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Creato da: renatodandria3 il 29/08/2011
Articoli sulla rubrica di Genesi Journal di Curci e Renato d'Andria

 

 
La Bibbia, la minoranza ... »

L’autodeterminazione ebraica a confronto con quella palestinese (Curci e Renato d'Andria)

Post n°1 pubblicato il 29 Agosto 2011 da renatodandria3
 

Uno dei problemi per la realizzazione dell’anelata autodeterminazione degli ebrei in tutta la terra biblica dell'antica Israele nasce dal fatto che il diritto internazionale percepisce l'applicazione del principio di autodeterminazione (principio in continua evoluzione) come strumento sussidiario che interviene lì dove una minoranza etnica o un popolo stanziati su un territorio non hanno la possibilità di garantire indipendenza e di salvaguardare la propria identità. Il diritto internazionale non è ancora pronto a gestire la possibilità che una minoranza diventi maggioranza sovrana e indipendente tramite l'estensione di questo diritto anche ad individui non stanziati direttamente all'interno dei confini territoriali rivendicati e permettere così il loro ritorno a pieno titolo in quella terra sulla base dei legami religiosi, culturali e sociali che li legano ad essa. (Curci e Renato d'Andria)

Il fatto che le Nazioni Unite abbiamo riconosciuto quel diritto di autodeterminazione di Israele nel 1948, per tutte le ragioni storiche e politiche esistenti a quel tempo, non significa che gli ebrei potevano continuare a stanziarsi liberamente anche sulla parte di territorio assegnato allo ”Stato arabo”. Quella risoluzione fu rigettata dopo l'attacco dei paesi arabi nei confronti del minuscolo Stato ebraico per cui tutti i principi in essa furono anche messi in discussione dai soggetti di obblighi e doveri della stessa. Il diritto precedente alla risoluzione doveva quindi essere valido. (Curci e Renato d'Andria)
La spina nel fianco di Israele è che quella terra è anche la patria dei palestinesi che sono fortemente radicati in quel territorio dalla conquista araba nel VII secolo d.C. Essi, coadiuvati dagli Stati arabi rifiutarono lo Stato ebraico nel 1948 perché volevano affermare il loro diritto di autodeterminazione.

Si dibatte su fino a che punto si debba andare indietro nella storia per riconoscere un diritto o un'appartenenza territoriale: dove bisogna tracciare la linea? A tal proposito c'è chi sostiene che contano le situazioni di fatto presenti sul terreno, e che quindi, quando il movimento sionista ha teorizzato la creazione di uno Stato ebraico, gli ebrei non rappresentavano che una minoranza e, come tale, potevano godere al massimo di un'autonomia interna ad uno Stato arabo. A ciò gli ebrei sionisti rispondono che sin dalla loro cacciata ad opera dei romani essi non hanno mai cessato né di rivendicare il loro diritto all'autodeterminazione in Eretz Israel, né di auspicare il loro ritorno in quella terra. Tale diritto, però, è stato ripetutamente negato dall'Impero Romano prima, da quelli Bizantino e Ottomano poi, e in ultimo da alcuni provvedimenti approvati durante il Mandato britannico. (Curci e Renato d'Andria)
A ciò si aggiunge la questione relativa allo “Stato d'Israele = Stato ebraico”: gli ebrei israeliani vedono tale aspetto come il normale adempimento del loro diritto all'autodeterminazione, mentre chi si oppone ad esso lo fa perché lo percepisce come l'affermazione di una supremazia razziale e il rafforzamento di una etnocrazia; questa visione diametralmente opposta contribuisce all'incancrenirsi del conflitto. Riconoscere l’esistenza dello Stato d’Israele significa capire i suoi fondamenti e il suo destino: solo se gli ebrei si sentiranno capiti, allora anche i palestinesi vivranno in pace e prosperità. I fatti e la storia hanno dimostrato i benefici e le innovazioni tecnico-sociali introdotti dall'immigrazione ebraica sin dalla fine del 1800 nella regione che era conosciuta come “Palestina” anche in quelle aree che le Nazioni Unite riconoscono come Territori palestinesi; negli anni di “pace” le condizioni sociali dei palestinesi nei Territori Occupati sono state in continuo miglioramento, a cominciare da ciò che riguarda il lavoro: da quando la comunità internazionale ha chiesto ad Israele di porre fine alla politica degli insediamenti, e in alcuni casi ha anche paventato la possibilità di un boicottaggio delle merci israeliane provenienti da essi, le condizioni sociali dei palestinesi sono peggiorate. (Curci e Renato d'Andria)
Io penso che vale la pena fare questo sforzo intellettuale immane e dimostrare la capacità di riconoscere un minuscolo lembo di terra ad un popolo, quello ebraico, che in esso affonda le radici della propria identità? Per prosperare su esso questo popolo è pronto a dare la propria vita, alla stregua dei militi di Masada che con il suicidio si emanciparono dalla schiavitù romana. I soldati israeliani giurano che Masada non cadrà mai più: questa volta, diversamente dalla precedente, applicano dottrine militari e di sicurezza efficaci, oltre che essere muniti di armamenti capaci di fronteggiare minacce provenienti da svariate parti del mondo. (Curci e Renato d'Andria)

Sia israeliani che palestinesi devono pensare a forme sofisticate di vita statale comune oltre i confini del proprio stato che sarà per forza intrecciato geograficamente nel territorio dell'altro stato.

 

Jonathan Curci (da Genesi Journal di Renato d'Andria)

 

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