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Post n°172 pubblicato il 21 Febbraio 2011 da raccontiitaliani
Aquile I. Anch'io sono venuto dai boschi neri che cosa sulla culla soffiasse non lo so ma un gran rispetto nella vita ci vuole per qualcosa che non sia fuggevole Guardo l'alba nebbiosa, raramente: dal mio letto s'innalza il me più stanco guardo nell'aria insudiciata e canto qualche volta, davanti allo specchio La mia faccia, devo pur confessarlo può ispirarmi profonda pietà un uomo è un uomo, su questo non c'è scampo quando si tuffa nella quotidianità Fra nemici e alleati può varcare il giorno come Mosé fece col mare prima di notte sarà utile un compplice meglio una donna, tutto sembra più semplice La salute si sa viene prima di tutto e un grande avvenire ci aspetta c'è nel futuro un crescente guadagno arriveremo in fretta Il secolo è democratico concede tutti i dubbi nessuno creda facile tener lontano l'erpice Vengo da una campagna fatta di sogni e costi foreste meste tempeste Sento che seduce talvolta il vecchio Ortis però sine pecunia l'homo è l'imago mortis II. Quando guadagni, chiese dico quanto guadagni in un mese Ne studiò il viso il non appesantito turgore di secondari attributi sessuali l'onda dei capelli ai polsi l'oro e non rispose III. Perché, se tutti, non io s'accaldava addentando e forbendosi soppesando col convitato la trasparenza del bicchiere Ecco, io cerco di farcela in modo decente, in fondo ho una mia competenza, un mondo di relazioni, certo, anche un destino o un obbiettivo almeno Stava per dargli un nome arrivò il cameriere IV. Cenano, di lui si intuisce non l'argomento, il muovere di spalle lei, maremoto di capelli, alta vendetta d'occhi, i denti un lampo e fra le dita il fulminato grissino in mille pezzi, come cosa morta passeggere, non sai, la sera è corta Affidato alla voce I. Paura, fiducia, follia disse, e la quarta parola era dolore la quinta nulla e lì ebbe un indugio come inciampando, come se fosse stata spenta ora la radio che ronzava ronzava già da ore correndo col registratore II. Non so se sia contento se il soffio della sera gli porti battaglioni di sogni ad occhi aperti o se magari guardi un poco nubi muoversi al ritmodei pennuti, se piova nel suo interno d'anima, se ci sia una stanza dilavata dall'odore di polvere e d'umido e foglia, come quando la prima goccia è già caduta e mai mai una volta che tu l'abbia veduta. III. Provare a pensarla, affondare nel colore che hanno gli alberi di notte o nell'indaco accidioso del mattino e non basta provare a tentarla, chiederle per piacere se può la sua sparuta presenza darti un'esperienza vissuta provare un modello, come il rumore che hanno i pensieri la notte il profumo del sigaro ciò che resta e svolazza solo il gatto ti guarda sarà così, gli chiedi o forse ancor meno, sarà una corsa pazza. IV. Non sapeva di sé maggior dolcezza né altro annoverato tra i paragrafi d'un canone d'amore consegnò le sue reni alla tristezza alla macumba della solitudine Alato corre il demone delle ore l'angelo con l'agenda Non voleva di sé maggior pienezza il senso del dovere gli faceva piacere Alato corre il demone dell'ordine l'angelo con la benda V. Amò un'ombra, capì che era infedele all'alba Amò un'ombra, sì disse, è questo il modo d'amare più corretto (lei era mobile e scialba, era perfetta, sotto questo aspetto) Amò un'ombra, così non ebbe più da pensare gli bastava vederla qualche volta tornare. |
Post n°171 pubblicato il 21 Febbraio 2011 da raccontiitaliani
