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Creato da: sinistracritica_2008 il 19/02/2008
L'unico voto utile è a sinistra, non votate Berlusconi,Veltroni e Casini! Distruggeranno il paese!

 

 

Ipocrisia

Post n°35 pubblicato il 26 Febbraio 2008 da sinistracritica_2008
 

Rutelli dice che servono finanziamenti alla cultura, ma mi era il ministro dei beni culturali nel governo Prodi, forse io… ma no il cicoria… e cosa ha fatto?

Nulla naturalmente, questa è la scuola di Veltroni, la scuola dell’ipocrisia dove er cicoria è un esperto.

 
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Giordano: è emergenza democratica giornali e tv vedono solo Pd e Pdl

Post n°34 pubblicato il 25 Febbraio 2008 da sinistracritica_2008
 

 

di Romina Velchi


Dal fioretto alla scimitarra. Franco Giordano sceglie la seconda giornata del comitato politico nazionale per alzare il livello della polemica politica. Non è più il tempo degli scambi di gentilezza (quelli si possono lasciare a Veltroni e Berlusconi); no, adesso c'è da fare una campagna elettorale assai complessa e occorre mettere in campo tutta la propria forza: cioè proporre con convinzione «un'idea chiara di alternativa di società». Con convinzione, sì, perché il tempo della resa dei conti verrà, ma intanto tutti sappiano, è l'avvertimento, che se va male non resteranno che il bipartitismo e le larghe intese.
Giordano vuole uscire dalla posizione difensiva e mettere il Pd di fronte alle proprie responsabilità per il fallimento del governo e dell'Unione: la crisi è stata determinata dal «trasformismo» di alcune componenti del centro; ma sono state le continue «resistenze ad applicare il programma» da parte del Pd il vero motivo dell'implosione. Perciò, «Veltroni non può dire io non c'ero e se c'ero dormivo». Su questo, il Prc non farà sconti all'ex sindaco Veltroni. Così come non gli farà sconti sul piano dell'idea di società da proporre. «E' vero, non siamo nel '53 ma nel 2008 dove ci sono due milioni di lavoratori a termine e più di tre milioni di lavoratori in nero. Noi chiediamo l'assunzione dei precari dopo 36 mesi, una cosa su cui l'associazione presieduta da Colaninno si è sempre opposta. Walter tu che cosa proponi?». E cosa proponi «Walter» per fermare l'emigrazione dal Sud? Di far lavorare questi giovani sul ponte sullo Stretto? O sulla Tav? «Noi proponiamo il salario sociale. E tu?». E ancora, «Walter, ce la fai» a cancellare quella legge medioevale che è la legge 40 o a riconoscere le coppie di fatto? Ebbene, «noi ce la facciamo», attacca Giordano; anzi parafrasando lo slogan del Pd, aggiunge: «Si può fare, si può fare di più di quello che proponi tu».
Ma per proporre questa sfida ed essere veramente alternativi «alle destre» occorre fare i conti con il «black out informativo». E' un allarme democratico, quello lanciato al Cpn di Rifondazione, nel momento in cui il sistema informativo italiano diventa «fattore di mutilazione della democrazia»: tutto lo spazio riservato a due partiti, il resto essendo ridotto a «folclore», a «parti accessorie»; la «società scompare», restano solo le vicende del governo.


E non c'è nulla di casuale, in questo. Tutto concorre all'obiettivo: "americanizzare" l'assetto politico italiano, escludendo, eliminando la sinistra. Che poi è il tema attorno al quale si è dipanato il dibattito del Cpn. Si doveva discutere dei criteri per la presentazione dei candidati al parlamento, ma fatalmente il grosso della discussione ha riguardato la linea politica, le scelte del gruppo dirigente, il simbolo, la Sinistra arcobaleno. Un dibattito non teso (nonostante la manifestazione di protesta a difesa di falce e martello della minoranza dell'Ernesto che si è svolta all'esterno del centro congressi), ma nel quale le posizioni in campo sono state declinate con grande nettezza.
Da una parte coloro che hanno voluto rimarcare la gravità della situazione attuale. «Ci vogliono cancellare - dice senza mezzi termini Musacchio - E' in gioco la nostra stessa sopravvivenza. Se non capiamo questo saremo spazzati via». La Sinistra arcobaleno è lo strumento che permette di «lottare per l'oggi e per il domani», secondo Mascia, perché «questa volta non serve aggrapparsi ai simboli», si deve «sperimentare». E' per questo che Giordano invita tutti a impegnarsi in questa campagna elettorale, anche chi non è d'accordo con il gruppo dirigente: «Più la sinistra sarà forte, meno possibilità ci saranno di larghe intese».


Certo, si ammette una «crisi di capacità politica» (Migliore), riflessione sollecitata dall'editoriale del Manifesto di ieri, molto citato nel dibattito; ma proprio per questo, serve un di più di iniziativa e di elaborazione teorica; serve «pensare in modo differente» ed essere «asimmetrici» rispetto al contesto, dice Migliore, ma senza «arroccarsi, senza finire minoritari». E comunque da ora si devono «distinguere le iniziative dai sentimenti, perché ci sono scelte politiche da fare».
Migliore parla a chi contesta in radice la scelta del simbolo e della lista unitaria. «Si distrugge la sinistra dicendo di volere il suo bene, è un suicidio», attacca Masella (Ernesto), secondo il quale «i protagonisti della sconfitta evitano di fare un bilancio. Ma il momento della verità è vicino, dopo il voto non potrete sfuggire al congresso». Anche Burgio e Grassi (Essere comunisti) contestano nel merito la scelta di fare la Sinistra arcobaleno: «Perché la proposta dell'alternativa deve essere appannaggio di una sinistra post-comunista?» e si deve avere «l'umiltà di riconoscere che l'impianto strategico che ha investito tutto il partito non ha funzionato». Ma Burgio e Grassi annunciano che lavoreranno per una «buona affermazione elettorale» e chiedono che si «ricominci dal tesseramento» (del Prc, non della Sinistra arcobaleno).
In mezzo qualche posizione dubbiosa, come quella di Russo Spena. Il senatore avverte che «o il confronto è serio o non è» e «un partito non si costruisce in campagna elettorale». E anche Ferrero sceglie di non nascondere le difficoltà: «Dobbiamo dirlo che il governo dell'Unione ha deluso a causa del Pd». E sottolinea che le «larghe intese sono peggio di Berlusconi». Che ci sia bisogno di sinistra «ne siamo convinti tutti»; ma il punto è «come farla» e per «fare cosa». «La sinistra o è plurale o non è», perché c'è un'intera comunità politica da ricostruire nei luoghi di lavoro, nei territori.
A tutti Giordano risponde: «Non torno indietro». E domanda, retoricamente: «Senza la Sinistra arcobaleno staremmo meglio o staremmo peggio?».

 
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Fioroni firma il decreto: 'tetto di spesa' per i libri delle superiori

Post n°33 pubblicato il 24 Febbraio 2008 da sinistracritica_2008
 


Il ministro della Pubblica istruzione lo ha anticipato al 'Messaggero' , finora le indicazioni ministeriali riguardavano solo elementari e medie. Lo scopo è quello di evitare 'speculazioni' a danno delle famiglie

Roma, 24 feb. - (Adnkronos/Ign) - Niente più batoste per l'acquisto dei libri delle scuole superiori. Il ministro della Pubblica istruzione, Giuseppe Fioroni, con una dichiarazione al ‘Messaggero’, spiega di aver firmato il decreto che ‘’introduce per la prima volta i 'tetti di spesa' per i libri delle superiori’’.

Il provvedimento sarà pubblicato tra domani e martedì con tutte le tabelle che indicheranno un limite di spesa per tutti e cinque gli anni delle scuole superiori, per ogni tipologia di liceo o istituto tecnico o commerciale. Finora, infatti, le indicazioni ministeriali si riferivano solo ai testi delle medie inferiori: 280 euro per la prima classe, 108 per la seconda, 124 per la terza.

"L'altro giorno ho firmato il decreto per le superiori - spiega il titolare del dicastero di viale Trastevere al 'Messaggero' - e la prossima settimana darò le indicazioni sui singoli tetti di spesa, anno per anno. Abbiamo fatto un lavoro analitico e indicato le cifre per i diversi indirizzi".

"Gli insegnanti dovranno tenerne conto e cercare di adottare i libri senza sforare - ha aggiunto il quotidiano - Lo scopo è quello di evitare 'speculazioni' a danno delle famiglie e il rialzo ingiustificato dei cartellini".

"Ma i professori rispetteranno i 'tetti'?", prosegue il ‘Messaggero’. "La scelta del testo è legata alla libertà di insegnamento, un principio inviolabile, sancito dalla Costituzione, un principio che non può essere discusso", è la spiegazione data al quotidiano da Giorgio Rembado, presidente dell'Associazione nazionale presidi.

 
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Presidenziali a Cipro, vince il comunista Christofias

Post n°32 pubblicato il 24 Febbraio 2008 da sinistracritica_2008
 


 Christofias cipro
Il comunista Demetris Christofias avrebbe vinto il ballottaggio per le elezioni presidenziali svolte a Cipro, ottenendo oltre il 50% dei suffragi nel secondo turno. Lo riferisce un exit poll diffuso dalla televisione di stato CyBc. Christofias avrebbe avuto la meglio sul conservatore Ioannis Kasoulides.

