Sasha Sans Serif

Geoffroy è vivo e lotta insieme a voi.


In questi mesi sono andato all'altro mondo diverse volte, per questo non mi avete visto. La prima - e adesso posso raccontarlo - nei pressi di un negozio per sportivi, davanti ai panettoni antiparcheggio; per anni, quel luogo è stato l'altro mondo, ma in senso tutt'altro che negativo. Ieri, finalmente, andando allo stadio con Ricardo, analoghi panettoni mi hanno fatto sorridere.Oppure, quell'opprimente mattina di luglio, a far fotocopie per uno stimato collega italiano, Mauro Elamadonna; arriva la Borgognoni, ci conosciamo dagli inizi, siamo stati seduti insieme a varie tavole; mi snobba, ma si mette alle mie spalle a bisbigliare col suo praticante... forse voleva che mi sentissi, ad instar di Sandro Penna, "Mostro da niente". Perché così ha sentenziato, ottocentescamente, la DOXA. E lei dietro.Ha toppato di brutto. Adesso, in ricordo di quando avevamo trent'anni e conversavamo insieme, e di quando mi aveva consigliato quello che, da allora, è il mio barbiere, la ignoro con un certo imbarazzo. Matthieu Ricard non farebbe così. Ma lui abita in Tibet, non nella Baixa.E ancora, e ancor più doloroso, quel concerto di beneficienza al quale mi aveva invitato Liz. Spenta come sempre, cercava di dimostrarsi accesa battendo le mani come un'infante al teatro dei burattini: il realismo, a volte, prende strade insospettate. Passava di lì, senza direzione apparente, uno di quegli illustri rinunciatari che si ammantano di gloriola e di marcature di territorio. Il tristemente noto vento gelido mi ha avvolto, con la terribile certezza che rischiavo di fare la stessa fine."OK" ha commentato il prode Celedoni, che era con me "a partire da questo momento, perfetta forma fisica e mentale".Dice sempre così. Ma era segno che la mia "garde rapprochée", lui e un pugno di altri valorosi, c'era, ed era al mio fianco. Ed anche molti amici, conoscenti, compagnie da caffè. Ricorderò soltanto una signora che potrebbe iscriversi in quest'ultima categoria: Doña Sofia St Boi de Llobregat, che, in uno dei momenti più duri di quell'incidente diplomatico, mi rivolse un sorriso affettuoso, come a dire "Non c'è niente di così terribile, rilassati!"(1).La congiuntura doveva fate il suo corso, ed io dovevo imparare le mie lezioni. A cominciare dal coraggio dei miei stati d'animo. Ho smesso di fingere allegria quando ero triste e, più raramente, viceversa. E mi sento molto più leggero.Se poi, qualcuno, trae dal mio corruccio sempre la stessa conclusione, come il dottor Corelli quando mi disse "Non ci vogliamo rassegnare, eh?", la cosa mi irrita, certo. Come ogni volta in cui mi definiscono per un solo, contingente episodio della mia storia. Ma arriva il momento in cui PER FATTI CONCLUDENTI, rispondo: "La rassegnazione è un suicidio permanente" (2). Che consti.E siamo arrivati al primo marzo. Italo Damiani, nuovo redattore capo di "Sorry, Wrong Number" (chi l'avrebbe mai detto?) è tornato su un discorso che avevamo fatto all'inizio dell'anno: "Ragazzo, o torni a scrivere la tua paginetta o la rifilo a qualcun altro".Agli ordini. E allora scrivo questo mio. Concludendo, con Bichat: "La vita è l'insieme delle forze che si oppongono alla morte". Si vede che ne ho ancora. Et vogue la galère, ancora per un po'.______(1) Tutto Rafael Santandreu in un solo sorriso!(2) Manonegra. Ben mio malgrado... ©2019 Idem Sentire