostrano chiaramente le necessarie sovrapposizione con altre discipline, come la geografia, l’antropologia e l’economia.
Ma il focus della
Psicologia della Conservazione si delinea con maggiore precisione nell’ambiente come sistema risultante dall’azione della natura e dell’uomo, rispetto cui particolare interesse conoscitivo assumono gli effetti di produzione di senso della popolazione rispetto ad esso. La rappresentazione dell’ambiente si ricollega, così, alla percezione di totalità organizzate che obbedisce alla regola “le proprietà del tutto non sono il risultato di una somma delle proprietà delle sue parti", mentre "la proprietà di una parte dipende dal tutto nel quale è inserita" (Kanizsa, 1978, pp. 45-46).
Molto vicino al concetto di rappresentazione dell’ambiente in questo senso è il modello topologico di Lewin (1936), che descrive lo spazio di vita come campo orientato da una struttura cognitiva dinamica (determinata dal gioco di bisogni, regioni, valenze, forze, tensioni e locomozioni).
C’è un diffuso consenso intorno alla convinzione che le soluzioni ai problemi ambientali debbano coinvolgere il pubblico (Stern 2000a, McKenzie-Mohr 2000), e che ci siano molte strade possibili per ottenere questo coinvolgimento. Le persone possono realizzare giardini, andare in bicicletta, installare pannelli solari, rivolgersi ad attività ricreative meno consumistiche come andare in canoa, giocare a carte, e sostenere organizzazioni e forze politiche che propongono soluzioni ai problemi ambientali.
Le organizzazioni possono sponsorizzare campagne, promuovere politiche, coordinare un processo per identificare indicatori, condurre ricerche sulle strategie di intervento più efficaci, e dare un feedback sui cambiamenti. Le aziende possono offrire soluzioni tecniche per aumentare l’efficienza e la comodità, rendendo i comportamenti per la conservazione più attraenti. Così, il discorso sui cambiamenti nei comportamenti apre domande sulle variabili predittive dei comportamenti, sul modo in cui i comportamenti possono essere modificati, e sulle strategie di educazione e comunicazione più efficaci per promuovere il cambiamento.
La
Psicologia della Conservazione può ricevere qui un contributo fondamentale dagli studi della psicologia sociale sui processi che sottendono il comportamento e sulle sue ipotetiche determinanti.
Il termine
Psicologia della Conservazione indica il desiderio di alcuni psicologi di usare la loro formazione, i loro strumenti professionali e la loro prospettiva teorica per contribuire a rendere “verde” la psicologia, e partecipare a trasformare la società attuale in una società più sostenibile.
Una dei pionieri della
Psicologia della Conservazione è stata Carol Saunders, direttrice delle ricerche sulla comunicazione e sulla psicologia della conservazione al Brookfield Zoo di Chicago.
Lo Zoo di Brookfield, un grande zoo nella periferia di Chicago, è leader mondiale nella conservazione, si propone come un centro di conservazione per la collettività e lavora in quattro aree principali:
- conservazione delle risorse e azione in modo responsabile dal punto di vista ambientale, efficiente, sostenibile;
- conservazione della fauna, degli habitat, degli ecosistemi;
- promozione di azioni di conservazione;
- trainer e guida nei lavori in favore della conservazione.

Gli zoo e gli acquari offrono un contesto interessante per la psicologia della conservazione in quanto servono una larga parte di pubblico e molti di essi oggi desiderano comprendere se stanno facendo dei reali progressi nella loro azione conservativa. In particolare vogliono sapere se stanno avendo influenza sulla comprensione, sugli atteggiamenti e sui sentimenti del pubblico per quel che riguarda gli animali e la loro conservazione.
Alla ricerca di risposte a queste domande lo
Zoo di Brookfield, ha cominciato a coinvolgere in maniera sistematica psicologi e altri studiosi di scienze sociali per cercare di riesaminare che cosa si sa su come incoraggiare le persone ad adottare nuovi comportamenti di conservazione della natura.
I risultati di questi studi sono stati poi applicati allo sviluppo di nuovi programmi, la cui efficacia è stato oggetto di valutazione. Si è fatto nel tempo sentire il bisogno di ulteriori ricerche e gli studi sui problemi di base relativi ai comportamenti di conservazione della natura sono stati intrapresi, usando gli zoo e gli acquari come laboratori.


