Punta Campanella

L'insopportabile inconcludenza dell'essere di sinistra


Vuoi perché in fondo resto un inguaribile romantico, vuoi perché l'Unità offre le migliori e meglio illustrate notizie di gossip di tutti i quotidiani online, mi sono trovato a leggere la risposta di Achille Occhetto a Macaluso sul giornale fondato da Gramsci sul tema dell'antipolitica. Confesso che è stato come bere un bicchier d'acqua fresca in questa arida e desolata valle ormai simile a un deserto, che è il livello di discussione a cui ci siamo abituati. Un livello fatto di grilli e trote, intervallato da avvenenti consigliere regionali vestite da suore, tanto per ricordarci che non si vive di solo intelletto.Il Segretario si distingue per una lucida e "calviniana" riflessione sul presente, la sua metafora sull'acqua sporca e sul "distinguere ciò che va distinto" ricorda molto quel "trovare nell'inferno ciò che non è inferno e valorizzarlo, dargli spazio" del maestro scrittore, quel pragmatismo gramsciano e ormai d'altri tempi che una parte del popolo di sinistra ha perso, preferendo i facili binari dell'antipolitica e della destrutturazione. Ma come ricorda proprio Occhetto "non basta destrutturare perché occorre ricostruire".Ma per riportare ad altezza uomo queste riflessioni veniamo agli spinosi temi di questi mesi. Il governo tecnico e le sue politiche di austerità, il ruolo della finanza e il suo rapporto con la politica, il finanziamento pubblico ai partiti.Partiamo dal governo tecnico, da questo palese commissariamento dello Stato che molti vedono come il fallimento della politica e dei suoi protagonisti. È di fatto innegabile che l'attuale situazione derivi da un fallimento, ma di chi sono le reali colpe di questo fallimento? Sì perché i terribili partiti e i malvagi politici non crescono sugli alberi, qualcuno li ha votati (o non ha votato favorendone indirettamente l'elezione) e come nel caso delle ultime elezioni politiche dalle urne uscì un governo fortissimo che avrebbe avuto i numeri per poter fare ciò che voleva. Semplicemente non avrebbe mai avuto la capacità di farlo per gli uomini che esprimeva, in primis il premier. Questo lo capì una minoranza degli italiani, la maggioranza no. Ancora una volta il "popolo sovrano" si lasciò abbagliare e sbagliò. Di certo la sinistra, in primis il PD, ha avuto la colpa di non riuscire a comunicare una possibile alternativa. Si è divisa, sparpagliata e ha perso nei numeri e nella sostanza. Ma anche la sinistra non è solo i partiti e i movimenti che la rappresentano. Una parte seppur minoritaria di quel popolo sovrano che si ritrova nei suoi ideali, continua a non capire che solo attraverso l'unità democratica in un unico soggetto è possibile dar vita a quegli ideali. Ma per capire ciò in molti dovrebbero rinunciare a personalismi e protagonismi e capire che per il bene comune e per far valere i propri ideali (qualora ve ne siano) ha più senso essere una parte minoritaria in una grande forza che una forza minoritaria in una galassia di minoranze variabili.Il governo tecnico è il frutto di decenni di errori e di scelte sbagliate del popolo sovrano, di gran parte di esso trasversalmente. Di fatto è un commissariamento della politica ma indirettamente è un commissariamento di quella sovranità che non siamo stati in grado di utilizzare per il nostro bene e quello della nostra comunità. Le politiche di austerità sono come i RID della carta di credito... Prima o poi arrivano.La finanza è certamente il volto più preoccupante del capitalismo moderno, un sistema economico ormai governato non più da un'economia reale, basata sul commercio di prodotti, materie prime o sull'erogazione di servizi, ma su volatili e spesso imprevedibili oscillazioni di moneta virtuale. Una "second life" del sistema capitalista per semplificare all'estremo il concetto.Di certo la finanza è ormai ovunque e il suo vettore è la globalizzazione dei mercati. Entra nelle nostre case negli scontrini del supermercato, nella bolletta della luce e del gas, quando mettiamo benzina o ci infiliamo un preservativo fluorescente al gusto di mango.Anche qui, per controllare la finanza, per non renderla distruttiva e trarre da essa dei vantaggi, non serve percorrere l'utopia di un Mondo liberato da essa. Serve un rinnovamento delle forze di interposizione, ovvero un rinnovamento in primis della politica e di tutte le forze organizzate - associative e sindacali - che dovrebbero avere il ruolo di governare il sistema. Ma i rinnovamenti sono possibili se maturano nel sentimento comune e negli intenti di un popolo.E qui arriviamo ai partiti, al loro ruolo, a come si finanziano e come utilizzano i finanziamenti. Sarà impopolare dirlo in questa piazza di urlatori qualunquisti che è diventato il nostro paese, ma i partiti servono. Servono a dare a quel "popolo sovrano" che spesso sbaglia, lo strumento per esercitare la sua sovranità. Rinnegare i partiti è come rinnegare il sistema democratico, togliere la sega al falegname, il martello al fabbro, il vassoio del bar allo stagista, il pene a Rocco Siffredi. E i partiti per esistere vanno finanziati. Devono poter pagare le loro sedi aperte a chi voglia parteciparvi, i dipendenti che ci lavorano per mantenerne la struttura, le spese di gestione e via discorrendo. Per farlo esistono due sistemi conosciuti: il finanziamento pubblico e il sistema lobbistico utilizzato nelle democrazie anglosassoni. Il primo è quello che conosciamo; lo stato finanzia i partiti (da noi in base al loro consenso) e i partiti si impegnano ad utilizzare i finanziamenti per le loro attività. C'è poi il sistema delle lobby; le società X finanziano il partito Y, tutto è alla luce del sole e ne consegue che l'elettore americano sa già quando vota il partito Y che quel partito rappresenterà le società X. Sono entrambi sistemi che possono funzionare ma entrambi richiedono un sistema di controllo che eviti degenerazioni. Chi urla contro i finanziamenti pubblici ai partiti commette sempre lo stesso errore: la destrutturazione fine a sé stessa, l'incapacità di rinnovare.Destrutturarazione e rinnovamento, due opposti modi di agire e giudicare il circostante. Il semplice e primordiale istinto di far saltare il banco e la difficile sfida di governare e cambiare l'esistente vivendolo e non subendolo passivamente, pervasi dall'illusione di un esplosione che non avverrà mai e che se anche avvenisse non porterebbe da nessuna parte.E forse non è un caso che un messaggio così apparentemente scontato - ma di fatto rinnegato da molti di noi - arrivi da quel vecchio capo rinnegato che ancora oggi resta l'ultimo segretario che merita la simbolica "S" maiuscola, l'ultimo degno di nota sui libri di storia, l'ultimo ad aver avuto l'intelligenza e il coraggio di chi sa "distinguere ciò che va distinto" sfidando sé stesso e ciò che era stato, non per distruggere, ma per rinnovare.Ancora una volta dovremmo ringraziarlo.