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Crocifisso/ Confermata la condanna al giudice Tosti

Post n°10 pubblicato il 24 Maggio 2007 da ferdinandodaragondgl

Il giudice Luigi Tosti è stato condannato dalla Corte di Appello dell'Aquila a sette

mesi di reclusione a causa del suo rifiuto di tenere udienze in aule di tribunale dove venga esposto un crocifisso.

La Corte ha confermato così la sentenza di primo grado inflitta al giudice nel novembre di due anni fa. Contro il pronunciamento della Corte di Appello dell'Aquila Tosti ha preannunciato ricorso in Cassazione e presso la Corte Europea.

Il processo si era aperto con un'eccezione sollevata dai legali dell'imputato che su richiesta di Tosti avevano chiesto ai giudici della Corte di Appello di rimuovere il crocifisso altrimenti il giudice non avrebbe messo piede nell'aula di Tribunale. Dopo 30 minuti di camera di consiglio la Corte ha rigettato la richiesta e Tosti è così uscito dall'aula. La condanna è pertanto avvenuta in contumacia.

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Omelia imbarazzante? No, giornalismo devastante

Post n°9 pubblicato il 18 Maggio 2007 da ferdinandodaragondgl
 

Come creare il mostro e darlo allegramente in pasto all'opinione pubblica. Quanto è capitato ieri al segretario della Cei, monsignor Giuseppe Betori, è degno di una lezione di giornalismo su come non si fa giornalismo eppure si fa, tanto resterai impunito. Allora. Da una parte abbiamo l'omelia tenuta da Betori nella Cattedrale di Gubbio l'altro ieri, festa del patrono sant'Ubaldo. Dall'altra le cronache e i commenti di certi giornali, molti dei quali si sono evidentemente ispirati ai "lanci" di alcune agenzie di stampa. E la sensazione è di enorme imbarazzo. Non per Betori, ma per i giornali. Difficile imbattersi in un simile cumulo di invenzioni, travisamenti e sintesi truffaldine. Prendiamo il Corriere della Sera. Titolo a pagina 12: «Il relativismo etico è il nuovo Barbarossa». Occhiello: «Bisogna ispirarsi a sant'Ubaldo che difese Gubbio dall'esercito imperiale». La Repubblica a pagina 10 conferma: «Giuseppe Betori ha riattualizzato l'assedio del Barbarossa contro la città». La Chiesa che si difende dallo Stato aggressore… Giochino goloso, peccato che Betori non nomini mai il Barbarossa, di cui il Corriere, in un eccesso di zelo, pubblica perfino ritratto e scheda. «Sant'Ubaldo - sono le vere parole di Betori - pose fine all'assedio delle città nemiche». La guerra in questione era tra Gubbio e una decine di città umbre. Quella della Chiesa contro lo Stato, di una Chiesa minacciata e assediata, è una totale invenzione. Ubaldo, ricorda Betori, difende non la Chiesa ma la città e la sua gente. Ma c'è di peggio e più sottile. Quali sono, attribuite a Betori, le nuove minacce portate alla convivenza civile da «nichilismo e relativismo»? I giornali ne citano cinque: l'eutanasia, l'aborto, l'embrione ridotto a materiale per sperimentazioni, la negazione della dualità sessuale e lo scardinamento della famiglia. Un abile taglia e cuci. L'elenco di Betori era infatti ben più lungo. Ecco che cosa i giornali hanno censurato: nichilismo e relativismo provocano «l'emarginazi one e la condanna dei più deboli e svantaggiati; coltivano sentimenti di arroganza e di violenza che fomentano le guerre e il terrorismo; delimitano gli spazi del riconoscimento dell'altro chiudendo all'accoglienza di chi è diverso per etnia, cultura e religione; negano possibilità di crescita per tutti mantenendo situazioni e strutture di ingiustizia sociale». Sembrano i temi storicamente più cari alla sinistra. Un colpo di forbice e via. Chiara Saraceno, sulla Stampa (pagina 41, titolo: «Monsignore, si dia una calmata»), è ancora più raffinata. Scambia le cause con gli effetti facendo fare a Betori la figura dell'ottuso fissato con il sesso, gli embrioni e l'eutanasia: «Sono loro - scrive la Saraceno - responsabili dei mali del mondo, non i dittatori politici ed economici (eccetera)». L'ultimo terzo dell'omelia è dedicato alle soluzioni: al «volto di Dio che è amore» (Deus caritas est, Benedetto XVI), alla «visione alta della carità», alla «meta della santità»: silenzio totale, è ovvio, altrimenti viene contraddetta la caricatura di un Betori tutto politico e ingerente. A quel punto si telefona ai politici notoriamente disponibili, gli si legge una riga di titolo d'agenzia e gli sciagurati commentano, a cominciare (e finire) dal verde Silvestri: Betori è come il mullah Omar. Sappiamo che ormai il danno è fatto. Che è vano pretendere dagli interessati di correggersi chiedendo scusa a Betori e ai lettori. Che l'Ordine dei giornalisti ha ben altro a cui pensare. Superfluo appellarsi alla deontologia professionale, al buon senso e alle buone maniere. La Saraceno parla di un'omelia «intimamente violenta oltre che intellettualmente rozza». Perché prima di massacrare così un vescovo, un prete, una persona, non ha avuto l'accortezza, la curiosità, la prudenza di informarsi e leggere per intero l'omelia? Chi è intellettualmente rozzo? Chi deve esercitare "autocontrollo"? Ecco perché siamo imbarazzati. Peggio: disgustati.