Carol Saunders (nella foto) aveva osservato che ormai da anni molti psicologi e studiosi di scienze sociali si occupano dei problemi legati alla sostenibilità ambientale. Eppure, nonostante un numero sempre più ampio di studi e ricerche, il campo della conservazione ambientale continuava a restare poco noto tra gli psicologi e tra quanti sono impegnati nella tutela ambientale.
Nel frattempo, però, i biologi della conservazione erano divenuti sempre più consapevoli della necessità di affiancare alle scienze naturali gli studi sociali per poter intervenire con efficacia sul fattore umano della conservazione.
Secondo
Carol Saunders una delle cause di questa scarsa disattenzione nei confronti della psicologia della conservazione deriva dal fatto che i diversi autori lavorassero in aree geografiche diverse, anche molto lontane tra loro, e che fossero un po’ sparsi per il mondo. Inoltre spesso si occupavano di discipline tra loro differenti e quindi mancavano di un coordinamento capace di mettere insieme i diversi risultati delle ricerche e di trarre delle conclusioni più generali.

Carol Saunders ha iniziato a lavorare con altri colleghi per mettere insieme questi psicologi, e consentire il confronto professionale e scientifico e lo sviluppo della ricerca e dell’intervento nell’ambito della conservazione ambientale.
Proprio allo scopo di riunire i ricercatori di diverse parti del mondo e di differenti discipline, interessati agli studi sulla conservazione ambientale Saunders, con Gene Myers della Western Washington University e altri colleghi, cominciò a radunare questi ricercatori sotto il nome di psicologi della conservazione.
All’8th International Symposium on Society and Resource Management (ISSRM8th) tenutosi nel giugno 2000, alla Western Washington University, Gene Myer e Carol Saunders organizzarono una serie di sessioni sul tema generale della “Psicologia della Conservazione".
Oltre 35 interventi si occuparono di una varietà di argomenti: dal senso di identità legato ai luoghi, alla comprensione del modo in cui le persone si preoccupano e si prendono cura dell’ambiente, e del modo in cui incoraggiare gli atteggiamenti e i comportamenti favorevoli all’ambiente. I partecipanti discussero anche di come costruire una ampia identità professionale per la ricerca psicologica sui temi della conservazione.
Il dibattito sulla Psicologia della Conservazione è proseguito poi nella sessione della convention annuale dell’American Psychological Association nell’agosto del 2000.
Dalla convention è emerso anche il desiderio dell’APA di caratterizzarsi come una organizzazione “verde” attraverso alcuni cambiamenti nel proprio modo di operare.
Grazie al sostegno della Daniel F. and Ada L. Rice Foundation si è svolto poi nel maggio 2002 un altro convegno al Brookfield Zoo sulla Psicologia della Conservazione, cui hanno preso parte 60 studiosi di spicco di differenti discipline, tra cui la psicologia, la sociologia, lo sviluppo ambientale e le discipline della conservazione, per dibattere sul ruolo vitale che la ricerca può giocare nella comprensione della relazione tra uomo e nautra. Questa è stata la prima conferenza in assoluto dedicata completamente alla Psicologia della Conservazione negli Stati Uniti.
Oltre agli studiosi partecipano alla conferenza anche esperti sul campo, come educatori ambientali e specialisti della comunicazione, ritenendo che gli esperti sul campo conoscono direttamente le questioni critiche che necessitano di una risposta da parte degli scienziati.
La Society for Human Ecology (SHE) nella sua 20th Anniversary Conference tenutasi alla Marriot University Park Hotel di Salt Lake City, Utah – USA nell’ottobre del 2005 ha promosso un interessante lavoro interdisciplinare sulla Psicologia della Conservazione, in particolare enfatizzando il legame tra Psicologia della Conservazione e studio dei sistemi biologici in siti destinati alla conservazione.
Nel corso della Conferenza si è dibattuto su: Comprensione dei comportamenti del Panda Gigante e sua applicazione all’educazione alla conservazione: dal riconoscimento alla conoscenza dei Panda Giganti (Sarah Bexell, R. J. Snyder, L. Luo, and E. Sandhaus - Georgia State University; Zoo Atlanta – Georgia), Psicologia della Conservazione e delfini solitari in mare aperto. Gestire i comportamenti umani nelle interazioni essere umano-delfino (Anne Alden - U of California – Davis), Attaccamento agli animali domestici e attitudini pro-ambientali. (Joanne Vining – University of Illinois - Urbana Champaign), Attrazione verso gli animali nell’ecoturismo. (Lynette A. Hart, Dale F. Lott , Michael C. McCoy - University of California – Davis), Social and Moral Judgments about Pesticides and the Natural Environment: A Developmental Study with Farm Worker Children (Rachel Severson , Peter H. Kahn, Jr. – University of Washington), Children’s Concepts of Intrinsic Value in Nature (Patricia Nevers, Dirk Schulz - University of Hamburg – Germany), Applying a Psychometric Instrument to Explore the Range of Environmental Ethical Beliefs held by Zoo Visitors (Carol D. Saunders, Ron Meyers, John Fraser - Chicago Zoological Society; University of Chicago; Wildlife Conservation Society), A Moral Functioning Perspective on Biocentric Values(Gene Myers – Western Washington University), Using Biological and Psychological Information to Help Home Gardeners Care for their Land (Susan Clayton – College of Wooster), La Psicologia nel curriculum della Conservazione – (Britain A. Scott, Sue M. Koger - University of St. Thomas; Willamette University – Oregon), Navi contro la corrente: Il ruolo of Prior Perception in Conservation and Restoration Ecology(John Anderson – College of the Atlantic), Toward Sustainability Consciousness: A Critique of Sustainable Behavior Models of Human Functioning (Almut Beringer - LaTrobe University, Australia & University of PEI, Canada), Reflections on Conservation Psychology (Richard Borden – College of the Atlantic).