Da <Grazie> (Guanda, Milano, 1988. La traduzione è di Jean Baptiste Para) Di tutte le partenze, una resta impigliata nell'anima e tu non sai se sia un volo dell'acqua o un'alga che ti afferri per stringerti la gola sulla nebbia con una grazia feroce e inevitabile, come un gatto che giocando t'impedisca di scrivere strappi via la penna faccia a brandelli la carta ne porti un pezzo lontano tra le labbra per costruirne un topo simulato una caccia sognata, un gioco preciso e ribelle una giro più lungo tra la tua mente e le mani profonde nelle tasche in questo mattino di treni fischi, vapori, officine faustiane Questa stazione non assomiglia più a nulla forse è un dedalo di tracce cancellate un terminale per gite oziose a leggere un libro e dormire cullati dal treno in viaggio turistico verso il passato prossimo come un bistrot funereo, magari sepolcrale un bar di cera, un museo... E tra le statue, le ruote, i chioschi di giornali si fanno strada ombre, dagherrotipi, vecchie pitture carte di caramelle, pacchetti vuoti riviste scolorite con donne grasse e spogliate preservativi, dischi, aranciate amare tutto un armamentario crepuscolare e gli anni, ricordi uccisi dalla fotografia, risucchiati urlando dalla vecchiaia e dalla morte: e questa partenza non è così perduta la sua immagine è più che un residuo, un fiato d'allusione una metafora mentale, la tua impercettibile correzione del tempo, come quando s'aprono nuvole in cielo, e splende spaventata lei, la buona madre dei ladri, pura e muta Ma un diavolo, un simulacro di Minosse orribilmente ringhia dai megafoni sulle pensiline nello scompartimento che puzza di fumo sul velluto bruttato da pensieri annoiati, indifferenti e automi... Lei non ha spessore, calore, fuoco d'anima dice, è come la nebbia che s'apprende ai vetri del finestrino, lei è come l'inverno è arrivata tardi, ha perduto la strada quando ha bussato alla porta il camino era spento il gatto morto, qualche moscone impazzava per l'aria con messaggi incompiuti, indecifrabili, infedeli Sui muri c'era polvere, polvere sugli specchi sul volto di Ermes ridotto a una piccola scimmia secca un lare stecchito e sgretolato: ronzano i treni scivolano via in questo mattino di buio, so che non fuggirò, sei come Dracula come lui, che il vantaggio ha del non nato e del non morto, porta i segno d'un bilico infinito e dall'inganno suo vita riceve, tu non hai anima, non l'hai mai avuta nei tuoi occhi non si infrange il riflesso il lampo della sera sulla porta il ritorno di ciò che arde lontano indifferente, melanconico, alto sui monti e inaccessibile, la luna Questo silenzio non è più abitato da muti fruscii di passi, da segrete anse del tempo, come se ad un tratto senza motivo schiudessero le valve d'una conchiglia fossile, e splendesse nella roccia l'ardore del cristallo Questo silenzio è ora pieno d'oggetti citazioni, reperti, tutti i regesti dell'avventura monti e mari solcati come quando un sogno dura oltre il risveglio, e non si tace l'eco d'un gesto prolungato ad arte, il suo bramito Celtis Australis Forse non ci sono che gli alberi per stagliarsi contro il vetro del cielo e non vedere e non conoscere filigrana o velo e opacamente, duramente, semplicemente vibrare nella forza che sale e, come fa, ritorna nel curioso entusiasmo della sera Non corrono sull'onda che viene e va, non ha riva e non sa restare non cavalcano un soffio non hanno che un destino, il ritorno il silenzio che non aborrono Forse soltanto gli alberi sono sapienti sanno bruciare al fuoco del loro fuoco E tu, nel cui nome vibra l'orma d'un vento il fiato d'un deserto che hai respirato le città, i viali, l'asfalto la polvere selvaggia di primavera perché sai come crescere dalle pietraie e dalla nebbia, albero povero vegetale straccione, bagolaro t'han detto, spaccasassi posso pensarti forzato o galeotto lavorar di radici nella cava instancabile prete deriso e riente albero protomartire d'una religione dimenticata, assente, irrilevante inesistente, che sa essere niente Titanic Stanca di tristi tropici troppa pace nel mare lenta l'onda cammina lenta come il Lete Stanca le tue pretese inquieta, insopportabile lenta mi corre l'anima lento si spegne un secolo Stanca con le lungaggini delle richieste facili se hai miserie, tienile chiuse dentro di te come uno scrigno E se non hai niente da dire niente da fare, se come sei zitta stancalo, il tuo silenzio svuotalo, lascialo spegnere (L'acqua s'apre a voragine la nave brilla al fulmine) Alberich Uno gnomo