Creato da shockportatile il 05/11/2006

In Esistente

il caos è una festa ben riuscita

 

Vergini di cemento

Post n°130 pubblicato il 11 Gennaio 2008 da shockportatile
 



'lasciami qui

lasciami stare

lasciami così

non dire

una parola che

non sia d'amore

per me

per la
mia vita che
è tutto quello che ho

e tutto quello che io ho

e non è ancora

finita

è tutto quello che io ho

e non è ancora

finita

finita

finita'

Annarella - cccp




***

Ora mostrava i denti al vento delle nove del mattino, Annarella.
Sentiva ancora la mano fredda della psicologa della scuola posata sul suo pugno stretto, fascio di tendini e solitudine.
- "Ti fidi degli adulti?"
- "Come no"
- "Torna"
- "Certo"
Non aveva portato neanche lo zaino, uscì dall'edificio da un buco nella rete che dava su una strada di villette e ippocastani dalle foglie gialle.
Cemento bagnato dalla pioggia della notte. Niente sciarpa, niente guanti. Stivali. Passi veloci, qualche occhiata alle spalle. Nemmeno un amico che avrebbe potuto fargli cambiare idea. I suoi genitori internati nelle rispettive fabbriche ad almeno quindici chilometri da lì.
Andava a scuola ogni quattro giorni, giusto il tempo per non dover presentare il certificato medico. Così da un mese.
Aveva conosciuto un ragazzo. Poi tutti i suoi amici. Ragazzi che non lavoravano, passavano la mattina nel letto e il pomeriggio al campo di calcio ad allenarsi. Lei era la nuova ragazza di uno di loro. Non il più forte e il più rispettato, o temuto, ma comunque di uno di loro.
Si fermò alla prima cabina telefonica che incontrò. Gettone di rame, dita smaltate di nero su tasti d'argento.
- "Pronto Emiliano, posso venire da te."
- "Come no."
- "Allora vengo"
- "Certo"

Il palazzo perdeva l'intonaco grigio come gli alberi a fianco perdevano le foglie.
Il portone era aperto, le cassette della posta poggiate a terra.
Le scale non facevano niente per nascondere grumi di polvere invecchiata.
Si sentiva odore di cibo, indefinibile.
Terzo pianerottolo, destra o sinistra, solo fortuna: sinistra.

Dentro l'appartamento era come il palazzo da fuori. Scorticato, scritto, poco arredato. Un vetro rotto nella porta della camera di Emiliano.
Lui le offrì un bicchiere d'acqua.
Lei preparò il caffè, che venne su cattivo come se ci fosse l'acido nei fori del filtro.
Lo bevvero in silenzio. Poi lui le chiese se le andava di fare l'amore.
Lei non parlò. Tirò su la cerniera del giubbotto e poi mosse il capo. Verticalmente.
La prese per mano, il pugno si sciolse, dita lunghe e bianche che intrecciano dita calde, polpastrelli sporchi di hashish e verginità.
Si tolsero solo i pantaloni e le mutande. Lei anche il giubbotto. Nessuno dei due accese lo stereo.
Si infilarono sotto le coperte e riuscirono a fare quello che c'era da fare, senza capire, entrambi, cosa ci fosse di bello nel guardare, lei, un soffitto macchiato di muffa, lui, un lenzuolo sporco.

Lo capirono solo molto tempo dopo, con altre persone, ma quello fu il giorno in cui scoprirono la poesia.
Amara.





[Img: just for one day IV - Botto&Bruno]


 



 

 
 
 

Specchio

Post n°129 pubblicato il 09 Gennaio 2008 da shockportatile
 




Sto,

un intero giorno,

a fare e disfare il mare.


























[ minchia che fatica!]

