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Nebbia

Post n°55 pubblicato il 02 Marzo 2014 da rmlegginventa

 

 

 

Il mio primo racconto  thriller...siate clementi! Buona lettura! M.

 

 

 

Nessuno deve sapere del mio dono, deve perdersi nella nebbia, come i mille volti anonimi che la popolano...

Baci... Folli baci. Immensi, interminabili, estenuanti baci. La passione passa attraverso le carezze e le mani sapienti che avidamente percorrono la mia schiena. Mi perdo. Non resisto. Profumo di uomo, fragranza delicata ed eccitante che il mio naso odora e la mia bocca assaggia mentre resto immobile, vinta dal desiderio...Ciglia che si fondono e si accarezzano reciprocamente, fino a divenire uniche. Chiudo gli occhi in quel paradiso dei sensi...Poi una scossa. E' un attimo. Tutto intorno diventa buio, le pareti della stanza in penombra iniziano a ruotare. Il nero si tinge di rosso sangue...Unica immagine nitida: il tuo volto di ghiaccio. La passione e' sparita. Non avverto piu' il tuo desiderio ma solo rabbia, cattiveria, ansia. Ho paura, voglio fuggire! Ma le tue braccia mi stringono ancora, le tue mani salgono e si avvicinano al mio collo. Non mi stai accarezzando. Mi manca il fiato! Mi sento morire! Il tuo volto comincia a ruotare. Poi un lampo abbagliante...
Mi sveglio sudata nel letto, stordita. Confusa. Mi volto: sono le sette e trenta. E' tardi. Devo andare al lavoro. Mi concedo un altro minuto di riposo da quel sogno snervante. I rumori del giorno mi riportano alla realta': sento gli uccelli posarsi sul davanzale, i clacson impazziti dalla strada. La finestra aperta mostra la solita scena: nebbia invadente, grigia, posata come una coperta su chi corre di fretta, rifugio di chi non vuole mostrare agli altri il proprio volto. Riguardo la sveglia: le sette e trentacinque. Il mio cuore ha smesso di palpitare. Scosto le coperte, mi alzo e vado in bagno. La caffettiera automatica e' gia' in funzione. Guardo il mio viso allo specchio: sono Mara, occhi verdi spenti, occhiaie, capelli in disordine. Il mio colorito e' grigio, forse per le tante sigarette o forse per i pensieri. Da troppo tempo ormai ho smesso di preoccuparmi della mia salute. Da quando ho deciso di andare via dal paese, dopo la morte di mio padre. Mio fratello vive lontano e non lo sento quasi mai, forse a Pasqua o a Natale. Poco male: non siamo mai andati troppo d'accordo. La mia ultima relazione seria l'ho avuta quasi cinque anni fa'. Tu mi guardavi come un angelo mentre camminavamo lungo la spiaggia, quando ti ho detto che avevo deciso di partire. Credevamo sarebbe durata comunque...Invece eccomi qui. La citta' mi ha inghiottita. Ho preso il suo stesso colore. Sono diventata grigia e scialba. Ho perso la vitalita'. E ora anche i sogni hanno ricominciato a tormentarmi. 
Mia nonna mi diceva sempre di non preoccuparmi, che a volte sogniamo le cose solo perche' siamo turbati. Aveva ragione, ma non nel mio caso. Ricordo ancora quando scomparve la mia amica Agata. Avevamo otto anni. Tutti si chiedevano dov'era. Io lo sapevo gia', un sogno me l'aveva detto: era sotto la scarpata ormai da giorni. Era andata a raccogliere more e sporgendosi troppo era precipitata nel burrone. Non potevo avvisare nessuno ma io ero sicura fosse li. L'avevo vista! Allora scrissi con lettere incerte una lettera al padre. La salvarono giusto in tempo! Ero felice di averla ritrovata, ma non del mio nuovo "dono". Vedere le cose e saperle prima degli altri e' inquietante e soprattutto lo e' conoscere il futuro altrui, ma non il proprio. Ho tenuto nascosto questo mio carisma finche' ho potuto, scacciando sogni e ignorando titoli di giornale apparsi su quotidiani locali " bimba salvata dai sogni", ma la voce nel paese s'era diffusa lo stesso. Tutti mi etichettavano come " la maga". Un'etichetta che odiavo. Scappai via appena mi fu possibile ed evitai per gli anni successivi ogni notizia che incitasse la mia mente a lavorare. Ma questa volta non posso: sono due settimane che quel sogno mi tormenta: quell'uomo, quel volto di ghiaccio, mi perseguita tutte le notti. Avrei tanto voluto non doverlo sopportare...
