Creato da: ruconcon il 25/07/2005
Sul ritmo della pachanga i ricordi di un giovane 'rivoluzionario'

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« Il Comandante Ernesto Guevara.Conquistare gli obiettivi. »

Trabajar, producir, ahorrar.

Post n°22 pubblicato il 29 Settembre 2005 da ruconcon

Guevara esordisce con i complimenti al Capitano per la sua opera alla Ciudad; ha voluto l’incontro per conoscerci e ringraziarci per il lavoro che stiamo facendo; ha portato in regalo due scatole di un suo libriccino ‘Guerra de Guerrillas’, appena stampato, dedicato a Camilo Cienfuegos. Descrive lo scopo per il quale è stata ideata la Ciudad Escolar, perché è intitolata a Camilo e gli obiettivi che la Rivoluzione si è fissata per l’istruzione del popolo. Passa ad illustrare le conquiste rivoluzionarie ed invita infine a fargli domande.
Un argentino, cui tocca l’onore della prima, gli si rivolge chiamandolo “Comandante”, lui ne riconosce la cadenza – un po’ simile al genovese - e l’interrompe ridendo e con la stessa parlata, “Si, sono Comandante, che, ma qui mi chiaman tutti Che e non mi offendo certo se un argentino mi chiama così, che”. Si rompe così il ghiaccio con un personaggio che, oltre a rivestire il massimo grado militare con fama di combattente eroico, è il più potente Ministro – dell’Economia – del Governo rivoluzionario e Presidente della Banca Nazionale, che si diverte a firmare le banconote col suo solo soprannome, Che. Noto, poi, che parla un normale castillano, colto, senza accento né intercalare argentino.
Uno gli chiede se è comunista, aspettandosi la conferma. Arriva invece una risposta di bassa retorica: “Se stare con i lavoratori che chiedono lavoro e giusto salario è essere comunista, io lo sono. Se stare con le madri che chiedono pane, casa… eccetera”. Sono deluso, non capisco perché sfugga nell’arte del dire e non dire, da uomo di governo che non vuole turbare equilibri politici. Mi piace molto di più quando spiega lo slogan che ha lanciato: Trabajar - Producir  - Ahorrar. Migliorare la produttività attraverso l’organizzazione. Aumentare la produzione con la pianificazione. Puntare al risparmio di beni di consumo, per investire. Tenendo conto delle condizioni del Paese, occorre diversificare le colture e sviluppare alcune industrie di base. Esistono a Cuba giacimenti di ferro sufficienti al fabbisogno di acciaio; sarà acquistato dall’URSS un impianto, con credito di un milione di dollari. Trovo annotato, checché voglia dire, che  ‘come riduttore si pensa di utilizzare il bagazo di canna’ . Ci parla dell’industria chimica, legata a quella dello zucchero; delle miniere di nichel; del petrolio che forse c’è a Cuba. Spiega i casi e le modalità di intervento dello Stato sulle imprese di almeno 20 lavoratori, e quando si procede all’esproprio.
Applaudo quando dice che sono allo studio, con la cooperazione di esperti sovietici, macchine per il taglio della canna, con l’obiettivo finale di eliminare un lavoro da schiavi, e quello graduale di liberare disponibilità di mano d’opera per altre produzioni, sia agricole che industriali. C’è già un piano per costruire case per i lavoratori, non solo in città; la Riforma Agraria darà ai campesinos le risorse per sostituire i bohìos con case civili, con acqua potabile e illuminazione, e fare presidi sanitari nei centri di campagna. E poi sottolinea l’importanza del lavoro volontario, come il nostro; la zafra non dovrà più pesare solo sui campesinos, tutti saranno chiamati a prendervi parte; va cancellata la distinzione tra lavoro manuale ed intellettuale, si dovrà cominciare dai giovani: nelle scuole superiori gli studenti faranno a turno le proprie pulizie, non servono bidelli. Tutto quel che sentii allora: lavoro, istruzione, salute, a Cuba lo si può vedere realizzato oggi, pur con i limiti della scarsità di risorse ed i gravi difetti del sistema politico e burocratico. Ignoro la sorte dei Bidelli.
La chiarezza di esposizione, accompagnata da una precisione di dati, la linearità logica del discorso, l’esposizione degli obiettivi e delle motivazioni, sono proprie di un politico di alto livello, che sa quel che dice e soprattutto ci crede. Di un politico che applica coerentemente un suo schema ideologico; l’analisi ed anche i termini usati sono propri del marxista. Castro è ben fortunato ad avere al suo fianco un uomo così - un giovane di 32 anni! - che sa tradurre in obiettivi economici e strumenti operativi i disegni politici della Rivoluzione.
Dovendo manovrare il mio registratore, per risparmiare spazio sulla bobina, mi sono seduto un metro a lato del tavolo. Ho già abbastanza esperienza di riunioni di partito per saper riconoscere l’atteggiamento di un relatore che non vede il momento di andarsene: quando maneggia la biro, consulta l’orologio sul tavolo, volta in giro gli occhi mentre gli fanno domande ovvie o sgradite, sistema carte… Sono quasi a contatto del Comandante, che ha uno sguardo sempre attento; sorride spesso; ascolta con attenzione le domande; si lascia andare a qualche battuta e ci ride sopra.  Percepisco dunque che sta volentieri con noi, forse perché può trasmettere il suo pensiero politico ad altri, poco più giovani di lui.
Uno chiede, in tono scherzoso, “Come può il lavoratore cubano aumentare la produzione, se Fidel chiama ogni momento un’assemblea popolare e tiene alzati fino a notte coi suoi discorsi?”. Ride e risponde con una battuta, che non ricordo, comunque a giustificazione di Castro.

(segue domani)

 
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