Nel primo turno di domenica scorsa il più votato era risultato l'ex ministro degli Esteri, Kasoulides, che aveva raccolto 980 preferenze in più rispetto al rivale di sinistra. Nei giorni scorsi il capo di Stato uscente, Tassos Papadopoulos, ha tuttavia sostenuto Christofias.

Dichiaratisi entrambi pronti sin da subito, se eletti, a rilanciare i negoziati con la parte turco-cipriota interrottisi nel 2004 in seguito al rifiuto del 76% dei greco-ciprioti di un piano dell'Onu per la riunificazione dell'isola, le differenze tra Christofias e Cassoulides, più che ideologiche sono di alleanze. Christofias, in particolare, primo candidato avanzato dal potente partito Akel nei suoi 82 anni di storia, ha ottenuto oltre l'appoggio del partito di Papadopoulos (Diko), anche quello dei socialdemocratici dell'Edek. Sessantuno anni, nove volte presidente del Parlamento e da 20 anni segretario generale dell'Akel, Christofias si presenta alle elezioni come un uomo che «può costruire ponti» per riunire la comunità greca e quella turca divise dal 1974 dopo un'invasione militare di Ankara seguita ad un fallito colpo di stato di nazionalisti greco-ciprioti.

Studi nella ex Unione Sovietica e figlio orgoglioso della classe lavoratrice, il leader dell'Akel (il cui slogan elettorale è «Unità ») sostiene di avere tutta la credibilità per rimettere sui binari il processo di pace e ottenere la riunificazione dell'isola.

Dal canto suo Cassoulides - 59 anni, gerontologo di professione, europarlamentare di Unione Democratica (Disy, centro-destra) ed ex ministro degli Esteri che corre come indipendente - punta molto sulla fascia più giovane dell' elettorato al quale si presenta come un «progressista» e un volto nuovo rispetto all'ormai vecchia e sclerotizzata classe politica greco-cipriota dalla quale cerca di distanziarsi anche con il suo slogan «Avanti!». Cassoulides ha ottenuto solo l'appoggio dichiarato del potente capo della Chiesta ortodossa locale, l'arcivescovo Chrisostomos II, allarmato da un'eventuale vittoria di Christofias il quale - come l'alto prelato teme - potrebbe eliminare l'insegnamento della religione dai corsi scolastici. Un'eventualità, questa, che Christofias ha smentito definendola «una calunnia». Ma la decisione dell'arcivescovo di pronunciarsi a favore di Cassoulides alla fine potrebbe rivelarsi per lui controproducente perchè molti ciprioti non amano il coinvolgimento della Chiesa nelle questioni politiche.

Cipro è politicamente divisa in due: la repubblica con capitale Nicosia è dal 2004 Paese membro dell'Unione Europea, mentre le autorità turche del nord sono riconosciute a livello internazionale solo da Ankara.

 
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Il lavoro irrompe in campagna elettorale. Bertinotti risponde a Veltroni

Post n°31 pubblicato il 24 Febbraio 2008 da sinistracritica_2008
 

Il 2008 non è il '53, ma alla Thyssenkrupp si muore come a Marcinelle.

di Fausto Bertinotti bertinotti2_298_238.jpg

Walter Veltroni conosce bene il linguaggio dei simboli e della comunicazione, dunque sa bene di cosa parliamo quando polemizziamo sulle candidature dell'operaio e dell'imprenditore. Parliamo delle classi sociali e della lotta tra di esse, cioè della lotta di classe. Bel tema, per capire come ci si colloca in questa società contemporanea e quali interessi e istanze sociali una forza politica vuole difendere.

Penso che se si dice di volerli difendere tutti, in realtà si finisce col difendere solo i più forti. Perciò credo che la politica della sinistra debba essere di parte, cioè organizzare e rappresentare, nel terreno sociale, in primo luogo, gli interessi delle lavoratrici e dei lavoratori. Del resto così è stato sempre, non solo per i comunisti ma per i socialisti, i socialdemocratici e i labouristi e così continua ad esserlo.

Le classi c'erano nell'Ottocento come nel Novecento, come nel Duemila; diversa è la loro natura, si pensi alla diversità tra i primi del ‘900 e il neo-capitalismo della società dei consumi, diversa la loro composizione, e dunque diverse sono le caratteristiche del conflitto. Ma per sapere che esistono due punti di vista diversi nell'impresa e tra loro conflittuali non c'è bisogno di Marx e neppure dei coniugi Webb, basta la sociologia del lavoro, ben compresa quella americana.

Veltroni dovrebbe sapere che non c'è nulla di più vecchio e di più volte smentito dalla storia come dalla cronaca che la tesi della scomparsa delle classi, della lotta di classe e del capitalismo. Quante volte ne è stato decretato il superamento, salvo ritrovarselo di fronte, ogni volta mutato, e ogni volta portatore di vecchie e nuove diseguaglianze.

Oggi addirittura ce lo troviamo di fronte luccicante nella nuova veste della globalizzazione, una veste così nuova da volerci far credere, proprio mentre il capitalismo tende a farsi totalizzante, così da mettere all'opera non solo le mani ma le menti e i corpi, che si è invece volatilizzato. Qualche anno fa, caro Walter, si è teorizzata la fine del lavoro e il lavoro è scomparso dalla politica, dalle comunicazioni e dalle arti. Ma quando è riapparso ha persino preso la forma drammatica dei corpi degli operai uccisi sul lavoro. Il 2008 non è il '53. Ma alla ThyssenKrupp si muore come a Marcinelle. Storie di operai e di padroni.

 
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Lavoro, idea vincente della sinistra

Post n°30 pubblicato il 24 Febbraio 2008 da sinistracritica_2008
 

di Stefano Bocconetti

Riordina le carte, prende appunti. E ogni tanto risponde al telefono, risponde ai tanti che lo invitano a mille iniziative elettorali. E risponde quasi sempre di sì. Giovanni Berlinguer, 83 anni, oggi al Parlamento europeo fra i banchi dei socialisti, ma prima una vita nel Pci e nei diesse e soprattutto uno dei più autorevoli, se non il più autorevole studioso italiano di medicina sociale, è già tutto dentro la campagna elettorale.
 
D. La prima cosa: sei contento di come è partita?
Ti riferisci alla manifestazione dell'Eliseo?
 
D. Anche, perché come ti è sembrata?

Un ottimo avvio. Anche se vorrei che smettessimo di sottovalutare la voglia di partecipazione che c'è in giro. Lì, all'Eliseo metà della gente è dovuta restar fuori; troviamo invece posti, luoghi dove possa ritrovarsi la nostra gente. Dove magari possa venire anche chi non è convinto del tutto.
 
D. Tutto bene, allora?
Si, anche se...

D. Anche se?
Intendiamoci, non voglio che ci sia alcun equivoco: io sono felice che si sia raggiunto il risultato di creare la lista unitaria della sinistra. E' importante, darò tutto quello che ho per sostenerla. Ma sono convinto che questa campagna elettorale debba diventare anche qualcos'altro.
 
D. Cosa esattamente?
L'occasione per costruire il nuovo partito della sinistra. Che in Italia, a differenza che nel resto d'Europa, rischia di mancare.
 
D. Stai parlando del nuovo soggetto unitario?
Dipende da quel che intendi con questa definizione. Io sto parlando di un soggetto, il partito della sinistra italiana; sto parlando della forma che deve assumere la sinistra nel nostro paese.
 
D. La "Sinistra-l'Arcobaleno" ti sembra ancora troppo poco?
Se resta solo un cartello elettorale sì, ovvio che non basta.
 
D. Ma per capire: pensi che sia già tardi per dar vita ad una nuova formazione della sinistra?
No, tardi no. Ma ci sono stati molti freni e ci si è preoccupati più di costruire equilibri interni ai gruppi dirigenti che ascoltare i cittadini, acquisire nuovi consensi, recuperare chi si è allontanato.
 
D. Scusa la franchezza: ma molti sostengono che i "freni“ sono venuti proprio dalla Sinistra democratica, dal gruppo che è uscito dai diesse e di cui fai parte.
Francamente non mi pare che sia così. E poi, davvero adesso ha poco senso mettersi col bilancino a disegnare le colpe dei contraenti. Guardiamo al futuro: oggi dobbiamo impegnarci come una sola persona. Per strappare il miglior risultato possibile alle elezioni e, contemporaneamente, per gettare le basi del nuovo partito.
 
D. Campagna elettorale, allora. Qualche osservatore ha fatto notare che, al di là del merito, Veltroni s'è presentato con un'idea forte. Discutibilissima, ma comunque un progetto che sembra mancare alla sinistra. Che ne dici?
Non sono d'accordo. Ho letto i materiali che hanno avviato la discussione sul programma e mi pare che lì ci sia quello di cui c'è bisogno. C’è la parola d'ordine, l'idea necessaria e vincente: il lavoro. Inteso non più solo come rivendicazione dei diritti sindacali o contrattuali. No, mi sembra che finalmente la sinistra, questa nuova sinistra, ricominci a disegnare il ruolo che il mondo del lavoro deve avere nella società. Un ruolo che gli stessi lavoratori devono riprendersi nelle loro coscienze.
 
