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LEGGI RAZZIALI FASCISTE - parte 3

Post n°96 pubblicato il 28 Gennaio 2009 da libera_voce

Intellellettuali, chiesa e leggi razziali

Diverse fonti riportano un elenco di personalità, stilato da alcuni storici e giornalisti, tra cui il saggista Franco Cuomo nel libro I Dieci. Chi erano gli scienziati italiani firmatari del manifesto della razza[5], che aderirono ufficialmente al manifesto oppure sostennero pubblicamente le leggi razziali fasciste. I più noti sono:

  • Giacomo Acerbo
  • Dino Alfieri
  • Giorgio Almirante
  • Ermanno Amicucci
  • Mario Appelius
  • Gaetano Azzariti
  • Pietro Badoglio
  • Piero Bargellini
  • Giorgio Bocca
  • Gino Boccasile
  • Carlo Borsani
  • Giuseppe Bottai
  • Guido Buffarini Guidi
  • Luigi Cabrini
  • Emilio Canevari (Maurizio Claremoris)
  • Aldo Capasso
  • Giovanni Cazzani
  • Luigi Chiarini
  • Tullio Cianetti
  • Galeazzo Ciano
  • Giuseppe Cocchiara
  • Gioacchino Colizzi (Attalo)
  • Carlo Cossio
  • Carlo Costamagna
  • Alfredo Cucco
  • Pier Lorenzo De Vita
  • Ludovico di Caporiacco
  • Julius Evola
  • Amintore Fanfani
  • Roberto Farinacci
  • Cesare Frugoni
  • Luigi Gedda
  • Agostino Gemelli
  • Giovanni Gentile
  • Alessandro Ghigi
  • Niccolò Giani
  • Domenico Giuliotti
  • Ezio Maria Gray
  • Rodolfo Graziani
  • Giovannino Guareschi
  • Telesio Interlandi
  • Ugo Lanza
  • Paolo Lorenzini
  • Giuseppe Maggiore
  • Mario Missiroli
  • Walter Molino
  • Romolo Murri
  • Benito Mussolini
  • Umberto Notari
  • Paolo Orano
  • Biagio Pace
  • Antonino Pagliaro
  • Domenico Paolella
  • Giovanni Papini
  • Alessandro Pavolini
  • Federico Pedrocchi
  • Nicola Pende
  • Raffaele Pettazzoni
  • Concetto Pettinato
  • Angelo Piccioli
  • Giovanni Preziosi
  • Massimo Scaligero
  • Furio Scarpelli
  • Sergio Sergi
  • Ardengo Soffici
  • Arrigo Solmi
  • Achille Starace
  • Giuseppe Tucci
  • Emilio Villa
  • Paolo Zerbino
  • Il Vaticano e gli ebrei

    Vaticano accettò nel complesso una linea discriminatoria verso gli ebrei, a condizione di «ottenere dal governo la modifica degli articoli che potevano ledere le prerogative della Chiesa sul piano giuridico concordatario specialmente per quanto riguardava gli ebrei convertiti».[6] Nel 1937 papa Pio XI aveva scritto un'enciclica contro l'antisemitismo dei nazisti, la Mit brennender Sorge, che però si riferiva alla situazione in Germania e non citava l'Italia. Ciò nonostante, nel 1938-1939, egli affidò il progetto di un'ulteriore enciclica di condanna dell'antisemitismo a P. Passelecq, ma tale progetto fu avocato a sé dal Superiore Generale della Compagnia di Gesù, che consegnò il testo dell'enciclica solo un anno dopo, poco prima che Pio XI morisse. Il successore Pio XII, già nunzio apostolico a Berlino, non la fece pubblicare.[7]

    La Civiltà Cattolica, organo ufficiale dei Gesuiti, commentando il Manifesto degli scienziati razzisti, credette di rilevarvi una notevole differenza rispetto al razzismo nazista:

     « Chi ha presente le tesi del razzismo tedesco, rileverà la notevole differenza di quelle proposte da questo gruppo di studiosi fascisti italiani. Questo confermerebbe che il fascismo italiano non vuol confondersi col nazismo o razzismo tedesco intrinsecamente ed esplicitamente materialistico ed anticristiano. »
     
    (La Civiltà Cattolica, 1938, fasc. 2115, pagg. 277-278)

