Creato da sinistracologno il 18/02/2007
Se hai voglia di discutere e approfondire le tematiche sociali e politiche della tua città, in rapporto a eventi nazionali e internazionali, sei nel posto giusto!

frasi celebri

 

«Studiato in tutto il mondo, tu sei stato quasi dimenticato in Italia. Forse oggi anche la sinistra italiana non ama più il pensiero, forse anch'essa è salita sul carro della cultura intesa come esibizione e spettacolo»  - [GIULIANO GRAMSCI - lettera al padre Antonio Gramsci]

 

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IL CASO MORO

16 marzo: alle ore 9,15 un commando di brigatisti rossi (composto secondo le risultanze dei processi, da nove persone più una vedetta) tendono un agguato in via Mario Fani ad Aldo Moro, Presidente del Consiglio nazionale della DC, mentre va a Montecitorio per il dibattito sulla fiducia al 4° governo Andreotti, il primo governo con il sostegno del Pci. In pochi secondi i brigatisti uccidono i due carabinieri che accompagnano Moro e i tre poliziotti dell'auto di scorta. L'on. Moro viene caricato a forza su una fiat 132 blu. Poco dopo, le Brigate Rosse rivendicano l'azione con una telefonata all'Ansa...

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Post N° 100

Post n°100 pubblicato il 02 Ottobre 2008 da sinistracologno

http://espresso.repubblica.it/dettaglio/Alitalia-e-salva-Chi-vince-e-chi-perde/2042788&ref=hpstr2 

Alitalia è salva  Chi vince e chi perde?

I sindacati e la Cai hanno raggiunto l'accordo: poco più di 3000 esuberi, cassa integrazione per sette anni per i lavoratori che non saranno assorbiti e un ridimensionamento nel numero di tratte coperte.
Ma viene garantita l'italianità della compagnia. Secondo voi chi esce rafforzato da questa soluzione?
 
Alitalia, dopo anni di crisi e sei mesi di trattative, è salva. Cgil, Cisl, Uil e Ugl hanno firmato l'accordo con la Compagnia Aerea Italiana (Cai). Gli esuberi saranno poco più di 3000 - con Air France sarebbero stati circa la metà - i contratti di lavoro saranno rivisti per aumentare la produttività e il numero di aerei e di tratte coperte dal nuovo vettore sarà ridimensionamento. Viene preservata l'italianità della compagnia, mentre c'è ancora incertezza sul partner internazionale: la Cai si riserva di scegliere tra Air France o Lufthansa dopo aver visto le loro offerte.

Nel magma di dichiarazioni, prese di posizione e controproposte che hanno portato a questa soluzione è difficile distinguere vincitori e vinti, politicamente o economicamente.

La politica. Il governo Berlusconi ha garantito l'italianità come promesso in campagna elettorale, ma ha faticato a gestire il tavolo con i sindacati. Veltroni ha rivendicato il loro ruolo del Pd nel giungere all'accordo definitivo, criticando il "bullismo" del governo nel gestire la trattativa a colpi di ultimatum.

Il sindacato e i lavoratori. L'unità dei sindacati esce incrinata dalla trattativa, con la Cgil e il fronte dei piloti che hanno tenuto duro fino alla fine spuntando migliori condizioni. I lavoratori che saranno assunti dalla nuova Alitalia manterranno lo stesso stipendio a fronte di un aumento di produttività; chi rimarrà fuori potrà usufruire della cassa integrazione per sette anni; la Cai garantisce inoltre che eventuali assunzioni saranno fatte tra i precari.

Il mercato.
La Cai, a fronte del rischio di lanciarsi in un mercato in crisi, ottiene il vantaggio di acquistare solo la parte "buona" di Alitalia e sfruttare una posizione di quasi monopolio nella tratta Roma-Milano. Però, per favorire la Cai, il governo ha dovuto fare delle leggi ad hoc e ha sbarrato la strada alle compagnie straniere, ponendo al liberismo economico il limite dell'italianità. Agli italiani rimangono i debiti della 'bad company' e un nuovo vettore italiano che dovrà appoggiarsi a un forte partner commerciale internazionale.
 
 
 

Post N° 99

Post n°99 pubblicato il 29 Luglio 2008 da sinistracologno
Foto di sinistracologno

PROVINCIA DI MILANO: IL SILENZIO DEL PRESIDENTE PENATI

Ecco qui accanto (cliccare sull'immagine) l'articolo del Consigliere Provinciale dei Comunisti Italiani, Luca Guerra, apparso su il Manifesto. Vengono sviluppati i rapporti con l'Amministrazione Penati, con le questioni principali della grabde Provincia di Milano.

