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RACCONTI ITALIANI ONLINE - RIO - POEMI ITALIANI MODERNI - MARCELLO MOSCHEN - SCRITTORE, POETA ED ARTISTA MODERNO E CONTEMPORANEO

Post n°112 pubblicato il 09 Febbraio 2011 da raccontiitaliani

 

Infanzia

 

 

 

Forse fu solo sciatta, solo confusa

(il paradiso prossimo-toccato

nei gigli d'oro del parato azzurro;

al di là della porta chiusa a chiave

la strada buia e un passo affannato)

forse là, in quella stanza,

il tracciato-l'abbaglio

e vale ancora se cerchi l'uscita

dove t'attenda il gallo dei risvegli

e una stagione tutta di mattini

lievi sospesi chiari interminati.

 

Forse già allora sapesti la pena

(un angelo paziente vigilava

contro quel buio, contro quell'affanno;

se in quel recinto durava l'esilio

partirne era la perdita, l'assenza)

e seguiti ad andare in quella stanza

e vi cerchi l'abbaglio e la paura

la stagione che dura

oltre le chiarità, oltre i mattini,

e resisti e sei quello e questo ancora

che si chiama-ti chiama fratello:

 

come il tramonto all'aurora.

 

 

 

 

 

 

 

Giovedì santo

 

 

Divisa in due, avvolta dai lini in un cesto,

la Vergine dell'Afflizione con il cuore d'argento

esce una volta l'anno dalla stanza in penombra.

In chiesa, ricomposta, a fianco del figlio piagato,

dietro gli ori del grano fiorito nel buio,

andrà per le vie fino alle rupi e al Calvario;

dopo i petardi e le campane a distesa

tornerà con la veste trapunta nell'armadio di noce.

 

S'abbuiano i colli, fra i castagni e gli ulivi

nel gregge ammassato il pastore cerca l'agnello,

chiama, bestemmia, l'afferra - in quel belato

il pianto estremo che non conosce il morire.

Latrano i cani, poi l'usignuolo per gli orti

scioglie il suo canto, lo svolge, lo lancia nel vento

lieve che muove i gracili rami del melo

piantato a novembre in un mattino piovoso.

 

Il pero, il loto, il tiglio, l'ippocastano,

appronta ciascuno a suo modo la fioritura

(foglie si svolgono tenere come ferite

nei verdi che variano dove il gelo riarse),

cava la talpa i suoi ciechi percorsi

scansando il pruno e il velenoso oleandro,

il motore in salita segnala un ritorno

nella casa di pietra con le serrande abbassate.

 

Eccidi a Gaza, tregua di un giorno in Rhodesia,

sparisce la nave stracolma di schiavi bambini,

un uomo, occhi grigi e giacca a quadri,

dice che ha scannato stanotte sua madre,

nella galassia sfocata s'accende una stella

- lesta si slarga nel telegiornale la mappa

dove su Nord e Sud scurano nubi,

i mari intorno sono un sobbalzo di accenti.

 

Scende il Cristo straziato dentro gli inferni

per riapparire, sabato a mezzanotte,

biancovestito dietro il sipario viola.

Tante e più volte anche tu sei disceso

nei luoghi stretti presieduti dall'ansia

sgomento ogni volta di non più ritornare

all'orto da coltivare, alle stanze in penombra,

sempre ogni volta tornando senza risposta.

 

Orfeo salì spossato i cupi viadotti

portando in petto il seme della sconfitta

- ne venne al canto un intoppo, una sprezzatura:

a cui s'accorda la voce breve e delusa

di chi s'aggira in uno spazio inconcluso

e vuole restarvi come se quello spazio

fosse l'unico luogo dove gli è dato abitare,

dove compie ognuno il suo oscuro percorso.

 

 

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