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OSSERVATORIO INTERNAZIONALE

LIBERTA' E GIUSTIZIA PER IL POPOLO PALESTINESE

 
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Davvero, vivo in tempi bui!
La parola innocente è stolta. Una fronte distesa
vuol dire insensibilità. Chi ride,
la notizia atroce
non l'ha saputa ancora.

Quali tempi sono questi, quando
discorrere d'alberi è quasi un delitto,
perchè su troppe stragi comporta silenzio!
E l'uomo che ora traversa tranquillo la via
mai più potranno raggiungerlo dunque gli amici
che sono nell'affanno?

È vero: ancora mi guadagno da vivere.
Ma, credetemi, è appena un caso. Nulla
di quel che fo m'autorizza a sfamarmi.
Per caso mi risparmiano. (Basta che il vento giri,
e sono perduto).

"Mangia e bevi!", mi dicono: "E sii contento di averne".
Ma come posso io mangiare e bere, quando
quel che mangio, a chi ha fame lo strappo, e
manca a chi ha sete il mio bicchiere d'acqua?
Eppure mangio e bevo.

Vorrei anche essere un saggio.
Nei libri antichi è scritta la saggezza:
lasciar le contese del mondo e il tempo breve
senza tema trascorrere.
Spogliarsi di violenza,
render bene per male,
non soddisfare i desideri, anzi
dimenticarli, dicono, è saggezza.
Tutto questo io non posso:
davvero, vivo in tempi bui!

Nelle città venni al tempo del disordine,
quando la fame regnava.
Tra gli uomini venni al tempo delle rivolte,
e mi ribellai insieme a loro.
Così il tempo passò
che sulla terra m'era stato dato.

Il mio pane, lo mangiai tra le battaglie.
Per dormire mi stesi in mezzo agli assassini.
Feci all'amore senza badarci
e la natura la guardai con impazienza.
Così il tempo passò
che sulla terra m'era stato dato.

Al mio tempo le strade si perdevano nella palude.
La parola mi tradiva al carnefice.
Poco era in mio potere. Ma i potenti
posavano più sicuri senza di me; o lo speravo.
Così il tempo passò
che sulla terra m'era stato dato.

Le forze erano misere. La meta
era molto remota.
La si poteva scorgere chiaramente, seppure anche per me
quasi inattingibile.
Così il tempo passò
che sulla terra m'era stato dato.

Voi che sarete emersi dai gorghi
dove fummo travolti
pensate
quando parlate delle nostre debolezze
anche ai tempi bui
cui voi siete scampati.

Andammo noi, più spesso cambiando paese che scarpe,
attraverso le guerre di classe, disperati
quando solo ingiustizia c'era, e nessuna rivolta.

Eppure lo sappiamo:
anche l'odio contro la bassezza
stravolge il viso.
Anche l'ira per l'ingiustizia
fa roca la voce. Oh, noi
che abbiamo voluto apprestare il terreno alla gentilezza,
noi non si potè essere gentili.

Ma voi, quando sarà venuta l'ora
che all'uomo un aiuto sia l'uomo,
pensate a noi
con indulgenza.

Bertolt Brecht, "A coloro che verranno", 1939
 
 

 

 

SADDAM HUSSEIN - BLOG, VOLTA PAGINA

Post n°32 pubblicato il 22 Marzo 2007 da socialismo2017
 
Foto di socialismo2017

Inizia per noi una nuova avventura, anche e soprattutto per continuare a ricordare la figura del presidente dell'Iraq. Lo faremo allargando gli orizzonti di studio e guardando al mondo in trasformazione, alle risposte dei popoli, alla lotta per la pace e contro la guerra, contro l'imperialismo, alle esperienze socialiste in costruzione, al nostro domani. Iniziamo una vasta opera di studio e ricerca, con un centro d'informazione e documentazione on line sulle diverse esperienze socialiste del mondo. Continueremo però a guardare all'Iraq e alla storia di Saddam Hussein, ne tuteleremo la memoria, continueremo a collocarlo nel solco dei grandi leader socialisti; per questo , la nostra nuova avventura è anche per lui. Il blog SADDAM HUSSEIN ha lacerato il velo dell'oblio e della propaganda, ha ricevuto consensi ed attenzione. Oggi ripartamo forti dell'esperienza del passato per allargare il campo di ricerca.
Grazie e teniamoci in contatto, presto vi saranno cospicue novità.
TORNATE A TROVARCI

 
 
 

CIAO STEFANO

Post n°31 pubblicato il 06 Febbraio 2007 da socialismo2017
Foto di socialismo2017

siamo più soli nella nostra battaglia per la verità e la giustizia

ieri è scomparso improvvisamente Stefano Chiarini, inviato del
"manifesto" in Medio Oriente. Aveva 55 anni, è stato stroncato da un
infarto. Lascia la moglie, Elena, e due figli. A loro va il nostro
primo pensiero affettuoso.