maligno ci potrebbe aiutare gettando forse una manciata di fumo evocando la nebbia, lasciando andare come un volo di anatre lontane lontano uno stormo d'anime, di impronunciate voglie di distruzione, vomito, carneficina fare un fuoco di sterpi e poi ruggire quieti sopra le pentole, in cucina Avarizia, cupidigia e gracile lussuria annunciavano il drago e la sua furia nessuno di noi tentò di mettersi a mezzo a causa di ciò, credo, lasciammo un pezzo di psiche, una frattaglia di desolato cuore e qualche avanzo di cibo prima di fuggire così ognuno per sé, col suo valore costruì un castello, mise un nano di guardia: se un demiurgo malvagio di ha ingannato sarà un gatto la tua consolazione sarà scintilla, messaggero, ragione Uno gnomo maligno ci poteva aiutare forse era un topo, angelo del focolare Verbale Interrogato, rispose che sfumavano eguali in un unico morente abbraccio, un brillio distratto di voci, visi, di struggenti inestimabili momenti irrilevanti Non se ne fece vanto entrò nel castello sull'onda di un lamento dimenticò quelle figlie del reno in grave lutto sedette a tavola senza la regina celebrò un addio collettivo, un casto banchetto non volle conoscere lo chef di cucina Da <Una regina tenera e stupenda> (Milano, Società di poesia-Guanda, 1980) I. Una regina tenera e stupenda restituisce la neve delle ore al tiepido fiore del tempo, al rullo del suo rumore acerbo Principessa dei piccoli passi sono fitte radici senza scoglio e il loro bosco, uno strano sentiero discende – vuole perdersi – sotto l'erba (Il varco verso l'altro paese si sposta piano, piano sembra vero) II. E' ingenua stasera lei o la sua morte ha voglia di sorridere, ripete la sua felicità come uno spillo (E' l'Arca di Noé, un pianeta di colli di giraffe, il loro fiato) III. Straccia la marmellata dell'amore che trasforma il pensiero in zampe e ali tocca fra bacio e parola il filo che separa le ciglia dalla storia dal corpo nero di un rfiuto atteso E' lei, la regina aquila la gallina supera i monti col suo passo zoppo non ha pietà di sé, è ancora ibernata in un sogno di neve Da: <Su, per i meandri del sonno> I. Su, per i meandri del sonno: la fitta colombaia, i rotti ormeggi il tempo di partire, vele s'alzano nel risveglio, il finto sonno e i passeggeri? <Oh, loro non si salveranno> II. Il passeggero di Lenin aveva fretta: guardo i loro ritorni, i loro scudi un lento sferragliare, e i treni al mare corrono senza tuono, voraci III. Il fiume degli anni dolcemente la perse: sale nel sale del cielo non c'è scoglio al cuscino apre le mani e piano le rive non la lasciano, tra i baci |
Post n°170 pubblicato il 21 Febbraio 2011 da raccontiitaliani
TRADUZIONI Letter I don't know if you ever wanted news of me and not even if you appreciate the perhaps rather affected form, uselessly passe, with that marching step, towards what you ask me, I prefer to try to tell you from where, here in the vigils of everything, in these rich lands where windows gleam and we smile and it seems as we can see, hear, touch splinters of true happiness, don't laugh if ever you're left with a mouth a cloister of teeth (they were superb, really regular, they were, and they made a sort of music when you brushed against them with your tongue, or with your lips, or with the butt of a filter-less cigarette). No, don't laugh is ever something is left, and it's not as if I'm sure of it nor then that I know if there remains anytihng to remember, eyes hands breath voices, and it's not as if I'm sure of it: for e few days still your answer-phone talked of you, e recorded tape wich said: don't hang up. Remembering is easy, you can do it. The burden isn't this, the train of time passes lightly adn I believe that it is the absence of gravity which wakens its horizon to feeling. Here the ships of the heart row vigorously, there is a lot of wind, anyway, and sometimes a cloud opens as if it was normal after all. Here the day, the snow, the horror is normal if you don't believe I don't know how to