HIC ET NUNC
riflessioni in pillole
Psicologo abilitato iscritto
all’Ordine Degli Psicologi della Liguria.
Durante la formazione universitaria si è occupato in particolare di Psicoterapia psicoanalitica, Psicologia della coppia, Psicologia della famiglia, Psicologia dei gruppi, Disturbi psicotici, Disturbo bipolare.
Ha avuto la possibilità di fare esperienza presso consultori familiari dell’ASL 3 di Genova, presso il Servizio psichiatrico
di diagnosi e cura dell’ospedale “Villa Scassi” di
Ge-Sampierdarena, presso scuole pubbliche con situazioni
difficili individuali e di immigrazione.
Attualmente collabora con il consultorio di Ge-QuartoASL 3, occupandosi di adolescenti, adulti, famiglie.
Svolge attività professionale presso uno studio di Genova.
Ha pubblicato un articolo sul problema della paura nell’uomo:
“NON MI DIRE CHE HAI…PAURA!
Un percorso descrittivo ed analitico sotto il profilo psicologico di una tra le più ancestrali emozioni dell’uomo.” Intrecci, n°2 – 2010. Genova
I contatti: rametta@ordinepsicologiliguria.it
Cell: 3480146197
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La paura è un’emozione primaria di difesa a causa di un pericolo reale previsto, del ricordo o della fantasia e si presenta come reazione fisiologica accompagnata da battito cardiaco e respiro accelerati, tensione muscolare, tremore e sudore: l’organismo si prepara alla fuga o alla lotta.
Si riconoscono tre livelli crescenti della paura: il terrore, la paranoia e il panico. Il terrore è un evidente stato di paura, durante il quale un individuo diventa confuso e viene attanagliato da un senso di elevato pericolo. Questo porta il soggetto a non riconoscere più il “giusto” e “l'errato”, portandolo quindi a commettere azioni al di fuori di qualsiasi logica, ma dettate solo dall'istinto. Se esaminiamo il terrore umano e quello animale riscontriamo veramente poche differenze, l'unica differenza sta nel fatto che l'uomo può controllare questo suo stato di paura con ragionamenti logici, mentre l'animale si limita a seguire l'impulso e quindi tenta di difendersi fino alla fine, molto spesso senza riconoscere, nel caso di un animale domestico, neanche il padrone. Paranoia è un termine per descrivere una psicosi di paura, relativa alla percezione di essere perseguitati. Questa percezione spesso causa il cambiamento del comportamento naturale in modo radicale, dopo un po' di tempo il comportamento dei soggetti affetti può diventare estremamente compulsivo. Il panico è la forma più grave di paura che spinge l'individuo a prendere coscienza di essere a rischio di vita imminente (spesso è causato da una fobia di qualcosa o qualcuno). Può comportare perdita di coscienza, disorientamento, azioni incontrollate ed è accompagnata anche dai sintomi di terrore e paranoia. In caso di panico nell'animale, comporta aggressività.
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La paura è una delle emozioni primarie, comune sia alla specie umana, sia a molte specie animali e ne “L'espressione delle emozioni negli animali e nell'Uomo”(1872), C. Darwin abbozzò per la prima volta lo studio del comportamento animale secondo una prospettiva evoluzionistica, che avrebbe dato spunto nel secolo successivo all'etologia. Sigmund Freud successivamente distinse la paura come qualcosa che richiede un determinato oggetto di cui si ha timore; l’angoscia come qualcosa che indica una certa situazione che può essere definita di attesa del pericolo e di preparazione allo stesso, che può anche essere sconosciuto; lo spavento come qualcosa che designa invece lo stato di chi si trova di fronte a un pericolo senza esservi preparato, e sottolinea l’elemento della sorpresa.
L’angoscia in psicanalisi è di centrale interesse e Freud la chiamò “Schreck” ovvero l’angoscia come reazione ad una situazione traumatica dovuta sia ai pericoli del mondo esterno: angoscia reale; sia ai pericoli interni delle pulsioni dell’Es: angoscia nevrotica; sia alla pressione operata dal Super-io: angoscia morale. Essa risulta comunque esperita dall’Io come mediatore fra le pulsioni istintuali (Es) e le regole genitoriali, morali, sociali (Super-Io).
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In seguito Melanie Klein, ponendo l’Io come mediatore fra le pulsioni istintuali (oggetti interni) e le figure genitoriali con tratti persecutori (Super-Io), concepì l’angoscia come la risposta dell’Io all’istinto di morte, ciò che sviluppa aggressività nell’individuo e ne evidenziò tre tipi: l’angoscia paranoide, depressiva e di castrazione. La prima corrisponde all’azione dell’istinto di morte su uno o più oggetti (persone, parti corporee, cose, emozioni, situazioni, fantasie) vissuti come persecutori e capaci di annientare l’Io. La seconda è relativa ad un oggetto amato che può essere al contempo odiato, quindi essere un unico oggetto, ciò che genera da bambini la nostra ambivalenza, causata dalla paura che la nostra aggressività possa aumentare o che annienti l’oggetto buono. La terza si origina dalla trasformazione del complesso di castrazione, connesso a quello di Edipo, diverso per i due sessi: per il bambino è la paura di una punizione del padre per le proprie attività sessuali e per il desiderio di possedere la madre; per la bambina è il disonore subito per la mancanza del pene e attribuito come colpa alla madre, tale “invidia” del pene viene compensata desiderando quello del padre (concezione freudiana). Per la Klein, già durante il primo anno di vita tale complesso è riferito al seno materno.
