Creato da flaverd il 08/04/2010
 

ratòrysciacca

"L' Italia, senza la Sicilia, non lascia alcuna immagine nell' anima: qui è la chiave di tutto". Goethe

 

Messaggi di Ottobre 2010

I nostri ragazzi

Post n°123 pubblicato il 27 Ottobre 2010 da flaverd
 

Angelo con suo maestro Moreno Cedroni al salone del Gusto di Torino

 
 
 

C'era una volta ...in Sicilia

Post n°119 pubblicato il 25 Ottobre 2010 da flaverd
 

“Oh jtivi a cucari chi li morti su junti a la porta Palermo”

L’altro giorno, camminando per la Via Licata (momentaneamente  godibile perché chiusa al traffico automobilistico),  mi fermai dinanzi alla vetrina di un nuovo negozio di oggetti telefonici. Nello stesso istante mi si fermarono vicino una persona più anziana di me che teneva per mano un ragazzino  di  cinque o sei anni. Senza dubbio il ragazzino, sulla telefonia, era il più preparato di tutti , tanto da spiegare al nonno ed indirettamente a me che ascoltavo i pregi ed i difetti degli apparecchi in esposizione. Terminata l’esauriente discussione sulla differenza tra un i-phone ed un touchscreen, il ragazzo guardando il nonno, gli chiese : “Nonnu m’accatti ?!”. Il nonno con un mezzo sorriso,  gli risponde: “ora, quannu  vennu li morti”. Il suono di queste parole, come in un film ad effetti speciali, mi catapultò cinquantacinque anni indietro. Mi sono ritrovato davanti lo stesso immobile,  certamente non dinanzi ad  una vetrina di oggetti telefonici, ma ad un negozio con tanti carrettini colorati di diverse dimensioni,  con cavallini “mirrini” in carta pesta, con piccole macchinette a corda, con chitarrine, con colorate farfalle che si facevano svolazzare spingendole con una  piccola asta incorporata, con pistole a tamburo, con fucili armati con tappo di sughero e con centinaia di bambole di diverse dimensioni e  piccoli “scifi” per le ragazzine . Ed ancora centinaia di “pupi di zuccaru” raffiguranti condottieri a cavallo, dame e soggetti di ogni genere, “frutta martorana”, “ossi di mortu”, “ scaddillini e nciminati”. In poche parole i nostri : “ li cosi di li morti “.Penso che, durante questo flash-black,  la mia espressione fosse atteggiata ad un sorriso, perché un amico incontrandomi, mi disse: “Bboni ti vannu li cosi, eh !”. Era vero, mi andavano bene le cose, se per cose si intendono quei piccoli ricordi che portiamo dentro di noi e che ci allontanano, anche se temporaneamente, dal “freneticismo contemporaneo ”. Se sorridevo, lo facevo anche perché pensavo a quello che succedeva la sera di Ognissanti.Gli adulti ci raccontavano che i parenti morti, la notte di Ognissanti, lasciavano i cimiteri per andare a prendere giocattoli e dolci (raramente soldi)  da portare ai loro piccoli parenti che li ricordavano nello loro preghiere.La sera di Ognissanti  dopo l’Ave Maria ( per i giovani di oggi, la sei-sette di sera), immancabilmente si udiva la voce di una persona che gridava : “Oh jtivi a curari chi li morti su junti a la Porta Palermu”. Era il segnale del coprifuoco. Noi ragazzini ci mettevamo sotto le coperte non dimenticando di recitare una piccola ma importante preghiera: “Armi santi, armi santi, iu sugnu uno a vuatri siti tanti:  nicu sugnu nta stu munnu di guai, cosi di morti puttatiminni assai.” L’indomani era l’unico giorno dell’anno in cui non era necessario che le mamme ci svegliassero. Ci si alzava e si cercava ogni angolo della casa (i morti si divertivano a nasconderci in diversi posti i regali) gridando e ringraziando per quello che trovavamo. Nello scrivere queste righe mi accorgo che il mio viso non è interessato da nessun movimento  che possa far pensare ad un sorriso, perché mi sovviene subito in mente il moderno  Halloween  con i suoi travestimenti, le sue zucche e  con, lasciatemelo pensare, il cretinetto  “ dolcetto scherzetto” . Anche il nostro “jonnu di li morti”  è (forse era) intriso di sacro e profano, ma a differenza di Halloween dice molto sul rapporto che noi vecchi  siciliani abbiamo con i nostri defunti : quel legame che manteniamo anche dopo l’estremo saluto. Mi rincresce il fatto che per colpa di noi vecchi  queste usanze sono ormai desuete, allontanando così con la nostra indifferenza le due dimensioni parallele, terrena e ultraterrena che, il due novembre di ogni anno si avvicinavano, con l’omaggio  ai cari estinti.        

