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JULIAN BEEVER

Post n°3 pubblicato il 03 Ottobre 2008 da roy.radio

Gli artisti di strada, converrete con me, fanno della libertà e della creatività la colonna portante della propria vita: girano il mondo e si esprimono a piacimento, ognuno secondo la propria indole e le proprie capacità (mimo, pittore, clawn, musicista, giocoliere e chi più ne ha più ne metta).

Julian Beever ha incominciato proprio così, disegnando ritratti in mezzo alla strada, ma poi si è evoluto e specializzato in qualcosa di estremamente particolare: egli è diventato a tutti gli effetti un “illusionista” e la sua arte pittorica viene fruita e vissuta dagli spettatori come intrattenimento.

Julian Beever è maestro nella tecnica della pittura pavimentale tridimensionale.


Egli dipinge enormi disegni e raffigurazioni sui pavimenti delle comuni strade di tutto il mondo: i suoi dipinti appaiono deformi e incomprensibili, fino a quando non vengono guardati da un determinato lato e con una angolazione ben precisa. Se osservato dalla giusta posizione, il pavimento smette di essere un piano bidimensionale e ciò che è raffigurato su di esso prende vita e si trasforma in qualcosa di apparentemente reale e corporeo.

Questo artista non espone in gallerie o musei, bensì per le comuni strade, e trasforma gli spazi pubblici in piccoli teatri dove consuma il suo insolito show: la gente fa capannello intorno a lui, per vedere cosa combina, e poi spesso ha la possibilità di interagire con i suoi disegni, collocandosi in essi e rimediando spesso una foto ricordo.

Ora, è vero che l’attività di Julian Beever è quella di “semplice” artista di strada, ma in realtà la cosa offre diversi risvolti interessanti su cui mi fa piacere riflettere.Innanzitutto è bene notare che ogni volta che si mette all’opera, lo spazio coinvolto nella realizzazione del disegno assume una nuova possibilità di fruizione, alternativa ed assolutamente insolita a quella normalmente offerta dallo spazio stesso. E’ così che – grazie ai suoi dipinti 3D – una normale strada, piazza o slargo termina di essere una semplice via di transito atta allo spostamento dei pedoni, e si trasforma in un inatteso palcoscenico su cui prende forma una coinvolgente opera di intrattenimento visivo che, inevitabilmente, finisce col catturare la curiosità dei passanti, più di quanto non avvenga con altri artisti di strada.Certo, la vita è talmente frenetica che molte volte la gente continua a camminare e passa oltre, senza neppure soffermarsi a guardare cosa stia disegnando, ma anche in quel caso il pedone viene fortemente influenzato dalla presenza dell’opera ed è quanto meno costretto a modificare il proprio percorso, onde evitare di calpestarla. Ed ecco che il comune ed inerte passante è chiamato ad una scelta: fermarsi a guardare oppure proseguire senza dare importanza a ciò in cui si è imbattuti? 

Una volta effettuata la scelta, il pedone è poi chiamato a compiere un processo di decodifica, che in sè conserva l’ancestrale significato dell’empatia: lo spettatore è chiamato ad abbandonare ogni pregiudizio su ciò che vede e solo una volta posizionatosi nella giusta angolazione scelta dall’artista è in grado di partecipare correttamente all’opera d’arte, sviluppando una simpatia estetica altrimenti impossibile.

Ora, le scelte e i processi di decodifica sono elementi estremamente comuni nella vita sociale dell’uomo, e ogni singolo individuo attraverso di esse influenza fortemente la propria esperienza.

E’ così che Julian Beever, attraverso i propri disegni tridimensionali, incarna la puressenza dell’infinita possibilità dell’uomo, intesa innanzitutto come possibilità di scelta (soluzione a valore binario “si/no” che, in questo caso, implica il desiderio o meno di partecipare ad una determinata esperienza), e poi – a seguire – come possibilità di decodifica e interpretazione degli stimoli esterni (le varie interpretazioni offrono all’uomo soluzioni molteplici e diverse che, combinate tra loro, generano un ventaglio di conseguenze e possibilità prossime all’infinito: questo è il frutto finale del libero arbitrio).