convince you I don't have the proof. If you don't believe, it will be an act of love to get rid of all this heroism of defeated resisters, panting victors, you know how ravenous the pack-leader is, often he howls on his own, often he sorts things out with blows between the dreams, to everybody a name, mine changes often, I am bottom of the class, for a long time now I haven't been entitled to contents. If you don't believe I don't know how to convince you, I stummer the most difficults words, no longer, not yet, now, but here the night comes earlier and earlier those who know how to listen sometimes win a prize: she catches them and devours them. Trusted to the voice I. Fear, trust, madness it said, and the fourth word was pain the fifth nothing and then there was a pause as if stuck, as if the radio had been swiched off after having buzzed and buzzed for hours running with the cassette. II. I don't know if he's happy if the breath of evening brings him battalions of dreams open eyed or if maybe he looks a bit at clouds moving at the speed of birds, if it is perhaps raining in the interior of his soul, if there is a room awash with the smell of dust and damp and leaves, like when the first drop has already fallen and never never a time when you saw it fall. III. Trying to think it, going deep into the colour which trees have at night or in the lazy indigo of the morning and itn't enough trying to try, asking her please if her presence can give you a live experience trying a model, like the noise that thoughts have in the night the aroma of cigar that which stays and wreaths only the cat looks at you is that how it will be, you ask him or perhaps even less, it will be a mad rush. IV. He didn't know of himself anything sweeter nor anything else numbered amongst the paragraphs of a canon of love he entrusted his loins to sadness to the macumba of loneliness The demon of time wings swiftly the angel of the diary He didn't want of himself anything fuller the sense of duty gave him pleasure The demon of order wings swiftly the blindfold angel. V. He loved a shade, he found out it was unfaithful at dawn He loved a shade, yes he said, this is the proper way to love (it was fleeting and flickering, it was perfect, in this regard) He loved a shade, that way he no longer had to think all he had to do was to see it coming back sometimes. (Le traduzioni in inglese sono di Jonathan Usher)
Canards, nuit De tous le départs il en est un qui s'accroche à l'âme et tu ne sais pas qui, de l'algue ou du vol de l'eau te prend à la gorge et te fait mordre le brouillard avec une grace féroce, inéluctable comme un chat qui pour s'amuser t'empecherait d'écrire arrachant le stylo de tes mains réduisant le papier en lambeaux pour en emporter en bout entre ses dents et construire à l'écart un semblant de souris une chasse rêvée, un jeu précis et rebelle une distance accrue de ton crâne à tes mains qui s'enfoncent dans tes poches, en cette matinée de trains de sifflets, de vapeurs et d'industries faustiennes Cette gare ne ressemble plus à rien elle n'est peut-être qu'un dedale de traces effacées le point où se concluent d'inutiles voyages où l'on a lu, dormi, bercé par le train circuit turistique vers le passé composé comme un bistrot funèbre, à la riguer sépulcral un bar de cire, un musée... Et parmi les statues, le roues, les kiosques à journaux des ombres se frayent un chemin, daguerréotypes, vielles peintures papiers de bonbons, paquet vides revues où décolorent des femmes nues et bien en chair préservatifs, microsillons, orangeades amères tout un attirail crépusculaire et les années, souvenirs abattus par la photographie qui hurlent quand les happent la viellesse, la mort: et ce départ n'est pas perdue, ou du moins son image vaut mieux qu'un vestige, une allusion une métaphore mentale, ton impercetible correction du temps, comme à l'heure où des nuages vont éclore dans le ciel, et que resplendit épouvantée la bonne mére des brigands, muette et pure