 
 
 

Post N° 98

Post n°98 pubblicato il 28 Luglio 2008 da sinistracologno

ECCO IL GRUPPO CREMONINI

Sono stati inaugurati due nuovi ristoranti ROADHOUSE GRILL, che fanno
parte del Gruppo Cremonini. Vi ricordo che il gruppo Cremonini, come
testimoniato da inchieste di REPORT (Rai 3)e come sostenuto anche da
Beppe Grillo, è un'azienda che nel corso degli anni si è distinta per
una serie di azioni illegali a anche criminali.Per citarne alcune: -
vendere carne di bovini di oltre 17 anni come carne di bovini
inferiore ai 24 mesi di età (tale carne è finita negli omogeneizzati
per bambini!)- vendere svariate tonnellate di carne in scatola
AVARIATA a Paesi poveri (guadagnando su incentivi europei per tali
esportazioni) , tra cui la Russia dove Report ha raccontato della morte
di un 12enne dovuta al consumo di tale carne contenente botulino) e
Cuba. Per la morte in Russia un intermediario della Cremonini ha
pagato 150.000 eur o per evitare una denuncia e il blocco delle
importazioni in Russia.Al momento dell'indagine fatta da Report, la
carne che il governo cubano ha respinto dopo alcune analisi (che
confermavano le pessime condizioni di diversi lotti di carne) era
stata imbarcata su una nave, ma non per riportarla in italia per la
distruzione. La nave era destinata all'Angola.La carne avariata verrà
distrutta o venduta agli angolani???Per questo motivo vi invito a non
recarvi nei ristoranti ROADHOUSE GRILL , a divulgare questa mail, a
boicottare anche le altre aziende del gruppoCremonini: autogrill
MOTOcarne MONTANAbar e ristoranti CHEF EXPRESS (treni e aeroporti)
salumi IBISE'carni INALCAsupermercati MARR (diffusi soprattutto in
Romagna e Marche)NB: la carne bovina utilizzata in Italia dai
Mc'Donalds, è fornita dal Gruppo Cremonini.

 
 
 

Post N° 97

Post n°97 pubblicato il 05 Luglio 2008 da sinistracologno

Gianni Pagliarini

Alla base del dramma-infortuni, vera e propria emergenza nazionale, c'è innanzitutto un problema politico e culturale di gravissima sottovalutazione del fenomeno, che nasconde a sua volta la pretesa di occultare la realtà messa in atto da una parte del sistema delle imprese



Quante volte ancora dovremo dire 'basta' per fermare la strage di vite umane? Oggi se lo sono chiesto i sindacati pugliesi, nel corso dello sciopero indetto dai lavoratori dell'Ilva contro gli ennesimi omicidi bianchi perpetrati nello stabilimento tarantino. Ma la domanda risuona come un tormentone da anni, sotto i capannoni e in cima ai cantieri.
Fino allo scorso aprile risuonava anche nelle stanze della politica, dove il precedente governo e i due rami del Parlamento avevano lavorato alacremente per raggiungere la quadra attorno al nuovo Testo Unico sulla salute e la sicurezza atteso da trent'anni. Da quando però a palazzo Chigi siede Silvio Berlusconi si respira altra aria, l'aria mefitica dell'incombente controriforma.

Perché non è affatto vero che le destre snobbino il lavoro e i lavoratori: se ne occupano anzi moltissimo, al punto che i primi provvedimenti strombazzati dai ministri sui mass media ci hanno illustrato le reprimende ai cosiddetti 'fannulloni' del pubblico impiego, i tagli alla scuola pubblica e, appunto, un senso di manifesta insofferenza nei confronti degli aspetti "punitivi" verso le aziende inadempienti sul tema della sicurezza nei luoghi di lavoro.

A questo proposito l'Ilva è pericolosamente recidiva: toccò a me, in qualità di presidente della Commissione Lavoro di Montecitorio nella quindicesima legislatura, organizzare un sopralluogo nello stabilimento siderurgico tarantino, in quanto caso esemplare di insicurezza. Mi fu sufficiente ricordare i dati degli infortuni registrati in quella fabbrica (duemila all'anno, che raddoppiano considerando l'indotto) per essere platealmente attaccato a mezzo stampa dal proprietario, Emilio Riva. Ho voluto ricordarlo perché alla base del dramma-infortuni, vera e propria emergenza nazionale, c'è innanzitutto un problema culturale di gravissima sottovalutazione del fenomeno, che nasconde a sua volta la pretesa di occultare la realtà messa in atto da una parte del sistema delle imprese.
Un governo attento a quanto accade nella società dovrebbe stimolare tutti i soggetti interessati dal fenomeno a fare la loro parte: dalle imprese ai sindacati, dagli ispettori alle istituzioni locali. Invece basta scorrere i titoli di un qualunque telegiornale per ritrovarsi catapultati in ben altre emergenze: dai pericolosissimi bambini rom alle leggi ad personam a beneficio del premier.
E mentre l'inflazione galoppa, palazzo Chigi cerca di mettere il sigillo su un tasso di inflazione programmata che rappresenta una presa in giro per i milioni di lavoratori che non arrivano alla fine del mese.

