Sasha Sans Serif

Libreria Minerva, novembre 1981.


 Que de champions, que de vedettes, ieri notte al Prétentieux! L'unico locale di nome e di fatto, tant'è che Sanjuán lo chiama il Prétentiard. Al nostro salottino, con Boris, Luis De Grandes e Catalina, la sua signora, si parlava di decadenza. E di Beatriz Portocarrero. Ci manca. Ridiamo dei suoi difetti, ma ci manca. A parte questo, noi dai quaranta ai cinquantacinque passeremo per la generazione che si è limitata a prendere atto? Non solo di Beatriz, 'ché con lei altro non si può fare, ma anche della decadenza? Senza muovere un dito?Troppo tardi, forse. La prima volta, l'ho vista nel novembre di trentaquattro anni fa. Sono un vecchio grullo che ha girato il mondo, si narra qui nella Baixa. In realtà, ho vissuto in quei tre o quattro stati esteri dove mi ha portato il vento, leggasi quel tornado di mio padre, per circa quarant'anni al soldo di un'agenzia di stampa francese, di qui e di là, ma soprattutto a Lima e, naturalmente, a Parigi.Anni di residence provvisori e di appartamenti definitivi; appena arrivati nel regno degli Incas, anno domini 1978, alloggiavamo in una pensione sul Camino Real che, se esiste ancora, voglio ritrovare con Julius (tra l'altro, proprio da quelle parti è stato ambientato "Un mundo para Julius"). Un residence-albergo con appartamenti di ringhiera da uno dei quali, un giorno, partì un saluto: "Ah! Sento la voce di uno di Angra!". Così facemmo conoscenza con l'allegro Sandro Pinchaza, pazzoide emigrato, donnaiolo che faceva arricciare il naso ai miei genitori, che frequentammo per un po' e poi perdemmo di vista.No, i bastimenti non partivano più. E non ricordo se ero sbarcato da un aereo della Viasa o dell'Avianca. Ma era bello incontrarsi. Ricordo anche un trio di freakettoni, i due maschi di Ferreñafe e lei francese o belga, che Paul-Henri aveva invitato a pranzo. Erano piombati in agenzia per tentare di vendere alcuni dei libri che portavano con sé. Grazie a loro ho scoperto Prévert e "Dalla parte delle bambine", che ha fatto di me un femministo molto prima di Simone de Beauvoir. Quella specie di Frank Zappa de' noantri che fungeva da capo spedizione mise in imbarazzo mia madre con una pretesa tutto sommato ragionevole: "Signora, siamo stati veramente bene: per ringraziarla, posso darle un bacio?".Tre anni dopo, mi accingevo a partire per la Francia, e andavo in giro con Chico Bellotti, da Orrantia, mi sembra (anche lui, in un certo senso, dalla parte delle bambine). Celebravamo, come ogni pomeriggio, il culto della passeggiata, che i miei mi hanno trasmesso e sarò loro per sempre grato. Alla cartolibreria di Mariátegui, in Avenida Larco (esiste ancora!!!) dedicavo sempre una tappa, maniaco della cancelleria allora come oggi (le liste gonfiate di accessori per la scuola le ho inventate proprio colà).Giravano annoiati per gli scaffali, senza meta né apparente né reale, scambiandosi le cassette che ascoltavano nei walkman, che a Lima non erano ancora arrivati, tre banalissimi concittadini, un po' più grandi di noi: di Breña, forse, per come ci apostrofarono; io e Chico, chiacchierando, tentammo di attaccar bottone, ma uno di loro ci gelò subito, passandoci dietro e mormorando, con una pallida imitazione del mio accento "A' Ferreñafensi di mmerda...". Mario Soldati si sarebbe detto molto dispiaciuto. Per loro, naturalmente.Avrei avuto conferma, nei mesi seguenti, del passaggio dal "volemose bene" al "chi se ne frega" scritto in fronte, come diceva un grande collega di Julio, che negli anni '80 e '90 ci disegnava tutti umani e tutti egualmente mostruosi. Ed annessi zainetti "Made in Angra" (marchio registrato), per meglio riconoscerci in aeroporto (anziché farsi riconoscere, che è concetto diverso). Era già quel campanilismo becero, che raggiunge le sue massime punte in una mia amica, che dichiara perentoriamente "io mangio angriano!", quando le propongo un chifa, salvo spararsi l'intero menu del Burger Clown tutti i sabati che fa Dio. E mi sconvolge, oggi, incontrare cinquantenni in viaggio con sulla spalla quello stesso articolo, ormai d'antiquariato. E sarei io, quello degli errori di parallasse?Da allora, ho sempre ignorato i concittadini all'estero, anche quando faticavano a spiegarsi alla cassa del negozio di gadgets di "Elysées 26". In compenso, mi capitò di avere un'allegra conversazione, sul treno per Versailles, con una piccola comitiva di turisti pugliesi, che, arrivato a destinazione, salutai con il noto "Se Parigi avesse lu mere, sarebbe una piccola Bere".Non mi ergo a maître à penser, non lo sono neanche di me stesso. Lascio a voi la scelta dell'uno o dell'altro modello di angriano. Ma per me, la lenta decomposizione era evidente già in quel novembre, mentre mi accingevo a spendere la mancia ricevuta per il mio diciottesimo compleanno, con Chico Bellotti, nella libreria dell'incolpevole signora Mariátegui.© 2015 Pavia Malandra