Da Chiarini ogni giorno, per anni,
abbiamo ricevuto notizie e insegnamenti preziosi. Conosceva la
Palestina, il Libano e l'Iraq come pochi altri. Amava le popolazioni di
quelle regioni, alle quali dedicava il proprio lavoro, illuminato da
una insopprimibile passione per la giustizia.

Aveva coraggio. Il
coraggio del reporter (fu, insieme a Peter Arnett, il solo giornalista
occidentale a restare a Baghdad quando cominciarono i primi
bombardamenti americani nella prima guerra del Golfo). E il coraggio
della verità, indispensabile per scrivere senza condizionamenti di
quanto accade oggi in quella martoriata regione del mondo.

Oggi
siamo indicibilmente tristi e infinitamente più soli. Come quando,
appena qualche mese fa, ci trovammo a piangere la morte di un altro
carissimo compagno, Giancarlo Lannutti, che come Stefano Chiarini ci
aveva insegnato a capire e ad amare il Medio Oriente.
Il nostro
lavoro quotidiano andrà avanti come sempre, per le stesse ragioni e nel
nome degli stessi principi - la pace, la giustizia, l'indipendenza dei
popoli oppressi - che hanno ispirato Chiarini in tanti anni di grande
giornalismo politico. Ma questo lavoro sarà da oggi - ne siamo ben
consapevoli - assai più difficile e povero.

 
 
 

ALTRI DUE OMICIDI POLITICI

Post n°30 pubblicato il 17 Gennaio 2007 da socialismo2017
Foto di socialismo2017

Gli Stati Uniti d'America hanno ucciso altri due innocenti: la loro colpa ? Sempre la stessa: pericolosi rappresentanti dell'Iraq libero, come il Presidente.
Stanno facendo terra bruciata per liquidare ogni credibile alternativa politica al regime finto, tenuto in piedi da torturatori di professione e stupratori di massa


Intanto il governo fantoccio apre il supermercato del petrolio: Il vero obiettivo dell'imperialismo dei gangster della Casa Bianca; un passaggio fondamentale per l'economia Usa, con il fiatone e con la necessità vitale di risorse energetiche...nel tentativo di reggere il passo della Cina

(tratto da "il manifesto")


Impiccati ieri all’alba il
fratellastro di Saddam e il giudice del «tribunale rivoluzionario»



 



Orrore e sdegno in Iraq e nel mondo per
l’impiccagione, nell’Iraq occupato dagli Usa, del fratellastro di Saddam
Hussein, Barzan al Tikriti, e dell’ex giudice del «Tribunale rivoluzionario»
Awad al-Bandar
, nonostante da ogni parte, anche dall’Onu, fossero arrivati
appelli per una sospensione dell’esecuzione. Ad accrescere lo sdegno per
l’uccisione dei due condannati, avvenuta ieri mattina alle tre del mattino, si
sono ancora una volta aggiunti i macabri particolari dell’esecuzione con la
testa di Barzan al Tikriti che, stretta dal cappio, si sarebbe staccata dal
corpo rotolando ad una certa distanza. Un evento che ha fatto gridare al
sacrilegio non solo la comunità sunnita irachena - già indignata per
l’uccisione di Saddam Hussein ad opera dei miliziani dei partiti sciiti
filo-iraniani al governo - ma anche buona parte di quella sciita. Insistenti le
voci secondo le quali la testa sarebbe stata recisa dal corpo successivamente
all’impiccagione.



A queste accuse ha risposto il portavoce del governo iracheno
filo-Usa, Ali al Dabbagh secondo il quale tutto si sarebbe svolto regolarmente
dal momento che «la forca è stata costruita secondo gli standard internazionali
e rispettando le norme degli organismi per i diritti umani». Ancora più
ignobile il commento di Basem Ridha, consigliere del primo ministro secondo il
quale si sarebbe trattato di un «atto di Dio».


