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Post N° 30

Post n°30 pubblicato il 06 Novembre 2004 da streghella16

BISTECCA DI VITELLO E FILETTO DI VODISSIN


Reparto macelleria di un supermercato di una grande catena di distribuzione. Ore 11.40. Quasi giornalmente m'imbatto sulle norme CEE in fatto di certificazione della qualità e commercializzazione delle carni fresche, ma oggi vi ho fatto caso più del solito e adesso vi spiego perchè. Secondo le predette norme, l'etichetta deve dichiarare,oltre alla denominazione del taglio, al costo e alla data di scadenza, anche il luogo di nascita, di allevamento e macellazione dell'animale. Pertanto,oggi leggo: fettine scelte di vitello per arrosto- Nato in Francia, allevato in Francia-Italia, macellato in Italia.Per quanto conforme alle leggi,  la suddetta dichiarazione mi è sembrata crudele e di pessimo gusto. Avrei preferito non sapere nulla. Stavo leggendo una sorta di identikit del povero animale che, ancor prima di finire in padella, è finito sotto la mannaia del boia. La mente ha ripercorso, alla velocità della luce, le brevi tappe vitali dello sfortunato bovino, dalle prime fasi di allattamento a pochi istanti prima della sua morte.Ho immaginato il trasporto dell'animale dal suo paese d'origine nel paese della sua condanna a morte, stipato come una sardina assieme ai suoi compagni di sventura, dentro un tir, senza cibo e acqua per giorni interi, in condizioni disumane ( o sarebbe il caso di coniare il termine"disanimali"?).Ho evitato accuratamente di pensare al momento della sua esecuzione, distogliendo lo sguardo e guardando altrove, come mi capita sempre più spesso, davanti alle immagini criminali di ben altre esecuzioni.In quell'attimo doloroso, in cui mi sono sentita lucidamente consapevole dell'analoga e drammatica sorte di uomini e animali, da qualche recesso nascosto del mio cervello, è emerso il ricordo di un libro sconvolgente, letto pochi mesi orsono e acquistato sull'onda del successo mediatico dell'autore. Si tratta del romanzo "Under the skin"di Michel Faber,  scrittore che ha conosciuto un eco straordinario in tutto il mondo, dopo la pubblicazione del romanzo "Il petalo cremisi e il bianco",  ambientato nella Londra vittoriana e incentrato sul mondo della prostituzione( negli States è in preparazione una riduzione cinematografica, sotto la regia di Curtis Hanson).Faber è un  romanziere che si lascia leggere con gusto: fluido , elegante, magnetico, moderno, poetico, forse un po' manierista nella descrizione dei personaggi che disseziona con la precisione di un bisturi, perdendo, talvolta, naturalezza e spontaneità.Ho letto entrambi i racconti, abissalmente diversi e non solo per il genere: sembrano appartenere proprio a due persone distinte.Come dire: il giorno e la notte, il bianco e il nero. C'è una diversità d'intenti e di spessore notevole, dentro quelle parole partorite a distanza di pochi anni. "Sotto la pelle" è una storia tanto surreale, quanto verosimilmente reale.Da più critici paragonato a "La fattoria degli animali" di orwelliana memoria, la storia è una sorta di "negativo" del trattamento che le razze più forti infliggono a quelle più deboli, animali compresi. E' la saga della efferatezza umana, la celebrazione, in chiave metaforica, dell'impietosa immoralità dell'uomo e dei suoi peccati capitali, compreso il peccato di gola.Accenno solo brevemente alla trama. Nel romanzo s'intrecciano i destini di due razze diverse di esseri viventi. La prima è rappresentata da un  piccolo gruppo di individui,dal corpo di animale,che si ritiene privilegiato e d'intelligenza superiore, la seconda, vista come la razza inferiore,è rappresentata dagli uomini. La prima razza, sebbene civilizzata, si nutre delle carni  della seconda e perpetra, contro la legge, il crimine della cattura dell'uomo per trasformarlo in prelibato "vodissin", ossia una sorta di filetto di vitello che finisce sulle tavole dei miliardari.Per catturare le prede, i primi si servono di una loro simile trasformata ,con una operazione chirurgica, in femmina umana.La donna adesca autostoppisti in buona salute, lungo le strade di una Scozia moderna che fa da sfondo al romanzo.Gli uomini vengono immobilizzati da un potente veleno, rapiti, castrati, messi all'ingrasso e, infine, sezionati per farne costosissimi "vodissin".Non mi soffermo sulla cruenta descrizione della castrazione e macellazione( ho dovuto leggere il racconto in più riprese a causa di spasmi allo stomaco), ma voglio evidenziare il vero messaggio del libro che si svela pian piano nella narrazione.Al di là del turbamento delle immagini letterarie, descritte a tinte fosche, Faber ha come obiettivo quello di provocare le coscienze e condurle verso una profonda riflessione sul sentimento della" Pietà".E' un'impresa intellettuale che ha richiesto coraggio all'autore, prima ancora del lettore che ne rielabora il contenuto solo a distanza.Il libro,infatti, non piace, o almeno non subito. E' un romanzo scomodo per tutti, oltraggioso nei confronti della nostra mancanza di rispetto verso forme di vita da sempre definite inferiori. E' un richiamo potente al riconoscimento della dignità della morte per tutti gli esseri viventi, anche per gli animali.E,soprattutto, è di estrema attualità, alla luce delle immagini d'indicibile violenza della nostra storia quotidiana: uomini prigionieri, incatenati come animali, trattati da bestie da macello, barattati come merce di largo consumo sui mercati della politica internazionale.Ma si coglie una nota positiva. Nel libro c'è spazio anche per una delicata storia di sentimenti che danno respiro al lettore e gli permettono di arrivare alla fine del racconto,con la speranza di sopravvivere alla catastrofe e con il senso dell'umana" pietas" scolpito nelle coscienze.Lo stesso sentimento di pietà che oggi mi ha spinta a riporre nuovamente al suo posto il "vodissin" di vitello e ad andarmene da lì, senza voltarmi indietro.


 


Buona domenica a tutti, nonostante tutto.

 
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