Mais par le mégaphone un diable, un simulacre de Minos grogne horriblement sur les marquises dans le compartement qu'empeste la fumée sur le velours qu'on salit des pensées automatiques, indifférents et lourdes d'ennui Elle n'a pas d'èpaisseur, de chaleur, dit-il, aucun feu d'âme, elle est pareille à la brume qui s'accroche aux fenêtres du train, pareille à l'hiver arrivée tard, elle s'est perdue en route quand à la porte elle avait frappé, le chat était mort la cheminée éteinte, et dans l'aire peut-être de grosses mouches affollées portaient des fragments de messages, indéchiffrables ed infidèles Une voile de poussière couvrait le miroirs et le murs hermés dont le visage n'etait plus qu'un petite singe sec, un lare maigre et disloqué: dans ce matin obscure les trains ronronnent et s'ébranlent je ne prendrai pas la fuite, je le sais, tu es pareille à Dracula qui a l'avantage de ne pas être né, de ne pas être mort qui porte le marques d'un vertige infini et par sa propre ruse obtient la vie; tu n'as pas d'âme, n'en as jamais eue dans tes yeux ne se brise pas le reflet l'eclair du soir sur la porte le retour de ce qui brûle au loin, mélancolique, impassible hors d'atteinte et très haut sur les monts, la lune Ce silence n'est plus habité par le muet murmure de pas, le poignées secrètes du temps, comme si tout d'un coup et sans motif un coquillage fossile avait ouvert ses valves, et que resplendisset dans le roc l'ardeur du cristal Ce silence est plein d'objets maintenant citations, rapports, tous les registres de l'aventure montagnes et mers sillonnées, comme quand un rêve persiste au-delà du réveil, et que se refuse au silence l'écho d'un geste à dessin prolongé, son brame |
Post n°169 pubblicato il 21 Febbraio 2011 da raccontiitaliani
Poesia: Amore: sale quotidiano (Ase Edizioni,1979) Polvere nera (Edizioni Carte Segrete,1980) Diverse giovinezze (Lucarini Editore,1981) Violenza immaginaria ( Soc. di Poesia, Milano,1984) Grandine ( Edizioni del Leone,1989) Le vie del cuore (Edizioni del Leone,1997) Omaggio alla Sardegna, libera traduzione da Peppino Merea (Edizioni Dioscuri,1984) Romanzo: Figlio di Vescovo, romanzo ( Pironti Editore,1988) Fiabe: Il mago innamorato ( Edizioni E. Elle Trieste,1984) L'ago d'oro di Acquachiara (Edizioni La Conchiglia Capri,1994) Il mago innamorato (Edizioni Einuadi Scuola,1994) Mercurio e l'isola blu ( Patrone Editore,1999) Vento e la barriera di piume ( Patrone Editore,1999) La maga Baraccona e le conchiglie stregate( Patrone Editore,1999) L'ago d'oro di Acquachiara ( Patrone Editore, 1999) ------ E' tradotto all'estero.
1- Chiaro orizzonte che confondi le idee. C'è terra o mare dietro quel filo che all'occhio nega la realtà? Fantasiose fiaccole, nell'alto delle porte del cielo, m'attirano. Sagome d' angeli, a mezz'aria sospese, chiamano con melodiosi cantici, per risvegliare assonnate voluttà. E raggi pungenti infilzano il sole, sfera d' oro bruciante che cattura le mie fantasie infuocandole subito più del sentimento, per moltiplicarmi i brividi indolori: felici abitudini negate agli uomini che non conoscono la mia piacevole punizione. 2- SCELTE Se fossi nato cieco e mai, lo sguardo avessecolto la tua immagine;nella mia cecità, comunque,avrei preferito te.A guardarmi sarebbe statoil cuore, sacro testimonecapace a colorarmi il sognoche m'attirava con il suonodella voce, con la forza delle mani che hanno stretto il viso mio, annullandoquesta finta cecità. 3- RAPIMENTO Da tempo sprofondavo in un sonno inquieto sopra l'olimpo che avevo costruito per il mio egoismo, da dove spodestai muse e divinità. Ma un'evidente verità covava dentro me: quella di cercare di un dio da amare, sapendo in coscienza che senza ardore difficile è campare. E, sei arrivato tu, forte del tuo potere, a prendermi, anzi rapirmi , come un Ganimede. 