 
 
 

Di Eva e di altre tristezze

Post n°128 pubblicato il 06 Gennaio 2008 da shockportatile
 

Ci sono due specie di persone.
Ci sono quelli che vivono, giocano e muoiono.
E ci sono quelli che si tengono in equilibrio sul crinale della vita.
Ci sono gli attori.
E ci sono i funamboli.

da "Neve" di M. Fermine



***


Questa casa è così fredda. Non capisco come mai le lancette degli orologi non
gelino i minuti. Un tempo fermo, nessuno lo ha mai visto nè inventato.
Uno
scialle nero, vecchio come una tomba, mi copre le spalle. Ogni tanto ci
affondo il mento e le labbra, poi ne esco e respiro. Sono nuvole di
vapore.
D'estate la casa è
calda, ma l'inverno è cominciato oggi e non rieco a vedere la fine ora
che sono all'inizio. Mi crogiolo in questa missione, in un viaggio di
sopportazione tutto mio: sopportare e sopravvivere, al freddo, sospendersi, senza
fede in un miracolo: uno scopiettio di legna e fiamme in un camino. Non
sogno neve. Non vedo domani.
Domani
però mi troverà qui nel mio scialle, nelle mie tazze sporche dentro il
lavandino, nei capelli caduti sul pavimento e nei ciclamini rossi sulle
finestre. Ciclamini che la continua pioggia spampana, piega e
abbruttisce.

Ho mani fredde di vecchia, sangue di brodo e nessuno orgasmo da ricordare.
Due anni fa la sua ultima lettera.
Letta
e riletta una decina di volte, poi l'inverno cominciò anche quell'anno
e la poggiai sulla soglia della porta , fermata agli angoli da quattro
pietre raccolte vicino a uno stagno nell'estate del nostro amore.
Affacciandomi
alla porta a vetro, vedevo ogni giorno le parole divenire macchie
sempre più chiare, il foglio lacerarsi, il ricordo svanire per divenire
dolore nel vivere.

Quando uscivo non la calpestavo, saltavo anche i rivoli che da essa si diramavano, fino a quando non divenne parte delle pietre che la sostenevano, compreso il macigno che ho per cuore.


Non poteva essere definita una lettera d'amore, forse una lettera d'addio, era una pagina scritta solo su un fronte.
Non iniziava con 'Cara Eva' ma solo col mio nome. Il primo nome che una donna ha meritato.
Diceva... diceva che il mio unico figlio lontano era morto di una malattia che fa sorridere gli occidentali. Il mio unico figlio sputato dalle mie reni tra le sofferenze di incomprensioni e incompassioni era stato ucciso da un essere invisibile.
E che ormai più nulla legava il padre e la madre di questa sventurata creatura, abbandonata dalla sconsiderazione e dalla paura del non saper d'esser capaci d'amare una creatura nuova.

Dove vivo non importa. Ho alberi possenti che sconquassano il tetto e bussano sui vetri delle finestre. Negli spiragli di esse potrebbero entrare i loro rami e arrivare al mio letto, e nel mio letto aiutarmi a soffocare questa vita che non è più vita.


 
 
 

Post N° 127

Post n°127 pubblicato il 31 Dicembre 2007 da shockportatile

Menomale che domani lavoro, non dormirò per carità, ma me lo pagano festivo!

Auguri, tanti a tutti.       ( sia quel che volete che sia, insomma )

Maru




 
 
 

Prigioniere

Post n°126 pubblicato il 03 Dicembre 2007 da shockportatile
 


Prisoner - Douglas Ross

***

Un'altra collina lontana.


Lumi in lontananza oscillano, sfarfallano, non si spengono, si fermano, vacillano, traballano, tentennano fino al mattino.
O se Laura chiude gli occhi, allora spariscono per un'istante, poi ritornano finti e impressi nelle palpebre chiuse.
Formiche solitarie di varie dimensioni ispezionano la strada illuminata da un lampioncino e deserta, se non fosse per quella figura chiara seduta sulla soglia di una porta a vetri.
La figura è una donna vestita di una maglietta bianca un po' più grande della sua taglia che le copre anche una parte delle cosce abbronzate. Una sigaretta arde tra le labbra. Un bicchiere da vino ma con un po' di rum gli fa da compagno.

Esce un'altra donna con un vestito nero e capelli ricci. Altra sigaretta, altro bicchiere di vino pieno di rum.

La contrada vive del languire di cani alla catena e di passi di gatti randagi tra sterpaglie e mattoni abbandonati.
I telefoni non prendono.

Il tempo è fermo su minuti che arriveranno.

Non resta che uccidere vespe riunite intorno alla lampada esterna della casa e nutrire così grappoli di formiche affamate.


