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Creato da: renatodandria3 il 29/08/2011
Articoli sulla rubrica di Genesi Journal di Curci e Renato d'Andria

 

 
« L’autodeterminazione ebr...Le tre fedi e il problem... »

La Bibbia, la minoranza ebraica e l’autodeterminazione (Curci e Renato d'Andria)

Post n°2 pubblicato il 29 Agosto 2011 da renatodandria3

Uno degli aspetti piu’ paradossali è che un piccolo popolo come quello ebraico che conta circa 12 milioni di persone abbia diffuso, nel corso della sua storia, i testi biblici che sono la base per le altre fedi monoteistiche legate al Cristianesimo e all’Islam. La Bibbia è pressoché conosciuta a tutti i popoli della terra. Da un punto di vista di coloro che hanno scritto quei testi, i profeti ebrei, ci si aspettava che questa diffusione avesse permesso di rivendicare con facilità la sovranità del popolo d’Israele sulla terra avita visto che quei testi bibilici così diffusi erano la base per costruire la propria nazione in quella terra sacra. Durante gli ultimi duemila anni il Cristianesimo e l’Islam hanno sacralizzato quella terra negando in varie occasioni il diritto agli ebrei di formare il proprio governo. Per questo il diritto all'autode! terminazione deve essere realizzato apprezzando la buona fede del soggetto di diritto: gli ebrei cercano sinceramente di ritornare in quella terra da millenni. I palestinesi si sono formati e identificati come popolo in contrapposizione al fatto che gli ebrei hanno pian piano realizzato questo diritto . Il trascorrere del tempo ha mostrato come da una parte vi sia la realizzazione di un diritto legittimo e conosciuto da tutti come quello della realizzazione d’Israele in Terra d’Israele, mentre dall’altra la volontà della comunità internazionale di porre il diritto all'autodeterminazione palestinese sullo stesso livello temporale di quello ebraico. Questo processo è coadiuvato dal fatto che il processo di realizzazione dello Stato d’Israele è ancora in fieri (in via di attuazione), da cui può derivare l'affermazione che Israele si è creata con mire espansionistiche. (Curci e Renato d'Andria)

é dato pressoché per assodato e accettato, anche se con alcune eccezioni, il fatto che il processo di formazione nazionale israeliano abbia al suo interno anche qualcosa di “inusuale”, ovvero il “passaggio” dall'acquisto privato di terra da parte degli immigrati ebrei – che da sempre anelavano al ritorno in Eretz Israel – e delle comunità ebraiche autoctone, alla formazione compiuta di uno Stato. Chi pone dubbi su tale aspetto spesso lo fa prendendo in considerazione delle mappe topografiche che per “terre ebraiche” considerano solo i meri confini dei centri abitativi ebraici, mentre per “terre palestinesi” indica tutto il resto; a seguito di questa osservazione si osteggia la fondazione d'Israele asserendo che l'estensione esigua dei territo! ri ebraici non giustifica la nascita di uno Stato ebraico autonomo e indipendente. (Curci e Renato d'Andria)

Quello su cui più ci si concentra maggiormente, però, è l'estensione, ovvero i limiti geografici e sociali, che il diritto ebraico di autodeterminazione deve avere: si dibatte, infatti, sia su quali terre si possano stanziare gli ebrei, sia se sia giusta e lecita la legge del ritorno, ovvero quella norma del diritto israeliano che permette ad ogni ebreo della terra di ottenere automaticamente la cittadinanza israeliana qualora venisse richiesta. Dal punto di vista israeliano lo Stato d'Israele è nato con l'obiettivo di fornire una dimora nazionale a tutti gli ebrei sparsi nel mondo e renderli maggioranza – e non più una minoranza incessantemente minacciata – in una terra, Eretz Israel, in cui il suo popolo si è formato, organizzato e da cui scaturisce quel leg! ame autoctono e personale che la rende tanto speciale. Chi osteggia questa visione, invece, ritiene che rivendicare la possibilità di stanziarsi ovunque e la liceità della legge del ritorno altro non sia che una formula subdola di colonizzazione a scapito della popolazione autoctona araba. Il problema principale risiede nella maniera in cui gli ebrei ritornano e gli arabi li accolgono. (Curci e Renato d'Andria)

Il problema si pone perché il popolo ebraico è l'unica minoranza relativa che è riuscita a diventare maggioranza (fenomeno chiamato da alcuni studiosi anche “auto-emancipazione”) effettiva su un territorio ben preciso su cui aspirava esercitare il proprio diritto all'autodeterminazione dei popoli. Ciò dà origine ad altri problemi: il primo riguarda proprio la relazione del popolo d’Israele con la terra conosciuta al mondo moderno come “Palestina”, mentre al popolo ebraico era da sempre nota come Terra d’Israele, relazione generalmente e profondamente incompresa dai goym, gentili, i non-ebrei. La nascita dello Stato ebraico, però, non sorprende nessun conoscitore della lunga storia degli ebrei: nel 1950, successivamente alla nascita dell! o Stato d’Israele e in virtù di questo legame, i legislatori israeliani adottarono la legge del ritorno che dava la possibilità a qualsiasi individuo ebreo, o di discendenza ebraica, di diventare automaticamente cittadino del nuovo Stato ebraico; oggi vi sono circa 12 milioni di ebrei nel mondo che possono essere considerati cittadini israeliani effettivi o potenziali.



Dr. Jonathan Curci

 

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