D. Stai pensando a qualche proposta in particolare?
No, penso all'insieme del progetto della sinistra. C'è una linea che tende a riequilibrare quelle risorse e quei poteri che in questi ultimi 25 anni si sono spostati a vantaggio delle imprese. Sì, insomma, mi sembra importante che finalmente si ritorni a parlare di una verità semplicissima: che chi assicura la produzione della ricchezza dovrebbe poterne usufruire in una quota molto maggiore dell'attuale. E ti ripeto: dopo un quarto di secolo che si sta andando nella direzione opposta.
 
D. E la sinistra, tutta, non ha alcuna responsabilità per come sono andate cose in questi 25 anni?
Sicuramente questi processi sono stati poco contrastati. Non si è percepito - parlo dell'Italia ma anche dell'Europa - che, nonostante le negazioni, c'è stata davvero lotta di classe. Ma l'ha fatta una parte sola: il capitale! E a questo, negli ultimi anni, si è aggiunto, in maniera lampante, lo schiacciamento operato dall'economia finanziaria sull'economia della produzione. Determinando le distorsioni che conosciamo.
 
D. Parli di lotta di classe. Su questo giornale ne parlava anche un altro grande dirigente, Pietro Ingrao, pochi giorni fa. E' una formulazione che ti convince? Nel senso che c'è necessità di una nuova stagione di lotta di classe?
Mi stai chiedendo se è una formula che si può usare? Ma sì, certo. Se serve a far capire che c'è bisogno di di impegnarsi, che c'è bisogno di conflitto. Anche se io resto convinto che c'è bisogno di lotta, ma anche di collaborazione. Per questo, se permetti, mi viene da dire una cosa sugli slogan di questa campagna elettorale...
 
D. Ovviamente.
Diciamo che non sono molto convinto di uno slogan che dice: vota a sinistra, fai "una scelta di parte".
 
D. Che vuoi dire?

Che in una società democratica, e complessa come l'attuale, non si può solo puntare su una parte, anche se rilevantissima e meritevole di ogni considerazione. Io penso che occorra tener presenti anche altri interessi, che considero legittimi, e che occorra considerare in primo luogo ciò che può migliorate la vita di tutti gli italiani
 
D. Stai dicendo che quella parola d'ordine mina le possibilità di alleanze?
No, però sono convinto che la nostra battaglia debba procedere senza isolarsi, debba prevedere rapporti con le altre forze politiche.
 
D. E siamo a parlare del piddì
.
Parliamone. A me non piace uno schema per cui ci sarebbe un “nemico”, la destra, aggressivo e inquietante, e un “avversario”, il partito democratico. Al contrario penso che dovremmo incalzare il partito di Veltroni, sollecitarlo, scontrarci quando necessario, ma per costruire le ragioni di una convergenza.
 
D. Davvero te la immagini questa convergenza?

Me la auguro e la considero possibile (e prende fra le sue carte il Manifesto dei democratici). La parte sulla laicità dello Stato, laddove descrive il diritto degli individui, di tutti, a decidere di se stessi, la trovo abbastanza condivisibile.
 
D. Ma come? Proprio su questi temi, il piddì è stato attraversato da una discussione fortissima, perché tanti hanno lamentato una mancanza di laicità nel documento fondante del nuovo partito?
Io non la vedo così. Se vogliamo restare ai documenti, non alle cose che dice la Binetti o qualche altro, lì si disegna un partito con il quale è possibile convergere nelle grandi battaglie di libertà. Tutt'altra cosa, invece, per ciò che riguarda le scelte economiche e sociali...
 
D. In questo caso ci si contrappone?

Si discute, perchè sono scelte lontane, e spesso profondamente diverse da quelle che deve fare la sinistra.
 
D. Parli di possibili convergenze, eppure tanti dicono che dopo il voto piddì e Berlusconi governeranno insieme. Con la sinistra relegata ai margini.
Io non dò affatto per scontato che il risultato elettorale debba relegarci inesorabilmente all'opposizione. E penso che dipenda anche dalla forza e dalla capacità di iniziativa della sinistra la possibilità di ridare vita a nuove forme di collaborazione. L'unica cosa che darei per certa è l'impossibilità per la sinistra a partecipare a maggioranze insieme al cosiddetto partito della libertà.
 
D. Ma mi dai una definizione del partito di Veltroni?
Il partito di un leader che ha saputo cogliere un'esigenza diffusa. Quella di superare una lunga fase, segnata da ampie coalizioni che non riuscivano ad esprimere una politica unitaria. Sottoposte, com'è stato evidente col governo Prodi, a pressioni sgangherate, da parte dei piccoli partiti che hanno sempre guardato con più simpatia al centro destra. Ha avuto quell'intuizione e mi sembra che la stia comunicando bene.
 
D. Niente grande coalizione, dici. Eppure al parlamento europeo spesso, socialisti e popolari votano insieme. Come mai?
So che la “vulgata” racconta questo, almeno sui nostri giornali. Ma non è affatto così. A Bruxelles sui temi dei diritti civili e delle libertà spesso riusciamo a costruire un vasto arco di forze che comprende la sinistra “radicale”, i socialisti, i verdi, i liberaldemocratici. Quando invece si affrontano temi economici e sociali, una parte di queste forze si avvicina e vota con il partito popolare. Sto parlando anche dei liberaldemocratici italiani, compresi gli esponenti eletti nelle liste della Margherita, oggi fra i democratici. Questa è la vera situazione, altro che grande coalizione.
 
D. Torniamo in Italia, alla sinistra. Che ti aspetti all'indomani del voto?
Tre cose.
 
D. La prima?
L'avvio del passaggio da raggruppamento elettorale a partito.
 
D. La seconda?
Una campagna di conoscenza e di ascolto dei giovani.
 
D. Nuovo partito, che parli il linguaggio dei giovani: la terza cosa sembra scontata. Non è così?
Certo. E’ necessario svecchiare radicalmente i gruppi dirigenti di questa sinistra. Non per escludere chi ha lavorato fino ad ora per garantire un futuro alle forze legate al movimento operaio. Il loro ruolo c'è, è importante e deve essere valorizzato. Ma c'è bisogno di forze fresche.
 
E te?
Vale anche per me. Ci sono e ci saranno tante occasioni per contribuire agli impegni futuri.

 
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Sinistra, a che servi?

Post n°29 pubblicato il 24 Febbraio 2008 da sinistracritica_2008
 
Tag: Partito

giordano.jpeg

di Gabriele Polo (da il manifesto)

«Ben che vada portiamo a casa la pelle». Partiamo da qui, da questa frase detta a mezza voce un po' dovunque, per affrontare l'incubo presente a molti ma esplicitato da pochi: la scomparsa della sinistra parlamentare italiana, o la sua riduzione a irrisoria consistenza (che poi è come sparire). Finire sotto l'8% aprirebbe la strada per un declino alla «francese» e a quel punto resterebbe solo il terreno extraparlamentare; superare quella soglia rappresenterebbe una «prova in vita», che senza risolvere il problema dell'assenza di un progetto di trasformazione, terrebbe aperta la possibilità di agire la lotta politica anche a livello istituzionale.
La Sinistra-l'arcobaleno è arrivata a questo bivio nel peggiore dei modi: con un'unità tutta «di riporto» rispetto alla nascita del Partito democratico, massacrata da un'esperienza di governo foriera di pochissimi successi, nella fretta di costruire una compagine elettorale sotto gli equilibri dei partiti che la compongono (e che rischiano di esaurirla) e solo promettendo per un domani la costruzione di un vero e proprio soggetto politico. Mettendo insieme, con pessima alchimia, il peso di una concezione della politica parziale nel merito e totalizzante nel metodo (centralità quasi esclusiva delle sedi istituzionali, pretendendo di rappresentarvi il «tutto» di una società frammentata) con la leggerezza di messaggi testimoniali. Tradotto in termini elettoral-parlamentari, proporsi come opposizione senza le idee e le forze per praticarla. Così la domanda cui ci viene chiesto di rispondere diventa: «pensate o no che debba esistere una sinistra in Parlamento?». La risposta è fin troppo facile: «certo che sì», ma il punto è che quella è la domanda sbagliata. Perché corrisponde al «congelamento delle idee di fronte alla liquidazione della sinistra» di cui parlava ieri Marco Revelli in un'intervista su queste pagine; perché rivela una logica puramente testimoniale. Se fosse così, tanto valeva tenersi la falce e il martello: almeno sarebbe stata una testimonianza lineare.
La domanda vera - che giriamo ai dirigenti della Sinistra-l'arcobaleno - è un'altra. A chi - come chi scrive - vi voterà per stato di necessità, quale disegno proponete? A che cosa servirà - in Parlamento e fuori da esso, nell'immediato e in prospettiva - il soggetto «unitario e plurale» che state costruendo in tutta fretta? Non è una domanda retorica e sarebbe bene dare risposte non scontate, né risolvere il problema con l'elenco dei sacri princìpi (che diamo per acquisiti) o con un elenco di microprovvedimenti. E' una domanda che si fanno in molti e che pretenderebbe l'apertura di un confronto serrato, da non esaurire il 13 aprile. Avrebbe bisogno della ricostruzione di una comune alternativa da riempire di pratiche. Altrimenti il rischio - più che concreto - è che di fronte a una pura logica di sopravvivenza, le donne e gli uomini in carne e ossa - alle prese con i loro pressanti problemi - preferiscano la scelta «americana» del Partito democratico. Scegliendo un contenitore che non propone nessuna alternativa di sistema, ma che in una logica del tutto contrattualistica della politica promette soluzioni parziali a individui e gruppi, elargendo un po' di prebende e affermando l'antico e interclassista luogo comune della comunità nazionale ben governata. Alla fine è un imbroglio, ma potrebbe essere visto da molti come l'unica soluzione possibile. E, poi, le illusioni - se ben presentate - possono apparire un sogno. Per evitare tristi risvegli avremmo bisogno di tutt'altri sogni.

