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Storie di comunisti, socialisti ed attualità politica

 

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COSTITUENTE SOCIALISTA

Post n°49 pubblicato il 21 Aprile 2007 da rossebandiere
 
Foto di rossebandiere

"Mi si può chiedere come si chiamerà il Partito che raccoglierà tutti i socialisti, quelli che provengono dall’esperienza del Psi e quelli da quella del Psdi, nonché tutti coloro che non avendo partecipato alla vita di questi due partiti, o perché provengono da altre esperienze o perché sono giovani guardano in noi come un punto di riferimento essenziale.
Io non trovo di meglio che chiamare il nuovo partito come si è sempre chiamato, almeno dal 1893 con il Congresso di Reggio Emilia, a un anno dalla sua fondazione:
Partito Socialista Italiano".

 

 
 
 

E' scomparso Stefano Chiarini. Ci mancherai, Stefano... .

Post n°48 pubblicato il 05 Febbraio 2007 da rossebandiere
 
Foto di rossebandiere

 scomparso Stefano Chiarini. Ci mancherai, Stefano... .


Attorno alle 18 di ieri è improvvisamente morto nella sua casa romana Stefano Chiarini, giornalista del quotidiano "Il Manifesto".

Se lo è portato via un infarto, non c’è stato niente da fare. Il Medio oriente era da sempre la sua passione, ed è stato l’unico giornalista italiano ad essere presente a Baghdad durante la prima Guerra del golfo, nel 1991 ed a tornarci anche in questi ultimi anni, sfidando la guerra e quegli squadroni della morte che hanno fatto pagare con la vita molti giornalisti troppo curiosi.

Aveva da subito aderito al Forum Palestina, convinto della necessità di schierarsi apertamente e senza ambiguità dalla parte del popolo palestinese, informando sulla situazione in Medio Oriente dalle pagine del Manifesto e poi anche de la Rinascita, e dai microfoni di Radio Città Aperta e di altre emittenti libere.

Ricordiamo con emozione la sua determinazione e il suo coraggio nel sostenere la causa palestinese e quella più in generale delle popolazioni arabe. Ricordiamo la sua accuratezza nel descrivere l’attualità mediorientale, sempre accompagnata da una riflessione e da una analisi preziosissime e originali in un panorama informativo dominato dal pregiudizio antislamico e filoisraeliano.

Ricordiamo la sua disponibilità a partecipare a mille iniziative su e giù per l’Italia, il suo attivismo come promotore e animatore dell’annuale delegazione nei campi profughi palestinesi in Libano. Ka campagna "Per non dimenticare Sabra e Chatila" è diventato negli ultimi anni uno strumento importantissimo contro la rimozione delle responsabilità israeliane nel massacro della inerme popolazione palestinese nei campi di Sabra e Chatila. Stefano ci ha raccontato cos’è Hezbollah senza pregiudizi e con lungimiranza, da giornalista e da compagno, quando per tutti questa parola significava solo la vuota formula "Partito di Dio".

Di Stefano vogliamo anche ricordare l’amicizia e la sensibilità di tutti i popoli oppressi e sfruttati: ricordiamo il suo lavoro di approfondimento sulla lotta del popolo irlandese, tra le altre cose. Ci mancherai Stefano, ci mancheranno i tuoi articoli, ci mancherà la tua voce tranquillizzante, il tuo lavoro di inestimabile valore.

La redazione di Radio Città Aperta

 
 
 

Gennaio 1921: fondazione del PCd’I. - 2007: i comunisti ci riprovano di Sergio Ricaldone

Post n°47 pubblicato il 23 Gennaio 2007 da rossebandiere
 

Sono passati 86 anni dal quel lontano 21 gennaio quando al teatro S. Marco di Livorno un folto gruppo di delegati usciti dal Partito Socialista, fondarono il Partito comunista d’Italia. Esattamente tre anni e due mesi dopo la Rivoluzione d’ottobre. Dunque un partito figlio legittimo ed espressione dei “dieci giorni che sconvolsero il mondo”, e membro a pieno titolo delle terza Internazionale, come lo sono stati tutti i partiti comunisti fondati negli anni 20 in molte regioni del pianeta. E’ appunto in quegli anni che lo “spettro” evocato da Marx nel 1848 si materializza e diventa l’animatore possente di un movimento operaio maturo che, con la sapiente regia creativa di Lenin, dilaga e fa barcollare, per la prima volta nella storia, i santuari del potere imperialista.

Fuori da quella sequenza temporale di eventi storici e senza il robusto filo conduttore, di autentico acciaio, che li mantenne saldamente legati ad una comune prospettiva di cambiamento rivoluzionario è difficile immaginare come avrebbe potuto nascere e vivere un partito comunista.

