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Post n°3 pubblicato il 03 Novembre 2008 da luca7.74
A tutti sembrò strano che il buon Aurelio, ancora, nonostante tutto, si ostinasse a dipingere. Sebbene non fosse mai stato un pittore particolarmente noto, aveva intorno a sé una cerchia di amici colti, che restarono un po’ scandalizzati nel vedere che le opere da lui prodotte dopo il triste evento, fossero rimaste del tutto simili alle precedenti, piene di mari colorati d’arancione. Essi non ammettevano insomma che non si riuscisse a ravvisare nei suoi paesaggi d’acqua artificiale una risposta chiaramente consona all’infausto epilogo che gli era stato destinato. Sarebbe stato d’uopo a loro avviso, un incupirsi del colore, o un’opera incompiuta, o rinnegata a furia di pennellate date a caso: un qualche cambiamento in "negativo", per farla corta. Ancora più allibito restò Lucrezio, suo stimatissimo e più anziano collega, nell’osservare il progredire dell’ultima opera di Aurelio, allorché, andandogli a portare un po’ di viveri ogni giorno, ne vedeva a stadi progressivi lo sviluppo. Lucrezio si rese infatti conto che ciò che pian piano si andava delineando sulla tela, era niente meno che un autoritratto, un genere assolutamente inconsueto per Aurelio. Per di più il buon uomo, normalmente molto umile e mansueto, vi si raffigurava nell’atto di brindare, e delineava con estrema precisione un sorriso presuntuoso, accentuato dall’inarcamento di un sopracciglio che gli conferiva un ché di supponente. Una mimica questa, del tutto fuori luogo, date le drammatiche circostanze e la ben nota repulsione del pittore per la ritrattistica. Lucrezio, nonostante il grado di confidenza e la curiosità, per mesi si limitò a fare allo sfortunato amico osservazioni vaghe, o addirittura preferì tacere, salvo poi discutere con la restante parte dei prodighi esegeti sulle cause di tale ostentata leggerezza. Alcuni sostenevano al riguardo, che egli rifiutasse di creder vero ciò che aveva perfettamente compreso, altri credevano fermamente che egli avesse, per così dire, escluso dalla sua coscienza la certezza della sua fine ormai imminente, altri ancora che ne fosse rimasta in lui meno di un barlume, mentre gli ultimi tacevano umilmente non volendo incasellare l’artigiano sotto un’etichetta che si sarebbe potuta rivelare nient’altro che un abbaglio. Insieme decisero che per venirne a capo, lo avrebbero arringato, per bocca di Lucrezio, fino a metterlo in fallo, sia che si trattasse di una consapevolezza mal gestita, sia che fosse invece la più insana delle incoscienze. Così, il giorno dopo la risoluzione stabilita, tutti si accalcarono all’angolo di strada che precedeva il piccolo atelier del buon Aurelio e convinsero Lucrezio a suon di calci niente colti, a lasciar lì le sue ultime reticenze.Aurelio accolse l’amico con sollievo, aveva molta fame infatti, e subito addentò il suo pane all’olio e rosmarino biascicando un "grazie" a bocca piena. Lucrezio intanto, impaziente, decise di iniziare ad incalzarlo:
- Come stai oggi? -
Aurelio lo guardò colpito: "oggi" avrebbe presupposto simili domande più e più volte dalla triste novella, ed invece era la prima volta che la udiva.
- Avevo fame. - rispose Aurelio fissandolo.Lucrezio si sentì a disagio.
- E il tuo ritratto, come procede, fa’ vedere... -
- Accomodati… - invitò Aurelio sempre ruminando. Lucrezio osservò la tela, che era quasi finita, e questo lo fece un po’ più audace:
- Ormai ci siamo, no? È questione di settimane… - (voleva sondare il livello di coscienza dell’amico).
- Forse meno… - Lucrezio si toccò nervosamente il sopracciglio ed accennò un passo verso l’uscita, ma subito si fermò. Si limitò a rassettare la sua giubba, mentre Aurelio pungolava le briciole agli angoli della bocca per farsele cadere. Lucrezio si fece più diretto:
- Cos’hai provato quando l’hai saputo? - Aurelio non pensò poi tanto a lungo e ammise:
- Ne ho sofferto molto. -Vi fu una pausa di silenzio che Lucrezio proprio non riusciva a sostenere.
