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«Studiato in tutto il mondo, tu sei stato quasi dimenticato in Italia. Forse oggi anche la sinistra italiana non ama più il pensiero, forse anch'essa è salita sul carro della cultura intesa come esibizione e spettacolo»  - [GIULIANO GRAMSCI - lettera al padre Antonio Gramsci]

 

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IL CASO MORO

16 marzo: alle ore 9,15 un commando di brigatisti rossi (composto secondo le risultanze dei processi, da nove persone più una vedetta) tendono un agguato in via Mario Fani ad Aldo Moro, Presidente del Consiglio nazionale della DC, mentre va a Montecitorio per il dibattito sulla fiducia al 4° governo Andreotti, il primo governo con il sostegno del Pci. In pochi secondi i brigatisti uccidono i due carabinieri che accompagnano Moro e i tre poliziotti dell'auto di scorta. L'on. Moro viene caricato a forza su una fiat 132 blu. Poco dopo, le Brigate Rosse rivendicano l'azione con una telefonata all'Ansa...

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Post N° 87

Post n°87 pubblicato il 12 Maggio 2008 da sinistracologno

SCHIFANI E LE SUE AMICIZIE MAFIOSE...

Marco Travaglio è abituato a finire nei guai. Accade che sabato sera Fazio invita a Che tempo che fa il giornalista presenza fissa di Anno zero. E Travaglio cita le amicizie mafiose del neo presidente del Senato Renato Schifani. Apriti o cielo.

«Una volta avevamo De Gasperi, Einaudi, De Nicola, Merzagora, Parri, Pertini, Nenni, Fanfani - racconta Travaglio - uno passa tutta la trafila e poi vede Schifani e dice: "C'è un elemento di originalità". Seconda carica dello stato Schifani: mi domando chi sarà quello dopo, la muffa probabilmente, il lombrico. Dalla muffa si ricava la penicillina tra l'altro, era un esempio sbagliato». Dopo aver detto che: «I politici comandano sulla televisione… intanto stanno cercando di far fuori
Anno Zero mettendo insieme Commissione di vigilanza, Cda e Autority, tre organismi che tappano la libertà d'informazione», arriva il momento clou: «…è chiaro che se il clima politico induce a un rapporto di distensione tra l'opposizione e la maggioranza, e Schifani ha avuto amicizie con dei mafiosi, non si scrive che Schifani ha avuto amicizie con dei mafiosi, perché non lo vuole né la destra né la sinistra… ma io devo fare il giornalista, devo raccontarlo…».

A Fazio non basta dissociarsi in diretta tv con quanto detto dal suo ospite. Non gli basta ripetere come un disco rotto per tutto il corso dell’intervista: «Tanto non saremo mai d'accordo e neanche ci voglio provare», «Ma lascia stare», «Mi tocca dissociarmi sempre con te, non sono d'accordo su niente». Ormai si è scatenato il polverone. Il presidente dei senatori del Pdl, Maurizio Gasparri minaccia immediatamente azioni giudiziarie e "conseguenze di tipo politico": «Ancora una volta - scrive in una nota - il cosiddetto servizio pubblico della Rai viene messo a disposizione, senza contraddittorio, dalla condotta diffamatoria di Marco Travaglio». «Un problema che investe anche i vertici della Rai e in particolare il direttore generale il cui mandato per fortuna cessa tra venti giorni per la scadenza di legge». «Di Fabio Fazio, megafono della calunnia, non vale nemmeno la pena parlare», coclude.

«Mi dissocio dalle affermazioni di Marco Travaglio - corre ai ripari il direttore di Rai Tre Paolo Ruffini. Sorvoliamo sull’affermazione del ministro Matteoli che parla di "vergognosa imboscata".
«Ho solo citato un fatto scritto già nel mio libro e in quello di Lirio Abbate, giornalista dell'Ansa minacciato dalla mafia, e cioè che Schifani ha avuto rapporti con persone poi condannate per mafia - spiega da parte sua Travaglio - o hanno il coraggio di dire che Lirio Abbate è un mascalzone e un mentitore, oppure si deve avere il coraggio di prendere nota di ciò che scrive sulla seconda carica dello Stato, e di chiedere alla seconda carica dello Stato di spiegare i rapporti con quei "signori" che sono stati poi condannati per mafia… Ma oggi nemmeno alla sinistra interessa prendere atto di queste cose… è un dramma».

Giusto per non smentirlo anche il Pd accorre in difesa di Schifani.

fonte: libero.it

 
 
 
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