Appare penosamente triste il mea culpa di alcuni pentiti che oggi riscattano i loro immaginari sensi di colpa raccontandoci un PCI diverso, separato dalle sue radici e quindi estraneo alla lunga stagione di tragedie provocate dall’assedio politico e militare imperialista degli anni 30, deciso a stroncare con qualsiasi mezzo il primo tentativo di rivoluzione socialista della storia. Non poteva essere diverso e separato da quel contesto un partito nato in anni cruciali della storia d’Italia e i cui militanti hanno dovuto sostenere, fin dal primo momento, uno scontro di classe durissimo contro un padronato biecamente reazionario deciso a stroncare con la repressione dello stato borghese e la violenza dello squadrismo fascista ogni forma di resistenza operaia e bracciantile e a restaurare, complice la squallida monarchia dei Savoia, una forma di potere assoluto del capitalismo industriale ed agrario. La natura leninista del partito fu in ogni caso sanzionata, dopo un lunga e lacerante battaglia interna, dalla sconfitta della componente settaria e avventurista di Amedeo Bordiga e dalla vittoria di Ordine Nuovo, diretta da Antonio Gramsci, impegnata nella costruzione di una linea politica e di una prospettiva in grado di reggere uno scontro di classe che, dopo il riflusso dell’ondata rivoluzionaria in Europa, si andava profilando di lunga durata, il che richiedeva ai militanti intelligenza politica e sacrifici enormi imposti dalla clandestinità, dal carcere, dall’esilio forzato. Quali grandi imprese abbia saputo compiere questo partito al servizio della classe operaia e del paese e quale lungimiranza politica abbiano mostrato i giganti che lo hanno guidato negli anni più duri e difficili – Gramsci, Togliatti, Longo, Secchia - è storia largamente conosciuta, né si può tentare di riassumerla in queste brevi note. Né vale la pena di indugiare su come e perché il gruppo di carrieristi rinnegati che ne assunsero la direzione a metà degli anni 80 abbiano deciso di infliggere al PCI un colpo mortale alla Bolognina. Anche questa è storia conosciuta.

Passato e presente: le due versioni revisioniste del neocomunismo italico

La ricorrenza del 21 gennaio è una buona occasione per parlare del presente e per osservare con quali approcci e sentimenti contrastanti la vivono oggi i gruppi dirigenti dei due partiti che in Italia ancora si richiamano, almeno nel nome e nel simbolo, al comunismo. Ad esempio il tema scelto dal PdCI per celebrare l’anniversario, sembra voler rivendicare una condivisibile continuità con la storia del comunismo italiano. Sembra. Ma se si rileggono le nette prese di distanza da quella storia pronunciate, in tempi recenti, dal più autorevole dei suoi fondatori, Armando Cossutta, qualche dubbio sull’uso strumentale di questa celebrazione è più che lecito. Ma anche l’itinerario politico attuale scelto dal suo segretario Diliberto lascia trapelare qualche interrogativo sulla opportunità, o meno, della scissione di Livorno del 1921. Ossia, era necessaria o si poteva evitare? Rimettere in discussione oggi, nel 2007, una scelta di quella natura strategica, che ha pesato e segnato per molti decenni la storia del movimento operaio italiano ed il suo ruolo egemone nelle grandi lotte sociali e politiche del secolo scorso, lascia supporre che lo scopo di questa pur lecita critica storica risponda al fine odierno della leadership dei Comunisti italiani di ricongiungersi in qualche modo a quel che resta della componente socialdemocratica di sinistra del Correntone che tenta di sopravvivere di vita propria alla inarrestabile deriva liberal dei DS e del futuro PD. Insomma, una sorta di alibi a supporto di un’operazione che riscopre i valori della vecchia casa madre socialista.

Nell’altro partito che si richiama al comunismo, "Rifondazione", il gruppo dirigente di maggioranza, se la cava ignorando tranquillamente la storica data, collocandosi perciò in perfetta continuità con l’opera di demolizione compiuta da Fausto Bertinotti di tutta la storia secolare del comunismo mondiale, PCI incluso, e di tutte le rivoluzioni e i grandi movimenti di liberazione che quel movimento ha ispirato.

Tra le rimarchevoli eccezioni al dilagante oblio revisionista, segnaliamo quella dell’area critica Essere Comunisti che il 21 gennaio a Livorno, cercherà di ricordare al meglio quanto gli artefici di quella scissione abbiano pesato sulla storia del nostro paese e come il partito diretto da Gramsci e Togliatti abbia saputo far diventare il movimento operaio italiano soggetto politico trainante della Resistenza antifascista e delle grandi lotte di massa che hanno spianato la strada alle importanti conquiste sociali e politiche ispirate dalla Costituzione repubblicana. Conquiste messe a rischio – guarda caso, dopo la liquidazione del PCI - dal progressivo declino dei movimenti di lotta nei punti cruciali del loro insediamento, le fabbriche. Ma anche questa importante iniziativa di Essere Comunisti, pur essendo stata promossa nel segno di una doverosa continuità critica con la storia del comunismo novecentesco, appare troppo ripiegata dentro il partito di appartenenza, quasi a segnare l’esclusiva di un patrimonio di militanza politica che non può avere altri sbocchi e interlocutori possibili fuori dal PRC.