Umberto Folena

 
 
 

Non c'è bisogno dei DICO

Post n°8 pubblicato il 16 Maggio 2007 da ferdinandodaragondgl

A chiunque vi abbia partecipato, è apparso come assolutamente evidente il carattere di autentica festa popolare che ha contrassegnato il Family Day. È questa una delle non ultime ragioni per le quali la presenza, tra la gente, di politici di ambedue gli schieramenti è stata assolutamente irrilevante ai fini della caratterizzazione della giornata. Saggiamente gli organizzatori avevano preannunciato che la piazza sarebbe stata sì aperta a tutti - non poteva essere altrimenti -, ma che sul palco sarebbero saliti solo i promotori della giornata e coloro ai quali i promotori avrebbero deciso di dar voce, nella convinzione che quando si parla di famiglia non tutte le voci sono importanti allo stesso modo.
Quelle di coppie giovani e meno giovani, che si sono succedute sul palco e che hanno raccontato la loro esperienza di vita sono state voci doppiamente importanti: perché assolutamente autentiche (cosa ben rara in una società mediatizzata come la nostra) e perché non riconducibili a schematismi politici e ideologici. Anche per questo, per il suo aver voluto dare priorità al vissuto delle persone, rispetto alle ragioni (pur rispettabili) della politica, la manifestazione è stata un vero successo.
Quanto detto, non implica però che le ragioni della politica - della politica familiare -, portate dalla gente a Piazza San Giovanni solamente in modo indiretto, debbano continuare ad alimentare solo indirettamente il dibattito politico. Questo è ciò che in Italia è purtroppo sempre successo: malgrado le esplicite indicazioni costituzionali, che avrebbero dovuto vincolare il legislatore a operare fattivamente per promuovere e tutelare le comunità familiari, per decenni e decenni di famiglia in Italia si è parlato in astratto, riconoscendone meriti e bisogni, elaborando linee di politica sociale anche suggestive, ma senza arrivare mai a passare dal piano delle intenzioni a quello della fattualità concreta.
Ora basta. La manifestazione del 12 maggio - è stato giustame nte detto - è solo un punto di partenza. Gli italiani non vogliono né si accontentano più di un sistema che li tuteli come individui; vogliono essere riconosciuti nella loro realtà quotidiana di persone che vivono relazioni familiari e che vedono, in quel luogo di comunicazione totale che è la famiglia lo spazio per loro più autentico e prezioso. La famiglia va riconosciuta, tutelata e promossa non per tutelare chi ne fa parte, ma perché è essa stessa meritevole di tutela, come «società naturale fondata sul matrimonio». L' affermazione costituzionale è talmente limpida, che si resta davvero perplessi, quando la si vede minimizzata e distorta.
Questo non significa che le convivenze di fatto, le convivenze non familiari, non siano situazioni meritevoli di tutela giuridica. Nessuno è mai arrivato a dir tanto. Ciò che esse "non meritano" è di ottenere un riconoscimento pubblico, che le ponga come forme di esperienza alternativa a quella familiare (e come tali sono stati pensati e si sono presentati i Dico, qualunque possa essere l'opinione in merito dei loro fautori). Una volta che tale equivoco sia stato risolutamente eliminato, si potrà pur riaprire, senza alcun pregiudizio, una riflessione, che si spera possa essere alimentata dalla buona volontà di tutti, su come tutelare diritti individuali nascenti da particolari esperienze di vita.
Non c'è davvero bisogno dei Dico per riconoscere legalmente ad un malato il diritto di farsi assistere anche da un non familiare e di nominarlo eventualmente suo fiduciario. Né meritano di essere definite mere «sistematine al Codice civile» o addirittura «fregnacce» (secondo la pittoresca espressione che Anna Finocchiaro, evidentemente decisa a perdere la sua fama di donna garbata ed elegante, utilizza in una ruvida intervista a Repubblica del 15 maggio) le proposte di intervenire sul Codice civile, per introdurvi nuove ipotesi di vincoli contrattuali, finalizzate a tutelare interessi di soggetti socialmente deboli.
C i sono diverse possibili strade per un lavoro giuridico innovativo, condiviso e soprattutto rispettoso della specificità della famiglia: bisogna solo verificare la buona volontà di percorrerle da parte di tutti senza pregiudizi ideologici.