Aree problematiche principali del libro
Il libro è organizzato intorno a quattro aree problematiche principali:

- conservazione degli animali
Il problema della conservazione degli animali riguarda, in particolare, l’esplorazione della relazione esistente tra la tutela degli animali, delle specie e degli ecosistemi e del modo in cui questa relazione può essere una chiave per incoraggiare la conservazione delle risorse e la tutela ambientale.

- conservazione dei luoghi
Il problema della conservazione dei luoghi riguarda allora il passaggio dallo “spazio” al “luogo”, la differenziazione e la qualificazione dello spazio.
Il luogo in cui si vive è lo spazio in cui si dà luogo all’essere, attraverso le relazioni umane che in esso si instaurano.
Perciò la questione del passaggio dallo spazio al luogo è quella di “avere luogo”, di “dare luogo.

- comportamenti a favore dell’ambiente
Alcuni interrogativi sui comportamenti a tutela dell’ambiente riguardano il modo in cui possiamo incoraggiare i cambiamenti di comportamento, il modo in cui possiamo selezionare l’adeguato livello di analisi.

- valori relativi all’ambiente
Il problema dei valori relativi all’ambiente riguarda il modo in cui possiamo creare valori di base che riguardano differenti tipi di problemi e costruire un sostegno pubblico e politiche nazionali di conservazione ambientale.

In questa area viene presentato il Biodiversity Project, un gruppo che protegge la biodiversità attraverso la ricerca basata su campagne di comunicazione strategica ha esplorato diversi sistemi di valori che sottostanno l’atteggiamento verso l’ambiente e il modo per misurarli.
Vengono inoltre presentate alcune importanti ricerche italiane, tra cui quella realizzata dall’Agenzia Regionale per i Parchi del Lazio in collaborazione con il Dipartimento di Psicologia dei Processi di Sviluppo e Socializzazione dell’Università La Sapienza di Roma, sotto la supervisione scientifica della professoressa Mirilia Bonnes e del professor Marino Bonaiuto, finalizzata alla realizzazione di una indagine psico-sociale che è stata intitolata “Le aree naturali protette per la promozione della consapevolezza, sensibilità ed impegno ambientale”.
 

 
 
 
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