Barzan al Tikrit, fratellastro di Saddam Hussein da parte di
madre, ammalato da tempo di un tumore maligno alla spina dorsale, e Awad al
Bandar - già portati davanti alla forca issata in una caserma del quartiere
sciita di Khadimiya insieme a Saddam Hussein, sedici giorni fa, e poi riportati
in cella all’ultimo momento - indossavano le tute arancioni dei prigionieri e
sono stati impiccati insieme, l’uno accanto all’altro, nello stesso luogo dove
il 30 dicembre scorso, durante la festa musulmana del sacrificio, venne messo a
morte l’ex presidente iracheno. L’esecuzione sarebbe stata filmata da un video
fatto vedere ad un gruppo superselezionato di funzionari governativi e di
giornalisti di regime. Barzan prima di recitare un’ultima invocazione ad Allah
avrebbe gridato - ha raccontato un giudice del processo farsa contro gli
esponenti del passato regime jaafar al Moussawi - di essere innocente e di aver
subito un processo ingiusto. I due erano stati condannati a morte, con Saddam
Hussein, il 5 novembre scorso, per l’uccisione di 148 abitanti del villaggio di
Dujail sospettati di complicità in un fallito attentato contro l’ex presidente
compiuto dal partito filo-iraniano al Dawa nel 1982 durante la guerra
Iran-Iraq. Barzan al Tikrit, uno dei tre fratellastri di Saddam Hussein, era
stato capo dei servizi segreti tra il 1979 e il 1983 - e come tale aveva
stroncato sul nascere il tentativo iraniano di provocare una rivolta
fondamentalista contro il governo laico del Baath - per poi diventare
ambasciatore dell'Iraq dall’ ’88 al ’99 presso le Nazioni Unite a Ginevra. Da
qui avrebbe gestito i giri di capitali con i quali l’Iraq, e il regime, sono
riusciti a sopravvivere durante l’embargo ma, allo stesso tempo, per una serie
di dissidi politici (alcune aperture agli Usa) e familiari - negli ultimi anni
era stato messo da parte.



Barzan e Bandar sono stati sepolti ieri in serata ad Awja, il
villaggio alle porte di Tikrit dove è nato e dove il 30 dicembre è stato
sepolto anche Saddam Hussein. Il primo nella tomba di famiglia e il secondo
vicino a Saddam nel palazzo sul Tigri ormai diventato una sorta di mausoleo.


Gli Usa anche questa volta, negando ogni evidenza, hanno
sostenuto di non aver nulla a che fare con l’esecuzione. Il segretario di stato
Condoleezza Rice si è limitata a «deplorare» non l'esecuzione bensì le sue
modalità e si è detta «delusa». Questi killer iracheni sarebbero dei veri pasticcioni.
Forse per i prossimi condannati a morte faranno venire un boia direttamente
dagli Usa. Più esperienza, più precisione, più pulizia. Durissime le reazioni
in Iraq. L'Associazione degli ulema, massima autorità religiosa sunnita ha
commentato così le due impiccagioni: «E’ il risultato di un processo politico
che ha mancato di osservare gli standard legali minimi rispettati
universalmente». Nei quartieri sunniti di Baghdad sono comparsi ieri in serata
grandi striscioni neri con i quali si invitava la popolazione a resistere
all’occupazione Usa e alle violenza delle milizie «safavidi» filo-iraniane.
Sono intanto arrivati a Baghdad i primi «rinforzi» inviati in Iraq dal
presidente Bush, circa 2.000 soldati provenienti dal Kuwait e alcune centinaia
di peshmerga curdi che saranno inviati a pattugliare i quartieri di Baghdad.