 
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Cuba, Raul Castro succede al fratello: è il nuovo presidente

Post n°28 pubblicato il 24 Febbraio 2008 da sinistracritica_2008
 


Raul Castro - foto Ansa - 190*220 - 19-02-08
Raul Castro, attualmente presidente ad interim cubano per la malattia del fratello Fidel, è stato proposto come candidato ufficiale alla presidenza del Consiglio di Stato cubano. Come era avvenuto nel caso dei vertici dell'Assemblea nazionale in cui era stata proposta la conferma a presidente di Ricardo Alarcon, anche questa volta la speciale Commissione nazionale delle candidature ha proposto le proprie scelte ai membri dell'Assemblea nazionale.

I deputati procederanno ora alla votazione di questa candidatura a scrutinio segreto. In precedenza, Amarylis Perez Santana, presidente della Commissione, aveva proposto di confermare nell'incarico di presidente del Parlamento Alarcon, in quello di vice, Jaime Crombet, mentre nell'incarico di segretaria, Miriam Brito è stata proposta in sostituzione di Ernesto Suarez, che si ritira dopo aver ricoperto per 20 anni la delicata funzione.

Come primo vicepresidente, la Commissione ha proposto Ramon Machado Ventura, un medico che guida la sfera ideologica del Partito comunista cubano. I candidati alle cinque vicepresidenze sono invece: Esteban Lazo, il vicepresidente Carlos Lage, i militari Abelardo Colomè Ibarra e Julio Casas e il Comandante della Rivoluzione, Juan Almeida.

Tutti i designati, con l'eccezione di Lage, sono considerati membri del gruppo delle «personalità storiche» che hanno partecipato alla Rivoluzione del 1959. Gli analisti sottolineano che è molto difficile che dalla votazione che si apprestano a realizzare i parlamentari su queste candidature emergano sorprese, per cui la successione di Raul a Fidel appare ormai scontata.

«La transizione a Cuba sta avvenendo senza traumi di alcun tipo – ha detto il presidente del Venezuela Hugo Chavez -. È cominciata 49 anni fa, e si è trattato di una transizione fuori dal capitalismo, dominato dall'imperialismo». Il capo dello Stato venezuelano ha assicurato che Castro «si ritira, ma non si ritira» dal potere a Cuba e ha pronosticato che «la transizione continuerà ad andare avanti, sempre con Fidel davanti».

 
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La Sinistra a Roma non taccia

Post n°27 pubblicato il 24 Febbraio 2008 da sinistracritica_2008
 

Nando Simeone

Ho letto con molta attenzione l'intervento di Sandro Medici (il manifesto 19 febbraio). Rispetto le motivazioni della scelta che, dopo un lungo travaglio, ha condotto Sandro alla decisione di non accettare l'offerta di candidatura a sindaco di Roma che avevano avanzato molti autorevoli nomi della sinistra politica, sociale e culturale romana. Le rispetto, anche se non posso condividerle. Il silenzio non è mai un'alternativa politica. Oggi tutti coloro che sentono di appartenere all'Altra Roma, quella del conflitto e del disagio sociale, quella della precarietà, dei diritti civili, dell'antifascismo, della pace e dell'ambientalismo, si trovano di fronte ad una scelta di silenzio: non andare a votare, oppure votare per il clericale e liberista Rutelli, un candidato costruito dall'alto, dalle segreterie di partito nelle alchimie della casta, per dare alla destra del Partito Democratico un posto di prima fila nei futuri scenari politici. Rutelli, Alemanno o Storace, questa sarà la scelta tra poche settimane. Roma ha diritto e merita di poter ascoltare un'altra voce. Sinistra Critica si è impegnata fortemente nella ricerca di una candidatura unitaria a sindaco della sinistra alternativa a Rutelli. Pensiamo di aver fatto bene, perché siamo convinti che oggi a sinistra sia necessario un processo di ricomposizione di percorsi e di esperienze diverse, intorno all'asse dell'incompatibilità con le politiche di guerra, con il neoliberismo ed alternativi al Pd. Questo è il senso dell'impegno che abbiamo dato con convinzione in appoggio alla candidatura di Sandro Medici. Ora però non crediamo che ci si possa fermare. L'esigenza di dare voce ai bisogni e alle esigenze dell'Altra Roma resta tutta in campo. Sappiamo bene che Sinistra Critica è una navicella molto fragile, e inadeguata a ciò che oggi sarebbe necessario. Ma non vogliamo scegliere il silenzio! Centro-destra e centro-sinistra a Roma hanno in comune molte cose: la logica securitaria e de facto razzista, il rifiuto dei diritti degli omosessuali, la caduta verticale della vigilanza antifascista, la scelta di campo a favore degli speculatori, dei palazzinari (altissimi costi della casa, in una città che ha oltre 250 mila appartamenti sfitti) e dei padroncini che sfruttano i migranti, l'utilizzo del lavoro precario (a partire dallo stesso Comune e dalle sue aziende), le privatizzazioni dei servizi. Questa è la Roma che ci consegnano anni di governo del centro-sinistra, e non crediamo che basti più appellarsi due mesi prima delle elezioni al «pericolo della destra», la stessa destra con cui si condividono in concreto molte, troppe scelte strategiche fondamentali. C'è una Roma che Rutelli non andrà mai ad ascoltare. Un popolo della sinistra romana, politica sociale e culturale che ha una grande vitalità e radicalità e che (non a caso) viene tenuto lontano dalle scelte che contano. Sinistra Critica, per parte sua, proverà a non restare muta. Si può fare una scelta diversa da Rutelli e da Alemanno: perché no? Non ci stiamo più a rassegnarci in anticipo. Mettiamo a disposizione le nostre forze per una campagna elettorale che sappiamo difficile, contro i «poteri forti» di questa città, per tenere aperto uno spazio politico su cui non pretendiamo nessuna esclusiva. Tanto che continueremo a tenere aperti i contatti con chiunque fosse interessato a partecipare a questo scontro tra un piccolo Davide e i Golia di Pd e Pdl. Ma intanto ci dobbiamo mettere in moto, perché il tempo stringe. Nei prossimi giorni annunceremo il nostro candidato a sindaco - che sarà rappresentativo del rinnovamento che vogliamo ci sia davvero anche nella politica della sinistra anticapitalista. E costruiremo una lista sulla base degli stessi criteri. Una candidatura e una lista per poter scegliere a Roma, per non stare a casa, per non stare zitti.

 
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McCain bleh!

Post n°26 pubblicato il 24 Febbraio 2008 da sinistracritica_2008
 

McCain dice che spera che Castro muoia il più presto possibile.

Io mi auguro che tu e tutti i tuoi amici terroristi mouiate in incredibili sofferenze.

Così da pagare per tutto il male che avete fatto.

Viva Fidel!

 
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Grillo vergognati!

Post n°25 pubblicato il 24 Febbraio 2008 da sinistracritica_2008
 

Grillo dice che non voterà. Vergognati. e dici anche di andarne fiero.

La gente è morta per permetterci di votare. Non ho parole!

 
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Meno male...

Post n°24 pubblicato il 24 Febbraio 2008 da sinistracritica_2008
 

Meno male che Veltroni doveva andare da solo...

Prima Di Pietro, ora i Radicali...

Complimenti, ma anche vergogna come direbbe lui...

 
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ABORTO, MEDICI: DIFENDERE 194, LEGGE SOLIDA E MODERNA

Post n°23 pubblicato il 24 Febbraio 2008 da sinistracritica_2008
 

 (di Enrica Battifoglia)

I medici scendono in campo a difesa dell'aborto e contro i limiti della legge 40 sulla fecondazione assistita e lo fanno con il loro organismo più rappresentativo, la Federazione degli ordini dei medici (Fnomceo), che oggi ha messo nero su bianco la posizione relativa a questioni così delicate nel documento approvato dal Consiglio nazionale della Federazione. I medici fanno appello alle leggi esistenti, al loro Codice deontologico e alle conoscenze in campo scientifico creando così, di fatto, uno zoccolo duro in un dibattito che hanno definito spesso strumentale e ideologico. Quello che propongono é un confronto sociale e politico "più attento al grande bagaglio di sofferenze che sempre accompagna questi tormentati cammini e che ricadono sulle donne".