La questione comunista come si ripresenta nel 2007

Speriamo che la celebrazione del 21 gennaio sia l’occasione per far riemergere il tema centrale che assilla oggi tantissimi compagni, ovunque collocati, che si interrogano su come ricominciare e con chi riproporre all’o.d.g. la “questione comunista”. E’ un tema tremendamente complesso e difficile. La vittoria del “pensiero unico” in questa parte del mondo ha fatto terra bruciata dei grandi ideali che hanno sorretto per un secolo le grandi battaglie politiche e sociali del movimento operaio e una “terra promessa” da cui ripartire non esiste. Ovunque si volga lo sguardo il panorama politico della sinistra di classe in Italia appare desolante. Alla nostra destra ci sono due sedicenti partiti comunisti, "Rifondazione comunista" e i Comunisti italiani. Sebbene concorrenti, risulta evidente che, sia pure con percorsi diversamente modulati, corrono entrambi su binari paralleli verso una sola destinazione finale, l’uscita a destra dal comunismo. La linea liquidatoria dei gruppi dirigenti ha vinto. In tale contesto non possiamo negare che il contributo distruttivo di Fausto Bertinotti è stato determinante. E’ stato un susseguirsi di condanne e di rotture storiche e politiche con i quattro punti cardinali del comunismo, quello di ieri e quello di oggi. Dopo che Romano Prodi, in un momento di sincerità, ha definito “folkloristico” il comunismo bertinottiano, ogni altro commento ci sembra superfluo. Per contro alla sinistra di questi partiti abbiamo una frammentazione di gruppi, di sigle, di siti, di liberi pensatori e di “andati a casa” che non offrono speranze di aggregazione, se non attraverso future iniziative mirate, per ora pressoché inesistenti.

E’ comprensibile che di fronte a questo poco incoraggiante scenario lo stato d’animo di molti compagni sia uguale a quello di Noè quando Dio gli comunica le previsioni meteorologiche. Il guaio è che non esistono soluzioni semplici o scorciatoie per uscire da questa situazione. Ciascuno deve fare la sua parte sollevando lo sguardo e allargando il campo visivo oltre gli steccati che delimitano i partiti, le correnti e i gruppi dentro i quali ciascuno milita.

Dobbiamo cominciare a chiederci se, insieme alla sacrosanta battaglia politica che ognuno deve condurre all’interno del proprio partito per contrastare la deriva liquidatoria, non sia anche necessario mettere a punto un progetto politico di più ampio respiro che rimetta al centro la “questione comunista”. Questo era e rimane un tema più che mai aperto che richiede, oltre che la prosecuzione della battaglia interna, anche una proiezione esterna delle iniziative politiche che abbia come finalità la ricomposizione e l’unità dei comunisti diversamente collocati o dispersi.

Chi sono, quanti sono, dove sono? E’ ancora presto per azzardare statistiche. Però basta pensare alle decine di migliaia di compagni transitati per brevi soggiorni in "Rifondazione" e nei Comunisti italiani, e poi usciti, per capire quale ampiezza possa avere oggi in Italia il bacino di utenza di un futuro soggetto comunista. Il che non significa affatto che siano maturi i tempi per una scissione tipo Livorno 1921 e chi sogna di poter bruciare le tappe fondando il piccolo partitino dei duri e dei puri compie un errore colossale. Ci sono tempi e passaggi politici da rispettare.

Ciò che occorre ora è l’apertura di un processo di ricomposizione unitaria della sinistra marxista che abbia come base minima la elaborazione di una piattaforma programmatica comune che unisca tutte le forze di sinistra alternativa – al diavolo l’alternanza! - senza preclusioni verso le aree critiche presenti nei partiti di sinistra, le associazioni culturali, i movimenti pacifisti e antimperialisti, ecc. All’interno di questo processo l’unità dei comunisti va perseguita come elemento centrale, la cui valenza si proietta oltre la nozione di unita delle sinistre e mira, nei tempi necessari, alla ricostruzione di una forza comunista organizzata.

Forza e vitalità del comunismo contemporaneo

Abbiamo le carte in regola per respingere la caricatura di chi ci dipinge come dei nostalgici, residuali di una storia politica ormai morta e sepolta. Si dà il caso che quel che rimane di quella esperienza targata comunismo stia mostrando, dopo la sconfitta degli anni 90, una tale, rinnovata presenza nel mondo contemporaneo che rende assai difficile ignorarne l’esistenza. Dalla Cina al Vietnam, da Cuba al Venezuela, dall’India al Sudafrica i comunisti stanno provando e riprovando a ricostruire, in versioni profondamente rinnovate, nuovi modelli di sviluppo e di trasformazione economica, sociale e politica che superano in positivo le esperienze del 900. Senza emettere condanne, senza rotture e senza imporre modelli a nessuno. La prassi rivoluzionaria e la creatività di ascendenza marxista e leninista rimane il filo conduttore delle profonde innovazioni in atto.