Francesco D'Agostino

 
 
 

Tiempe belle

Post n°7 pubblicato il 14 Maggio 2007 da ferdinandodaragondgl

Tu mme vuó' fá capí ca si' cuntenta... / vuoi farmi credere che sei contenta
I' voglio fá vedé ca só' felice.../ io voglio far credere che sono felice
Ma 'a veritá nisciuno 'e nuje nun dice:
/ma la verità nessuno di noi la dice
Sti core nuoste avesser''a parlá!/questi nostri cuori dovrebbero parlare

Tiempe belle 'e na vota.../ tempi belli di una volta
tiempe belle addó' state?/ tempi belli dove state?
Vuje nce avite lassate.../ voi ci avete lasciati
ma pecché nun turnate?/ perchè non ritornate?
Tiempe belle 'e na vota...
tiempe belle addó' state?
Vuje ce avite lassate...
pecché nun turnate?

Mo pe' sfurtuna mia stóngo cu n'ata.../adesso per mia sfortuna sto con un altra
pe' nu capriccio tu cu n'ato staje.../per un capriccio tu stai con un altro
Se sònna chella ca nn''a lasso maje.../lei crede che io non la lascerò mai
e se lusinga chillo 'mbraccio a te!/ e lui si lusinga tra le tue braccia

Tiempe belle 'e na vota...
ecc...ecc...

Nuje pe' vulerce bene simmo nate.../ noi siamo nati per amarci
facímmole cuntente chisti core:/ facciamoli contenti i nostri cuori
turnammo n'ata vota a chill'ammore/ ritorniamo di nuovo al nostro amore
ca, pe' destino, nun ce vò' lassá!.../ che per destino non ci vuole lasciare

Tiempe belle 'e na vota...
ecc...ecc...

 
 
 

Elezioni in Sicilia

Post n°6 pubblicato il 14 Maggio 2007 da ferdinandodaragondgl
 

Solo per informarvi che dopo un milione e mezzo di pecore a Roma per il Family day, se ne sono palesate altrettante in Sicilia.

Ma è vero che la sinistra ha preso tanti voti quanti erano presenti a piazza Navona?

Vabbè, confesso, c'ero anche io tra il milione e mezzo di pecore di Roma.

Baci e abbracci a tutto il centrosinistra.

 
 
 
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