 
 
 

OMICIDIO E SACCHEGGIO

Post n°29 pubblicato il 14 Gennaio 2007 da socialismo2017
 
Foto di socialismo2017

SEMPRE PIU' EVIDENTI LE REALI MOTIVAZIONI DELLA GUERRA D'AGGRESSIONE ALL'IRAQ, SEMPRE PIU' PALESE LA NECESSITA' DI SPARGERE ODIO ETNICO E RELIGIOSO, CORROMPERE LA SOCIETA', DIVIDERE IL PAESE, PRESERVARE UN GOVERNO FANTOCCIO, ASSASSINARE I LEADER DELLA RESISTENZA DEL POPOLO IRACHENO...UCCIDERE IL PRESIDENTE DI UN PAESE SOVRANO E LIBERO....CHE PERO', CRIMINE DEI CRIMINI, NAZIONALIZZAVA IL SUO PETROLIO.
UNA VERGOGNA SENZA LIMITI..E' IL NUOVO NAZIFASCISMO



Bottino di guerra, il petrolio iracheno
alle multinazionali Usa



di Stefano Chiarini





Petrolio etnico. L'occupazione e la
divisione dell'Iraq con nel mirino Siria, Arabia Saudita e Iran. Una mossa
contro l'Opec Il sacco di Baghdad Presto una legge irachena «made in Usa»
consegnerà nelle mani delle società petrolifere il 70% dei proventi del
petrolio



«Scivolando silenziosamente nella notte
del Golfo Persico i Navy Seals - scriveva un eccitato reporter del «New York
Times» il 23 marzo del 2003 - hanno occupato due terminali petroliferi off
shore con una serie di arditi attacchi terminati questa mattina all'alba, e
sono riusciti ad imporsi alle armi leggere delle guardie irachene ottenendo una
vittoria incruenta nella battaglia per il vasto impero petrolifero dell'Iraq».
Una vittoria che venne subito seguita, come programmato dai dettagliati piani
del Pentagono, dall'occupazione delle principali installazioni petrolifere del
paese e da quella, a Baghdad, del ministero del petrolio presidiatissimo dalle
truppe Usa mentre gli stessi militari americani aprivano le porte degli altri
ministeri o ne abbattevano i muri per invitare la folla al saccheggio della
storia e della memoria dell'Iraq.

Nei prossimi giorni, forse ore, secondo quando ha scritto domenica il
settimanale britannico «The Indipendent on Sunday», l'Amministrazione Bush e il
cartello delle principali compagnie petrolifere, sarebbero sul punto di mettere
definitivamente le mani sul petrolio di quello che Paul Wolfowitz definì «un
paese che naviga sul petrolio».Un paese considerato il terzo al mondo per
riserve petrolifere, dopo l'Arabia Saudita e l'Iran, ma che potrebbe essere in
realtà il secondo, se non il primo. Ufficialmente l'Iraq ha riserve per 115
miliardi di barili di petrolio, il 10% del totale mondiale, ma in realtà nel
deserto occidentale vi sarebbero quantità di petrolio ancora sconosciute. Si
tratta di un petrolio di ottima qualità e molto facile da estrarre a tal punto
che in alcune zone le autorità hanno dovuto gettare delle colate di cemento per
evitare che i cittadini, scavando, facessero zampillare dal suolo l'oro nero.
Un petrolio che quindi costa pochissimo da estrarre.

Questo giardino delle delizie per i petrolieri presto sarà di nuovo, a oltre
trent'anni dalla nazionalizzazione del settore portata avanti dall'allora
presidente Hassan al Bakr e dal vice presidente Saddam Hussein nel 1972, pronto
ad essere sfruttato a condizioni di grande favore dalle grandi multinazionali
come la Bp e la Shell britanniche e le
americane Exxon e Chevron. E magari qualche briciola relativa ai giacimenti di
Nassiriya potrebbe anche essere lasciata dalle compagnie Usa all'Eni. Qualcosa
di assai diverso da quel che sarebbe potuto avvenire se Enrico Mattei non fosse
stato ucciso con il suo aereo il 26 ottobre del 1962 nei pressi di Linate.
Pochi giorni dopo il presidente dell'Eni avrebbe dovuto perfezionare un accordo
con il governo iracheno di Abdel Karim Kassem che il 30 settembre aveva
annunciato la formazione dell'Ente Nazionale Iracheno per il petrolio, per la
produzione annua di 20 milioni di tonnellate di petrolio. Una vera sfida alle
sette sorelle.