La celebrazione del 21 gennaio offre a tutti noi, con la sua forte valenza simbolica, lo stimolo per riaprire una discussione tra i comunisti, per ragionare sulla validità o meno dei quattro punti base su cui si è basata l’autonoma esistenza di una forza comunista organizzata che proviamo a riassumere in modo un po’ grossolano: 1) Un solido impianto teorico che tracci la prospettiva strategica del socialismo come sbocco finale del conflitto capitale-lavoro, che abbia come filo conduttore l’analisi critica, non distruttiva, di tutte le esperienze rivoluzionarie fin qui compiute dal movimento operaio, con l’obbiettivo ambizioso di rompere l’accerchiamento del pensiero unico, di riproporsi l’obbiettivo dell’egemonia, di ridare lo slancio e la fiducia di poter cambiare il mondo che già in passato ha permesso al movimento operaio di compiere imprese ritenute impossibili. 2) Un programma politico adeguato alla fase di coesistenza conflittuale con il potere del capitale (fase comunemente chiamata di transizione). Un programma tatticamente flessibile, il cui obiettivo è di espugnare, con le lotte e le riforme, posizioni più avanzate socialmente, facendo leva sulla centralità del lavoro salariato e su un sistema di alleanze il più ampio possibile. 3) Il partito concepito come avanguardia del mondo del lavoro e perciò radicato e strutturato nell’industria, nei trasporti, nell’energia, nei servizi e nei settori che oggi rappresentano gli insediamenti della classe operaia postfordista. 4) Il partito concepito come parte integrante di un movimento internazionale che comprenda in primo luogo i partiti comunisti, ma anche i movimenti antimperialisti e le entità statuali che si oppongono al dominio unipolare dell’imperialismo americano.

La grande sfida

Sicuramente occorreranno anni di paziente lavoro per ricomporre la diaspora comunista in Italia, ma credo che in assenza di uno solo di questi quattro punti sia difficile immaginare l’esistenza di un partito comunista. Ci sono ovviamente altri modi dignitosi e rispettabili di praticare le idee comuniste. Il più semplice è quello di operare come gruppi di marxismo critico in modo autonomo, oppure utilizzando l’ospitalità, o vivendo nel cono d’ombra di grandi partiti socialdemocratici o laburisti. Nel mondo anglosassone è una scelta che si trascina da quasi un secolo, fin dai tempi di Lenin. E ci ha fatto conoscere intelligenze di primissimo piano. Però è difficile che da questi gruppi di marxismo critico esca un vero e proprio partito comunista. Noi vogliamo molto di più. Ma quello che ci aspetta non è una gratificante escursione accademica su ciò che eravamo, bensì una impegnativa scalata di sesto grado superiore (con qualche passaggio “abominevole”, come si dice in gergo alpinistico), che dovremo affrontare nella piena consapevolezza dei nostri limiti attuali. E anche dei tempi che saranno necessari per osservarla e studiarla questa enorme parete rocciosa che noi chiamiamo “prospettiva comunista”, per individuarne i percorsi e i passaggi più difficili. Ma prima o poi dovremo cominciare a scalarla questa parete, con la tenacia di chi intende interrogarsi non più con i dogmi e la nostalgia, ma con il grande potenziale creativo del marxismo e del leninismo, ma anche con la modestia di chi, vivendo continue contraddizioni quotidiane, non ha risposte né semplici né immediate.

Viviamo una fase difficile per le forze rivoluzionarie. La tigre imperialista è ancora molto forte ed aggressiva e sempre pronta a colpire ovunque con ferocia e furia distruttiva. Ma le sue unghie cominciano a mostrare i segni dell’usura e i suoi ruggiti stanno perdendo di efficacia. Il nostro sito Resistenze propone in continuazione notizie e documenti di partiti e movimenti della sinistra da ogni parte del mondo che inducono ad un ragionevole ottimismo. Non siamo all’anno zero. Possiamo, dobbiamo riprovarci.

