SCIO'

GIRLPOWER di Veronica Lapeccerella


Sciò: giù le mani dai giovani Recensione del libro a fumetti nato dalla matita di Giulia Argnani e dalla penna di Delia Vaccarello. Dai giovani per parlare ai giovani a cura di Veronica La Peccerella su Girlpower18 Maggio 2007 Si parla tanto di adolescenti difficili, di giovani spaesati e trentenni immaturi e, tutte le volte, si citano scuola, famiglia, sessualità e ogni tipo di massimo sistema. Ma quanto spesso si da voce ai diretti interessati? Quante volte i giovani hanno la netta sensazione di essere esclusi proprio dai discorsi che li riguardano? Si avverte il bisogno di parole autentiche, di emozioni vissute intimamente che riportino il sentire comune sulla quotidianità di una generazione troppo spesso ridotta a stereotipo. E così qualcuno si è coraggiosamente impegnato a raccogliere delle testimonianze dirette, chiedendo ai ragazzi di parlare delle proprie paure e dei propri sogni senza le inibizioni imposte dallo sguardo indiscreto degli adulti. In questo modo ci si è trovati di fronte qualcosa di molto diverso dalla mancanza di contenuti di cui ci si va lamentando, o dalla vocazione a una giovinezza “difficile” a tutti i costi. A volte la vera difficoltà sta nel trovare qualcuno disposto a svestire i panni del censore per ascoltare con sincero interesse. Il frutto di un simile sforzo è da pochi giorni sugli scaffali delle librerie, e si chiama Sciò. Si tratta di un libro a fumetti, nato dalla matita di Giulia Argnani, giovane e promettente disegnatrice, e dalla penna di Delia Vaccarello, già curatrice di antologie, giornalista e scrittrice. Le storie raccontate, tuttavia, sono scampoli di vita reale di ragazzi e ragazze incontrati nelle scuole, per le strade e in rete. Non sono tutte vicende comuni o facili da condividere, ma ognuna ha la freschezza e l'intensità che possono provenire solo da un coinvolgimento autentico. Proprio per questo, non può non stupirci il fatto che in alcuni licei i presidi si siano rifiutati di far leggere il libro in classe, negando a queste storie di tornare a uno dei luoghi da cui provenivano: la scuola. È ironico che si preferisca evitare di confrontarsi con la realtà dei ragazzi che si vorrebbe educare, costringendoli eternamente dietro le maschere desuete di personaggi rubati a I promessi sposi. Forse il problema è, ancora una volta, che questo testo parla del rapporto tra i giovani e la sessualità. Le risposte scanzonate, creative e a volte dolorose che i ragazzi danno alle domande sulla propria identità, forse non sono ciò che gli educator volevano sentire, ma sono di certo sincere e, per noi, che finalmente possiamo riconoscerci in storie che un po’ ci somigliano, sono davvero importanti