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I Signori dello Sport

Post n°10 pubblicato il 22 Giugno 2007 da sirmanuel
 

Gaetano Scirea

Gaetano Scirea
Due cose ci fanno ricordare questo grande calciatore morto alla giovane età di 36 anni: la sua capacità di dare una definizione originale e totalmente inedita del ruolo di libero e il suo fair play.
Gaetano è agile: si muove in avanti con grazia ed eleganza e aiuta il centrocampo nelle manovre difensive, senza sdegnare azioni di disturbo e appoggi sapienti. Il suo è uno stile che va al sodo: avvia l'azione da dietro e segna gol importanti grazie anche alla tecnica ambidestra.
Il fair play e l'estremo rispetto per l'avversario sono dimostrati dal fatto che nella sua lunga carriera non è mai stato ammonito né espulso. Un record bello e importante, che si ricorda con piacere, in anni in cui il calcio sembra essere contraddistinto solo da tanta violenza e incomprensioni.
Gaetano Scirea nasce a Cernusco sul Naviglio in provincia di Milano il 25 maggio 1953 e inizia la sua carriera calcistica nel 1972: giocherà nell'Atalanta, nella Juventus e diventerà il perno insostituibile nella Nazionale, con la quale vincerà la coppa del mondo nel 1982.
Ma non è solo questo, il prezioso riconoscimento che Gaetano Scirea avrà il modo di stringere tra le sue mani: dopo due stagioni in serie A con l'Atalanta, approda alla Juventus nella stagione 1974/1975 dove vince in 11 anni tutto il possibile: 7 scudetti, coppe europee, la coppa Intercontinentale.
Il 1975 lo vede vincitore del primo dei 7 scudetti con la Juventus e alle prese con l'esordio in nazionale: il 30 dicembre si gioca Italia-Grecia, finita 3 a 2 per gli azzurri. Nel 1977 c'è l'accoppiata campionato-Coppa UEFA, nel 1978 il terzo scudetto che precede la partenza per l'Argentina dove si disputeranno i mondiali; del 1979 è invece la coppa Italia. Compagni e protagonisti di questo periodo d'oro, in uno dei più potenti schieramenti difensivi che la storia ricordi, sono Gentile, Cabrini, Furino e Brio.
Nel 1981 arriva il quarto scudetto con una Juve pigliatutto ed è anche la vigilia del secondo mondiale: sono anni densi di partite e di vittorie e Gaetano Scirea è nel pieno della sua maturità atletica e calcistica.
Il 1982 è il più glorioso per il calciatore, perché è in questo anno che mette a segno con la maglia bianco-nera il quinto scudetto e vince la coppa del mondo. Ma non finisce qui. Gli anni 1984 e 1986 segnano altri due scudetti e nel 1985 è la volta della coppa Intercontinentale, vinta a Tokyo battendo ai rigori l'Argentinos Juniors. Non vanno dimenticate la coppa Italia del 1983 e, sempre nel 1986, la coppa delle coppe e la supercoppa europea.
Gaetano SCirea giocherà con la Juventus fino al 1988. La sua ultima partita in nazionale ai mondiali è del 17 giugno 1986, in Messico.
Alcuni numeri del grande calciatore: disputa nella sua carriera ben 552 incontri, è vincitore di 14 titoli, autore di 32 goal. Gaetano è un campione entrato a buon diritto nel tempio dei fuoriclasse, che muore però prematuramente a soli 36 anni il 3 settembre 1989 in Polonia. Le circostanze sono tragiche: a seguito di un incidente stradale rimane bloccato nelle lamiere di una vecchia auto che va in fiamme col suo carico di benzina supplementare.
Il calciatore aveva assunto da poco l'incarico di secondo allenatore a fianco di Dino Zoff, e si recava in Polonia a osservare il Gornik, che da lì a poco sarebbe stato avversario della Juventus in coppa Uefa.
Oltre allo stadio comunale del suo paese natale, a Gaetano Scirea è dedicata una curva dello stadio torinese "Delle Alpi".
 
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I Signori dello Sport

Tommaso Maestrelli


 

Tommaso Maestrelli è stato, senza discussioni, il miglior allenatore della generazione che ha avuto la piena maturità all'inizio degli anni '70.
Signorile nei modi, profondamente umano nei rapporti con i calciatori, intelligente, rispettoso del diritto d'informazione, Maestrelli rappresenta una figura unica nel panorama calcistico nazionale dei primi anni '70.
Il suo stile nel rapporto con la squadra richiama Scopigno, ma non ha i suoi eccessi, nè il suo umorismo. Tatticamente il suo gioco richiama il "calcio totale" dell'Olanda, ma sarà fra i pochi a non dichiararlo apertamente, in un momento in cui "...olandese è bello". I ricordi di chi l'ha conosciuto ci dipingono un uomo profondamente legato alla famiglia, una famiglia "allargata" alla squadra.
Per Chinaglia è una specie di padre putativo che gli offre ospitalità, che lo capisce, lo incoraggia, lo doma.
La sua gestione delle tensioni in seno ad una squadra complessa e "cattiva", il suo riuscire ad incanalarle verso uno sbocco positivo individuato nel rettangolo di gioco e nella partita, restano un esempio insuperato di psicologia applicata allo sport, in un epoca in cui "vincente" non era un'etichetta spesa con facilità.

 

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