 
 
 

Socialisti olandesi: le ragioni di un successodi Fosco Giannini

Post n°46 pubblicato il 09 Gennaio 2007 da rossebandiere
 
Foto di rossebandiere

su Liberazione del 03/01/2007

Le elezioni politiche che si sono tenute in Olanda a novembre, sono state caratterizzate da una prepotente avanzata della sinistra radicale (Partito Socialista, Ps), che ci consegnano diversi spunti di riflessione. Il paese è uscito profondamente diviso dalle urne: l’alleanza di governo costituita da democristiani (Cda, partito del primo ministro Balkenende) e liberali (Vvd), protagonista delle recenti riforme neoliberali, ha ottenuto 63 seggi sui complessivi 150 (-9 rispetto alle precedenti elezioni); i socialdemocratici (PvdA), presentatisi agli elettori con un programma moderato, hanno ottenuto 32 seggi (-10); i socialisti sono passati da 9 a 26 seggi, affermandosi per la prima volta come terza forza politica davanti ai liberali (tanto per intenderci, il partito dell’ex commissario europeo Bolkestein, il “padre” dell’omonima direttiva); esce dal parlamento il partito populista e xenofobo fondato da Fortuyn, sostituito dalla destra anti-islamica di Wilders (Pvv), che ha ottenuto 9 seggi; il resto dei seggi sono ripartiti tra forze minori di (centro, verdi e sinistra liberale). Questi risultati rendono fragili e precari gli equilibri di governo, a conferma di una profonda divisione interna alle società di diversi paesi europei, a capitalismo avanzato e non (dalla Germania, alla Slovacchia, dalla Repubblica Ceca alla stessa Italia), elemento che dovrebbe indurci ad una riflessione seria e articolata sull’evoluzione dei nostri sistemi democratici dopo un ventennio di politiche neoliberali e di guerra. In questo contesto, l’affermazione di un partito che fa della radicalità dei contenuti il proprio cavallo di battaglia nel cuore dell’Europa costituisce un segnale di grande rilevanza. Costituitosi nel 1972 come partito di orientamento marxista-leninista e maoista, assumendo fin da subito una forte proiezione sociale, il Partito Socialista ha avviato dal 1991 un percorso che lo ha portato a collocarsi organicamente all’interno di un’opzione socialista di sinistra dai caratteri anticapitalistici e anti-Nato, con forti connotazioni rosso-verdi, seguendo
in questo percorso l’esperienza di altri paesi vicini (Danimarca). Nonostante la trasformazione ideologica, il Partito Socialista ha mantenuto uno stile di lavoro segnato da una forte proiezione di massa, a difesa di quelli che sono gli interessi immediati dei settori più deboli della popolazione, da una presenza massiccia nei quartieri popolari delle grandi città (gli iscritti dichiarati sono 45.000, con una percentuale di militanza stimata intorno al 38%, il partito ha come simbolo un pomodoro, simbolo per eccellenza della protesta).
Dopo essersi battuto da solo contro la bozza di Trattato Costituzionale
Europeo, respinta a larga maggioranza (61,1%) dal popolo olandese nel referendum del 1 giugno 2005, il Partito Socialista ha impostato tutta la campagna elettorale contro le riforme neoliberali imposte dai diversi governi guidati da Balkenende, con particolare riferimento all’ultimo: dall’estensione del diritto d’asilo per i migranti, ad una dura opposizione contro le liberalizzazioni e le diverse misure adottate che hanno finito per indebolire lo stato sociale. E’ nella radicalità dei contenuti e nella limpidezza della battaglia contro il neoliberismo e la guerra - a partire dallo stesso modello di integrazione europea, l’Unione Europea, e le sue ripercussioni in Olanda - che vanno ricercate le ragioni del successo, gli elementi che hanno consentito ai socialisti olandesi di approfittare della debolezza della proposta della socialdemocrazia e intercettare tanta parte dell’elettorato di sinistra e popolare. A fronte di un’America Latina completamente attraversata da una generale pulsione antimperialista e da vittorie che - come ad esempio in Venezuela - riaprono il tema della transizione al socialismo; di un continente africano segnato da una ripresa delle lotte anticolonialiste e da un’immensa regione del mondo - l’Eurasia - che attraverso la costituenda triade Cina, Russia e India mette in campo, sul piano planetario, un forte “contrappeso” all’unipolarismo Usa ed euro-atlantico, contribuendo obbiettivamente a svolgere una funzione antimperialista, è proprio l’ Unione Europea (Ue), in questa fase, a mostrarsi come l’area del mondo a più basso tasso di conflitto anticapitalista (mentre più complessa e meno normalizzata si presenta invece la situazione nell’area europea ex sovietica : Ucraina, Russia, Bielorussia…). Si sono verificati proprio nell’Ue segnata dal dominio di Maastricht i più significativi processi di snaturamento e “cooptazione” delle forze politiche di sinistra: dalle forze socialdemocratiche (che lungo l’asse D’Alema- Blair abbandonano la loro residua natura riformista assumendo forti connotazioni social-liberali), a quelle di sinistra come Izquierda Unida (che nel proprio processo di mutazione - che essa stessa definisce “eco-socialista” - vede sempre più spegnersi l’autonomia comunista), sino a partiti comunisti che per una neo inclinazione governista hanno accettato anche politiche di guerra (attacco contro la Jugoslavia nei governi Jospin e D’Alema) e oggi subiscono le compatibilità della Nato nella guerra in Afghanistan. E’ in questo contesto che appare particolarmente importante l’affermazione del Partito Socialista olandese, costituitasi attraverso una proposta politica e sociale in chiara e positiva controtendenza rispetto al moderatismo dilagante in tanta parte della sinistra europea.
E’, infatti, dal sostegno alle lotte più radicali delle parti più avanzate della società olandese che nasce il successo dei socialisti, che hanno una storia di grande autonomia. Non hanno aderito né sono osservatori della Sinistra Europea, e non per caso; mentre fanno parte del Gue-Ngl, il gruppo parlamentare europeo che comprende in un contesto unitario, senza esclusioni di natura ideologica, tutti i partiti comunisti dell’Ue). E alla vigilia delle elezioni, il 35% dei sindacalisti ha manifestato la propria intenzione di voto a favore del partito guidato da Jan Maijnissen, percentuale che sale al 60% tra i musicisti e coinvolge tanta parte dell’elettorato giovanile. Dunque un partito che certo lascia irrisolta la questione dell’autonomia comunista (tema che in Olanda ha radici storiche lontane), ma il cui profilo politico e programmatico esalta una piattaforma anti-capitalistica, anti-Nato e di forte alternatività all’Unione Europea, che lo distinguono significativamente dalle molte formazioni politiche che nell’ambito del Partito della Sinistra Europea stanno evolvendo in senso socialdemocratico, moderato, assumendo una logica di governismo compatibilista e adattativo. Il partito ha ottenuto il 23,8% dei consensi a Eindhoven, il maggiore centro industriale del paese, il 18,4% ad Amsterdam e il 17,6% a Rotterdam, collocandosi al secondo posto nelle province di Groningen, Limburg e Nord Brabante. Un risultato che conferma la crescita ottenuta alle Europee del 2004, quando il Ps ha raddoppiato i propri eletti (da 1 a 2, risultato ragguardevole per l’Olanda).
Di fronte all’esito del voto, il presidente del maggiore sindacato olandese, la Fnv, ha dichiarato che «la continuazione delle politiche degli ultimi anni non dovrebbe costituire un’opzione praticabile per il futuro governo… Le imprese hanno avuto mano libera, mentre i lavoratori hanno perso una forma di protezione sociale dopo l’altra». Gli ha fatto eco Bos, leader dei socialdemocratici: “Abbiamo ricevuto il messaggio. Il popolo olandese vuole vedere ridotto il differenziale tra ricchi e poveri”. «Gli olandesi hanno votato - ha commentato Marijnissen - e mostrato di voler vivere in un paese più umano, solidale e sociale».

