Creato da: rosario71dgl il 09/03/2008
E' una bella prigione, il mondo. (Shakespeare, Amleto)
A oltre ottant'anni d'età Gore Vidal è un enfant ancora più terrible di quando ne aveva solo ventidue, quando cioè fu messo al bando dalla comunità letteraria americana per lo spudorato outing del romanzo "La statua di sale". Ora come ora è alle prese con la stesura di una sorta di contro-storia americana, una grandiosa saga quasi di "fiction", in cui lo scrittore dà fondo a tutto il suo istinto visionario e dietrologico (come quando, ad esempio sostiene che John Fitzgerald Kennedy era nel pieno di una crisi di morbo di Addison mentre doveva decidere se spedire i missili su Cuba). Questo enorme affresco comprende per il momento sette titoli, dal romanzo "Empire" al suo capolavoro "Burr" all'ultimo straordinario "The Golden Age", che ha suscitato reazioni opposte oltreoceano, esaltate e infastidite. Nasce come Eugene Luther Vidal il 3 ottobre 1925 a West Point, rampollo di una grande famiglia del Sud; il nome con cui è conosciuto è un collage del nome della madre e del padre, Nina Gore e Eugene Vidal. Nipote fra l'altro del senatore democratico Thomas P. Gore, inizialmente avviato anch'egli ad una carriera politica è divenuto invece una delle voci più attente e più ascoltate d'America, grazie al suo inesauribile talento. Gore Vidal subisce lo choc della seconda guerra mondiale, dove svolge la mansione di ufficiale, esperienza che lo segna profondamente, come solo i grandi avvenimenti della storia sanno fare. In seguito la voce della letteratura che tanto scalpitava dentro di lui avrà modo di emergere e lo condurrà alla stesura del primo, importante romanzo, quel "Williwaw" che lo vedrà incensato dalla critica. E non solo per il precoce esordio ma per la già grandissima qualità del suo stile e delle tematiche trattate. Personalità travolgente e controcorrente, Vidal si è sempre fatto portavoce dei diritti civili e delle minoranze, combattendo strenuamente l'ipocrisia borghese che, a suo dire, infestava l'America del dopoguerra. Con il tempo, anche forte del celebre outing prima ricordato, si è trasformato in portavoce dei gay e "coscienza critica dell'impero" come ama definirlo la nostra maggiore americanista, la ben nota Fernanda Pivano. Dopo lo scandalo della pubblicazione nel 1947 di "The city and the Pillar", un romanzo dichiaratamente omosessuale, Gore Vidal tenta la strada del teatro, scrivendo diverse pièce di successo; poi quella del cinema, dove si cimenta sia come sceneggiatore, sia nelle vesti di attore - indimenticabile la sua comparsa in "Gattaca" (1997, con Ethan Hawke e Uma Thurman). Avendo capito che la politica - volenti o nolenti - permea tutto il nostro vivere e si infiltra nelle più minute scelte del nostro quotidiano, non dimentica l'impegno politico, che lo conduce ad una vera e propria carriera in tal senso. Si candida al Senato e al Congresso e diventa un attivissimo commentatore politico. Eclettico e dissacrante Gore Vidal è anche autore di romanzi gialli con lo pseudonimo di Edgar Box e ha vinto nel 1993 il National Book Award con la sua raccolta di saggi "United States Essays" 1952-1992. Amante dell'Italia, che ha sempre considerato una seconda patria, oggi vive tra Los Angeles e Ravello, sulla costiera amalfitana.
Alla ricerca del re, Garzanti, 1951
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