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Post n°3 pubblicato il 12 Giugno 2007 da alinamar

Co.Co.Pro.
Questa nuova tipologia contrattuale è stata introdotta dalla legge 30 del 2003, che ha operato una radicale riforma del mercato del lavoro.
Riportiamo, quindi, le definizioni e i riferimenti giuridici delle collaborazioni a progetto, accompagnati dal commento di NIdiL-Cgil.

Cosa si intende per collaborazione a progetto
Così come nella collaborazione coordinata e continuativa, anche nella collaborazione a progetto (co. pro.), introdotta dalla legge 30/03, la differenza con il lavoro autonomo è che il collaboratore agisce in modo prevalentemente personale, in assenza di rischio economico, senza mezzi organizzati d’impresa e in funzione del risultato da raggiungere.
La nuova legge indica anche che il collaboratore a progetto non è un lavoratore dipendente e che perciò non deve essere sottoposto a vincoli di subordinazione.
Il co. pro., quindi, per essere tale deve svolgere la sua attività in base al progetto o programma di lavoro assegnatogli dal committente, ma può gestire autonomamente la propria attività. Inoltre, a differenza del lavoro dipendente, il committente non deve esercitare su di lui il potere direttivo e il potere disciplinare.
Successivamente, però, la circolare del ministero del Lavoro 1/04 ha sancito che l’autonomia del collaboratore a progetto deve necessariamente essere compatibile con le possibili richieste del committente di coordinamento con la propria attività. Di fatto, quindi, l’autonomia del collaboratore nello svolgimento della prestazione lavorativa viene indebolita, e di conseguenza vengono rafforzati i vincoli dell’orario e del coordinamento funzionale all’organizzazione dell’impresa.
Le norme di riferimento per il contratto a progetto sono: la legge 30/03 e il conseguente decreto applicativo 276/03 (articoli da 61 a 69) e l’art. 409 del Titolo III del codice di procedura civile; la legge di riforma previdenziale 335/95 con le successive modifiche e, in materia fiscale, il Testo unico delle imposte dirette unitamente alla legge 342/00 che interviene in materia di assimilazione fiscale al lavoro dipendente.

Riconducibilità a un progetto o programma di lavoro o fasi di esso
La principale novità introdotta dalla legge 30/03, che differenzia le collaborazioni a progetto dagli altri contratti di collaborazione coordinata e continuativa, è che i contratti di collaborazione a progetto devono contenere l’indicazione di uno o più progetti specifici o programmi di lavoro o fasi di esso determinati dal datore di lavoro (committente) e in base ai quali saranno stipulati i contratti individuali di lavoro.
L’indicazione del progetto, programma di lavoro o fase di esso è essenziale.
Qualora manchi questo riferimento, la legge stabilisce che il giudice può considerare il contratto a progetto “lavoro subordinato a tempo indeterminato”, sin dalla data della loro costituzione (circolare ministero del Lavoro 1/04).

Cosa s’intende con il termine “coordinata”
Nello stabilire le modalità di questa prestazione lavorativa, la parola “coordinata” indica la necessità di sincronizzare l’attività del lavoratore al ciclo produttivo del committente.
Il decreto applicativo della legge 30/03 ha introdotto, anche, il concetto che il coordinamento con l’organizzazione del lavoro del committente va realizzato in funzione del risultato da raggiungere, ma indipendentemente dal tempo impiegato per l’attività lavorativa.
Teoricamente, quindi, la durata del contratto è definita dal progetto o programma di lavoro o fasi di esso, ma non ci sono limiti di tempo nell’esecuzione della prestazione.
Il decreto attuativo della legge 30/03, in palese contraddizione, stabilisce contemporaneamente che il lavoratore a progetto gode di autonomia nelle modalità di esecuzione della prestazione ma, all’interno del contratto individuale, è possibile anche prevedere forme temporali di coordinamento per l’esecuzione della prestazione lavorativa. Questo significa che nel contratto individuale si può legittimamente definire anche un orario preciso della prestazione.

Cosa s’intende con il termine “continuativa”
Per la giurisprudenza, con la parola “continuativa” si indica una serie di prestazioni lavorative reiterate in misura apprezzabile nel tempo, frutto di un accordo tra le parti.
Nel contratto a progetto la legge non prevede un tempo minimo o massimo della collaborazione, ma dispone che, nei contratti individuali, debba essere indicata la data di inizio e di fine del rapporto di lavoro.
Diversamente dalle collaborazioni coordinate e continuative, non è possibile rinnovare lo stesso contratto di collaborazione a progetto. È possibile, però, stipulare con lo stesso committente nuovi contratti di collaborazione a progetto.

La forma del contratto a progetto
Il contratto a progetto, per essere valido, deve essere stipulato in forma scritta.
La mancanza del contratto scritto, quindi, può essere utilizzata come prova dell’esistenza di un rapporto di lavoro diverso da quello a progetto.
Il contratto individuale della collaborazione a progetto deve contenere:

  • la durata, determinata o determinabile, della prestazione di lavoro.
  • l’indicazione del progetto o programma di lavoro o fasi di esso. La legge non sancisce l’obbligo di allegare la copia del progetto o programma di lavoro ma, al contrario, indica di inserire nel contratto individuale solo il “contenuto caratterizzante” del progetto, programma di lavoro o fasi di esso.
  • il compenso e i criteri per la sua determinazione, nonché i tempi, le modalità di pagamento e la disciplina dei rimborsi spese. La circolare del ministero del Lavoro 1/04, aggravando le già deboli condizioni economiche dei collaboratori, ha stabilito che per la definizione dei compensi non si deve far riferimento alle retribuzioni dei lavoratori dipendenti, ma alle tariffe dei lavoratori autonomi praticate nei diversi territori, spesso inesistenti o difficilmente individuabili. Questo, di fatto, consegna la definizione dei compensi alla discrezionalità dei committenti;
  • le forme di coordinamento con il committente sull’esecuzione, anche temporale, della prestazione lavorativa. Queste forme, in ogni caso, non possono essere tali da pregiudicare l’autonomia del collaboratore nell’esecuzione lavorativa;
  • le eventuali misure per la tutela della salute e sicurezza del collaboratore.


LA LEGISLAZIONE SUL CONTRATTO A PROGETTO: L’OPINIONE E LE AVVERTENZE DI NIDIL-CGIL
Caratteristiche ed elementi critici della nuova legge sulle collaborazioni a progetto
Abbiamo dedicato questo paragrafo a un commento dettagliato degli articoli del decreto attuativo 276/03 della legge 30/03 e relativi alle collaborazioni a progetto.
Questa scelta nasce dalla necessità di mettere a fuoco i risvolti che la legge produce sulle concrete condizioni di lavoro e di vita dei collaboratori a progetto, al di là dei proclami spesso fuorvianti del governo.
Speriamo, inoltre, di fornire così ai lavoratori notizie utili per evitare il più possibile trappole o abusi.

 
 
 
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