Sasha Sans Serif

È Primaveraaaaa...


"Ma ogni mattina ci alziamo e prepariamo il caffè...", diceva Romano Damiani, tempo fa, passandomi la tazzina; mi aveva convocato in redazione per sapere se avessi ancora voglia di collaborare, con questo mio, a "Sorry Wrong Number", il foglio satirico eguagliato sempre, imitato mai... oppure il contrario.    Vi chiederete: "Che ci fa quella specie di Indro Montanelli del Fiume Azzurro al posto di Moni?". Beh, Moni ha preso il posto del suo socio, nonché direttore e con lei fondatore, Juan José Delincuente. E Juan José? Fa il redattore capo al "Metropoli", quotidiano indipendente della capitale, del quale Romano era direttore.    Il motivo di cotanto calciomercato? È una storia lunga. Che sto redigendo, appunto, all'interno della biografia di costui. Mi hanno recentemente bombardato biografo ufficiale degli Eredi Hopper, i pendolari pedestri di Paseo de la República, i paninari attempati di San Martín de Porres, banlieue di Ferreñafe; quelli che ogni tanto occupano il piano superiore di un fast food, con panorama alla Hopper. Appunto.    Come se non bastasse l'avvocatura, la presidenza dell'Alianza, le corna all'Alianza, con mio zio, nella dirigenza del Villadáliga F.C.. E che consti che non porta i colori dell'A.C. Milan, bensi quelli della Federazione Anarchica.    "Così ti tieni occupato e non ti disperdi" sfotteva Eva, la miss degli Hopper, a meno che non fosse sua sorella minore, Cecilia, in ogni caso gemelle nella petulanza.    E, giustappunto, eccomi qui, a casa, con la penna in mano, sempre disperso, ci mancherebbe; una piccola caffettiera davanti, uguale a quella che Romano tiene sul davanzale della finestra, unica novità dell'ufficio che una volta era di Juan José: il rispetto dell'ospite.    "...che film era, Geoffroy?" Me ne ricordavo poco. Lo avevo visto al Cineforum; interpretato, mi sembra, da un'Isabelle Huppert alla ricerca di sé stessa. Ma mi era rimasta impressa quella battuta, che somigliava alla sempiterna cocciutaggine dei nostri risvegli.    È arrivata la bella stagione, via. L'anno scorso è durata poco; qualche deprecabile vicenda mi ha scippato l'entusiasmo. Vado molto fiero, però, dell'opera di conservazione del mio slancio vitale subito messa in atto. Ricordo con piacere le mie scappate domenicali a San Berdoo, con il bagagliaio carico di cibarie, i pomeriggi passati a parlare in famiglia, sulla terrazza.    Nel frattempo, riforme sedicenti epocali causavano grandi migrazioni che, dalla capitale, catapultavano qui Romano.    Questa volta non mi fregano.    A proposito, eccolo qui. Si accontenterà di queste dieci righe? Se, la prossima settimana, leggerete qualcun altro, vorrà dire di no. Ma cominciamo dal caffè. ©2019 Idem Sentire