Creato da raccontiitaliani il 08/02/2011
Racconti Italiani Online - Edizione Virtuale

Area personale

 
 

Archivio messaggi

 
 
 << Giugno 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
          1 2
3 4 5 6 7 8 9
10 11 12 13 14 15 16
17 18 19 20 21 22 23
24 25 26 27 28 29 30
 
 

Cerca in questo Blog

 
  Trova
 

FACEBOOK

 
 
 

Ultime visite al Blog

 
sadurnyLaSuperAletoby50altre_veritamaurizio.saricaLa_Gabrielasuperego82davekunLadyBikerGnusarascrittricecriveronachiaracarboni90brici_asemprepazzales_mots_de_sable
 

Ultimi commenti

 
Bella la poesia su Antiparos!
Inviato da: chiaracarboni90
il 31/05/2011 alle 11:36
 
 

Chi puņ scrivere sul blog

 
Solo l'autore puņ pubblicare messaggi in questo Blog e tutti gli utenti registrati possono pubblicare commenti.
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 
 
 

 

 
« RACCONTI ITALIANI ONLINE...RACCONTI ITALIANI ONLINE... »

RACCONTI ITALIANI ONLINE - RIO - POEMI ITALIANI MODERNI - MARCELLO MOSCHEN - SCRITTORE, POETA ED ARTISTA MODERNO E CONTEMPORANEO

Post n°160 pubblicato il 09 Febbraio 2011 da raccontiitaliani

MATTINATE DEL PADRE VEDOVO

Mezz'ora di sfizio, cent'anni di guai.E voi mi vedete                          sul mio cantone,coi miei quattordici figli e figlie, ciascunoalla sua magione.
Sfizio, mezz'ora: soffiavo "oh dimmi:ma tu li conti?... ""Certi momenti pure, coi conti?!..." lei, cara:cara e cosìdi partose ne partì.
Facendo il pieno (sfizio) si va lontano:                 e crescitene quattordici!...
E busso là, l'ospizio, mi dà una minestrina. C'è una suorina per chiamarmi                            papà.
(da "Dibattito su amore") 
 
 
 
 
 I VESPRI SICILIANI
La mano che toccò basso avvampò il vespro.
Non la mano militare prensile d'alture, che ha ghermito e serra spalti e guglie, il nocchieruto pugno che spiaccia e sgretola:                                                 le nude e aperte dita, una mano smagrita, che convulsa ama, e che morbida corse da sé a un corpetto, e poi giù gonna tentò formicolò: nel vespro,sul sacrato, la mano d'un soldato solitario. Non l'artiglio ferrato che feriscee arraffa, che brandisce i tetti come dadi e se gli cale all'aria scaglia e i campanili svelle ai viliPanormiti:                   una mano,sì, maschia, ma sguantatadi ferro, calda madida... gelata...forse una mano morta,lungo una gonna,che trasalì,e toccò il basso d'una donnae la bassura - il vespro era già cenere -accese ed il pallore popolanolo scorno e il corno contro l'armaturae quella che sonava squilla l'Angelusbatte a martello e coltello e coltellofuor degli stracci a ballocontro armatura e armatura e armatura...Talché la città vileribolle, il campanilechiama e infollite folleaccozza e sciamain turbini e straripada stretti a piazze dai lastrici a sabbiaa glebe a rupia creste...Talché Palermo fu franca e l'isola,miracolo! miracolo!
                                   Una mano...l'ora che oscura, e in che prepara cena la tua donna... una mano innocente... la sera, e primavera, sul sacrato, e struggente l'estranea salmodia...                                    la mano del soldato desolato forse lambì la gonna di santa Rosalia.
(da "Un carico di mercurio")
 
 
 
 LA DISOCCUPATA E LA MERETRICE
Essa dice dice d'un posto,è riccia mora, la pelle scabra [però avrebbe attratto (ancora?...)],
forse le spetta (il posto), confida, e l'amica nega, saputa, nel viscido scendere, un'ansa intestinale, della ventruta tonitruante città.
Che forse, può darsi, l'avrà, no?"... Dio ssolo 'o sape." L'amica nega: "Con quelle cape!...""E nun sonco, vuòdicere, mo, manco cchiù bella...no?" "Tu non si' quella che si dà, cumm'io mi do, me donco."
Scendono per le budella della città (sfocianti al mare, all'Immacolatella).
"I' nun dico 'fai male:'nu 'o saccio fa'!" "Porta l'onore - e cuntame -a 'o monte di pietà. S'impara, impara." "E nun sonco cchiù chella  
ca 'mparà può... Tu credi, 'cu cchelle ccape, niente da fare'...?"
"Tu sei un'Immacolatella che niente d' 'o mare sape."
(da "Un carico di mercurio")
 
 
 
 LA PROPRIETÀ
Il giorno in cui distinsi                                        il mio dal vostro, io persi tutto il nostro immenso tutto, il giorno in cui recinsi                                      andò distrutto quel confine che c'era l'orizzonte solo d'ogni vagare nostro leggero incantato.                                         Cosìio m'inibii con una                                  siepe ogni monte, ogni mare, per amor d'una zolla incondivisa,su cui sol io picchiare,friabilissima zolla.                               E a chi tentò, per ruzzo, inconsapevole di barriere, saltare picchiai in fronte; e a chi bere poi volle alla mia polla, mia d'un tratto, e sete e vita estinsi.
Né uno m'abbruciò la siepe, risero i selvaggi di me, quel folle:                                             e il folle moltiplicò le sue zolle, le sue zolle, le sue... I miti selvaggi ridevano!
 
(da "Il dente di Wels") 
 
 
La URL per il Trackback di questo messaggio è:
https://blog.libero.it/racontitaliani/trackback.php?msg=9864299

I blog che hanno inviato un Trackback a questo messaggio:
Nessun trackback

 
 
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963