 
 
 

Il vino è buono e io sono allegra

Post n°125 pubblicato il 16 Novembre 2007 da shockportatile
 
Tag: U.G.I.


Non siamo macchine, siamo motori.
Non siamo piante, siamo fiori.
Non siamo mine, ma detonatori.









 
 
 

Correva l'anno ...

Post n°124 pubblicato il 16 Novembre 2007 da shockportatile
 



M: Come stai?
M: Ma guardi ... sto parecchio bene oggi, domani e anche domani l'altro se è possibile.
M: Ma quella che ha sul tavolo è crema depilatoria?
M: Si, una apposita per le gambe, l'altra per la zona bikini nonche per le ascelle.
M: E cosa sta bevendo?
M: Un vino novello, ieri sera ero senza vino e sono scesa al piano di sotto, certa che mio padre lo avesse. "Posso prenderlo?" e ora bbbevo!
M: Ma lei beve molto?
M: Se potessi bevrei anche di più. I rapporti sociali quotidiani mi bloccano dal divenire una Bukowsky con i controcoglioni.
M: E' stanca?
M: Sono pronta.
M: A cosa?
M: A partire per i colli umbri. Forse riuscirò a montare per la prima volta a cavallo!
M: Dove era l'anno scorso a quest'ora?
M: A casina con mio figlio, forse preparavo una valigia, più probabilmente no, dato che è sempre l'ultima cosa che faccio. Comunque il giorno dopo ero a Roma.
M: Ma beve per festeggiare?
M: Si, la vita e il mio compleanno domani.
M: Ma non si sente neanche un po' deficiente a farsi le domande e a darsi le risposte da sola?
M: Mi sento deficiente ogni giorno, infatti sono felice nonostante tutto ( mondo e vita privata che quando scalciano fanno male).
M: Allora è una persona superficiale?
M: Non mi reputo tale e non compio atti che possono farmi reputare tale. Ma ad altri occhi probabilmente lo sono.
M: Monotona come una mungitura. Nei suoi ventotto anni di vita, il giorno più bello?
M: La mattina del ventisei luglio duemilauno quando mi hanno appoggiato per la prima volta mio figlio sul petto.
M: La più brutta?
M: Sempre il ventisei luglio duemilauno, quando hanno iniziato a ricucirmi.
M: Di cosa si pente?
M: Di aver perso (?) un'amica per pigrizia e nuovi percorsi intrapresi.
M:Di cosa è felice?
M: Sono orgogliosa di me stessa. O orgogliona, che è uguale.
M: Il compleanno è un po' come il capodanno. Cosa vuole dal nuovo anno?
M: Niente di più di ciò che ho. Oddio, vorrei rivedere tante persone , viaggiare non lontano, non mi importa di andare a Vancouver o a Pechino, mi basta Roma, Rimini, Bari.
M: Cosa le fa male adesso?
M: Il braccio destro, l'altro giorno ho un po' esagerato nella velocità di pulizia delle sale.
M: Potesse dire una frase a una persona adesso, cosa direbbe e a chi?
M: Me lo tengo per me, dato che ancora è pensiero informe, sentimento e basta. Ma sempre a mio padre. Ad ognuno il suo rapporto amore-odio.
M: Vuole aggiungere altro? L'ultimo sogno fatto, che ne so, cosa ha mangiato a colazione o a pranzo?
M: No, devo correre a fare la valigia e la disboscazione.
M: Crede che chi leggerà questa auto-intervista le farà gli auguri?
M: Spero di ricevere gli auguri dalle persone che un minimo mi stimano e conoscono, il resto è in più.
M: Cosa desidera in regalo?
M: Un fegato nuovo che questo lo devo distruggere e tante visioni che mi abbelliscano la vita: quadri, panorami, volti, persone, parole, sogni.

Va bene così, oh yeah.


p.s: dato che non ho scritto niente di triste, almeno l'immagine di Witkin me la concedo.

 
 
 

Untitled

Post n°123 pubblicato il 13 Novembre 2007 da shockportatile
 

Te ne sei andata una mattina d'autunno.
Dopo il caffè.
Dopo una sigaretta, un sorriso e un ciao.
Hai preso l'ombrello azzurro, appoggiato vicino al portone d'ingresso e sei uscita sotto un temporale, un cielo grigio, una luce smorzata da nuvole pesanti e basse.