4- LA CAMERA La camera era la più sontuosadella casa. D'opale erano i lumisempre accesi che con obliqui raggilambivano il letto un po' disfatto,senza guastarne la solennità. Tu, giovane ed ignaro, giacevi a mevicino come un eroe che ha persoogni entusiasmo e senza orgoglio,stemperato e sognante, palpavinella luminosità incombente il corpotuo venusto, in completa nudità. Crudele prova che mi comprometteva, rendendo più argentini i suoni e fatale la mia vulnerabilità. 5- LA SORTE Era soltanto un gioco, quando iniziai.Il dardo che scagliasti volutamente,presto mi catturò. Io dissi: < Mai! >.Però divenni mite. Mansueto come la più comune bestia cedevo al pesolieve sopportato, impreparato.Il gioco è continuato negli annivenduti all'avventura. Ancora oggidura- complice la Sorte - la vogliaingorda di godere quanto per noiestinguerà soltanto avida morte. 6- VIVA GLI DEI Viva gli dèi! Anche se ignoro l'inviolato olimpo della loro residenza. Ma io osanno i numi sconosciuti che t' hanno generato e a me donato la conoscenza del tuo spirito indomabile, con l'incerto della circostanze facenti mirabile pure l'arroganza. E un delirio brutale scuote la mia vita più del temporale, se fulmini ogni momento scagliano i tuoi acquosi occhi quando guardi; attizzando con lampi i tormenti miei, che spingono a implorare l'aiuto degli dèi!. 7- Come aquila o comune rapace avvistata la preda discende rapido da gravità sospinto bramoso di posarsi dove si sazierà: …< così io! >. Smanioso, tanta volte attratto, chino su di te! 8- Andar lontano, viaggiare con la mente, distante da te per non pensarti e poi, deciso, abbandonarti!. Mi domando: < Vale la pena? >. Sei tu il binario, l'itinerario, il traguardo, la sosta, il freno. …e, solo con te, anche se sbuffante procede questo treno! 9- Riportami il pensiero tentatore, quando ad angelo atteggiavi il tuo viso pulito, e gli occhi umidi di pianto ad un altro colore. Riportami il sapore delle lunghe giornate, l'attesa vana e la smania atroce che lasciava le membra più stanche ma vigoroso il cuore. Riportami al tempo dei fuggevoli momenti che tu mi concedevi. Non avrò rimpianti! 10- TIMORE Ti prende la paura con gli artigli di un falco dal mare quieto della pace. Passa il giorno e la notte e l'avido rapace a me non ti riporta… anzi, tace! Muoio solo nel mio mare quieto, senza pace! 11- Scateni a ciel sereno, temporali. Tolgo le vesti fradice e dentro, intatti e asciutti, rimangono altri mali. 12- Quello sguardo pungente che mi penetra in fondo quando assorto mi scruti, non è lama che taglia, ma un richiamo che turba i pensieri e la mente. 13- Riflessi acuti fuorescono dal tuo sguardo radioso che mi plasma. Sorrisi scoprono il nitido colore dei tuoi denti che provocano tentazioni e piaceri, da sentirmi ladro. … ma rubare per brama dell'amore, può farmi ladro ed anche peccatore? 14- Due parole già scritte, dette e consacrate che, a sentirle, farebbero piacerebbe anche a un dio: Amore mio! |
Post n°168 pubblicato il 21 Febbraio 2011 da raccontiitaliani
15- LA VITA Passano i giorni lieti, tristi avvenimenti mai visti ti fanno sognare ed ancora a lungo vorresti errare. Ricordi lontani ti fanno gioire e vorresti sentirne la dolce carezza e riviverne sempre l'ebbrezza. Ma sei vecchio ormai e non puoi ora correre, ridere e correre ancora, ti resta soltanto una cosa infinita: la vita! 16- L' ORIZZONTE La stretta strada di campagna che mi riportava alla realtà. Pensieroso, anzi assillato da problemi irrisolvibili e ingombranti andavo, mirando confuso l'orizzonte. Ma non lo scorgevo affatto, preso com'ero da un affanno ingrato: quello di pensare sempre te: amante, figlio, amico ( o che parola più comune ) dovrei ancora usare per non turbare sempre la tua attenta suscettibilità. Si! guardavo un filo viola che tagliava, anzi spezzava in due la terra al cielo, con la sua irrealtà. E l'orizzonte non m'appariva come l'avevo sempre immaginato. Questo orizzonte era molto frastagliato. Sembrava proprio che l'avessi costruito te, pessimo tagliatore, con forbici assassine, intenta solo a modellare la tua futile e contorta vanità. 17- GRANDINE E quando piove, tu diventi grandine. E ogni grano che violento cade nel mio terreno asciutto, è più d'una ferita. 