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Post N° 58

Post n°58 pubblicato il 20 Dicembre 2007 da sgsal

Energie rinnovabili e sviluppo sostenibile...

Quale futuro per il nostro paese?

Il dibattito sull'energia rinnovabile, e più precisamente sulla potenziale installazione di impianti eolici o fotovoltaici sul nostro territorio,  tiene banco nel dibattito politico odierno. Proponiamo sul nostro blog uno spazio di riflessione su quelli che potrebbero essere, secondo i nostri visitatori, i pro e i contro di una scelta che risulterebbe determinante per il futuro di Salice (nel nostro caso), ma anche e soprattutto, inquadrandolo in una visione più ampia, del mondo in cui viviamo.

 
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Utente non iscritto alla Community di Libero
Anonimo il 14/01/08 alle 15:12 via WEB
Cari ragazzi della sg e visitatori del blog: continua la mia ricerca di testi antichi. Vi propongo ora il mio ultimo ritrovamento. ------------------ Il viandante------------------- Nacque a Salice, ma visse d’arte a Lecce. Visse così tanto all’ombra della Lupa, che li suoi polmoni non potean più respirar de la stessa aria. Codesta fu la cagione che lo riportò in terra natia. Ma il cammin era arduo, e contorta era la via. Appropinquato ne luogo dove riposan in pace i defunti sobbalzò:<<Santi numi, cos’è quel ponte che l’un l’altra riva unisce, son stato via troppo tempo…>>; ma volto lo sguardo a scirocco, il cuor non gli mantenne il guardo, ed esclamò:<<O Madonna delle divine grazie, i che son quei giganti con tre arti sul capo…>>e cadde per terra come corpo morto cade. Suonarono le campane della notte. Il misero riaprì gli occhi, ed un’ altra freccia colpì lo cuor suo: v’ era un uomo lì, appresso a quel luogo dove son i morti a far più paura dei vivi. <<O chi è lei, uomo certo nell’ombra! Ho smarrito la diritta!>>. E codesto con occhiali, colta barba al mento e baffi disse:<<Nacqui in quel di Copertino, figlio di don Nicola fu Michele. Tanto studiai da divenir avvocato, fui uomo colto, ma non ebbi mai la gioia di amar mia moglie come si conviene. Tanto scrissi per la mia Salice, eppur son morto dimenticato>>. Intendendo chi fosse, il cuor suo si illuminò di giubilo e disse:<<Giuseppe Leopoldo, della casata dei Quarta, è lei! Tanto vi amai e tanto sognai di vedervi, ma Ei ci fece nascer distanti. Di grazia avvocato, guidatemi nel mio ritorno, giacché non so più dove sono>>. Lui si mosse, e l’altro gli venne dietro. I compagni camminaron si che non giunsero alla locanda vecchia . Entrati, vi trovaron una strana figura intenta a sedar l’arsura. <<Chi è colui che vedo?>>, chiese il viandante alla sua guida.<<E’ Cosmo dal Gravil Balzo, già sindaco>>, e così dicendo alzò la voce:<<O Cosmo quali nuove porti dagli alberi del vento?>>. Il suo interlocutore rispose:<<O uomo sconosciuto che conosci il mio nome, non è più affar mio! Ormai la vita politica non mi riguarda. Sono stato tradito dal popolo, ed io stesso ora tradisco il mio popolo. Ei, colui che tutto pote, mi diede la missione di portar la luce su codesto paese, ed il paese non mi ha accettato. Perché io! Mai pensato niente di male, mai osato compier peccato, sempre lavorato per il paese! Si chieda in giro chi sono io! Mai sia, mai sia, che io abbia detto un bugia. Non una sola bugia in trenta anni! Io? Io?Lo giuro di fronte a questo bicchier di vino, a questo davanti a me! Quel bugiardo di mestiere! Ah! Ciò che feci, l’ho ora stampato in fronte, e tutte le genti posson ora leggere ciò che feci per loro!Basta! Mi ritirerò su un albero sino a quando non verrà la democrazia su questa terra percossa e inaridita!>>, e così dicendo si rifugiò in contrade segrete e nascoste, presso la stazione ove egli ebbe modo in passato di portar luce. I compagni di viaggio passaron la notte in locanda. Il dì successivo s’incamminarono verso il parco degli alberi del vento, ove eran previsti disordini. <<O avvocato, ma voi foste davvero coi fasci?>>, chiese il viandante,<<In verità lo fui, ma per convenienza. Peccai contro me stesso, ed ora Ei mi fa pagare le conseguenze di chi parla e agisce male…>>, l’interlocutore non osò domandar oltre, pertanto disse:<<Dottore, che son codesti alberi del vento che tanto percossero il mio animo?>>, <<Sono grandi doni divini( in realtà divina è la conoscenza dell’uomo che ebbe modo di inventarli, è una figura retorica), che offron refrigerio ai poveri contadini che lavorano la terra.>>. Cogitando quale potesse essere un’ opposizione da controbattere all’avvocato, stese in silenzio; non trovando alcunché di negativo proseguì nello star zitto. Appropinquati al parco degli alberi del vento, videro due piccole orde di uomini ai piedi dell’albero maestro, che si opponevano all’ascesa di un così utile dono divino. Ma notati i due, s’avvicinaron facendo la corsa per garantirsi il primo posto. Giunti pressoché insieme, risuonò unanime il coro:<<Chi siete? Ma no, no… unitevi a noi!