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IL CASO MORO

16 marzo: alle ore 9,15 un commando di brigatisti rossi (composto secondo le risultanze dei processi, da nove persone più una vedetta) tendono un agguato in via Mario Fani ad Aldo Moro, Presidente del Consiglio nazionale della DC, mentre va a Montecitorio per il dibattito sulla fiducia al 4° governo Andreotti, il primo governo con il sostegno del Pci. In pochi secondi i brigatisti uccidono i due carabinieri che accompagnano Moro e i tre poliziotti dell'auto di scorta. L'on. Moro viene caricato a forza su una fiat 132 blu. Poco dopo, le Brigate Rosse rivendicano l'azione con una telefonata all'Ansa...

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Post N° 97

Post n°97 pubblicato il 05 Luglio 2008 da sinistracologno

Gianni Pagliarini

Alla base del dramma-infortuni, vera e propria emergenza nazionale, c'è innanzitutto un problema politico e culturale di gravissima sottovalutazione del fenomeno, che nasconde a sua volta la pretesa di occultare la realtà messa in atto da una parte del sistema delle imprese



Quante volte ancora dovremo dire 'basta' per fermare la strage di vite umane? Oggi se lo sono chiesto i sindacati pugliesi, nel corso dello sciopero indetto dai lavoratori dell'Ilva contro gli ennesimi omicidi bianchi perpetrati nello stabilimento tarantino. Ma la domanda risuona come un tormentone da anni, sotto i capannoni e in cima ai cantieri.
Fino allo scorso aprile risuonava anche nelle stanze della politica, dove il precedente governo e i due rami del Parlamento avevano lavorato alacremente per raggiungere la quadra attorno al nuovo Testo Unico sulla salute e la sicurezza atteso da trent'anni. Da quando però a palazzo Chigi siede Silvio Berlusconi si respira altra aria, l'aria mefitica dell'incombente controriforma.

Perché non è affatto vero che le destre snobbino il lavoro e i lavoratori: se ne occupano anzi moltissimo, al punto che i primi provvedimenti strombazzati dai ministri sui mass media ci hanno illustrato le reprimende ai cosiddetti 'fannulloni' del pubblico impiego, i tagli alla scuola pubblica e, appunto, un senso di manifesta insofferenza nei confronti degli aspetti "punitivi" verso le aziende inadempienti sul tema della sicurezza nei luoghi di lavoro.

A questo proposito l'Ilva è pericolosamente recidiva: toccò a me, in qualità di presidente della Commissione Lavoro di Montecitorio nella quindicesima legislatura, organizzare un sopralluogo nello stabilimento siderurgico tarantino, in quanto caso esemplare di insicurezza. Mi fu sufficiente ricordare i dati degli infortuni registrati in quella fabbrica (duemila all'anno, che raddoppiano considerando l'indotto) per essere platealmente attaccato a mezzo stampa dal proprietario, Emilio Riva. Ho voluto ricordarlo perché alla base del dramma-infortuni, vera e propria emergenza nazionale, c'è innanzitutto un problema culturale di gravissima sottovalutazione del fenomeno, che nasconde a sua volta la pretesa di occultare la realtà messa in atto da una parte del sistema delle imprese.
Un governo attento a quanto accade nella società dovrebbe stimolare tutti i soggetti interessati dal fenomeno a fare la loro parte: dalle imprese ai sindacati, dagli ispettori alle istituzioni locali. Invece basta scorrere i titoli di un qualunque telegiornale per ritrovarsi catapultati in ben altre emergenze: dai pericolosissimi bambini rom alle leggi ad personam a beneficio del premier.
E mentre l'inflazione galoppa, palazzo Chigi cerca di mettere il sigillo su un tasso di inflazione programmata che rappresenta una presa in giro per i milioni di lavoratori che non arrivano alla fine del mese.

Accennavo prima al nuovo impianto legislativo che dovrebbe porre un freno agli infortuni sul lavoro, visto che per la prima volta una legge tiene assieme in modo organico le esigenze di prevenzione e repressione, formazione e informazione. Lo scorso Parlamento riuscì a votarla al fotofinish. All'attuale maggioranza chiediamo di manifestare un briciolo di serietà e di senso dello Stato: abbia il coraggio di iniziare ad applicarla, abbia il coraggio di sfidare Confindustria anche sul terreno sanzionatorio. Sappiamo che non lo farà. Diciamo fin d'ora che non accetteremo le lacrime di coccodrillo.

*Segreteria nazionale Pdci

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