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Tornando a casa, di sera (capitolo 1)

Post n°2 pubblicato il 21 Aprile 2009 da robinsonlife

Svogliatamente salivo le infinite scale per il mio appartamento pensando ancora a quello che Rita mi aveva detto (anzi forse dovrei dire urlato). Ci pensavo forte, talmente tanto che se fosse uscita fuori la vecchietta del secondo piano per tirarmi una padellata, sarei svenuta senza accorgermene e avrei continuato a pensarci pure durante lo svenimento!
Il mio era veramente un handycap e diciamo che le parole di Rita maledizione, si, alla fine, avrebbero potuto anche avere un fondo di verità, ma non era detto (stronza patentata, mi vuoi rovinare la vita ma è solo l'invidia che ti fa parlare!).
Mi aveva umiliata, davanti ad altri colleghi, con quel suo fare da serpe camionista improvvisato genio che con una villaneria tipica delle bettole di borgata periferica ti grida in faccia in romanesco "ma come se fa a fa' l'aredatrice se un cliente te dice che non vole i mobili colorati e tu je ordini la verina verde erba???". Considerate che dicendo questa frase mi aveva fatto la permanente e il risultato era ancora più estroso se si aggiunge che mi si drizzavano i capelli dalla rabbia!
Ma porcapuritania, ma proprio da lei io dovevo subire umiliazioni, lei, che con la sua superbia avrebbe dominato il mondo ma che non riusciva a gestire nemmeno la presenza del cane condominiale e che aveva avuto il posto di dirigente solo perché suo padre era sopra di lei e l'aveva piazzata? Ma poi quale creatività doveva avere una che indossava il tailleur lillà con gli anfibi e la cintura dell'Esercito Italiano (di suo nipote al servizio militare) e la camicia col colletto di pizzo? Ah e dimenticavo il cappotto a mantella rosso con il cappello mimetico, questi ultimi aggiunti al resto, ovviamente.
Aaaaaaah non ci potevo pensare, non è nemmeno laureata!!!
E il diploma? Che diploma avrebbe? Ma non lo sapevo e non mi interessava, mi interessava solo che era un'incapace (tranne che nell'urlare in faccia alla gente) e che si doveva mettere in testa che a me doveva portare rispetto, se non altro perché io il posto di lavoro l'avevo sudato mentre a lei era caduto in testa; è lampante e il fatto che non se ne accorgeva non era che la riprova delle mie teorie.

Aprivo la porta di casa lasciandomi invadere dal mio odore, quello che avevo indosso da tutto il giorno e forse da anni o forse da una vita senza neanche accorgermene. Ognuno riflettendo sul proprio "odore" credo che si sia chiesto almeno una volta perché riusciamo a percepire gli odori di tutti e di tutto, anche i più irrilevanti mentre il nostro no, mai, tranne che in alcuni momenti in cui il nostro olfatto si abitua ad altro o quando, appunto, entriamo in casa e ne veniamo inebriati (o attanagliati!!!).
Tra le componenti del mio odore da annoverare sicuramente quello del mio gatto No (sarebbe il nome) o dal passaggio abusivo e occasionale della sua amante Sissi (immaginate se avessero potuto sposarsi il nome della coppia che sarebbe venuto fuori), del cibo un po' andato a male e di quello che invece consumavo abitualmente; ma diciamo che tra i miei piatti forti c'era la scatoletta di tonno!!!
Insomma l'umore era dei peggiori e nel mio cervello si alternavano gli urli di Rita, le mie imprecazioni e la scatoletta di tonno che imperversava e avrebbe avuto la meglio sul menu della serata.
La distrazione era tale da non accorgermi che c'era qualcun altro in casa oltre me, No e l'eventuale Sissi.

 

 
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