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Cambiamenti climatici

Post n°3 pubblicato il 20 Luglio 2007 da karmen71

Il clima cambia, noi no!

Il clima sta cambiando. Che succederà nei prossimi anni? E’ la domanda che ci poniamo sempre più spesso con un po’ di inquietudine. Restando però a guardare come spettatori di una catastrofe ambientale che si sta verificando altrove. Mentre il riscaldamento globale è qui, ora, ed è causato, in buona parte, dal nostro modo di vivere su questo pianeta.

Ancora oggi davanti ai cambiamenti climatici spesso abbiamo reazioni del tipo: “E’ vero ma non ci credo!” e gli scienziati che profetizzano lo scioglimento dei ghiaccia, desertificazione, correnti calde che si fermano, ci appaiono come delle odiose Cassandre, capaci solo di prevedere sventure e di turbare i nostri sonni.
Conosciamo il problema, non ne siamo realmente “toccati”. Perché il riscaldamento globale è un argomento scientifico vero ma non persuasivo.
Il quarto rapporto del Comitato Intergovernativo sul Cambiamento (
IPCC), costituito nel 1988 dalle Nazioni Unite, dalla World Meteorological Organization (WMO) e dall'United Nations Environment Programme (UNEP) allo scopo di studiare il riscaldamento globale, lo afferma con chiarezza: il riscaldamento del clima globale è ormai inequivocabile e risulta evidente dall’aumento della temperatura dell’aria e degli oceani, dallo scioglimento dei ghiacciai, dalla crescita del livello dei mari.
Il rapporto dell’
IPCC chiama in causa le scelte di sviluppo energetico e produttivo centrate sui combustibili fossili e la deforestazione, ma rappresenta il punto di arrivo di analisi che gli scienziati portano avanti da almeno trent’anni.
Non è, infatti, notizia nuova per la comunità scientifica che le attività umane, che si sono sviluppate a partire dalla rivoluzione industriale, abbiano determinato significativi cambiamenti nella composizione dell’atmosfera terrestre, con serie conseguenze sull’equilibrio climatico globale.
Tutti i modelli di previsione, quelli più catastrofici come quelli più ottimisti, concordano su un dato molto allarmante: queste enormi emissioni di gas serra nell’atmosfera stanno provocando e continueranno a provocare nei prossimi decenni un aumento rilevante della temperatura media del nostro pianeta, e conseguenze come lo scioglimento dei ghiacciai e delle calotte polari, siccità, desertificazione, allagamenti delle regioni costiere.
E faranno sentire i loro effetti soprattutto sulle regioni tropicali e in generale su tutto l’emisfero meridionale del pianeta, con l’accrescimento del degrado delle terre di zone aride, sub aride e sub umide secche, la conseguente diminuzione drastica dei raccolti agricoli dell’Africa subsahariana e l’espansione geografica di alcune malattie come la malaria.
Ma ecco qual è il loro terribile difetto! Sono modelli di previsione.
Il fumo provoca il cancro: è un’altra previsione probabilistica. Sappiamo tutti l’effetto che fa. Nemmeno la più terribile scritta terroristica, stampata a caratteri lugubri su un pacchetto di sigarette fa desistere il fumatore.
Perché i modelli di previsione hanno questo limite, diciamo: esiste una piccola probabilità che non si verifichino o che colpiscano qualcun altro e non me. E mettono in azione quella che possiamo chiamare “speranza passiva”.
Ecco, è questo che stanno facendo gli scienziati del clima oggi: stanno appiccicando un’etichetta sul nostro modo di vivere:
IL NOSTRO SISTEMA PRODUTTIVO
NUOVE GRAVEMENTE ALLA SALUTE
DELL’UOMO E DELLA TERRA”.
Mettendo in azione la “speranza passiva”. E via con un’altra sigaretta!
Semplice, più semplice che ripensare il proprio stile di vita, di più, la propria visione del mondo.
Perché è di questo che stiamo parlando: di una presa di coscienza capace di farci ripensare la nostra visione del mondo basata su sviluppo inarrestabile, petrolio, differenze tra nord e sud del mondo.
Che non significa rinunciare al benessere, ma imparare a godersi il benessere raggiunto e ad apprezzare quel che fino a oggi abbiamo costruito, vivere il presente piuttosto che correre continuamente verso il futuro.
Ma ogni cambiamento è impossibile se non è preceduto da una vera presa di coscienza del problema e dalla possibilità di riferire il problema a se stessi, alla propria realtà.

E riferire alla propria realtà di vita il problema del riscaldamento globale di origine antropica significa prendere coscienza dei costi che quotidianamente paghiamo a livello individuale e di comunità a uno sviluppo selvaggio e senza etica.

Per poter infine attribuire mandato sociale alle figure politiche capaci di sostenere questo cambiamento con modifiche strutturali all’attuale organizzazione produttiva, ottimizzando l’utilizzo delle risorse naturali sulla base dell’impatto ambientale e sociale.
La politica dovrebbe contribuire alla presa di coscienza da parte del pubblico dell'impatto che la nostra organizzazione economica, produttiva e sociale ha sul pianeta, favorendo una visione sistemica del mondo e avanzando un modello di interpretazione della catastrofe ambientale di cui siamo artefici, costituendosi come senso per i cittadini.
La possibilità delle organizzazioni politiche di affrontare con efficacia l’emergenza ambientale richiede una rilevante espansione, in termini quantitativi ma anche e soprattutto qualitativi, di mandato sociale.
La presa di coscienza del disagio che ci deriva dall’attuale organizzazione sociale ed economica è indispensabile, infatti, per suggerire punti di vista realistici che vadano correggere i nostri comportamenti automatici.
Ma la politica, neanche quella degli ambientalisti più convinti, riesce ancora oggi a definire programmi capaci di cogliere la domanda implicita dei cittadini di qualità ambientale, perché il contesto degli interventi resta ancora astratto e confuso e il mandato sociale non è stato ancora individuato con chiarezza.
Questo perché la politica resta sempre più lontana dai cittadini, e agisce secondo un mandato sociale confuso e astratto, non fondato su esigenze e richieste del popolo votante, ma in difesa di un conservazione dell’ordine esistente, perché si possa continuare a fare il gioco degli interessi senza sovvertire le regole in corsa.
Appare allora sempre più urgente l’alleanza tra scienziati della natura e dell’uomo e mass-media, per favorire nei cittadini la presa di coscienza della catastrofe ambientale in corso su scala planetaria, che ha cause e ripercussioni su scala locale, nella vita quotidiana di ognuno, sollecitando non la “speranza passiva” ma la “partecipazione attiva e creativa” alla ri-costruzione della nostra visione del mondo e alla ri-organizzazione del nostro sistema sociale, economico, produttivo, in funzione di un abbattimento dei costi ambientali e sociali delle nostre azioni.
Il rischio è fare della catastrofe un nuovo stile di vita di resistenza alla catastrofe stessa e impedire che questo avvenga resta anche la sfida che dobbiamo cogliere.
Perché “La salvezza quasi sempre ci sfugge per una sequela di piccoli disguidi che possono avere conseguenze enormi” (
M. Piattelli Palmarini. L’arte di persuadere. Oscar Saggi Mondadori).

 
 
 
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