 
 
 

Incontro Internazionale dei Partiti Comunisti e Operai

Post n°45 pubblicato il 28 Novembre 2006 da rossebandiere
 
Foto di rossebandiere


Incontro Internazionale dei Partiti Comunisti e Operai
 
Lisbona, 10-12 novembre 2006
 
Comunicato stampa conclusivo
 
La documentazione completa sull’importante riunione, a cui hanno partecipato con propri rappresentanti ben 63 partiti, è reperibile in
 
da http://www.pcp.pt/index.php?option=com_content&task=view&id=6822&Itemid=287
e http://www.solidnet.org
 
La versione in inglese del comunicato emesso al termine dell’Incontro di Lisbona è stata tradotta dal Centro di Cultura e Documentazione Popolare per www.resistenze.org
 
1. Un incontro Internazionale dei Partiti Comunisti e Operai si è tenuto a Lisbona, il 10, 11 e 12 novembre 2006, sul tema “Pericoli e potenzialità dell’attuale situazione. La strategia dell’imperialismo e la questione dell’energia, la lotta dei popoli e l’esperienza dell’America Latina, la prospettiva del socialismo”.
 
L’Incontro, che ha visto la partecipazione di 63 partiti e a cui 17 partiti che, per varie ragioni, non hanno potuto essere presenti, hanno inviato messaggi di saluto, ha messo in rilievo gli aspetti più rilevanti della situazione internazionale. Oltre ad avere espresso un forte allarme per le grandi minacce che caratterizzano il nostro tempo, ha manifestato la propria fiducia nella capacità dei popoli di costringere l’imperialismo a desistere dai suoi disegni egemonici e a realizzare nuove avanzate, sulla strada del progresso sociale, della pace e del socialismo.
 
2. L’Incontro ha rilevato la crescente acutezza della lotta di classe e sottolineato la necessità di intensificare la lotta contro il neoliberalismo e il neocolonialismo e contro l’offensiva dello sfruttamento da parte del grande capitale, che – attaccando i valori umani più elementari – è responsabile della regressione sociale, culturale e democratica.
 
3. E’ stato messo in evidenza che il neoliberalismo, il militarismo, la guerra e l’attacco ai diritti fondamentali, alle libertà e alle garanzie sono componenti inseparabili dell’offensiva del grande capitale e dell’imperialismo.
 
