Post n°2198 pubblicato il
06 Settembre 2014 da
quinoa1977
WARHOL
ROMA, Palazzo Cipolla fino al 28 settembre 2014
150 opere dell'artista americano, provenienti dalla Brant Foundation, di cui è fondatore e presidente il curatore della mostra Peter Brant, amico di Warhol e noto collezionista.
Il percorso della mostra si avvia negli anni Cinquanta, quando Warhol debutta nella commercial art e presto lavora come illustratore per riviste prestigiose (da Harper’s Bazar al sofisticato New Yorker) e come disegnatore pubblicitario. E proprio dal lavoro per un famoso negozio di scarpe trarrà l’idea delle incantevoli scarpette a foglia d’oro che aprono la mostra insieme ad alcuni esempi di Blotted line, con quel tipico segno gracile e interrotto, frutto del caso più che della volontà dell’autore.
È però una coloratissima e precoce Liz del 1963 a introdurre alla sala successiva dove si annunciano le prime Campbell’s Sup e Coke, insieme a Disaster (Warhol coltivò un forte rapporto di attrazione e repulsione per la morte). Ma poiché le Collezioni Brant sono eccezionalmente ricche – di opere pittoriche soprattutto ma anche di importanti disegni – si può dire che non ci sia tema tra quelli trattati da Warhol che non sia rappresentato ai massimi livelli: ci sono i dipinti dei francobolli, come S&H Green Stamps, 1962, fatti con stampini ripetuti e più e più volte sulla carta (l’iterazione è uno dei codici linguistici prediletti di Warhol perché rende semanticamente più “neutro” il soggetto) e, dello stesso anno, i Red Elvis e il grandioso 192 One Dollar Bills; così come ci sono due splendide Marilyn, una del 1962 – lei appena morta – e una delle 4 Shot Marilyn del 1964, i dipinti trapassati in fronte dal colpo di pistola sparato in studio da un’amica del fotografo Billy Name.
Così pure saranno presenti in mostra altre super icone di Warhol: le Brillo Box e i primi Flowers, 1964, esposte a suo tempo nella prestigiosa galleria di Leo Castelli come se fossero sgargianti carte da parati. E anche i Mao, 1972, con i quali Warhol inaugura una nuova pittura meno neutrale e più gestuale; le Ladies and Gentlemen – la serie dedicata alle Drag Queens di New York - e un gran numero di Skulls, i teschi che dal 1976 in poi si moltiplicano nel suo lavoro che di lì in poi attinge a simboli più universali.
Un’intera sala sarà dedicata alle polaroid che formano una sorta di gotha della New York anni ‘60: la fama era del resto un’ossessione di Warhol e non a caso fu lui a coniare la famosa, e terribilmente profetica frase, sempre citata e spesso storpiata “15 minuti di celebrità” a cui in futuro nessuno avrebbe rinunciato.
Non poteva mancare un’Oxydation (1978) gigantesca, ottenuta urinando su pigmenti metallici (nei suoi “Diari” le chiama Piss) e provocando così una reazione chimica che sfugge al controllo e crea nuovi colori.
Esposto anche un immenso Camouflage del 1986, stesso anno della serie in cui rese omaggio a Leonardo Da Vinci con Last Supper, pure presente in mostra. Un anno dopo, nel 1987, Warhol moriva, dopo essere scampato miracolosamente alla nera signora nel 1968 quando una pazza gli aveva sparato al ventre.
Andy Warhol non solo è stato il più acuminato interprete della società di massa e del consumismo, folgorante sociologo dell’America anni ‘60 ma ha saputo trasformare in arte i feticci dell’immaginario collettivo americano, anticipando l’instaurarsi del potere dei mass media. Lui ha trasformato in icone la Coca Cola come Elvis Presley, la Campbell’s Soup come Liz Taylor e Marilyn Monroe, il biglietto del dollaro come Jackie Kennedy.
Inviato da: cassetta2
il 13/04/2020 alle 11:18
Inviato da: RavvedutiIn2
il 24/07/2019 alle 15:23
Inviato da: quinoa1977
il 08/01/2018 alle 09:35
Inviato da: Roberta_dgl8
il 22/12/2017 alle 10:54
Inviato da: quinoa1977
il 21/12/2017 alle 21:24