18- IL NUME PROTETTORE Notte tempestosa di temibilebufera. Turba il vento, con mugugniriottosi, l'intima preghiera.Invocavo la pace cercando veritàe la ragione perduta tempo fa.Ma i santi non m'ascoltano piùessendo peccatore.Chi ho contrariato amando troppocon passione insana, quel grandeuomo che a me appariva un numeprotettore?Tacciono le divinità.Cessata è la bufera.La notte resta nera. 19- STELLE CADENTI Precipitava velocemente un astrosolcando l'aria con sfacciata luce.Credulo del solito potere delle stellecadenti, espressi fiducioso un desiderio: - Ti rivolevo ancora come una volta, quando la terra e il cielo, insieme, ci abbracciavamo formando sopra noi unico guscio.- Molto tempo è passato. Nulla s'è avverato!E quel mistero popolare che m'illuse senzache tu ritornassi, mi rende ancora sognatore,ma fermo a un precipizio, incapace di muoverealtri passi. 20- DISPERAZIONE Il sole, alto, trafiggeva il mare.Un gabbiano, sulla riva, attendevadi morire, esausto dai quotidiani voli dispersivi e senza fine. Accomunato a lui provai la stessafiacca, e subito sentii afona la mortestrozzarmi duro con forzute braccia. 21- A chi non è capitatoda bambino ancoraalla scuola elementare, durante il dettato,o la bella scrittura: sbagliare! Si prendeva la gommae cancellando si cercavadi correggere l'errore. La carta, a furia di sfregaresulla sua superficie, si bucava.Cosi', di nuovo si ricominciava. Da grande, nella vita è stato poilo stesso!Sugli sbagli cancellatialtri se ne sono accumulati E, come un cancro,giorno per giornohanno mangiato l'animae la mia gioventù. 22- E se non fosse amore? Pur sele palpitazioni erano violentepiù della voglia di cercare?No! il nostro è più che amore.E' un gabbiano che vola altocome l'aeroplano, spezzandole nuvole gravide di pioggiae trafiggendo come frecciail cielo screziato d' ametista. Atterra poi sulle pistedel cuore, lambito da una luceper farlo esplodere: vogliamatta di godersi il fruttoprelibato, con avidità.Respiriamo uniti, strettida un laccio che non creasofferenza, ma la remotaletizia che ha dato semprevoce ai poeti e ai cantoriche vivevano nella santità. 23- INNO " Anima pura! " ti dicevo calmoconvinto della vera affermazione. " Dammi la tenerezza! " esortavotremante, portando le tue mani alla mia testa che stava posata sul tuo cuore. E tu, sospinto a forza dalla passioneche temevi sempre di rivelare, coi piedipuntati sotto ai miei, sollevasti il mio corpo per intero e come una tegolam' adagiasti su te, caldo e fremente. Viso contro viso. Torace con torace.Perfetto sincronismo di tutti i movimentiChe legavano l'addome mio al tuo. E ti rubai il respiro… Il fiato accumulato in quel momento.Tutto fu mio. Io, soltanto tuo.Il tempo fu fermato!………………….…non muore in me, l'ora di quella notteche ancora canta con vibrazione acutal'inno per te, che mi ha ridato vita. 24- GIOCO Passa l'amaro giorno della mia sconfittae dal tuo volto il gaudiodell'ultima conquista. Ma, pure traditore resti sempre l'unico padrone,della mia mente immersanel più scabroso giocoche ha acceso la passione. 25- Ci siamo divorati: avideconchiglie in un tappetodi sale. Ora, restano gusciumidi, sovrapposti, nella morbidanotte che genera illusioni. Un gabbiano, in mezzo al mare, solo, senza compagno, privo di fratelli attende aiuto dopo molteplici richiami. - A chi racconterà le insidiosepassioni che gli struggonoil cuore, se nessuno è vicino? - Torna! E con un lampo incendia ancora i sogni miei ed i pensieri tutti come Nerone, per gioco, bruciò l'antica Roma. 26- L' INCANTATORE Ieri, t'abbandonavi come un pulcino alla carezza lieve d'una mano; al gioco serio della vera magia che mi rendeva di te, l'incantatore. Dopo, rigirando il tuo corpo caldo e bruciante su lenzuola bagnate di sudore, da tanta brace, tale a un serpente scivolasti via togliendomi la pace. Ed io, incantatore, rimasi ancora solo pronto a morire della solita agonia. |
Inviato da: chiaracarboni90
il 31/05/2011 alle 11:36