Quando sono rientrato la sera con una bottiglia di glen grant per me e una di grappa barricata per te, neanche me ne sono accorto del foglio a quadretti infilato sotto la porta.
Era strano non trovarti, dopo due settimane insieme, era strano, ma non impossibile.

Sul biglietto sei parole, due punti e una virgola: "Ti ringrazio Valerio. Forse, ci rivedremo."
Ho sorriso, mi sono detto è uno scherzo, poi nell'acqua che gorgogliava nella pentola in cucina ho buttato metà della pasta che avevo preparato.
L'altra l'ho lasciata nel piatto fino al giorno dopo, quando ho capito che realmente non saresti rientrata.

Il fatto è che passano i mesi e mi sembra di aver vissuto e dormito con un fantasma, con una non troppo riuscita corporizzazione dei miei desideri. D'altronde a me piacciono le more e tu eri bionda e troppo mingherlina. Ma simpatica, fin troppo simpatica.
Mi ripeto "sono fortunato, è finita prima che la storia si deteriorasse nella monotonia. In due settimane non eravamo diventati monotoni!".

Da quel giorno, come se i miei occhi si fossero aperti nuovamente ad un guardare infantile, mi accorgo di tante cose che prima non vedevo.
Nella finestra col vetro rotto dell'appartamento disabitato al secondo piano vivono dei piccioni. Ogni tanto si affacciano, poi rientrano o volano via. Chissà se depongono lì le loro uova e se stanno lì i loro piccoli. Non ho mai visto un piccione piccolo. Forse neanche tu.
Verticalmente su l'ultimo gradino all'entrata di casa c'è una patina verde di muffa. Il lavandino esterno è disegnato da ragnatele che non oso distruggere perchè vedere le perle d'acqua il giorno dopo la pioggia mi incanta per almeno cinque minuti.
La polvere sui comodini ritorna dopo due giorni.
L'edera del vicino non muore neanche d'estate.
La mia vicina, la soprano che sorride sempre, ha gli occhi azzurri.

E tu te ne sei andata.
E io mi sento un po' come eri tu allora, in quei giorni con me. Una persona appena disegnata, un po' scarabocchiata, come colorata da un bimbo di quattro anni che prova a stare nelle linee, ma inevitabilmente esce e non riempie. Colorata a pezzettini, non con precisione. Colorato a strisce anch'io, confusamente.
Mi hai lasciato nelll'indefinitezza dell'essere, nell'essere incertamente uomo.
Ancora penso che tu in realtà non sia esistita affatto e solo in quel momento lo stomaco torna nella sua posizione normale. A due passi dal cuore.


Untitled- E. Fischl

 
 
 

Ordinario

Post n°122 pubblicato il 23 Ottobre 2007 da shockportatile
 




***


Chissà se lo hai trovato stamattina
il mio orecchino sul tuo comodino.
Stanotte mentre dormivi
e io ti guardavo,
sospesa sugli odori del cuscino,
ad ascoltare il ronzio delle incongruenze
- dei giorni mai uguali -
mischiato allo scarico del lavandino
dell'insonne vicino,

mi dava fastidio
e nella penombra arancione,
l'ho appoggiato
tra un telecomando e un bicchiere vuoto,
tra un si, un forse e un altro si.

Chissà se lo hai trovato,
stamani scostando il piumone
facendo piovere nell'aria chiusa
il nostro calore.

Chissà se lo hai messo insieme
ai tuoi anelli d'argento,
dentro un cassetto
o se è caduto involontariamente sotto al letto.

Un tintinnare debole, inesistente.
Come alcuni passaggi, come alcune notti d'amore.
Inesistenti.
In esistenti
Nell' esistente.

 
 
 

La guerra per la pace di un bacio

Post n°121 pubblicato il 17 Ottobre 2007 da shockportatile
 






In un letto
il tumulto di una donna
muta lacrime in pece d’inferno

Aspetto ancora la cura
intrappolata nei tuoi occhi chiusi.




 
 
 

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