I medici "non sono per l'aborto, ma sono a favore della legge 194, nata per contrastare l'aborto clandestino e per favorire la maternità responsabile", dice il presidente della Fnomceo, Amedeo Bianco. "La 194 è una legge che regola l'aborto e non è uno strumento di controllo delle nascite", "resta una buona legge sotto il profilo tecnico, professionale, civile e morale; presenta qualche ruggine e qualche zona d'ombra legate a fenomeni emergenti", come l'aumento degli aborti fra le giovani immigrate e le adolescenti. Nello stesso documento la Fnomceo parla di pillola abortiva Ru486 (la cui introduzione in Italia va perfezionata "nel pieno rispetto dei criteri e delle procedure previste dalla legge 194 così da consentire l'uso delle tecniche più moderne"), pillola del giorno dopo (che in quanto contraccettivo di emergenza "non può incontrare surrettizie limitazioni che ostacolino la fruizione del diritto della donna che intenda prevenire una gravidanza indesiderata ed un probabile successivo ricorso all'aborto"), critica i limiti delle linee guida della legge 40 che vietano la diagnosi preimpianto (e che "intervengono nella relazione di cura definendo, indipendentemente dal contesto clinico, atti e procedure diagnostico-terapeutiche non fondate sulle migliori evidenze scientifiche disponibili").

 Il documento interviene inoltre sul tema dei nati prematuri e osserva che il medico è tenuto a mantenere in vita un feto che mostri una possibilità di vita autonoma, così come prevedono già legge 194 e Codice deontologico. Favorevole al documento della Fnomceo è il presidente della Commissione Sanità del Senato, Ignazio Marino, per il quale "si riafferma la visione intelligente della classe medica italiana". Positivo anche il commento del segretario della Democrazia Cristiana per le Autonomie, Gianfranco Rotondi, per il quale la 194 "é un punto di equilibrio, ma più che difenderla va applicata: deve diventare una legge per evitare l'aborto e non solo per disciplinarlo". Per il ministro della Solidarietà Sociale, Paolo Ferrero, dall'Ordine dei medici è arrivata una "indicazione importante in tema di aborto". Critico invece Giuliano Ferrara, che intende vietare con un decreto l'introduzione della Ru486 in Italia, come secondo punto del programma elettorale della sua lista Pro Life. Favorevole, invece, il commento alla posizione espressa dalla Fnomceo sui nati prematuri: "E' un risultato della nostra mobilitazione, e onora la categoria dei terapeuti, che gli Ordini dei medici riconoscano alla buon'ora ai bambini nati prematuri il diritto di essere curati". Critiche dal Movimento Scienza&Vita che definisce il documento degli ordini dei medici "un colpo di mano".

 
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ThyssenKrupp, chiusa l'inchiesta: ''Omicidio volontario'' per l'ad

Post n°22 pubblicato il 24 Febbraio 2008 da sinistracritica_2008
 


Contestato per la prima volta per un incidente sul lavoro il reato di omicidio con dolo eventuale. Saliti a sei gli indagati. Nel rogo divampato nel corridoio 5 delle acciaierie morirono sette operai.

Torino, 23 feb. - (Adnkronos/Ign) - A due mesi e 19 giorni dall'incendio divampato nel corridoio 5 delle acciaierie ThyssenKrupp di Torino che costò la vita a 7 operai, è stata ufficialmente chiusa intorno alle 13 di oggi, con il deposito in cancelleria, l'inchiesta della Procura di Torino.

Gli indagati sono saliti a 6 e per la prima volta in un'indagine relativa un infortunio sul lavoro è stato contestato, a uno degli indagati, l’amministratore delegato del gruppo in Italia Herald Espenhahn, il reato di omicidio con dolo eventuale e incendio con dolo eventuale. Una contestazione mossa dagli inquirenti in relazione alla sua posizione di vertice con i massimo poteri decisionali di spesa in particolare relativamente a due decisioni.

A tutti e 6 gli indagati è contestata l'ommissione dolosa di cautele antinfortunistiche aggravata e a tutti, meno uno, l'omicidio colposo con colpa cosciente e l'incendio colposo con colpa cosciente.

Al momento si tratta solo dell'avviso di chiusa indagine e non ancora della richiesta di rinvio a giudizio.

"Abbiamo raggiunto l'obiettivo che ci eravamo prefissati di chiudere entro fine mese - ha sottolineato il procuratore Raffaele Guariniello - dando la giusta risposta a un'istanza di giustizia che ci è stata fatta dal Paese".

Guariniello, che ha osservato che questa è "la dimostrazione di come sarebbe necessaria una Procura nazionale in materia di sicurezza sul lavoro", ha voluto ringraziare quanti hanno collaborato all'inchiesta, "dalla Asl alla polizia giudiziaria, dalla sua segreteria ai vigili del fuoco, dai consulenti tecnici agli ispettori fino a Regione Piemonte, Provincia e Comune di Torino".

Oltre ai primi tre indagati, l'amministratore delegato della Thyssen Krupp Acciai Speciali Terni Herald Espenhahn e ai consiglieri delegati Marco Pucci e Gerald Priegnitz, le 12 pagine del capo d'imputazione dell'inchiesta sul rogo nello stabilimento torinese riguardano anche un dirigente di Terni, Daniele Moroni, il direttore di stabilimento di Torino Giuseppe Salerno e il responsabile del servizio prevenzione e protezione dai rischi, sempre di Torino, Cosimo Cafueri.

A questi 6 indagati si aggiunge anche, come persona giuridica, la ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni nella persona del suo legale rappresentante Jurgen Hermann Fechter.

 
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IL MOVIMENTO DELLE DONNE A CONFRONTO. 23 E 24 FEBBRAIO UNA DUE GIORNI NAZIONALE

Post n°21 pubblicato il 23 Febbraio 2008 da sinistracritica_2008
 

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COMUNICATO CONCLUSIVO DELL'ASSEMBLEA NAZIONALE DEL 12 GENNAIO ALLA CASA INTERNAZIONALE DELLE DONNE

Dopo la grande manifestazione del 24 novembre contro la violenza maschile, il som-movimento femminista e lesbico che l’ha organizzata, si è incontrato sabato 12 gennaio a Roma in un’assemblea nazionale molto viva e partecipata.

Per dare continuità al protagonismo politico delle donne, l’assemblea ha rilanciato il conflitto riaffermando il principio dell’autodeterminazione sui nostri corpi e sulle nostre vite.
Vogliamo costruire un incontro nazionale di confronto ed elaborazione, di due giorni, il 23 e 24 febbraio.
Lanciamo, insieme, una campagna permanente di lotta contro tutti i tentativi di limitare la nostra libertà ed autonomia, costruendo iniziative in tutte le città il prossimo 8 marzo.

 
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PER UN PROGRAMMA DI EMERGENZA SOCIALE

Post n°20 pubblicato il 23 Febbraio 2008 da sinistracritica_2008
 

bandiere.jpg

L’Italia vive una morsa reazionaria a tutto campo: contro i lavoratori e lavoratrici impoveriti da oltre venti anni di politiche orientate dall’Unione europea; contro i diritti civili e la laicità a opera di un Vaticano immerso in una logica oscurantista; contro l’ambiente e le comunità locali da parte di una logica del profitto che devasta le risorse e mette a rischio la salute; contro le istanze della pace e del futuro a opera di una guerra globale di cui l’Italia è pienamente complice.
Contro questa cappa si sono mobilitati negli anni passati milioni di persone che hanno poi permesso la vittoria dell’Unione contro le destre popouliste, razziste, clericali e autoritarie. Questa carica è andata distrutta e devastata dall’esperienza del governo Prodi e della sinistra tradizionale che ha avallato la guerra, le politiche filopadronali, la subordinazione alle gerarchie vaticane. Quello da cui usciamo è un disastro politico e materiale ben raffigurato dai volti di Prodi, Bertinotti, D’Alema, lo stesso Veltroni.
Per uscire dalla crisi servono due cose: il protagonismo diretto dei lavoratori e delle lavoratrici, dei precari, dei giovani, delle donne; e serve un’altra sinistra che non sia compromessa con il fallimento del governo Prodi e con il centrosinistra, una sinistra che fa quello che dice – come dimostra il comportamento parlamentare di Franco Turigliatto – che lavori alla ricostruzione di un progetto alternativo, di classe e anticapitalista. E serve anche un programma di emergenza sociale per rispondere ai bisogni più immediate e alle istanze che provengono dalla società, dai movimenti, dai luoghi del conflitto sociale.

1)La prima emergenza è quella salariale: di fronte al 20% delle famiglie sotto la soglia di povertà, a salari che si sono dimezzati con l’euro, a uno spostamento di ricchezza verso l’alto serve innanzitutto un aumento netto del reddito mensile di almeno 300 euro da realizzare con almeno tre strumenti: un piano di riforma fiscale che diminuisca l’Irpef per i redditi più bassi e l’innalzi per quelli più alti; il recupero del fiscal drag; l’introduzione per legge di un salario minimo (1.300 euro) introducendo un meccanismo automatico di aumento progressivo.