La lotta per il dominio sulle risorse energetiche del pianeta è un fattore importante nella geopolitica dell’imperialismo, sia in termini di collaborazione che in termini di rivalità, come si può constatare in Europa, Medio Oriente, Asia Centrale, Africa e in altre regioni.
 
Allo stesso tempo, i partecipanti hanno denunciato lo spreco di risorse energetiche dovuto ai consumi senza limiti che caratterizzano le società capitalistiche.
 
4. E’ stata presa in considerazione la necessità di intensificare la lotta contro il militarismo e la guerra; per il ritiro delle forze di occupazione dall’Afghanistan e dall’Iraq; per lo scioglimento della NATO e degli altri patti militari aggressivi; per la drastica riduzione delle spese militari che devono essere dirottate verso la promozione dello sviluppo; per l’eliminazione delle basi militari straniere. L’urgenza della questione del disarmo, e in particolare del disarmo nucleare, è stata ancora una volta evidenziata.
 
5. La generalizzazione degli attacchi contro i diritti fondamentali, le libertà e le garanzie dei cittadini appare una linea di tendenza particolarmente inquietante nella situazione internazionale. E’ stata condannata l’adozione da parte del Congresso USA delle pratiche della tortura e del terrorismo di Stato.
 
I presenti all’incontro hanno lanciato un vibrante appello alla lotta in difesa delle libertà democratiche, contro l’avanzata dell’estrema destra, contro la xenofobia, il razzismo, il fanatismo religioso e l’oscurantismo, contro l’anticomunismo. Essi hanno espresso la loro solidarietà con i giovani comunisti Cechi, chiedendo il ripristino dei diritti della Gioventù Comunista Ceca. Hanno respinto i tentativi di criminalizzare le forze e i popoli che resistono allo sfruttamento capitalistico e all’oppressione imperialista.
 
6. I partecipanti hanno inteso valorizzare la crescente resistenza contro l’ingerenza e l’aggressione imperialista e hanno sottolineato l’importanza del rafforzamento della solidarietà con tutti i popoli che si trovano in prima linea in quella lotta.
 
Essi hanno sottolineato il significato della forte resistenza che le forze di occupazione USA e NATO devono fronteggiare in Afghanistan e in Iraq. Sono state condannate le minacce contro la Siria e l’Iran, diventate particolarmente serie negli ultimi giorni. E’ stato richiesto il pieno rispetto della sovranità del Libano. I partecipanti hanno denunciato i crimini perpetrati da Israele in Libano e in Palestina, e la complicità dell’Unione Europea con gli USA, che porta la responsabilità per la situazione di repressione e catastrofe umanitaria a Gaza e nel West Bank. Essi hanno espresso il loro sostegno alla lotta per il completo ritiro di Israele da tutti i territori Arabi occupati nel 1967, nel rispetto delle relative risoluzioni dell’ONU, e la loro attiva solidarietà con l’OLP e il Popolo Palestinese nella lotta per l’instaurazione di un proprio Stato indipendente e sovrano sul territorio della Palestina.
 
7. Le concrete esperienze di lotta in paesi e regioni diversi hanno generalmente trovato spazio negli interventi, a conferma che i lavoratori e i popoli non intendono rassegnarsi e che, persino nelle attuali condizioni, conquiste di libertà nella direzione della sovranità e del progresso sociale sono possibili.
 
Sono stati salutati i progressi delle lotte popolari e antimperialiste che stanno dilagando in America Latina e i processi di sovranità e cooperazione nella solidarietà che là hanno luogo. Solidarietà è stata espressa con Cuba socialista – rinnovando la richiesta di cessazione del blocco criminale imposto dagli USA -, con il popolo del Venezuela e la sua Rivoluzione Bolivariana, con il popolo della Bolivia e con altri popoli dell’America Latina e dei Caraibi.
 
8. L’importanza e l’urgenza del socialismo sono state in generale sottolineate. Dallo scambio di opinioni è emersa l’incapacità del capitalismo di fornire soluzioni ai problemi urgenti con cui si confrontano i lavoratori e i popoli, e sono state rilevate le minacce a cui il capitalismo espone il futuro del pianeta. Sempre di più il socialismo emerge come alternativa al capitalismo e come condizione per la sopravvivenza dell’Umanità stessa.
 
9. E’ stato messo in rilievo come l’attuale situazione internazionale renda particolarmente indispensabile rafforzare la cooperazione di tutte le forze progressiste e antimperialiste e, in particolare, quelle dei Partiti Comunisti e Operai di tutto il mondo. In tal senso, lo svolgimento di questo tipo di Incontri, è stato valutato come un’arena per lo scambio di informazioni, di esperienze, di punti di vista e per la possibile definizione di posizioni e iniziative comuni. E’ stata presa in considerazione l’importanza del fatto che ne venga garantita la continuità.
 