    Secondo lo storico Renzo De Felice, se la Santa Sede non approvò un razzismo di stampo puramente materialistico e biologico, «al tempo stesso, non era contraria ad una moderata azione antisemita, estrinsecantesi sul piano delle minorazioni civili.»[8] Occorre tuttavia elencare alcuni fatti importanti: ha scritto lo stesso De Felice, tracciando un bilancio dell'atteggiamento dei cattolici italiani di fronte alle leggi antiebraiche, che "nei documenti testé citati abbiamo visto come i cattolici avessero ovunque una posizione nettamente contraria ai provvedimenti antisemiti. Il fatto è incontrovertibile e, anzi, costituirà una costante sino al 1945." Pio XI tenne il discorso rimasto più celebre durante un’udienza generale il 6 settembre, il giorno dopo l'emanazione del Provvedimento per la difesa della razza nella scuola italiana da parte del governo. Il papa disse fra le lacrime: "Spiritualmente siamo tutti semiti." Lo stesso Mussolini, nel discorso di Trieste del settembre del 1938, accusò il Papa di difendere gli ebrei (il famoso passaggio "da troppe Cattedre li si difende") e minacciò provvedimenti più severi a loro danno se i cattolici avessero insistito. Ciò nonostante, in quei giorni quasi tutti i vescovi italiani tennero omelie contrarie al regime e al razzismo. Anche la maggior parte dei cattolici fascisti furono contro le leggi razziali, come Egilberto Martire, direttore della Rassegna Romana (su cui scriveva anche il cardinale Pacelli). La "Rassegna Romana" uscì nell'estate del '38 con un fascicolo contro il razzismo. Martire, che pure era un clericofascista, andò al confino per questo. Pio XI protestò, poi, ufficialmente e per iscritto con il Re e con il Capo del Governo per la violazione del Concordato prodotta dai decreti razziali. E, significativamente, lo storico Michele Sarfatti riconosce la «caratterizzazione nettamente antirazzista della battaglia in difesa della libertà di matrimonio».[ La rivista La difesa della razza ed i suoi contenuti inneggianti ad un razzismo biologico furono ufficialmente condannati dal Sant'Uffizio. Tra le altre reazioni, vi fu quella di padre Agostino Gemelli, che nel corso di una conferenza tenuta a Bologna il 9 gennaio 1939, definendo "deicida" il popolo ebraico, così commentò le leggi razziali "Vediamo attuarsi quella terribile sentenza che il popolo deicida ha chiesto su di sé e per la quale va ramingo per il mondo, incapace di trovare la pace di una patria, mentre le conseguenze dell'orribile delitto lo perseguitano ovunque e in ogni tempo." Il giovane scrittore cattolico Gabriele De Rosa nel 1939 pubblicò il volumetto razzista ed antigiudaico La rivincita di Ario, pronunciandosi contro "il focolaio ebraico" nella Palestina.[Il Vaticano prestò il suo aiuto all'organizzazione di resistenza ebraica DELASEM nel periodo della clandestinità, tanto che molte attività furono gestite dal padre cappuccino Benedetto, come testimonia Settimio Sorani, dirigente della DELASEM. la Santa Sede svolse anche un importante ruolo di deposito del denaro che giungeva dalle organizzazione ebraiche estere, come scrive Massimo Leone (allievo di De Felice, che ha studiato i rapporti tra Chiesa e Delasem) «anticipando e prestando spesso forti somme garantite dagli stessi enti». Lo stesso Tacchi Venturi inoltre, nel ricevere delle lettere da parte della comunità ebraica italiana che lo invitavano ad intercedere perché le leggi antiebraiche italiane fossero abolite del tutto, nega il suo sostegno affermando:

     « guardandomi bene dal pure accennare alla totale abrogazione di una legge (le leggi razziali) la quale secondo i principii e le tradizioni della Chiesa cattolica, ha bensì disposizioni che vanno abrogate, ma ne contiene pure altre meritevoli di conferma.»
      

    L'unico prelato che, dopo la promulgazione delle leggi razziali, discusse delle stesse faccia a faccia con Benito Mussolini, fu monsignor Antonio Santin, vescovo di Trieste e Capodistria. Dopo l'approvazione delle leggi, chiese udienza a Mussolini[20].

     « Perorai la loro causa; in seguito aiutai moltissimi che venivano da me in cerca di protezione »
      

    Quando vide che sulla scrivania di Mussolini era scritto: "Per favore, siate brevi", si alzò per andar via. Mussolini subito levò l'avviso e lo fece di nuovo accomodare. Mons. Santin disse che quelle leggi erano ingiuste e non si limitò a parlare dei matrimoni misti, ma difese gli Ebrei, asserendo che a Trieste c'era tra di loro tanta povera gente.

    La disposizione contro il movimento pentecostale

    Un'apposita disposizione riguardava il movimento pentecostale. Tale disposizione[21], risalente al 9 aprile 1935 e a firma del sottosegretario all'interno Guido Buffarini Guidi, controfirmata dal capo della polizia Arturo Bocchini, vietava il culto pentecostale in tutto il Regno in quanto «esso si estrinseca e concreta in pratiche religiose contrarie all'ordine sociale e nocive all'integrità fisica e psichica della razza». In conseguenza a questa circolare avvennero molti arresti e invii al confino sia di semplici credenti che di Pastori pentecostali. Uno fra i più importanti, Roberto Bracco, fu arrestato diciassette volte. Almeno due credenti pentecostali morirono per la loro fede: il primo - Fidardo De Simone - che si trova nel carcere romano di Regina Coeli per la sua fede pentecostale, venne trucidato alle Fosse Ardeatine insieme alle altre trecentotrentacinque vittime il 23 marzo 1944; il secondo - Antonio Brunetti - venne ucciso nel campo di concentramento di Mauthausen. Nel 1953, a dieci anni dalla caduta del fascismo e quasi a cinque dall'entrata in vigore della Costituzione della Repubblica italiana, il ministro dell'Interno Mario Scelba affermò in risposta ad una interrogazione parlamentare che «l'esercizio del cosiddetto culto pentecostale non è ammesso in Italia». Tale disposizione fu dichiarata «non più in vigore» il 16 aprile 1955.

     

     

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