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Tele Santana: "Salute!" (Presenta il Dr. Francisco Breña)


Oggi ci occupiamo della tristemente nota sindrome di Bristol, che negli ultimi cinquant'anni ha conosciuto la recrudescenza più preoccupante della storia della medicina; secondo alcuni studi, il 99% della popolazione mondiale ne è portatore sano, con probabilità di sviluppare la malattia sempre crescenti.Malgrado il nome anglosassone, la sindrome di Bristol è stata scoperta, alla fine del XIX secolo, a Napoli, dove era usa frequentare i mercati una sedicente nobildonna inglese, dotata di un'affettazione, si narra, pari solo alla sua superbia; fu ben presto smascherata dai realisti popolani del posto, che si divisero in due; una parte la soprannominò "La duchessa di cartone", l'altra "La duchessa di Kent"; ma tutti presero a salutare il malcapitato marito, le rare volte che si mostrava in pubblico, con un "Ué, Bristòl!", rigorosamente con l'accento sulla "o". Un valoroso successore della scuola salernitana, che passava di lì, decise di consacrare i suoi studi al fenomeno, allora poco diffuso, che battezzò ispirandosi alla saggezza popolare.La sindrome ha assunto le proporzioni dell'epidemia in epoche relativamente recenti, tra il 1968 e il 1980, con una leggera recessione nei successivi anni '90 e un aumento esponenziale dei casi, mai arrestatosi, dall'inizio di questo secolo in poi. Nel 1980, lo scienziato Máximo Mónaco identificò una delle cause: l'"Appiattimento del cervello", tecnica educativa sistematicamente praticata nelle scuole dell'infanzia da lui studiate. Altre possibili cause sono l'abbrutimento mediatico, la competitività congenita o contratta, la carenza di senso del ridicolo.I sintomi principali della malattia sono un'espressione comportamentale ai limiti della mitomania, nella quale il malato si arroga qualità, titoli, qualifiche, inesistenti; ma tutti aventi rilevanza sociale. Non si sono mai verificati, ad esempio, casi nei quali il paziente si autoproclama "esecutore della Marcia Turca di Mozart fischiettando e senza riprendere fiato", alla quale il cittadino medio potrebbe rispondere "Embe'?". Abbondano, invece, i casi di avvocati di cartone, intellettuali di cartone, amanti di cartone di pezzi grossi a loro volta di cartone, e qui il cittadino medio risponde "ooooooooooh!", così gratificando il simile. Per fortuna, il cartone è solo metaforico. Le foreste sono salve, almeno loro.La forma più pericolosa di Sindrome di Bristol è senza dubbio quella dell'alternativo di cartone, diffusissima negli ambienti della sinistra benestante e, con effetti ancor più dannosi, nel volontariato, dove un solo alternativo di cartone può paralizzare l'intera organizzazione nella quale opera; e per soprammercato canticchiando Manu Chao. Sulla carta pronto ad accogliere tutta la miseria del mondo, quando se la ritrova sulla porta di casa scappa a gambe levate.Contro la sindrome di Bristol, più che sulla terapia, benché forti progressi si siano ottenuti con il protocollo di "full immersion nel reale", è necessario puntare sulla prevenzione. Cercare di smascherare un soggetto colpito, per quanto forte sia la tentazione di decretare il "tutto fumo e niente arrosto" è fortemente sconsigliato: il rischio di contagio è elevatissimo, soprattutto nel portatore sano. In nome del principio "prima ti portano al loro livello, poi ti battono per esperienza", possiamo risparmiarci qualsiasi tipo di intervento, benché animato dalle migliori intenzioni.Raccomando dunque ai nostri ascoltatori di godersi i piaceri della vita senza indossare palandrane e travestimenti e lasciare la profilassi ai ricercatori, come l'équipe del professor Geoffroy Frei, nipote di Mónaco, da diversi anni insediata in Cartones, un villaggio, in questa stessa isola, che lamenta il 100% di casi conclamati, di tutte le età e condizioni. Le ultime pubblicazioni lasciano intendere che, prima di una cura efficace, passeranno ancora anni. Alla valorosa équipe è dedicata la puntata di oggi. Ed ora, la linea all'angolo del bricolage. Buona domenica a tutti.© 2015 Pavia Malandra