Varie questioni, linee d’azione e iniziative per lo sviluppo della solidarietà e dell’azione comune dei Partiti Comunisti e Operai, come pure delle altre forze progressiste e rivoluzionarie, sono state proposte, in particolare:
 
- Contro il militarismo e la guerra e in particolare per il ritiro delle forze di occupazione dall’Iraq;
- Per lo scioglimento della NATO e l’eliminazione delle basi militari straniere;
- Contro la strategia imperialista nel Medio Oriente e per azioni di immediata solidarietà con il Popolo Palestinese e per l’invio di missioni di solidarietà in Palestina e Libano;
- Di solidarietà con il Venezuela Bolivariano, con la Bolivia e con Cuba Socialista, attraverso la promozione di una settimana di azioni comuni di solidarietà con questo paese;
- Contro il revisionismo storico, la copertura del fascismo, e l’anticomunismo, mettendo in risalto date significative, come l’11 settembre in Cile;
- Contro l’offensiva neoliberale scatenata per smantellare i diritti e le conquiste dei lavoratori, operando per rafforzare l’azione di massa e il movimento sindacale di classe e per difendere i lavoratori migranti;
- Utilizzare la partecipazione ad eventi internazionali per tenere incontri e coordinare l’attività dei comunisti;
- Stimolare la cooperazione tra i Partiti su base regionale e su questioni specifiche.
 
E’ stato dato risalto all’importanza della battaglia delle idee nel nostro tempo. I partecipanti hanno messo in rilievo quanto sia necessario celebrare il 90° anniversario della Rivoluzione d’Ottobre con varie iniziative ed hanno espresso il loro appoggio al progetto di iniziativa internazionale da realizzarsi nella Federazione Russa.
 
Il PCP ha informato della sua intenzione di promuovere un’iniziativa internazionale, a livello europeo, in coincidenza con la presidenza portoghese dell’Unione Europea, nel secondo semestre del 2007.
 
10. La data, il luogo e il tema per l’Incontro Internazionale del 2007 saranno decisi dalla riunione del Gruppo di Lavoro dei Partiti Comunisti e Operai, che avrà luogo in tempi adeguati, e saranno annunciati in una Conferenza Stampa.
 
11. L’Incontro ha approvato un “Appello contro il militarismo e la guerra, per la libertà, la democrazia, la pace e il progresso sociale” e una “Mozione di solidarietà con l’America Latina e Cuba”.
 
12. Questo incontro ha visto la partecipazione dei Partiti inclusi nella lista annessa a questo Comunicato Stampa.
 
Lisbona, 12 novembre 2006
 
 
Incontro di Lisbona 10-12 novembre 2006: Partiti partecipanti
 
Algerian Party for Democracy & Socialism, PADS
Communist Party of Argentina
Communist Party of Australia
Democratic Progressive Tribune, Bahrain
Workers Party of Belgium
Communist Party of Bolivia
WCP of Bosnia & Herzegonvia
Communist Party of Brazil
Brazilian Communist Party
Communist Party of Britain
New Communist Party of Britain
Communist Party of Canada
Communist Party of Chile
Communist Party of China*
Colombian Communist Party
Communist Party of Cuba
AKEL-Cyprus
Communist Party of Bohemia & Moravia
Communist Party in Denmark
Communist Party of Denmark
Communist Party of Finland
French Communist Party*
Communist Party of Macedonia
Unified Communist Party of Georgia
German Communist Party (DKP)
Communist Party of Greece
Hungarian Worker' Party
Communist Party of India (Marxist)
Communist Party of India
Tudeh Party of Iran
Iraqi Communist Party
The Worker's Party of Ireland
Party of the Communist Refoundation
Party of the Italian Communists
Peoples' Revolutionary Party, Laos
Socialist Party of Latvia
Lebanese Communist Party
Communist Party of Luxembourg
Communist Party of Malta
Party of the Communists of Mexico
Popular Socialist Party, Mexico
New Communist Party of Netherlands
Communist Party of Norway
Communist Party of Peru (Patria Roja)
Peruvian Communist Party
Portuguese Communist Party
Communist Party of Russian Federation
Communist Workers Party of Russia -
Party of the Communists of Russia
New Communist Party of Yugoslavia
Communist Party of Slovakia
South African Communist Party
Communist Party of Spain
Communist Party of Peoples of Spain
Party of the Communists of Cataluna
Sudanese Communist Party
Syrian Communist Party
Syrian Communist Party
Communist Party of Turkey
The Party of Labour, (EMEP), Turkey
Communist Party of Ukraine
Union of Communists of Ukraine
Communist Party, USA
Communist Party of Vietnam
 
* In qualità di osservatori

 
 
 
 
 

INFO


Un blog di: rossebandiere
Data di creazione: 15/11/2005
 
 

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