2)Per ottenere risorse aggiuntive, aumentare i salari, migliorare il reddito complessivo e i servizi sociali, serve una rimodulazione fiscale che colpisca i redditi più alti – avvantaggiati negli ultimi quindici anni da centrodestra e centrosinistra – la tassazione delle rendite finanziarie a esclusione dei redditi dei pensionati e lavoratori a basso reddito (iscrizione delle rendite su dichiarazione redditi). Ma serve anche una nuova Patrimoniale sui beni immobili e mobili delle grandi imprese, delle società finanziarie, sui beni di lusso, sugli immobili del Vaticano. Questa misura è la sola che possa risarcire da venti anni di prelievi alle tasche dei lavoratori-trici e che possa affrontare seriamente il nodo del debito pubblico.

3)Si continua a morire sul lavoro e si continuerà se non si prenderanno misure drastiche. Le uniche misure accettabili sono l’aumento significativo dei controlli e l’inasprimento delle pene per le imprese responsabili di omicidi sul lavoro. Servono almeno 10.000 ispettori del lavoro da assumere riducendo le spese militari – o dirottando risorse umane da questo comparto alla previdenza pubblica – e colpendo i profitti delle imprese

4)Dal 1997, con il pacchetto Treu, passando per la legge 30 e poi con il Protocollo sul Welfare, la flessibilità sul lavoro è aumentata peggiorando le condizioni di vita di chi lavora, aumentando le morti. E’ ora di abolire tutte quelle leggi e riscrivere una legislazione che combatta la precarietà, estenda le garanzie minime (contributi, maternità, stabilità dell’impiego) fino all’introduzione di un Salario Sociale per i disoccupati e i precari (1000 euro mensili veri).

5)Dopo venti anni di massacro delle pensioni è ora di ritornare a un sistema pubblico che garantisca il futuro dei lavoratori, che abbatta il potere delle assicurazioni private che non si faccia intrappolare dai fondi pensione. Serve un sistema pubblico – quello esistente è perfettamente in equilibrio se fosse ripulito dal peso dell’assistenza sociale – sotto il controllo dei lavoratori, con sistema a ripartizione e con metodo retributivo (pensione commisurata agli ultimi stipendi), per impedire le nuove povertà e assicurare una vecchiaia tranquilla.

6)A devastare la vita quotidiana di lavoratori e lavoratrici, soprattutto di giovani alle prese con il proprio futuro c’è il peso dei mutui ipotecari per acquistare la prima casa. Serve una politica di alloggi sociali che requisisca le case sfitte, rilanci l’edilizia popolare e combatta l’usura finanziaria a cominciare da quella delle banche. Serve una grande banca nazionale, pubblica, controllata dai lavoratori e dagli utenti, che adotti una politica “sociale” dei prestiti e che sia da supporto a un piano economico ambientale e di riconversione. La Cassa Depositi e Prestiti, e l’utilizzo della raccolta postale, è uno degli strumenti con cui realizzare questo progetto.

7)Le risorse del resto ci sono basta cercarle. Ad esempio nelle spese militari che il governo Prodi ha aumentato di oltre 5 miliardi in due anni. Riduzione drastica delle spese militari, riconversione dell’industria bellica – da tenere sotto il rigoroso controllo pubblico - progressiva riconversione dell’esercito a uso civile e finalizzato alla difesa del territorio. Nessun sostegno alle moderne “guerre umanitarie” e alle missioni internazionali, ritiro di tutte le truppe all’estero, uscita dalla Nato, chiusura delle basi militari straniere, sono i primi passi per una politica di pace e una diversa destinazione delle risorse finanziarie.

8)Sono passati quindici anni dalle prime, grandi privatizzazioni avvenute in Italia. Con il ruolo decisivo del centrosinistra, a partire da Prodi, lo Stato ha venduto gran parte delle sue strutture: la Telefonia, le Autostrade, una parte dell’Energia, le Banche. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: tariffe più care, servizi più scadenti e, guarda caso, dove è stata mantenuta una quota pubblica, profitti molto alti (Eni). E’ venuto il momento di ri-pubblicizzare i grandi gangli dell’economia: Telecom, Eni, Enel, Autostrade, per ridurre le tariffe e mettere al servizio sociale i lauti profitti che provengono da questi settori. Allo stesso tempo, va impedita la privatizzazione dei servizi pubblici locali e anche qui provvedere al ripristino del controllo pubblico sotto il controllo dei lavoratori e degli utenti.

9)Tra i servizi pubblici essenziali, oltre a sanità e previdenza c’è l’istruzione massacrata da oltre un decennio di politiche, di destra e di centrosinistra, aziendaliste e fallimentari. Lo sfascio è sotto gli occhi di tutti, le ricette si assomigliano sempre, il governo Prodi ha saputo solo aggravare una situazione già disastrata. Noi vogliamo un’istruzione pubblica, stipendi decenti per gli insegnanti, l’immediata regolarizzazione dei precari, la fine del 3+2 all’Università, un nuovo status per i ricercatori, un diritto allo studio concreto fatto di riduzione delle tasse e di servizi affidabili per gli studenti

10)Mantenere i servizi sociali sotto controllo pubblico è anche l’unica garanzia per attivare politiche di difesa ecologica dei territori. Il caso dei rifiuti in Campania è emblematico: oltre al disastro di un intero ceto politico, a partire da Bassolino e da tutto il centrosinistra, abbiamo assistito all’arricchimento illecito di una miriade di strutture private, a cominciare da quell’Impregilo che chiama in causa i Romiti. Serve una politica di difesa ambientale al 100%: no ai rigassificatori, al ritorno del nucleare, agli inceneritori, alle centrali a carbone. Vogliamo un’energia pulita, un sistema integrato di raccolta rifiuti, la raccolta differenziata, un sistema che faccia pagare alle imprese il costo sociale degli imballaggi eccessivi e che incentivi la riduzione dei consumi energetici

11)Difesa dell’ambiente, qualità della vita richiedono anche una politica pulita. Basta con i privilegi della “casta”, non per una rivolta demagogica contro la politica in generale ma per una politica che rompa le separazioni e incentivi la partecipazione e la democrazia diretta. Serve una rivoluzione democratica: riduzione drastica delle indennità, limite ai mandati, rotazione degli eletti, elezione delle cariche dirigenziali nei servizi pubblici, e una riforma istituzionale che preveda il ruolo della partecipazione diretta per una democrazia non delegata ma legata al conflitto sociale e alle istanze che provengono dal basso.

12)L’emergenza non è oggi solo sociale ma anche democratica e civile. Viviamo in un tempo in cui riemergono pulsioni razziste, pratiche autoritarie, in cui la Chiesa recupera la tradizione più oscurantista e tenta di ingeritisi nella vita quotidiana. Noi siamo contro il razzismo e per la effettiva uguaglianza dei diritti: per il diritto di cittadinanza, l’abolizione della Bossi-Fini, la chiusura dei Cpt, perché ogni discriminazione nei confronti di un migrante si ripercuote anche contro ogni lavoratore o lavoratrice

13)Siamo per i diritti civili, non negoziabili e non subordinabili a nessuna gerarchia ecclesiale. Diritto alla libera sessualità, diritto all’autodeterminazione delle donne, difesa della 194, diritto ai PACS, rifiuto delle ingerenze e diritto al dissenso contro ogni dogma imposto. Per questo siamo al fianco degli studenti e dei professori che hanno contestato il Papa, delle donne che si battono contro la violenza maschile dei gay lesbiche ,trans che vogliono vedere affermato il proprio diritto alla libera sessualità

14)Vogliamo uscire dall’emergenza democratica di cui è prigioniero questo paese. Quindici anni di maggioritario hanno moltiplicato le sigle e stabilizzato le politiche, tutte legate al rispetto dei parametri di Maastrich, alla fedeltà agli Usa, alla subordinazione al Vaticano. Oggi si profila una nuova svolta autoritaria di stampa presidenzialista. Noi siamo per il proporzionale senza sbarramenti, per la libera dialettica e per i governi fondati sui programmi. Siamo per la rotazione degli eletti, per il limite di mandato a due legislature, per il divieto di cumulo degli incarichi, per la democrazia diretta e partecipata, per il potere dal basso a partire da chi lavora.

15)Un tale programma non si realizza semplicemente con un bel risultato elettorale ma ha bisogno di almeno due condizioni: una partecipazione e un protagonismo di massa, la possibilità di decidere e di determinare le grandi scelte. Noi siamo dalla parte dei movimenti contro la base di Vicenza, contro la Tav in Val di Susa, contro gli inceneritori e la devastazione ambientale, siamo con le donne in lotta per la propria autodeterminazione, con i lavoratori e lavoratrici per gli aumenti salariali, con gli studenti per il diritto allo studio, con il movimento lgtbq per la laicità e i diritti civili contro le ingerenze vaticane. Questi movimenti sono il sale della politica e la loro organizzazione e autorappresentazione è condizione essenziale del cambiamento. Non ci proponiamo quindi di rappresentare nessun movimento di lotta né vogliamo avocare a noi le sole istanze della trasformazione sociale. Ma noi siamo anche per la formazione di un nuovo soggetto anticapitalista, motore di lotte e vertenze e costruttore di una visione generale. La presenza di Sinistra Critica a queste elezioni non equivale alla chiusura di un progetto di lungo periodo, la ricostruzione di una sinistra anticapitalista e di classe per la quale continueremo a spendere le nostre energie. Ci presentiamo alle elezioni ma non stiamo fondando, da soli, un nuovo partito.