 Un Nonno

 

 

 
 
 

foto mario 2

Post n°118 pubblicato il 21 Ottobre 2010 da flaverd
 
Foto di flaverd

 
 
 

"U gabillotu":tradizioni e curiosità siciliane

Post n°116 pubblicato il 20 Ottobre 2010 da flaverd
 

 

 

  

Una delle piante da me interrate a Cutrone è il Limone. Inizialmente,
avevo scelto un sito adiacente ad una finestra della casa, ma dopo pochi
giorni mi sono reso conto che non era il sito adatto, sia perché il vento,
quando sarebbe diventato adulto, avrebbe fatto strisciare i rami alla parete,
 sia perché non avrebbe vegetato bene per la poca terra.Sradicatolo con molta
cura ho scelto il sito adiacente alla scala di ingresso e, con il consenso
della proprietaria, l’ho ripiantato.
Questa volta, dal punto di vista vegetativo
il posto scelto è stato ottimale perché è riparato dal vento e si può liberamente
espandere, ma dal punto di vista “automobilistico” un po’ meno, perché c’è
uno dei miei amici che, col retro della sua mercedes, nel fare manovra
va ad
urtare il piccolo muretto in pietre che gli ho costruito attorno.
Ho appreso che il limone è originario dell'India e dell'Indocina, e che è
un ibrido naturale tra il cedro e il lime (
appare in scritti Arabi del XII secolo
e le origini del nome derivano dal persiano Limu).

Il mio albero ha due anni, ed è alto quasi due metri. Ha un portamento
aperto ed i rami a frutto sono procombenti e spinosi.Le foglie sono alterne,
prima rossastre e poi verde scuro sopra e più chiare sotto, generalmente
ellittiche.; il picciolo è leggermente alato.I fiori sono dolcemente profumati
(ecco perché l’avevo piantato sotto la finestra). La fioritura dura almeno
due mesi.  Il frutto maturato sulla pianta può  attendere altri due mesi
prima di essere raccolto.
La polpa è divisa in otto-dieci spicchi;
generalmente è molto aspra. Del limone si utilizza la buccia,
il succo ed il seme.
La buccia del limone può raggiungere il 40% del peso
complessivo ed è molto apprezzata sia per la produzione di canditi che per
l’estrazione di essenze.
Dai semi si estrae l'olio essenziale che serve per
aromatizzare e profumare. La parte del frutto più comunemente utilizzata
è il succo che rappresenta fino al 50% del suo peso e contiene  acido citrico
che conferisce il tipico sapore aspro e diversi altri acidi organici tra cui
la vitamina C.
Una volta, nelle case di campagna della Sicilia non mancava
mai un albero di limone, e ancora non si sapeva nulla delle vitamine.
Wolfgang Goethe quando venne in Sicilia rimase affascinato dal numero
di limoni che ne vegetavano, tanto da scrivere alla sua donna :
«Conosci tu il paese dove fioriscono i limoni? / Nel verde fogliame splendono
arance d’oro / Un vento lieve spira dal cielo azzurro / Tranquillo è il mirto,
sereno l’alloro / Lo conosci tu bene? / Laggiù, laggiù / Vorrei con te,
o mio amato, andare!».
Le nostre nonne somministravano il succo per lo
sciogghimento di stomacu  (diarrea) e per far diminuire lu zuccaru nto sangu,
pi fari abbassari la pressioni, pi curari lu raffredduri, eccetera eccetra.
Era reputato indispensabile nella cura dello scorbuto, cosa ben nota
tra i marinai che non mancavano di approvvigionarsi di limoni prima
di imbarcarsi per lunghi viaggi.
Dal succo del limone si produce la limonata,
una bevanda a base di succo di limone, acqua e zucchero.
Nel periodo estivo,
in molte case contadine, non mancava sulla tavola la nsalatera di limuni
cu citrolu e la menta.Mi ricordo che me za Pidduzza lavava dui o tri citrola e 
li tagghiava nnui.
Poi sbucciava una delle due metà facendo delle lamelle
di buccia distanti 1 cm l'una dall'altra. Quindi tagliava a fette questa metà
di cetriolo e la metteva sul fondo di in un recipiente, a nsalatera. Sbucciava
l'altra metà del cetriolo, toglieva i semi e lo tagliava a strisce nel senso della
lunghezza. Preparava poi una salsa mescolando formaggio bianco,sale, pepe,
la menta fresca tritata, il succo di limone e l'olio d'oliva.
Condiva le strisce di cetriolo e le metteva nel recipiente da nsalata sulle fettine
di citrolu. D’estate era il piatto più divorato.
Il limone, nella tradizione, è associato
all'essenza femminile: (la religione cristiana associa l'immagine della pianta a
quella della Vergine Maria, in quanto frutto dal dolce profumo, gradevole forma, l
uminoso e ricco di proprietà curative) e lunare (in quanto fiorisce e fa frutti in ogni
fase lunare).
Io e la proprietaria di Cutrone siamo contenti di questo albero.
Ogni volta chi ciurisce e lia i limoni ci guardiamo negli occhi e ci perdiamo
nelle nostre sensazioni.