La Klein concepisce l’angoscia di castrazione come originata dalla proiezione del bambino della propria aggressività sugli oggetti buoni o cattivi (tipo paranoide), o dalla propria ambivalenza se il bambino percepisce gli oggetti interi (tipo depressivo).
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L’angoscia dunque è sempre di qualcosa, cioè c’è sempre un oggetto che minaccia, e per qualcosa, cioè si teme di essere annientati o anche solo abbandonati. La psicanalisi interpreta le difese dall’angoscia come fobie, quando la paura è protratta nel tempo ed è relativa a oggetti, animali o situazioni che chiaramente non possono essere considerati paurosi, assumendo così tratti patologici.
Oggi le fobie sono molto diffuse e rendono la vita difficile a moltissime persone che finiscono, a volte, con il provare sentimenti di profonda tristezza, sentendosi senza via d’uscita. La persona fobica è estremamente sofferente. Le fobie sono anche l’esasperazione del sentimento della paura, derivante per qualche evento vissuto che origina da qualcosa di pericoloso nel mondo interno della persona e che lo blocca nella sua esistenza. La persona fobica è perciò in perenne fuga da possibili pericoli. Nelle fobie l’ansia si sviluppa in circostanze ben precise, lontano dalle quali la persona sta benissimo e che cerca di evitare. Tale evitamento da un lato protegge, ma dall’altro condurrà nella spirale delle mille limitazioni. Oggi il senso di incertezza e di inafferrabilità delle cose prodotto dalla società produce nuove fobie che allungano l’elenco delle paure umane fra cui troviamo: agorafobia (paura degli spazi aperti), claustrofobia (paura degli spazi chiusi), demofobia (paura della folla), zoofobia (paura degli animali), dromofobia (paura di viaggiare e dei mezzi di trasporto), acrofobia (paura delle altezze e del vuoto), aviofobia (paura di volare), brontofobia (paura dei temporali e degli uragani), eritrofobia (paura di arrossire), emofobia (paura del sangue), rupofobia (paura della sporcizia), ecc…
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Nella concezione dei Comportamentisti la paura può essere condizionata e alcune metodiche in merito aiutano a controllare gli effetti negativi di alcune fobie. Ad esempio la paura nell’uomo dei gatti: si presume che in tempi precoci un gatto sia stato uno stimolo condizionato per qualche stimolo incondizionato dannoso (es.: un evento traumatico associato). Si può vincere la paura con esposizione graduale e ripetuta ai gatti. La sperimentazione dello s.c. senza s.i. porta all’estinzione della paura.
Molte paure dell’uomo possono svilupparsi come un condizionamento nell’infanzia, suscitando un’emozione che si manifesta anche fisicamente (pallore del viso, tremori), oppure è nascosta e si deve interpretare attraverso segni, quali:
• enuresi notturna,
• problemi del comportamento alimentare,
• mancanza di curiosità,
• passività ed eccesso di adattabilità,
• impazienza ed irritabilità,
• eccessivo attaccamento alle figure adulte.
Già da piccoli, i bambini temono di non essere belli o di essere inadeguati e incapaci, di essere abbandonati e di restare soli. Ed è proprio la solitudine, il nodo centrale intorno al quale si sviluppano molte paure.
La paura dell’abbandono è una paura arcaica e antichissima, che ha radici nella prima infanzia, ed è legata alla separazione “temporanea” dalla figura di riferimento. La paura di essere abbandonato aumenta l’insicurezza del bambino soprattutto in quelle “fasi evolutive di passaggio” che coinvolgono inevitabilmente i processi di separazione.
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Il buio, la notte da sempre spaventano l'uomo e per tutti i bimbi è l'annunciarsi dell'ora di andare a letto, cioè separarsi ed essere soli. Il buio si popola di personaggi fantastici, che possono essere in qualche modo legati ad eventi, persone del giorno che hanno spaventato o dato sensazioni di disagio al bambino. La paura del dottore può insorgere in qualunque momento in età evolutiva, spesso è associata ad esperienze traumatiche, ospedalizzazioni prolungate o improvvise, malattie, forzature o costrizioni educative. Il timore spesso si estende a tutte le persone che portano una divisa, soprattutto il camice bianco. In genere scompare spontaneamente. Il televisore, moderno baby sitter, propone continuamente immagini terrifiche, reali o immaginarie che bombardano la psiche dei bambini, nutrendo e rinforzando paure ataviche. Controlliamo e selezioniamo ciò che i nostri figli devono e possono guardare. L'adulto deve prendere spunto di riflessione da tutto questo, comprendere quanto é importante la sua presenza e la sua guida nel cammino del bambino. Oggi il "genitore terrorizzante" non é più "di moda", ma sono anche molti i genitori che pretendono dal piccolo autosufficienza ed autonomia in tempi sempre più brevi.
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Il bambino, nella nostra società, é sempre più frequentemente costretto a tempi lunghi di solitudine, in unica compagnia del televisore, mentre il genitore è al lavoro o distante. Ciò porta alla considerazione sui possibili interventi delle figure parentali cominciando da cosa è meglio non fare: e cosa è meglio fare: Imparare a non aver paura è diventato condizione e metafora della possibilità di essere considerato maturo ed autonomo e in genere, non essere più bambino significa soprattutto aver coraggio e poter controllare la propria paura. Le paure dell'uomo comunque saranno sempre presenti nella sua vita ma, la biologia, l'amore e la fortuna possono essere determinanti per evitare la paura più grande, quella...di non esistere.
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