 
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Ipocrisia

Post n°19 pubblicato il 23 Febbraio 2008 da sinistracritica_2008
 

Veltroni non candida DeMita perchè vecchio, ma candida Veronesi nella Lombardia che è ancora più vecchio. Si chiama propaganda caro Walter...

Cmq Berlusca ha detto nel pdl niente condannati... e lui cosa fa ancora lì dentro?

 
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GIORDANO CACCIA LE MINORANZE

Post n°18 pubblicato il 23 Febbraio 2008 da sinistracritica_2008
 

Il Comitato politico nazionale discute di liste, e la 'Falce e martello' divide Rifondazione: Giordano non candida la minoranza più fedele al simbolo e domani la falce e martello sarà la protagonista di una vivace protesta dei "Comunisti Autoconvocati" di Rifondazione, in particolare le federazioni bolognese e fiorentina



Un gruppo di contestatori, armati di falci e di martelli (ma solo disegnati sulle bandiere) farà irruzione nel dibattito interno a Rifondazione comunista presentandosi domani a Roma, al centro congressi Frentani dove è iniziata oggi la due giorni del Comitato politico nazionale (Cpn), per discutere di programma e di criteri per le liste elettorali. Obiettivo: contrastare, secondo i promotori dell'iniziativa, la "ormai evidente decisione di sciogliere Rifondazione Comunista per dar vita a un nuovo partito, genericamente di sinistra". Sintomo di questa intenzione, la decisione di cancellare la falce e martello dalla scheda elettorale "senza neanche consultare gli iscritti e i militanti".

Nella discussione del Cpn l'eco del contrasto, che è animato soprattutto dalla minoranza dell'Ernesto, si sente nella relazione del segretario Franco Giordano, che ammonisce a non fare "giochi di posizionamento congressuale" sulla falce e martello: "Ho sentimenti anch'io, non si gioca con i sentimenti", dice. Per Giordano il partito deve fare "una campagna militante e mobilitante", e deve mettere "le sezioni a disposizione della costruzione del soggetto politico unitario", cioè della Sinistra arcobaleno.

Il programma della lista unitaria è in via di definizione, anche attraverso incontri con forze sindacali e di movimento se ne stanno mettendo a punto i contenuti. Giordano, che vede "un avvicinamento sui temi economici tra le posizioni della destra e il Pd", prova ad anticipare alcune misure 'di sinistra' che faranno parte delle proposte dell'Arcobaleno: abolizione dell'Ici sulla prima casa ai redditi medio bassi, eliminazione del ticket sanitario e delle liste d'attesa negli ospedali e negli ambulatori pubblici, aumento delle tasse sulle stock option, restituzione del fiscal drag, armonizzazione della tassazione sulle rendite finanziarie, lotta alla precarietà attraverso il superamento della legge 30.

Ma il punto dolente della discussione sono le liste elettorali.

Per Rifondazione Comunista è l'ora delle scelte. Il comitato politico nazionale oggi e domani decide chi dei parlamentari che ora siedono alla Camera e al Senato farà ritorno a Palazzo. Le risorse, i posti a disposizione, sono appena la metà di quelli raggiunti ad aprile del 2006. E la scelta non è facile.
All'epoca il Prc poteva contare su una pattuglia di 78 tra deputati, senatori e uomini di governo. Al prossimo turno, anche valutando un risultato del 10 per cento, bisognerà fare desco con la metà degli ingredienti: tra 40 e 50 è infatti la compagine istituzionale del Prc anno domini 2008. Si scelgono quindi i criteri in base ai quali selezionare i candidati. E la segreteria delega al parlamentino il lavoro sporco di decidere chi resta. E chi va.
Ciccio Ferrara, responsabile organizzazione del partito, ha esposto oggi al Cpn gli orientamenti del partito di Giordano. Sui temi più delicati (doppio mandato, rappresentanza delle minoranze) ha espresso una 'preferenza'. Ma ha chiesto ai delegati di disporsi alla scelta. Oggi e domani la discussione e il voto sui criteri. Un altro comitato politico nazionale, il 29 febbraio, scriverà nero su bianco i nomi delle teste di lista (bloccata).

Nello schema della segreteria i criteri di selezione recitano: le donne saranno il 50% delle candidature, Roma e le periferie esprimeranno "più o meno lo stesso numero di eleggibili", chi ha svolto già un doppio mandato (pieno a livello nazionale, regionale ed europeo) non potrà essere ricandidato, le minoranze hanno diritto ad un posto, la Sinistra Europea è invitata a dimezzare i suoi rappresentanti, come fa d'altronde il resto del partito.
Due le questioni aperte per le quali Franco Giordano si affida al parlamentino: il doppio mandato vale solo nel caso di incarichi ricoperti per nome e per conto di Rifondazione (come vuole la segreteria, con spirito più magnanimo) oppure esso vale per il totale degli incarichi ricoperti, anche in altri partiti (come vorrebbe la pancia del Prc, stando all'umore di alcuni intervenuti oggi)? C'è poi il diritto di tribuna alle minoranze.
Ferrara riconosce la prerogativa ma propone al parlamentino di "non assegnare alcun rappresentante a chi esprime un'opposizione tout court alla linea del partito in quanto tale. Dargli un parlamentare- dice- sarebbe un investimento sbagliato".

Tessuta così la rete per scremare la compagine istituzionale di Rifondazione, nel partito si inizia a far di conto. Il criterio del 'doppio mandato in qualsiasi partito' metterebbe a rischio un nutrito gruppo di parlamentari, perché tanti nel Prc vengono dalle file del Pci. Tra i più noti, destinati in ogni caso ad uscire sono il presidente del gruppo al Senato Giovanni Russo Spena, il deputato 'internazionalista' Ramon Montavani, il presidente della commissione Antimafia Francesco Forgione, i deputati Graziella Mascia, Franco Russo, Mario Ricci, le senatrici Maria Celeste Nardini e Tiziana Valpiana. In bilico invece il vicepresidente del Senato Milziade Caprili, il quale pur essendo alla quarta legislatura, è alla prima nel Prc. Più o meno nelle stesse condizioni il sottosegretario Alfonso Gianni, alla terza legislatura ma le prime due con Pdup e Pci.
Nella quota destinata alla Sinistra Europea dovrebbe passare la mano Antonello Falomi, mentre Pietro Folena dovrebbe essere ricandidato perché eletto come indipendente non figura in quota Prc.

Un caso a sé quello delle minoranze. Anche per loro vale la regola del dimezzamento dei posti. Così Essere Comunisti dovrebbe passare da due ad un esponente (il borsino interno dà per favorito il senatore Claudio Grassi rispetto al deputato Alberto Burgio). Mentre la linea dell'intransigenza eliminerebbe di fatto l'area dell'Ernesto, contrari alla Sinistra Arcobaleno e fortemente critici rispetto all'accantonamento della falce e martello in queste elezioni.
Gianluigi Pegolo e Fosco Giannini non sarebbero più ricandidati.
"Noi non siamo in vendita e non cediamo ai ricatti", ha detto oggi Pegolo a Giordano intervenendo durante il comitato politico nazionale. "La sparizione della falce e martello anticipa il partito unico e l'abbandono della lotta di classe. Noi non rinunceremo alla nostra politica per paura di perdere qualche parlamentare". Le ragioni dell'Ernesto sono state difese anche da Ramon Mantovani, il quale chiede più democrazia interna, "anche per i compagni che pongono il problema del simbolo". E contesta la scelta del candidato premier: "Bertinotti è poco efficace rispetto all'elettorato di altri partiti, quelli che lo hanno sempre accusato di essere massimalista e venduto a Berlusconi, per intenderci", dice Mantovani.

Domani la falce e martello sarà la protagonista di una vivace protesta dei "Comunisti Autoconvocati" di Rifondazione, in particolare le federazioni bolognese e fiorentina, proprio alla segreteria davanti al Cpn. "Non strumentalizzate sul simbolo- ha invitato oggi Giordano dal palco- anche io ho dei sentimenti e sui sentimenti non si scherza. Non abbiamo abbandonato la falce e martello".
Pegolo e l'Ernesto dicono che loro non c'entrano con la manifestazione di domani. Ma se si apre il loro sito internet il messaggio è fin troppo chiaro: "Domani tutti a Roma", campeggia il manifesto dei fiorentini. E subito sotto: "Firenze chiama. Roma risponde. Non alla cancellazione del simbolo", risponde l'Ernesto che domenica riunisce l'assemblea nazionale.

 
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Il Kosovo in fiamme

Post n°17 pubblicato il 22 Febbraio 2008 da sinistracritica_2008
 

Il Kosovo è in fiamme.

Io lo dicevo cosa si rischiava a riconoscere l’indipendenza della regione.

Non si può riconoscere l’indipendenza di una regione così da un giorno all’altro.

È come se la Sicilia si svegliasse e si dichiarasse indipendente.

È inaccettabile.

In questi giorni sono scoppiati diversi scontri con assalti all’ambasciata americana, ma anche all’unicredit italiana. Le relazione con Belgrado sono rotte e l’ambasciatore in Italia, serbo, è stato ritirato.

