« caro ministro | Messaggio #12 » |
Il dibattito sul lavoro precario, una realtà che ormai riguarda almeno due generazioni, è, a mio modesto parere, viziato da alcuni luoghi comuni e da carenza di informazioni. Cominciamo dalla Legge Biagi. Sgomberiamo il campo dall'idea che la legge 30 abbia creato il lavoro precario nel nostro paese. Infatti a livello legislativo le misure di flessibilità nel mercato del lavoro sono state massicciamente introdotte con il pacchetto Treu del 1997. Se non sbaglio votò a favore anche Rifondazione. Vero è che la legge 30 ha forse allargato alcune maglie nella disciplina previgente, ma non ha avuto questo impatto rivoluzionario. In fondo il contratto a progetto è uguale al cococo, ha cambiato solo nome. è anche vero che la legge 30 ha previsto degli strumenti che rendono più facile la lotta a certe odiose forme di sfruttamento. Tutto abbiamo applaudito quando gli ispettori del ministero del lavoro hanno sanzionato i call center e ordinato la trasformazione dei contratti in essere in contratti di lavoro subordinato. Ebbene, tali provvedimenti sono stati previsti dalla legge 30. Invece dal dibattito è quasi del tutto assente il tema degli ammortizzatori sociali. In tutti i paesi con una forte flessibilità del lavoro è previsto un sistema di ammortizzatori sociali, che serve sia a garantire la sopravvivenza quando il lavoro non c'è, sia a integrare il reddito quando questo è troppo basso. In realtà il Libro Verde di Marco Biagi proprio a questo modello, la cosiddetta flexicurity, si ispirava. Peccato che quando si è trattato di tradurne il legge il contenuto questa parte se la siano dimenticata, come s el'erano dimenticata quelli che avevano elaborato il pacchetto Treu. L'Italia è l'unico paese occidentale che non ha una rete di protezione sociale nei confronti di disoccupati e indigenti, soprattutto se giovani. Invece si spendono tante risorse per mandare la gente in pensione a 56 anni con il 90% dell'ultima retribuzione. E i sindacati fanno tassare i precari al 40 per cento per trovare le risorse necessarie a sostnere questo sistema. E poi il problema del lavoro, precario o no, è rappresentato dalla mancanza di investimenti. Questo paese fa paura agli investitori stranieri a causa della burocrazia, del fisco punitivo, della giustizia lenta, ma anche a causa della nostra maledetta cultura che ci rende allergici al rispetto delle regole, per non parlare della criminalità organizzata che rende certe regioni più simili alla Colombia più che a un paese europeo. |
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