- E adesso? Non più? Non è un falso quello? - arringò perdendo le staffe e indicando la tela.
- Non lo è. - rispose Aurelio pacatamente.
- C’è chi ti ha visto piangere…- insinuò l’altro.
- E per questo io non son più quello? - disse il buon uomo indicando la tela.
- Sì, ma chi ti ha visto piangere… -
- Di certo ciò che prova non basta al suo timore di vedermi ancora. - ipotizzò il buon uomo con mitezza, mentre l’altro soppesava quei pensieri.
- Ma tu dei due chi sei? -
- Entrambi, ancora, certo, ben aldilà di chi mi ha visto piangere, ed aldilà di chi, tra i dubbi, continua ad entrare in questa casa…- concluse l’artigiano con amichevole complicità.
Lucrezio, finalmente appagato dal suo interrogatorio, rimase ancora a lungo, stavolta piacevolmente, con l’amico, e solo a tarda sera lo lasciò.
Rimasto solo, Aurelio aprì il cassetto del suo vecchio tavolo, estrasse la missiva e la rilesse. Ancora, come pochi mesi prima, essa lo informava che ben presto lo avrebbero condotto con onore, in cambio di una valida pensione, alla corte di un ottuso mecenate amante di tediose scene pastorali. Quanto gli parve bello allora il suo ritratto, e il poco tanto della sua modesta arte…
- Come stai oggi? -
Aurelio lo guardò colpito: "oggi" avrebbe presupposto simili domande più e più volte dalla triste novella, ed invece era la prima volta che la udiva.
- Avevo fame. - rispose Aurelio fissandolo.Lucrezio si sentì a disagio.
- E il tuo ritratto, come procede, fa’ vedere... -
- Accomodati… - invitò Aurelio sempre ruminando. Lucrezio osservò la tela, che era quasi finita, e questo lo fece un po’ più audace:
- Ormai ci siamo, no? È questione di settimane… - (voleva sondare il livello di coscienza dell’amico).
- Forse meno… - Lucrezio si toccò nervosamente il sopracciglio ed accennò un passo verso l’uscita, ma subito si fermò. Si limitò a rassettare la sua giubba, mentre Aurelio pungolava le briciole agli angoli della bocca per farsele cadere. Lucrezio si fece più diretto:
- Cos’hai provato quando l’hai saputo? - Aurelio non pensò poi tanto a lungo e ammise:
- Ne ho sofferto molto. -Vi fu una pausa di silenzio che Lucrezio proprio non riusciva a sostenere.
- E adesso? Non più? Non è un falso quello? - arringò perdendo le staffe e indicando la tela.
- Non lo è. - rispose Aurelio pacatamente.
- C’è chi ti ha visto piangere…- insinuò l’altro.
- E per questo io non son più quello? - disse il buon uomo indicando la tela.
- Sì, ma chi ti ha visto piangere… -
- Di certo ciò che prova non basta al suo timore di vedermi ancora. - ipotizzò il buon uomo con mitezza, mentre l’altro soppesava quei pensieri.
- Ma tu dei due chi sei? -
- Entrambi, ancora, certo, ben aldilà di chi mi ha visto piangere, ed aldilà di chi, tra i dubbi, continua ad entrare in questa casa…- concluse l’artigiano con amichevole complicità.
Lucrezio, finalmente appagato dal suo interrogatorio, rimase ancora a lungo, stavolta piacevolmente, con l’amico, e solo a tarda sera lo lasciò.
Rimasto solo, Aurelio aprì il cassetto del suo vecchio tavolo, estrasse la missiva e la rilesse. Ancora, come pochi mesi prima, essa lo informava che ben presto lo avrebbero condotto con onore, in cambio di una valida pensione, alla corte di un ottuso mecenate amante di tediose scene pastorali. Quanto gli parve bello allora il suo ritratto, e il poco tanto della sua modesta arte…
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Te( )le suono
Ombre nella pioggia... azz non ho trovato una versione video migliore...
Inviato da: luca7.74
il 27/11/2008 alle 13:25
Inviato da: chupita1976
il 27/11/2008 alle 10:55
Inviato da: luca7.74
il 18/11/2008 alle 10:15
Inviato da: chupita1976
il 17/11/2008 alle 20:58
Inviato da: elly19700
il 17/11/2008 alle 19:16