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La morte della coscienza - ovvero la vita dello stagista

Post n°151 pubblicato il 08 Maggio 2007 da Frittarella
 

Grazie a questo stage ho modo (e piacere) di conoscere (per telefono) nuove persone (le-stagiste-del-mattino) e di conseguenza posso finalmente sperimentare "il lavoro di gruppo" dal vero (e non come in quella buffonata di project work fatto col corso di Animatore Museale: avevamo ipotizzato un "Museo del Murales"... ma si può? si può essere tanto cretini?).
Sono arrivata alla conclusione più ovvia e condivisa dai più: il lavoro di gruppo (o d'equipe - che suona più figo) fa schifo, soprattutto se sono costrette a collaborare tra loro persone tanto diverse (età, cultura e interessi) e che non si posso nemmeno vedere di persona.

Prima di entrare nel merito dei simpatici scambi interculturali lavorativi avuti con le-stagiste-del-mattino, bisogna che io metta in chiaro una cosa fondamentale: il concetto di stage.

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Cosa si intende per stage?
Partiamo da cosa non si intende per stage: lo stage formativo non è quel tipo di lavoro non remunerato che ti permette di stare a stretto contatto con un esperto del settore, in cui stai per l’appunto facendo lo stage, per poterne carpire i trucchi e i segreti e fare tuo quel lavoro: no! non è questo!
Lo stage e sfruttamento (uno sfruttamento che però – in questo caso - a me non dispiace) lavorativo non remunerato, stop.

Detto ciò possiamo passare alla descrizione dei brevi ma intensi rapporti telefonici avuti con le-stagiste-del-mattino.

Bisogna, prima di tutto, specificare che costoro hanno all’incirca 10 anni più di noi e che probabilmente sanno poco o niente di come ci si comporta nella gestione di una struttura museale e/o espositiva e che il loro sport preferito è lamentarsi.
Si lamentano di tutto: del fatto che non hanno mai visto il capoccia della galleria (mentre invece noi si – mica è colpa nostra se questo va in galleria solo il pomeriggio) del fatto che non hanno un modello di riferimento a cui ispirarsi e al quale chiedere come compartarsi e che quindi non sanno cosa fare.

Le scuole e i fax

E’ stato detto loro di fare delle telefonate per invogliare le scuole a venire a visitare la galleria: alla prima risposta negativa e alla richiesta di un fax, hanno pensato bene di smettere di telefonare e, nonostante sapessero che il fax era già stato preparato (dalla mia amica sorella che di fax e cose comunicative in generale ne capisce, visto che studia relazioni pubbliche) e consegnato a chi di dovere per essere spedito, hanno ritenuto opportuno farne uno loro: lungo due pagine con tanto di foto gigante a tutta – prima - pagina (forse credono che i fax vengano stampati da omini lillipuzziani intrappolati nel telefono-fax), insomma hanno fatto una specie di rotolo -pubblicitario - del mar morto, con tanto di offerta in stile giorgio-mastrota: “alle prime tre scuole che chiameranno la visita guidata sarà gratuita e in omaggio una bici con cambio shimano”.

La brochure

La mostra è un po’ – come dire? – essenziale.
Non sono state previste brochure informative né volantini, nulla di nulla.
Però l’utenza ne ha fatto sempre richiesta, così una de le-stagiste-del-mattino ha fatto una bella pensata (diamo a Cesare ciò che è di Cesare – così intato ripasso il latino…): ha stampato il comunicato stampa, triste e sconsolato, senza un’immaginina, senza una fotina, senza niente di particolare – come si dice dalle mie parti – l’ha stampato “schitto e amaro”.
Quel volantino mi faceva una tristezza infinita e visto che avevamo ricevuto l’ok per fare tutto ciò che era nelle nostre possibilità, con l’unica condizione di non spendere un centesimo, mi sono armata di buona volontà e con un po’ di pazienza, qualche immagine (quelle concesse per i comunicati stampa e le agenzie giornalistiche) e il mio fido mac mi sono cimentata a creare (per la prima volta) una brochure.
Il risultato, modestia a parte, è stato piuttosto soddisfacente e ed è piaciuto ai “capi”.
Abbiamo stampato una cospicua scorta di brochure da piegare in seguito e l’abbiamo lasciata nell’ufficio per renderle accessibili anche a le-stagiste-del-mattino e, per fare la simpatica, sopra la carpetta ho attaccato un post-it con su scritto “brosciù”: le stagiste del mattino non lo vanno a correggere?

“Si scrive brochureS”.

Ma và?
Davvero?
Menomale che ce l’avete detto!

Poi, in verità, la mia piccola brochurina aveva dei piccoli errori qui e là e loro anziché rendersi utili e correggere gli errori di battitura nel file sul pc
si sono passate il tempo a correggere il titolo del file: ovunque trovavano scritto “brosciù” - PAM! - sentivano un istinto irrefrenabile che le costringeva a correggere il terribile errore, un po’ come il cane di Pavlov con il suono del campanello.

Un bel giorno le brochure piegate, esposte e date in pasto al pubblico – corrette alla meno peggio – sono andate esaurite, loro anziché piegare le altre hanno ristampato il triste volantino.
E, probabilmente consapevoli anche loro della incommensurabile tristezza di quel foglietto smunto, hanno fatto un’altra bella pensata: hanno fatto la brochure – con il Power Point – e per la scelta delle immagini hanno indiscriminatamente saccheggiato il catalogo della mostra.
Alla domanda “perché non avete usato le brochure?” la stagista del mattino ha cominciato a farfugliare cose senza senso, tipo:

“Quali brochure?
Brochure? C’erano le brochure?
Non lo sapevamo.
La stiamo noi facendo a colori.”

Con quale faccia (lavata) mi dici che non sei a conoscenza dell’esistenza della brochure dopo che ti sei passata il tempo, per quasi una settimana intera, a farci la lezione su come si scrive correttamente la parola BROCHURE?
Aggiungendoci per di più quella leziosa e inutile esse finale come a sottolineare la considerevole quantità di copie stampate: BROCHURES!
E sei pure ignorante! Non sai che in italiano non occorre specificare il plurale nei prestiti dalle altre lingue?

Infine, la brochure non può essere stampata a colori, perché:
a)    non ci sono soldi:
b)    la stampante dell’ufficio stampa in una splendida scala di grigi, ma niente colori;
c)    in realtà la brochure non avrebbe dovuto proprio esistere, è stata fatta solo per soddisfare la richiesta di  tutti quei deliziosi visitatori che l’han cercata e il suo uso e consumo va esaurito esclusivamente all’interno della galleria;


Quindi: Cosa vuoi fare tu a colori?
Io ti faccio a colori!
Oh!

 
 
 
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