 

 

 
 
 

Percezione

Post n°115 pubblicato il 19 Ottobre 2010 da flaverd

Siete già in tanti a visitare il mio blog e questo mi ripaga delle mie aspettative. Grazie a Loty, attenta amica del web. Un abbraccio!

 
 
 
 
 

"U gabillotu":tradizioni e curiosità siciliane

Post n°111 pubblicato il 14 Ottobre 2010 da flaverd
 

L’albero che impera in questo triangolo di terra di Cutrone,
di proprietà di mia moglie, è il carrubo ( termine scientifico : Ceratonia siliqua).
Non appena si varca il cancello d’ingresso, ti si para dinanzi un
maestoso carrubo di venti anni circa.
In tutto il terreno che circonda la casa ne esistono, tra vecchi e giovani, sedici.
L’ingente numero di piante esistenti in questo piccolo fazzoletto di terra
(circa 1.000 mq), mi ha indotto ad effettuare delle ricerche, che hanno
dato sorprendenti risultati.
Ho scoperto che Il carrubo è originario
del Mediterraneo orientale (Turchia mediterranea, Siria, Israele, Libano).
Una deduzione storico familiare, mi suggerisce di riconoscere
che i carrubi di Cutrone sono di origine romana: non per niente mia moglie,
la proprietaria, si chiama Flavia.
Il termine “carrubo” deriva dall’arabo
Kharrub o Charnub; anche il termine “carato” che indica il seme
del carrubo deriva dall’arabo “qirat”. Furono gli arabi ad utilizzare il seme
del carrubo, per la sua uniformità, come unità di peso per i diamanti,
le pietre preziose, le perle e l’oro.
Fino al secolo scorso la coltura
è stata utilizzata per l’alimentazione del bestiame (bovini, ovini, suini 
soprattutto equini) e per l’alimentazione umana. Oggi la coltura è in decadenza,
ma la proprietaria Flavia ne impone la coltivazione.
L’albero del carrubo è molto longevo, ha uno sviluppo lento,
è sempreverde e presenta una chioma folta e molto ampia,
il diametro raggiunge e supera i 10m. Una pianta adulta di carrubo
può produrre 100kg di frutto da cui si ottengono 10Kg di semi
di carrube (carati).
La polpa è costituita per il 10-30% da glucosio
e saccarosio, per il 20-58% da mucillagine, cellulosa (10%) e
da un 8% di proteine. Questa componente proteica  rende i frutti 
 estremamente preziosi. Oggi la polpa è destinata esclusivamente
alla produzione di “Cacao” un surrogato del cioccolato povero di grassi
e privo delle sostanze eccitanti tipiche del cioccolato.
Molto più importane
 della polpa  è la farina di semi di carrube utilizzata nell’industria
alimentare, farmaceutica, tessile e cartacea.La farina è costituita
per l’80% di “carrubina” una gomma naturale composta di cannoni
e galattoni che ha la capacità di assorbire acqua per 100 volte
il suo peso.
Per questa caratteristica è utilizzata come
addensante nell’industria dolciaria soprattutto per la produzione
di stabilizzanti per i gelati. Per le sue proprietà astringenti,
antidiarroiche e rinfrescanti è utilizzata anche nell’industria farmaceutica.  
Le nostre nonne un tempo preparavano con le carrube mostaccioli,
biscotti, pasta, dolci, mostarda, marmellata di polpa macinata e,
con la polpa torrefatta un gustoso surrogato del caffè e del cioccolato.
Ancora oggi , con la polpa, si ricavano liquori eccezionali, paste, sorbetti
e sciroppo.

 

 

 
 
 

no comment

Post n°110 pubblicato il 14 Ottobre 2010 da flaverd

Cari amici che visitate il mio blog, inizialmente mi adiravo per il fatto che non lasciavate commenti. ma mi sono informata con altri blogger.
E , a quanto pare, quella di scrivere non è una abitudine di molti.
Del resto, penso che l'esigenza di gestire un blog sia principalmente
quella di dare spazio alla propria creatività e inventiva.
Per cui, mi sento appagata già così.

 
 
 

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Che belle usanze,piene di ingenua poesia.Peccato che non...
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PERCHè RATòRY?

 

Ratorio è un termine dialettale da noi italianizzato. Indica oggetti o persone che, per essere antiquati o inutili, vanno collocati in soffitta. Facendo la dovuta autoironia, abbiamo scelto di definirci così (la y finale dà tono al termine stesso). Non ci rassegniamo, tuttavia, a rimanere relegati in soffitta, anzi... Questo blog ci da la possibilità di far conoscere la nostra cittadina, Sciacca (Ag), i suoi artisti, i suoi monumenti, la gastronomia,le tradizioni popolari, i  pregi e i difetti di una collettività che sta irrimediabilmente perdendo la sua identità.Al recupero di tale identità e al suo mantenimento mi auguro che collaborino tutti i miei amici ratory di Sciacca!


 

 

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