Anonimo il 05/11/07 alle 08:46 via WEB
La votazione che si è svolta sabato, 27 ottobre 2007, in conclusione dell'Assemblea Costituente del Partito democratico, in cui Walter Veltroni è stato proclamato segretario del Partito mi ha lasciato dentro un senso di disagio, rabbia ed inquietudine, quegli stessi sentimenti che, incrociando gli sguardi di molte persone, "notabili" e "peones", si potevano cogliere con facilità, mentre scivolavamo via dalla Fiera di Milano.
Troppa la distanza tra le parole e i fatti, troppo lo stacco tra il momento in cui tutti insieme abbiamo cantato, mano nella mano, l'inno di Mameli, alla fine di una giornata faticosa, ma ricca e densa di politica, ed il momento in cui abbiamo votato, in modo affrettato, inconsapevole, e con molti aspetti di illegittimità, il testo che Walter Veltroni aveva letto tutto d'un fiato pochi minuti prima, concludendo i lavori.
I quotidiani di oggi, 28 ottobre 2007, riportano le vigorose critiche della Bindi, di Parisi, di Nando Dalla Chiesa, le ironie di D'Alema, le perplessità di altri; io, che sono alla mia prima esperienza politica e che prima di tutto sono un giurista, proverò a segnalare, dall'angolo visuale del mio mestiere, i numerosi profili di illegittimità di un testo e di una votazione che, pure, qualcuno ha ritenuto formalmente ineccepibile (vedi in particolare l'articolo di Fabio Martini su La Stampa del 28 ottobre 2007, pagina 3).
Nel merito, l'art. 2, comma 3, del Regolamento quadro per l'elezione delle Assemblee Costituenti dell'Ulivo-Partito democratico è stato utilizzato, artatamente, per stabilire un dispositivo di regole che blindano, in modo decisamente autoritario, i primi passi del processo costituente.
Partendo da una disposizione di quel Regolamento, generica prima che generale, che recita che "l'Assemblea costituente approva le ulteriori disposizioni dirette a disciplinare, anche nella fase transitoria, le modalità di funzionamento degli organi, ivi compresi i poteri sostitutivi e sussidiari, nonché i casi di revoca e di surroga", viene creata dal nulla la carica di vice-segretario del partito e si indica, nella persona di Dario Franceschini, il nome di chi ne assumerà l'incarico. Uguale meccanismo che, inammissibilmente, in base alle più elementari regole di funzionamento di qualsiasi organo collegiale, con un solo tratto di penna, fa coincidere carica e nome del suo titolare, è previsto per istituire il ruolo di Tesoriere del Partito, a favore di Mauro Agostini.
Poi, il dispositivo, al comma 5, detta un sistema per l'elezione dei coordinatori provinciali, che mortifica, a vantaggio del prevalere di dure regole di maggioranza, qualsiasi tentativo, non solo di partecipazione dal basso nella scelta di chi guiderà il partito a livello provinciale nei prossimi mesi (solo nei prossimi mesi, viene da chiedersi?), ma anche di condivisione della scelta di quel coordinatore tra i membri del collegio ristretto che procederà alla designazione (gli eletti nelle assemblee costituenti regionale e nazionale per ogni Provincia). La norma prevede, infatti, che l'elezione avvenga a maggioranza assoluta dei presenti, con eventuale ballottaggio tra i primi due, e non dei componenti, né tanto meno, come sarebbe stato auspicabile in questa fase, di un quorum più elevato, come quello dei due terzi dei componenti o almeno dei presenti. Ma, come è a tutti ben noto, la maggioranza dei presenti è la maggioranza con cui chi vince prende tutto, senza fare prigionieri, non il quorum di chi cerca il dialogo, il confronto, la più estesa partecipazione.
Disposizione del tutto priva di un fondamento esplicito nel Regolamento quadro (e quindi di dubbia legittimità) è, d'altra parte, quella che assegna al segretario nazionale ed ai segretari regionali la delega a garantire la gestione provvisoria della fase costituente, sino alla approvazione dello statuto, anche attraverso la costituzione di organi collegiali provvisori. Ricordando che nel nostro ordinamento (vedi ad esempio l'art. 76 Cost.) la delega è uno strumento derogatorio del sistema delle competenze e, inoltre, che non sono permesse le deleghe in bianco, con tale disposizione, si costituisce di fatto e di diritto il partito di un leader che governa in solitudine, in palese contraddizione con le affermazioni fatte da Walter Veltroni durante la sua relazione.
Minori perplessità, infine, suscita probabilmente la previsione delle tre Commissioni, che dovranno lavorare su Statuto, Manifesto dei valori e Codice etico, sia perché, almeno per le prime due, si mostra una base di qualche coerenza nell'art. 2, comma 1, del Regolamento quadro, che attribuisce all'Assemblea nazionale il potere di approvare il Manifesto e lo Statuto nazionale del partito, sia perché, a tacere di alcune perplessità sui criteri scelti per la composizione delle tre Commissioni, è del tutto naturale pensare che un organo "pachidermico" come l'Assemblea costituente nazionale, composta da più di 2800 persone, debba strutturarsi in Commissioni per poter concretamente operare, lasciando poi all'Assemblea sovrana il compito di emendare e votare i testi proposti dalle Commissioni.
Ma, se il contenuto del dispositivo che abbiamo approvato ieri suscita le riserve che ho provato sinteticamente a formulare, esse si amplificano considerando il metodo di svolgimento della votazione.
Il testo del dispositivo è stato letto molto velocemente da Walter Veltroni, poi Anna Finocchiaro dal tavolo della presidenza ha letto i nominativi dei trecento costituenti che faranno parte delle tre Commissioni e, subito dopo, ha chiesto di procedere ad una votazione complessiva, in un clima surreale nel quale la maggior parte dei delegati non sapeva che si sarebbe dovuto votare e molti stavano già andando via.
La legittimità della validità della votazione è, davvero, molto dubbia, per ragioni evidenti al più ingenuo dei partecipanti, ragioni che vanno al di là del fatto che si sia impedito di aprire un qualsiasi dibattito sul contenuto delle regole che erano state sottoposte al voto.
In primo luogo, infatti, non sono state esplicitate le modalità di votazione, in quanto la maggior parte delle persone ignorava che si sarebbe dovuto alzare al cielo il talloncino (quasi una tessera di voto) di cui tutti eravamo dotati; poi, comunque, ha partecipato al voto una grande quantità di persone che non ne avevano il diritto, essendo soltanto invitati all'Assemblea costituente, e questi voti si sono confusi ai voti degli aventi diritto; ancora in modo del tutto frettoloso si è pronunciata dalla presidenza l'approvazione a maggioranza del testo, senza avere fatto una seria verifica dei voti contrari e degli astenuti.
Per altro aspetto, la votazione ha riguardato un testo non omogeneo, secondo la logica, ben poco democratica, del prendere o lasciare, testo dentro al quale vi erano disposizioni che avrebbero, invece, dovuto essere messe in votazione separatamente, in particolare le norme sul vicesegretario, sul tesoriere del partito e quella sulla composizione delle Commissioni. A rigore, infine, rispetto a quest'ultima disposizione, il testo in votazione si limita(va) a prevedere il numero ed i criteri di scelta, così che non si sarebbe dovuto votare, in base a quella regola, l'elenco dei commissari, come invece è avvenuto...
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il 26/10/2008 alle 17:10
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