>>. Il viandante rispose:<<In verità sono qui per caso. Pocanzi presi la pessima iniziativa di imboccare la svolta totalmente sbagliata…>>, il misero non ebbe modo di finir la frase che i briganti stavan già lanciandosi contro di lui. <<Fermi manigoldi!>>, urlò il Quarta,<<Quest’uomo non sa ciò che dice! Non vuol mica offendere nessuno con le sue parole!>>. A tal punto avanzarono i capi briganti. <<Mi presento, il mio nome è Reinald della casata degli Innocenzi per la fazione degli “svoltati”>>, <<Ed io sono Tonio di Contrada Cagnazzi per gli “iniziati”>>. I due capi, così dicendo, si lanciarono un gurdo di intesa, ed uno disse:<<O giovinotto, vuole forse lei farci beffa con le sue parole? Non siamo tipi da scherzi noi!>>. Ma quel grande conoscitore della mente umana, quale era l’avvocato, disse:<<Potrebbe farsi beffa di voi con due sole parole, visto ciò che fate!>>. Di fronte a cotanto virtù d’animo, nessuno osò proferir parola per attimi eterni. Sennonché qualcuno prese coraggio in cor ed osò domandare:<<Di grazia, o uomo viandante, qual è il vostro nome?>>. Immediatamente l’avvocato tentò di consigliare al suo compagno di non rivelare il nome suo, per evitare che si compisse il misfatto; ma non fu così lesto come la mente sua avrebbe desiderato. <<Ma certo, il mio nome e De Mìtriade Per…>>, quel misero non fece in tempo a pronunziar il suo nome, che quei brigantacci l’assaliron con veemenza. Forse il caso, forse la Provvidenza, volle la salvezza di quel giovine. <<Fermi tutti!>>, urlò con impeto un uomo a cavallo. A quel grido, nessuno osò proseguir con la violenza; anzi, tutti s’allontanarono. <<Mi presento, forestiero, sono il capo guardia Carles Alfonzo Cicaleide. Non scherzi più con cotanta inciviltà! L’è pericoloso per voi e per il vostro dotto compagno.>>. E così dicendo, rimontò a cavallo con fare da eroe, impartì l’ordine all’animale, e sparì in un lampo. Scomparve veloce lì dove il sol si strozza ogni dì, lasciandosi alle spalle un’aura di potenza. <<O avvocato, perché?>>, disse il giovine malcapitato con l’aria del petto che gli rimanea ancora. <<Il vostro cognome porta pena presso quei briganti. Già un altro uomo si fregia di quel cognome, il sindaco di questa cittadina. Egli, insieme a mille ed altri mille anime, vollero che li contadini potessero lavorar come si conviene. Non si comprende come mai, quelli la, sian contro tutto questo. Ma voi capite, caro Perpetuo, diversamente sareste morti in poco tempo per la fame, poiché chi lavora la terra sarebbe morto>>. Il giovine rimase turbato nell’animo quando sentì pronunziato il suo nome dall’avvocato. Poscia che ebbero parlato ancora, riposaron le loro carni presso un pozzo. Qualcosa si mosse fra gli sterpi. <<Chi va là? Un medesimo brigante?>>, chiese lo dottor. Ma ecco uscir dalle erbe un uomo, un grande uomo.<<Mi presento a l’or signori>>, così dicendo fece un ampio inchino sollevando il cappello dal capo,<<Sono il dottor Joseph Tondazio, son venuto a veder che aria tira. Ma nascondo il mio viso poiché rischio la pelle, se visto da quei primitivi.>>. Lì il Quarta perdette il viso da dotto, sentendosi tra amici disse:<<Caro mio dottor: può darsi anche che voi riusciate a nasconder il volto, ma tutto il resto lo vedon anche i ciechi!>>. La bella compagnia ridea contenta, ignara di ciò che di li a poco, il fato avrebbe sentenziato. Ecco infatti, sbucar fuori dalla cespugliosa terra una donna. Avea un nonsocchè di furtivo e segreto; potea esser forse una spia mandata da chissà chi. <<Ahà! Caro dottor Tondazio, v’ho beccato tramar contro me e la mia compagnia politica. Chi sono costoro con i quali vi concedete al ludibrio della carne? Son forse furfanti come voi, intendo dire, della vostra specie? Si lo sono. Possan vedervi le genti…mentre fate le vostre riunioni segrete! Parete carbonari d’altri tempi!Ahaha! Vieni fuori o Cosmo!>>. Vocato il suo nome, Cosmo dal Gravil Balzo, saltò fuori dal pozzo ove si trovava in nascondiglio, e con impeto disse:<<Ahà! V’ho beccato, caro lo mio dottore, tramar contro il paese. Birba! Siete simile ad un rinoceronte, anzi lo siete per vero!>>. Udendo codeste parole, un uomo, certo Gaestano Iannemon, apparve da dietro un carretto malmesso ed esclamò:<<Nel mezzo vile maccanico! Le faccio passar io la voglia di accusar le genti! Non confondiamo i ruoli: quest’uomo è un ippopotamo, io son il rinoceronte!>>, di fronte all’errore fece ammenda:<<Domando scusa. Del vero, voi siete il rinoceronte, mentre quel dottore l’è un ippopotamo!>>. Detto ciò, scorgendo all’orizzonte i contorni del capo guardia, tutti disparsero. Continua………Albert Einstein
 
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