Accennavo prima al nuovo impianto legislativo che dovrebbe porre un freno agli infortuni sul lavoro, visto che per la prima volta una legge tiene assieme in modo organico le esigenze di prevenzione e repressione, formazione e informazione. Lo scorso Parlamento riuscì a votarla al fotofinish. All'attuale maggioranza chiediamo di manifestare un briciolo di serietà e di senso dello Stato: abbia il coraggio di iniziare ad applicarla, abbia il coraggio di sfidare Confindustria anche sul terreno sanzionatorio. Sappiamo che non lo farà. Diciamo fin d'ora che non accetteremo le lacrime di coccodrillo.

*Segreteria nazionale Pdci

 
 
 

Post N° 96

Post n°96 pubblicato il 06 Giugno 2008 da sinistracologno

Innse Presse: Licenziati 50 operai, ma il lavoro e la protesta continuano

RUBATTINO 04/06/2008 - Ore 6.30 di ieri mattina: la catena di montaggio della Innse Presse si attiva come ogni giorno. Nonostante i 50 lavoratori della storica azienda di via Rubattino, che produce macchine utensili di grandi dimensioni, sabato siano stati licenziati in tronco. Con un telegramma che invitava uno di loro a stare a casa da ieri «perché esonerato dal prestare attività», in permesso pagato fino al 31 luglio. Poi le ferie e da settembre la chiusura della ditta e l’avvio della mobilità per i lavoratori.

DECISIONE IMPROVVISA
Una serrata improvvisa alla quale i dipendenti si sono ribellati subito dando il via a un presidio permanente dopo essere entrati da un ingresso secondario della fabbrica. «Perché l’azienda - spiega Jorge Torre, sindacalista della Fiom che si sta occupando della vicenda - gode di ottima salute. Per questo vogliamo capire le motivazioni reali di questi licenziamenti parlando con la proprietà che al momento è irrintracciabile».

OGGI IL VERTICE
Ma l’aria alla Innse da qualche tempo si era fatta pesante. E per oggi era già previsto un vertice a cinque che, comunque, è stato confermato. Al tavolo delle trattative, oltre al gruppo torinese di Silvano Genta che due anni fa rilevò la fabbrica dopo un fallimento, il Comune di Milano, la Provincia, l’immobiliare Aedes (proprietaria del terreno) e i lavoratori.
L’area ex Innocenti di via Rubattino, infatti, è interessata da un grande progetto di riqualificazione che necessariamente dovrà passare dal Consiglio comunale, visto che in ballo c’è una destinazione diversa della zona oggi classificata come industriale.

LAVORATORI A RISCHIO
«Il gruppo Genta da tempo ribadisce il proprio impegno nell’andare avanti qualora diventasse proprietaria anche del terreno su cui sorge la fabbrica - spiega Fabio Mangiafico, rappresentante della Fiom - Acquisizione che non è mai avvenuta. Per questo temiamo speculazioni ai danni dei lavoratori».

PROSEGUE IL PRESIDIO
Comunisti Italiani e Rifondazione appoggiano la lotta. Oggi, dunque, l’atteso vertice col prefetto Lombardi che si è impegnato a rintracciare il gruppo Genta e con l’assessore milanese allo Sviluppo del territorio, Carlo Masseroli. Da quest’ultimo si attende un chiarimento sul futuro dell’area. Mentre la Provincia si è già espressa per bocca dell’assessore al Lavoro, Bruno Casati, che ieri mattina ha effettuato un sopralluogo in fabbrica: «Questa serrata è inattesa. Sconcerta il fatto, tutto all’italiana, di un’azienda in attivo che dovrebbe lasciare il posto a palazzinari».

Il presidio, intanto, prosegue. Gli operai chiusi in fabbrica hanno deciso di non parlare, ma di continuare a fare quello per cui vengono pagati. Almeno fino al 31 luglio.

tratto da: Cronaca Qui Milano

 
 
 
 
 

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