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Post n°161 pubblicato il 21 Febbraio 2011 da raccontiitaliani
VIII Forse se moriamo è per questo? Perché l’aria liquida dei giorni scuota di colpo il tempo e gli dia spazio perché l’invisibile, il fuoco delle attese si spalanchi nell’aria e bruci quello che ci sembrava il nostro solo raccolto?
IX a Zbigniew Herbert E’ vero, l’allarme si alza dalle stelle l’argento non ha luce sul barbaro grido di terrore. L’imperatore ha spento il lume ha chiuso il libro. In basso la terra scuote l’orlo dei vasi e il ferro brucia freddo sui fili. Lui dorme nel quadrato dei secoli alti nel vento come aeree gabbie. Non sente il bronzo del trono sulla nuca né il rintocco dei chiodi sulle porte. Dormirà per sempre. Perciò sospendi tu la quiete prova a rovesciare il dorso della mano a raggiungermi nel nome di una lingua sconosciuta perché parlo da un’isola il cui latino ha tristezza di scimmia. Un mare una pianura, nuvole di tempesta contro i fiumi uccelli nel cui becco gli steli annunciano alfabeti. Forse solo così – Zbigniew può viaggiare il cesto dei libri sulle acque così credo giunga la voce la stretta del viso nell’orrore fino a un’orma fenicia, a un basso scudo privo – come il tuo – di luce. Da Notti di pace occidentale In una stessa terra a Mauro Martini
Se ho scritto è per pensiero perché ero in pensiero per la vita per gli esseri felici stretti nell'ombra della sera per la sera che di colpo crollava sulle nuche. Scrivevo per la pietà del buio per ogni creatura che indietreggia con la schiena premuta a una ringhiera per l'attesa marina - senza grido - infinita. Scrivi, dico a me stessa e scrivo io per avanzare più sola nell'enigma perché gli occhi mi allarmano e mio è il silenzio dei passi, mia la luce deserta - da brughiera - sulla terra del viale. Scrivi perché nulla è difeso e la parola bosco trema più fragile del bosco, senza rami né uccelli perché solo il coraggio può scavare in alto la pazienza fino a togliere peso al peso nero del prato.
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il 31/05/2011 alle 11:36