Il suono della caffettiera mi risveglia. E' tardi. Mi preparo velocemente, bevo il mio caffe', prendo le chiavi, chiudo il portone del mio monolocale dietro di me e mi tuffo nella nebbia grigia, perfettamente in tinta. Calo il cappello sugli occhi. Non voglio incontrare lo sguardo di nessuno. Accendo la mia prima sigaretta, mi fara' compagnia fino all'ingresso della metro. Faccio la cameriera in una tavola calda. Sono laureata in psicologia ma mi sono accontentata: tutto pur di scappare. Guardo distrattamente le vetrine che mi scorrono accanto. Mi rivedo nel riflesso col mio cappotto grigio . " Cielo, Mara! come sei triste!" mi ripeto. Ma oltre la vetrina della libreria qualcosa attira la mia attenzione. Un cappello rosso porpora spicca nell'uniformita' del colore. Sotto al cappello un volto...Quel volto! Occhi grigi, pelle bianca. Improvvisamente la mia pelle ricorda il fremito delle sue carezze...E' lui! Sta pagando un giornale alla cassa. Mi fermo, butto il mozzicone e accendo un'altra sigaretta mentre aspetto che esca. Mi passa davanti...Quella fragranza...La conosco! Comincio a seguirlo. Imbocca l'ingresso della metro, lo stesso che devo percorrere io. Getto la seconda sigaretta e comincio a scendere le scale. Il cunicolo e' squallido. Lo vedo prendere la linea B. E' la mia stessa direzione! Mi fermo dietro di lui in attesa. Salgo sullo stesso vagone. Lo osservo: con un braccio si mantiene in equilibrio, con l'altro tiene fermo il Corriere della Sera. E' un bel ragazzo decisamente. 
" E ora vediamo di capire perche' tenti di strozzarmi tutte le notti!".
Ma la mia indagine finisce alla fermata precedente alla mia. Lo perdo. Ma ora almeno so che esiste. Il perche' il destino me l'abbia fatto incrociare ancora non lo immagino.
Scendo dal treno e mi affretto per le scale, correndo verso la tavola calda. Il fritto a prima mattina fa sobbalzare il mio stomaco. La mia amica Paola gia' sta sfornando cornetti e cappuccini. 
"Mara, ce ne hai messo di tempo oggi!"
" Ho perso il primo treno!".
Paola non si arrabbia mai, accetta le mie tante stravaganze, come quando mi presentai al lavoro in ciabatte e senza divisa cominciai a servire i clienti stupiti. E' una ragazza adorabile. L'unica amica che ho dopo tanto tempo in questa inospitale citta'. E' molto bella, Paola: mediterranea, occhi verdi, una Manuela Arcuri della porta accanto, sempre impeccabile. Mi metto all'opera. Lavoriamo tutta la mattina senza un attimo di tregua, fino alla fine del turno. Paola ha uno strano sorriso sul volto. Sembra felice. 
" Devo dirti una cosa...Ho conosciuto uno. Siamo usciti un paio di volte...E' veramente intrigante! No, non e' successo ancora nulla di speciale a parte baci...E che baci!" .
Sembra una ragazzina alla prima cotta. Ma quell'emozione io non la condivido. Qualcosa mi offusca la mente. Mi tiene in allerta e capisco cos'e' non appena lo vedo, e' venuto a prenderla al locale: e' proprio lui! Il ragazzo dagli occhi di ghiaccio. Luca. E' strano, davvero strano. Non da confidenza, parla solo con lei. "Forte timidezza o problema di socializzazione..." la mia mente da psicologa comincia a lavorare, ma si ferma non appena riaffiora la sensazione delle sue mani gelide che mi cingono il collo. Improvvisamente comprendo: Paola e' in pericolo. Luca e' infido. Ma come posso dirglielo? Purtroppo non ho mezzi. Smascherare il mio dono e rituffarmi nel mio passato da " maga" o sperare che quei sogni ripetuti non significhino nulla? Sono in un vicolo cieco, purtroppo la risposta a quella domanda la conosco gia'. Mentre i miei pensieri vanno via, Paola mi saluta e si allontana con lui, verso dove chi lo sa. Ma io devo scoprirlo. Non posso lasciarla andare e ignorare l'aura di pericolo che la circonda: e' palpabile, quasi visibile, come la nebbia. Ho gia' deciso: la avvisero' stasera. 
Quella sera pero' il suo telefonino non squilla. E' staccato. Il mio corpo e' un fascio di nervi: sento solo freddo, brividi: guardo il letto come un nemico, non ho il coraggio di dormire e scoprire cosa sta per accadere. 
