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Post n°15 pubblicato il 12 Settembre 2005 da ruconcon
La Brigada si compone di oltre cento giovani, di molti Paesi. Una bella forza di lavoro, peccato che quelli che sanno davvero lavorare siano poche unità: l’italiano Guizzardi, qualcuno tra i cinesi, i russi, altri dell’Est europeo e tra i latinoamericani. Dopo averci censiti e suddivisi in squadre, un Tenente – siamo aggregati all’unità militare che lavora alla Ciudad – destina gli italiani al completamento di una palazzina nei pressi della strada. Destiamo la curiosità dei campesinos di passaggio a cavallo, ma il risultato produttivo è scarso e da allora siamo impiegati solo in compiti generici di picco, pala e carriola. La fatica è tanta ed il sole scotta assai, ma ce la metto tutta a scavare e poi a smuovere pietre, rastrellare, ripulire il terreno, con l’animo – non racconto storie – del volontario che lavora per realizzare un obiettivo rivoluzionario. Lo stesso entusiasmo anima tutta la Brigada; i cinesi, addirittura, si stabiliscono delle mete di lavoro, piantando una bandiera rossa nel punto dove arrivare alla fine della giornata. Purtroppo il sole del Tropico è sfiancante anche per chi c’è nato, figurarsi per noi; così decidiamo di tutelare la nostra salute, stabilendo una sosta di dieci minuti per ogni ora di lavoro, che forse poi diventano quindici. D’altra parte i soldati e le soldate che vediamo lavorare nei pressi tengono un ritmo chiaramente adatto al clima ed alla loro umanità tropicale; chissà perché alla più carina (foto) tocca soltanto il compito di innaffiare. I cinesi ci copiano presto, pur mantenendo il sistema della bandiera. La vita alla Ciudad non era solo fatica. A parte le visite turistiche, vennero a intrattenerci un paio di complessini musicali (Pachanga!); ci riposavamo al fresco nei nostri alloggiamenti o andavamo alla Tienda, la tettoia dove c’erano bar-ristorante, televisione, jukebox e flipper. Era lo spaccio e circolo militare (truppa e ufficiali facevano vita comune), aperto ai campesinos di passaggio, che fermavano il cavallo legandolo all’apposita stanga, stile far-west. Non c’erano alcolici, anche la birra era analcolica, ma facevano dei frullati di frutta e dei frappè eccezionali; se ci entrassi ora saprei ancora cosa ordinare: un batido de fruta bomba oppure una leche malteada. ♪ ♫ Un giorno, sono in squadra esterna, sento un fruscio e vedo un movimento vicino, nel folto d’erba. Qualcuno lancia urli, tutti mollano gli strumenti e saltano in là. Non so se anch’io faccio altrettanto, forse sì perché ad un paio di metri di distanza passa un serpentone: non ne vedo la testa, il corpo avrà una spanna di diametro; la lunghezza non so dire, non finisce mai di passare, ma certo qualche metro. Mi suonano ancora le allarmistiche voci sentite all’Avana sulle bestie pericolose d’Oriente, ma passando i giorni cessano le preoccupazioni ed in effetti dopo il serpente non vedo altri animali strani, salvo una povera iguana, portata al guinzaglio da un campesino.
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