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La vita nostra - la messa

Post n°16 pubblicato il 11 Ottobre 2011 da ginestrasantacroce

Nel nostro cammino di cristiani, forse ci è capitato di sentire obie­zioni o meglio piccole insinuazioni di questo tipo: "Vanno tanto a Mes­sa, fanno la comunione e poi ..." oppure: "Ma lì è soltanto una Messa per fare sfoggio di pellicce, di vestiti, per guardarsi l'un l'altro, solo per pettegolare all'uscita dalla chiesa".

Questa sera vogliamo tentare, mossi dallo Spirito Santo, di scoprire come vivere la Messa e come fare in modo che la nostra testimonianza di vita diventi una Eucarestia prolungata.

L'Ora di Gesù

Sappiamo come l'attesa dell'ora del sacrificio sia stata fondamentale per il Signore; come quest'ora sia la fonte della vita e della salvezza. "Il Verbo di Dio si fece carne" (Gv. I, 14), "il nuovo Adamo divenne Spirito datore di vita" (1 Cor. 15,45).

In Gv. 19,30: "Chinato il capo, comunicò lo Spirito", non rese lo Spirito, ma lo comunicò agli altri.

Ferito dalla lancia, o meglio trapassato dalla lancia, donò agli uomini sangue e acqua, segno del Battesimo e della remissione dei pec­cati.

Ora questo è avvenuto una sola volta e non si ripeterà mai più in modo storico.

L'Eucarestia che celebriamo troppe volte con disinvoltura, forse con poca preparazione, poca partecipazione, forse con distrazioni, riattua oggi quell'evento.

È effettivamente per noi, un potenziale di redenzione, definito anche dal Concilio "Fonte e culmine della vita cristiana" (S.C. 10). Quindi potremmo dire che, se per la storia della salvezza sono cen­trali la morte e la risurrezione di Cristo come avvenimento storico che dona la vita, nei secoli che seguono, questo avvenimento rimane cen­trale e riattuato dalla Messa. Non è una rappresentazione scenica, non è la commemorazione di un avvenimento storico, non è il "revival" di un passato ormai chiuso, ma nel mistero di Dio è una riattuazione della potenza di redenzione, dell'immolazione del Figlio di Dio, dell'uomo­-Dio.

Quindi entriamo in una dimensione molto grande, che ci dà le verti­gini o forse quasi non ci tocca perchè troppo distante da un'attualità della vita con le sue situazioni difficili, con la sua routine quotidiana.

Questa sera vogliamo riscoprire come una riattuazione della sal­vezza mediante l'Eucarestia, mistero di comunione con Dio e di offerta al Padre, possa diventare per noi uno stimolo quotidiano, un significato e una conseguenza di vita.

Lasciarci coinvolgere dall'Eucarestia: sacrificio e banchetto

Nella Messa sentiamo queste parole: "Corpo dato per voi, sangue versato per voi", quindi vita, remissione dei peccati, uomo nuovo. Nel giorno del Signore, noi, come comunità, ci riuniamo per rice­vere questa vita, per riattuare il mistero del Signore e per vivere in alternativa al mondo: da soli non ne abbiamo la forza.

"Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita" (Gv. 6,54). Scopriamo due aspetti fondamentali:

- il banchetto e il sacrificio.

Anche nei segni liturgici troviamo significato il banchetto: una tavo­la, una tovaglia, una coppa, un piatto, del pane e del vino.

Il sacrificio è significato da questo pane e da questo vino che diven­tano corpo e sangue di Cristo offerto.

Sono realtà che conosciamo. Lo sforzo sapienziale è di farle diven­tare vita della nostra giornata.

Un banchetto come può diventare vita? È il momento della Comu­nione. È la realtà dell'Agape, della fraternità, della condivisione: non per niente la comunione è preceduta dal Padre Nostro, dal Segno della Pace. Tutto nella Messa ha uno svolgimento profondamente teologico e sapienziale.

Purtroppo a volte sono gesti ripetuti o parole ascoltate in modo con­suetudinario che stentiamo quindi a vivere come novità. Sarebbe una ricchezza grande se riuscissimo a lasciarci coinvolgere dall'Eucarestia e quindi a vivere la Messa nella giornata.

Il banchetto ci apre a dimensioni di condivisione, di fraternità, di "pane spezzato per ..." "lo riconobbero allo spezzare del pane" (cfr. Lc. 24,36).

La Messa, nel suo senso di offerta sacrificale di Cristo, ci spinge a vivere con gli altri, a scoprire che il miglior possesso è l'offerta: "c'è più gioia nel dare che ne ricevere" (At. 20,35).

È un vero rovesciamento dei valori, oggi così difficile da attuare. Ma mettersi nell'ottica del sacrificio di Cristo è rovesciare veramente i valori dell'oggi, cioè il possesso, l'avidità delle cose, della propria vita, per scoprire invece che il migliore possesso è l'offerta; e questa realtà ci porta alla donazione, alla dimenticanza di se stessi, al perdere la pro­pria vita, a offrire le croci.

 
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