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Post N° 419

Post n°419 pubblicato il 07 Aprile 2008 da ALPIPPONE














Chrysler, idee e tanti dollari per rinascere










Sempre più amata nel mondo, lotta per riconquistare gli Usa




MICHELE FENU


ROMA

Ad Auburn Hills, come dire Detroit, guardano con invidia al Lingotto e
Bob Nardelli spera di imitare presto Sergio Marchionne. La sfida, in
fondo, è la stessa: riportare in alto un’azienda in crisi. Marchionne
c’è riuscito con la Fiat, Nardelli, 60 anni, origini umbre, è convinto
di poter fare lo stesso con la Chrysler, un nome famoso, con una grande
storia alle spalle (fu fondata nel 1925) e una ricca tradizione nel
campo dell’aerodinamica, dello stile e dell’innovazione. Come nel caso
del Voyager che segnò negli Anni ‘80 un nuovo modo di intendere l’auto.



A quasi un anno dal divorzio dai «padroni» tedeschi della Daimler e
dall’acquisizione da parte di Cerberus Capital Management, società che
gestisce 25 miliardi di dollari in fondi e conti, la «nuova» Chrysler
sta combattendo una dura battaglia per riconquistare i clienti di casa
e si prepara ad espandersi all’estero sull’onda di un successo che dura
da 33 mesi. Nel 2007 le vendite globali hanno sfiorato i 2,7 milioni
(più o meno come nel 2006), quelle extra Nord America hanno superato le
238 mila con un incremento del 15%. E, stupite, l’Italia ha
rappresentato il primo mercato internazionale (22 mila consegne, +2%,
800 milioni di fatturato). «Ne siamo orgogliosi - dice a Roma l’Ad
Andrea Badolati al lancio del nuovo Grand Voyager -. Tanti, malgrado
tutto, sono affezionati al sogno americano. Ma in futuro ci superaranno
Cina e Russia». I conti Chrysler sono in rosso e gli Usa stanno
attraversando un periodo difficile, ma Nardelli e il suo staff, in cui
abbondano gli italo-americani, sono convinti di tornare al pareggio e
forse all’utile entro il 2009. Un miraggio? No, piuttosto la
convinzione che le strategie elaborate negli ultimi mesi siano
destinate a dare buoni frutti. Obiettivo fondamentale riequilibrare il
rapporto costi-vendite per portare a casa profitti consistenti.


Una svolta rispetto al passato in cui si puntava al traguardo dei 4
milioni di consegne: non sono i volumi che contano, ma la redditività.
E, paradossalmente, il fatto che la Chrysler, con i suoi tre marchi
Chrysler, Dodge e Jeep, non sia oggi quotata in borsa (è una «LLC»
cioè, diremmo noi, una società a responsabilità limitata) è un fattore
positivo nell’operazione di «ritaratura», perchè Nardelli e compagni
non sono influenzati dagli alti e bassi di Wall Street (ne sa qualcosa
Marchionne) ma devono rispondere solo a Cerberus e possono studiare
piani a breve e medio periodo (3-5 anni).


La strategia sviluppata per risanare l’azienda è un sapiente mix di
idee, tagli e investimenti in strutture e nuove auto. In sintesi: tre
miliardi di dollari sul tappeto; riduzione dei dipendenti (un taglio di
16 mila, oggi sono circa 180 mila nel mondo); chiusura o vendita di
alcuni impianti (come quello in Brasile, ceduto a Fiat) e
ristrutturazione di altri; riorganizzazione della rete commerciale e
della gamma vetture con l’abolizione di alcuni modelli come la PT
Cruiser Cabrio o la Crossfire, il lancio di novità importanti (i nuovi
Suv targati Jeep, le Dodge Nitro, già un successo, e Journey) e
creazione di un settore (ENVI) per lo sviluppo di veicoli elettrici e
ibridi. Il tutto con l’ambizione di posizionarsi nelle fasce «Premium»
dei mercati e la formazione di tre «divisioni» per coordinare le
attività all’estero (Europa, America Latina e Asia, obiettivo 400 mila
consegne entro il 2012) e di due per il controllo della qualità di
prodotti-servizi pro clienti e per la gestione di alleanze con altri.
E’ questo un capitolo che Nardelli considera «fondamentale». Non è un
segreto che la Chrysler, in mano per l’80,1% a Cerberus e per il resto
ancora a Daimler, cerchi un partner forte. E, intanto, rafforza le
alleanze industriali per motori e cambi (ne ha con Volkswagen,
Hyundai-Mitsubishi, VM Motori, Getrag, Mercedes), altre ne apre (con la
cinese Chery per produrre vetture di segmento B e con la Nissan per
distribuire in Sud America un’auto ispirata alla berlina Versa). Tanta
carne al fuoco, «perchè la Chrysler si può salvare» sostiene Nardelli.
Come diceva Marchionne per Fiat.






 
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