Julian Beever libera il passante dalla sua routine giornaliera e gli offre la possibilità di un’esperienza leggera, coinvolgente, aggregativa e inusuale allo stesso tempo (e questa è la chiave del suo successo: un’espressione artistica immediata e popolare, rara, fenomenale, unica e spettacolare). Inoltre, le sue illusioni portano con sè un messaggio criptico che molti finiscono con l’ignorare vita natural durante: esse risvegliano gli uomini dal torpore della banale quotidianità, rapendoli alla realtà (con una illusione!) e ricordandogli che la vita che ciascuno di noi ha costruito per sè (e che così testardamente continuiamo a vivere) è frutto esclusivamente delle nostre personali scelte e processi di decodifica.

Alla luce di queste considerazioni, a chi desidera dare una svolta alla propria vita non posso suggerire altro che provare a cambiare il proprio punto di vista sulle cose: certo, il rischio è che così facendo ci si possa anche imbattere in una semplice illusione, proprio come accade con questi dipinti. Ma sarà stato un modo intenso di compiere una scelta e nuovi processi di decodifica, il che contribuirà in maniera significativa al nostro arricchimento personale, facendo decollare la nostra esperienza verso nuovi orizzonti, dando un nuovo significato più profondo alla nostra esistenza.

QUALCHE CENNO SULL’ARTISTA
(NOTA: prima di scrivere questo articolo ho contattato direttamente l’artista, al fine di poter ricevere sue note biografiche e aneddoti che mi consentissero di sviluppare meglio l’articolo sul mio blog. Ringrazio Julian Beever per avermi cortesemente risposto: insieme alle informazioni riguardanti la sua vita è stato capace di trasmettermi – in maniera del tutto involontaria – il suo profondo spirito di libertà)

Julian Beever, inglese classe 1959, iniziò la sua carriera in qualità di ambulante, dipingendo in diversi paesi con il solo scopo di raccogliere i fondi necessari a finanziare i viaggi che intendeva intraprendere.

Prima di cimentarsi nell’attività di “pittore ambulante”, egli svolse molti lavori differenti tra cui assistente fotografo, coltivatore, aggiustatore di tappeti, insegnante, intrattenitore di strada e burattinaio.

I suoi primi disegni furono principalmente ritratti di persone che conosceva bene, con i quali iniziò ad attirare la curiosità e l’attenzione dei passanti.

Ben presto  si avvicinò con curiosità alle tecniche di pittura pavimentale tridimensionale (o anche detta “anamorfica”), e in pochissimo tempo si innamorò di questo metodo: «La prima volta che mi cimentai in questo genere di pittura fu mentre mi trovavo in una strada pedonale londinese, dove un vecchio giardino era stato rimosso. Al suo posto avevano lasciato solo il rettangolo di mattonelle che faceva da cornice al giardino, e mi venne l’idea di convertire questo spazio in una piscina proprio lì, al centro della strada. Funzionò alla grande! Provai molte altre variazioni sul tema, disegnando nella piscina anche delle figure di persone che erano immerse in essa. Ben presto mi resi conto che se potevo disegnare delle cose che sembravano sprofondare all’interno del pavimento, allora potevo benissimo disegnarle in modo che uscissero fuori di lì!».

Dato che anche Picasso – durante il suo periodo Cubista – si interessò di pittura tridimensionale, molti hanno finito col soprannominarlo “the Pavement Picasso”. Ma prende le distanze e, pur sentendosi lusingato da tale complimento, ci tiene a sottolineare che il suo lavoro ha davvero poco in comune con il Maestro Spagnolo.Perchè i dipinti tridimensionali abbiano il loro straordinario effetto, è necessario che ciascuno di essi venga osservato esclusivamente da una particolare posizione, poichè se l’osservatore si muove e si sposta, l’illusione si perde e il dipinto diventa distorto e incomprensibile.

Julian Beever è in particolare orgoglioso del fatto che i suoi lavori si appellino alla gente che cammina per strada e non siano confinati in gallerie o limitati dai sistemi espositivi.

 
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