Notizia dell’ultima ora la Russia ha minacciato l’intervento armato.

Hanno ragione. L’Ue, non tutta per fortuna, e gli Usa hanno violato le risoluzioni Onu permettendo ad una regione di divenire indipendente senza che l’Onu approvasse e senza che si tenesse in conto la situazione già caldissima della regione.

L’Ue europea ha dimostrato di non essere ancora matura, e meno male che qualcuno sperava che la lezione di immaturità dimostratasi nella guerra in Yugoslavia aveva insegnato qualcosa.

Invece no, ancora una volta siamo divisi con paesi che dicono si e altri no.

L’Italia ha assunto la posizione più grave accettando l’indipendenza.

Forse al signor D’Alema non bastava la guerra nei balcani durante la sua presidenza…

Cambia governo ma la situazione non cambia.

Mi raccomando continuate a votare Pd…

 
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MISSIONI, LA CAMERA APPROVA IL DECRETO. L'ARCOBALENO SI DIVIDE. IL VOTO CONTRARIO DI SINISTRA CRITICA

Post n°16 pubblicato il 22 Febbraio 2008 da sinistracritica_2008
 

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Con 340 voti a favore e 50 contrari la Camera ha detto sì al decreto legge che proroga la partecipazione italiana alle missioni militari all'estero che ora passa al Senato. Tra le missioni "prorogate" anche quelle Afghanistan e in Kosovo. Si sono espressi per il sì tutti i gruppi tranne il Prc e il Pdci, la Sinistra democratica, invece, non ha partecipato al voto. Di seguito la dichiarazione di voto contrario di Salvatore Cannavò a nome di Sinistra Critica.

SALVATORE CANNAVÒ. Signor Presidente, con la mia dichiarazione di voto è la quarta volta che intervengo, in questi due anni di legislatura, per dichiarare il mio voto contrario alle missioni militari. Se permette una piccola digressione personale, dal mio punto di vista tale questione ha marcato la mia legislatura e ha segnato in gran parte la mia vita politica. Si tratta di una posizione che, in questi anni, è stata definita in molti modi: esattamente un anno fa, purtroppo, essa è stata espulsa dal partito che avevo contribuito a fondare nel 1991 - Rifondazione Comunista - e proprio un anno fa, il 21 febbraio 2007, al Senato, si verificò la prima crisi del Governo, Prodi in occasione del voto sulla politica estera. Tale posizione è stata da molti definita coerente: anche in quest'Aula ho ricevuto riconoscimenti e solidarietà (colgo l'occasione del finale di legislatura per ringraziare i deputati che
hanno espresso tali apprezzamenti). In questi due anni, però, tale posizione è stata definita - dal Governo Prodi e dalla direzione politica del Paese - come irrealistica e irresponsabile, in ossequio a un certo pragmatismo politico che ha caratterizzato in particolare l'attività della Farnesina.
Continuo a pensare ancora oggi che questa posizione sia, invece,maggioritaria nel Paese e che proprio per questo motivo essa venga contrastata con una sapiente propaganda mediatica e politica, che in alcuni casi - seppure eccezionali - arriva perfino a strumentalizzare il dolore dei familiari dei soldati italiani caduti in guerra: un dolore che noi, contrari
alla guerra, abbiamo sempre e comunque rispettato e che continuiamo a rispettare.
Occorre dire, però, che irrealistica, probabilmente, è la linea politica che sorregge la decisione di inviare soldati in missioni di guerra. Anche se tardi e fuori tempo massimo, nel finale di legislatura, sarebbe il caso invece di effettuare un bilancio serio, lucido e, una volta tanto, realista di quanto è avvenuto in questi ultimi dieci anni: l'Italia, infatti, è impegnata nei Balcani dagli anni Novanta, in Kosovo dal 1999, in Afghanistan dal 2001, in Libano soltanto dal 2006 con la missione UNIFIL 2, ma da molto prima con la missione UNIIFIL 1. Qual è il bilancio di tutte queste missioni? In Libano non si è fatto un passo avanti: si è ancora fermi e la missione - che pure era stata presentata come un'occasione per la causa
palestinese - non ha saputo dire nulla e non può dire nulla rispetto alla tragedia del popolo palestinese, come è stato evidenziato dalla vicenda della Striscia di Gaza e dall'abbattimento del confine con l'Egitto.
In Afghanistan vi è una paralisi evidente, e continuano a morire soldati italiani e, ovviamente, civili afghani. Il Viceministro Intini, chiudendo la fase della discussione sulle linee generali, ha già
affermato che dobbiamo puntare ad una Conferenza di pace, anche perché i talebani non sono più quelli di una volta. Essi sono cambiati in larga misura nella percezione della popolazione afgana, anche in virtù delle bombe e dell'intervento militare della NATO, che li ha resi molto più accetti alla popolazione afgana di quanto non lo fossero all'inizio di quest'avventura.
Con riferimento al Kosovo, abbiamo appena finito di parlare: non c'è molto da dire se non che quanto sta avvenendo oggi è il frutto maturo di una crisi che nove anni fa è stata gestita con la sciabola, con la
dissennatezza delle bombe sui civili e con l'idea che un groviglio di quella natura e di quelle dimensioni potesse essere districato dalla spada piuttosto che dalla politica. Oggi ci troviamo di fronte a una
scelta di indipendenza unilaterale e, contemporaneamente, di fronte al rafforzamento progressivo del nazionalismo serbo, che è esattamente il frutto di quell'azione dell'Occidente, della NATO e anche del Governo italiano, allora diretto dall'onorevole Massimo D'Alema.
Oggi, quindi, il realismo consiglierebbe di tirare un bilancio serio, di compiere alcune inversioni di tendenza e di rimettere al centro la politica, anche divincolandosi dall'abbraccio con gli Stati Uniti, che continuano a orientare qualunque scelta di politica estera del nostro Paese, come dimostra il recente riconoscimento unilaterale dell'indipendenza kosovara.
Invece, politicamente con chiara e lucida scelta politica, si continua a scegliere la linea dell'adesione alla guerra per contare sui tavoli della politica internazionale - lo ha detto con chiarezza cristallina ancora una volta il Viceministro Intini l'altra sera - nella più piena continuità con quella logica imperiale che ha rappresentato il cuore della linea politica occidentale.
Ribadiamo quindi il nostro «no» e il rifiuto di questa linea politica. Vediamo che oggi vi è un ripensamento e un ritorno sulle antiche posizioni da parte della sinistra di Governo e, in particolare, per quanto mi riguarda, da parte di Rifondazione Comunista.
Personalmente, non può che farmi piacere, perché è il riconoscimento, sia pure tardivo e fuori tempo massimo, che avevamo ragione noi, già due anni fa. Politicamente, però, immagino rappresenti un'amara sconfitta per coloro che dell'obiezione all'interventismo militare hanno fatto un valore assoluto e hanno dovuto sacrificare, invece, quella convinzione sull'altare della governabilità. È una sconfitta duplice per chi, invece, si è baloccato in questi anni nell'illusione della riduzione del danno anche su vicende che attengono alla questione militare e allo sganciamento di bombe.
Nel finale di legislatura mi interesserebbe, però, proporre una riflessione più generale all'Aula. Da fronti opposti, sulla vicenda della guerra, abbiamo assistito a posizioni che hanno sorvolato sui principi, per privilegiare questioni tattiche di Governo: la sinistra, per salvare il Governo, ha disperso la propria credibilità pacifista; la destra, per abbattere il Governo, si è rimangiata le scelte che essa stessa aveva intrapreso, come nel caso dell'Afghanistan. Ricordo che quest'ultima applaudiva entusiasta alle mie dichiarazioni di dissenso al Governo Prodi, che, invece, erano dichiarazioni che contrastano nettamente le loro convinzioni e le loro visioni di politica internazionale. In questi due anni, la politica ha continuato a ridursi a schermaglia, a mera tattica, a posizionamento geometrico, invece di privilegiare il contenuto, i valori e i principi di fondo.
Questa è la ragione principale di quella crisi della politica di cui parliamo ogni tanto, non sempre, in quest'Aula. Se ne è parlato molto poco in questi due anni. È una crisi della politica che non viene smentita nemmeno da una campagna elettorale in cui gli antichi avversari oggi si alleano e si spartiscono gli spazi in televisione, mentre i vecchi amici si sparano addosso. Nel nostro piccolo, abbiamo cercato di mantenere un filo di coerenza e di rispetto per le nostre idee. Lo abbiamo fatto con il senso del limite, senza alcuna presunzione e con il massimo rispetto di tutti e tutte. Per questa ragione, però, molto probabilmente non rientreremo in Parlamento. Vi è una linea di coerenza e di adesione alle proprie convinzioni di fondo che non sarà probabilmente premiata, ma, se tornassimo indietro, rifaremmo esattamente tutto quanto.
Non abbiamo alcun pentimento, ma forse di questa esperienza ci resta un insegnamento: continueremo a opporci alla guerra nettamente, senza se e senza ma, come ormai abbiamo imparato a dire. Lo faremo anche fuori dal Parlamento e, vista come è andata in questi due anni, probabilmente sarà più utile ed efficace (Applausi di deputati dei gruppi Rifondazione Comunista-Sinistra Europea e Verdi).

 
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