La notte e' fredda fuori. Lentamente mi rivesto, indosso un maglione rosa e dei pantaloni viola, copro il tutto col mio cappotto grigio. Voglio confondermi, non voglio mostrare al mondo la paura che mi attanaglia. Corro verso la metro, un ubriaco cerca di afferrarmi la gamba ma io lo ignoro. Il mio passo e' veloce: devo sbrigarmi, sento che e' quasi il momento. Prendo il treno sperando che i miei pensieri possano accelerare la velocita' ma non ci riesco, il mio corpo e' un tripudio di sensazioni sgradevoli. Sono sudata e una signora si scosta. Ma non mi interessa: sono stata sempre schivata da quando tutti al mio paese hanno scoperto il mio dono. Finalmente arrivo alla giusta fermata. Salgo le scale, esco sulla piazzetta secondaria dove palazzi popolari alti si stagliano, tutti uguali e decadenti. Il portone del caseggiato dove abita Paola e' aperto. Chiamo l'ascensore. Non arriva. Cazzo, non arriva! Comincio ad essere ansiosa. Corro per le scale scompigliata, arrivo al quinto piano senza fiato. Il portone di casa di Paola e' chiuso. Busso ma non mi apre. Ma io so dove tiene la chiave di riserva: cerco nel vaso, la trovo al solito posto. Entro in casa. Sembra tutto normale e in ordine. Ma c'e' qualcosa di statico, qualcosa che annuncia problemi, come l'aria prima di una scossa di terremoto. Ho scordato le sigarette, sto per impazzire, gioco col cellulare. Faccio partire una chiamata... 
Improvvisamente sento una porta che si apre. Paola e' rientrata. E' insieme a lui e dai baci che si scambiano sembrano avere tutta l'intenzione di rimanerci... Si dirigono verso la stanza da letto e io mi nascondo nell'armadio. Paola accende la lampada sul comodino coprendola con un foulard di seta nera...Ecco la penombra, la stessa che vedevo nei miei sogni. Sento i gemiti di Paola riempire il silenzio, rumori che avrei preferito non sentire. Un rumore regolare, ritmico, un respiro strozzato dal piacere, che improvvisamente cambia. Il mio cuore si ferma. C'e' qualcosa che non va. Sta accadendo! Il mio sogno sta prendendo forma davanti ai miei occhi: Luca ha alzato le mani e lo vedo aprendo leggermente l'anta dell'armadio. Non so cosa fare. Mi prende il panico. Il respiro della mia amica e' sempre piu' debole. Salto fuori dall'armadio e mi fiondo su di lui per difenderla. Lui scosso si volta, mi guarda coi suoi occhi penetranti, abbandona Paola sul letto e si butta su di me. Cado, sbatto la testa allo spigolo del como'. Il maglione rosa si macchia di rosso sangue: il mio. Perdo le forze, quasi non vedo piu'. Un lampo di dolore illumina i miei occhi... E' un coltello da cucina che Paola brandisce in mano, seminuda, terrorizzata, il volto livido. Lo alza su di lui e lo conficca nella sua spalla. Sento la presa sul mio collo allentarsi, riesco con un ultimo, immenso sforzo a muovere la mia gamba e ad allontanarlo da me. Cade ai piedi del letto macchiando le coperte. Paola, raggelata, non sa cosa fare. Il coltello le sfugge dalle mani. Lo colpisce ancora con un libro pesante. Luca cade a terra svenuto. I nostri cuori riprendono a pulsare ma la mia testa e' confusa, non riesco a formulare alcuna idea...
C'e' sangue ovunque. Paola prende il telefonino per chiamare soccorsi, ma non ce n'e' bisogno: ho gia' provveduto io. La chiamata che ho fatto partire non si e' mai interrotta, la polizia ha sentito tutto ed individuato dove mi trovavo. Nessuno pero' riesce a spiegarsi come la telefonata possa essere partita prima che tutto cio' avvenisse. Paola si riprende dallo shock, si riveste e corre verso di me, soccorrendomi fino all'arrivo dell'ambulanza. Il sangue sulla mia testa sembra fermarsi . Mentre veniamo trasportate verso l'ospedale piu' vicino il poliziotto che ci scorta ci da' una notizia terribile:
" Avete corso un pericolo enorme, signorine. Luca Wors e' un pericoloso serial killer. Adesca belle ragazze per poi strangolarle brutalmente. Non so quale angelo vi abbia salvato, ma siete state davvero fortunate. Nessuna e' mai riuscita a raccontare che volto aveva, ma grazie a voi finalmente siamo riusciti a fermarlo e non nuocera' piu' a nessuno...".
Paola mi guarda interdetta. E' sconvolta dall'accaduto e ancora di piu' dal trovarmi li accanto a lei, quando probabilmente eravamo destinate a non vederci mai piu'.
" Come sapevi...? "- mi chiede bisbigliando, per non farsi sentire. 
"L'ho sognato....".
L'ho detto solo a lei. L'amicizia che provo per Paola e' troppo importante. Ma nessuno deve sapere del mio dono, deve perdersi nella nebbia, come i mille volti anonimi che la popolano, come i colori sbiaditi che la arricchiscono, come le storie non raccontate che vi si perdono. Io voglio che il mio dono sia abbandonato li e che riemerga solo per aiutare il prossimo. Del resto sono una "maga". La vera magia e' restare anonimi nella nebbia, noi che brilliamo come esseri speciali.

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