La nuova legge che sarà discussa dal governo di Baghdad filo-Usa e filo-Iran e
approvata dal parlamentino uscito dalle elezioni truffa dello scorso anno, si
discosta totalmente da quelle normalmente applicate nella regione e nei paesi
in via di sviluppo dal momento che sotto un sistema chiamato
«Production-Sharing Agreements», o Psa, permette alle società petrolifere di
incamerare il 75% dei profitti fino a quando non avranno ricuperato i costi
sostenuti per poi scendere, se verrà mai quel giorno, al 20%. Esattamente il
doppio di quanto in passato governo di Saddam Hussein aveva offerto alla
vigilia della seconda guerra del Golfo alla Total per lo sviluppo di un grande
giacimento petrolifero e di quanto viene praticato normalmente. Per di più i
contratti avranno una durata trentennale e se qualche futuro governo iracheno
dovesse cambiare idea e rivendicare la sovranità dell'Iraq sul suo petrolio ci
saranno sempre i marines a ricordargli i suoi doveri. Per questo si tratta di
un accordo che difficilmente sarà accettato dal popolo iracheno. Gli accordi di
Psa lasciano si la proprietà dei giacimenti al paese ospitante ma assegnano
gran parte dei profitti alle società che hanno investito nelle infrastrutture e
nella gestione dei pozzi, degli oleodotti e delle raffinerie e per questa
ragione la nuova legge irachena sarebbe la prima di questo tipo mai adottata da
un grande paese produttore di petrolio della regione. Senza contare che nel
caso di controversie tra lo Stato iracheno e le società petrolifere, la
sovranità irachena non avrà alcun valore e le parti dovranno ricorrere ad un
arbitrato internazionale. Le società petrolifere, secondo il documento ottenuto
dall'Indipendent, inoltre potranno esportare liberamente i loro profitti senza
alcuna condizione e nel farlo non saranno soggette ad alcuna tassa. Sia
l'Arabia saudita che l'Iran - così come l'Iraq dal 1972 ad oggi - controllano
invece entrambi il settore con società statali nelle quali non vi è alcuno
spazio per le compagnie straniere, così come la gran parte dei paesi che
aderiscono all'Opec. Le legge costituirebbe quindi una sorta di pericoloso
precedente per l'Organizzazione dei paesi esportatori da sempre nel mirino dei
«neocon» secondo i quali la guerra e l'occupazione dell'Iraq sarebbero dovute
servire per disgregare i paesi arabi, prima l'Iraq, poi la Siria e infine l'Arabia Saudita
e quelli musulmani come l'Iran, sia per lasciare campo libero ad Israele sia
per assestare un colpo definitivo all'Opec. E proprio a tal fine la
costituzione provvisoria dell'Iraq, scritta dagli esperti Usa, apre la strada
alla divisione del paese in tre «patrie etniche», una curda, l'altra sunnita e
la terza sciita, che gestiranno autonomamente lo sfruttamento dei nuovi pozzi
petroliferi lasciando al governo centrale solamente una percentuale dei
proventi derivanti dai giacimenti già in via di sfruttamento. Ciò significherà
non solo un permanente conflitto tra le tre entità, ciascuna facilmente
ricattabile dalle multinazionali, ma costituirà anche la fine di un ruolo
preminente del governo centrale e quindi di qualsiasi forma di «Welfare» e di
intervento dello stato nell'economia.

La legge che legalizza la rapina delle risorse irachene non è stata redatta,
come si potrebbe pensare dal governo iracheno ma dalla BearingPoint, una
società Usa assoldata dal governo americano per «consigliare» le autorità di
Baghdad con un proprio rappresentante fisso presso l'ambasciata Usa nella «zona
verde». Nel giugno del 2003 la
BearingPoint ricevette un contratto per «facilitare la
ripresa economica irachena» al quale si aggiunsero una serie di compiti assai
delicati: Redigere il budget iracheno, Riscrivere la legge sugli investimenti,
organizzare la raccolta delle tasse, redigere le nuove regole liberiste per il
commercio e le dogane, privatizzare le imprese irachene, porre fine alla
distribuzione di generi alimentari a prezzi politici, creare una nuova valuta e
fissare i tassi di cambio. Una volta perfezionata, la legge sul petrolio è
stata presentata al governo Usa, alle società petrolifere e, a settembre, al
Fondo Monetario Internazionale. Molti deputati iracheni ancora ne sono
all'oscuro.



 




 
 
 

Questi sono peggio (2° parte)

Post n°28 pubblicato il 05 Gennaio 2007 da socialismo2017
Foto di socialismo2017

di Fulvio Grimaldi


I CRIMINI DI SADDAM



Ho amato gli iracheni a ragion veduta. Ho
rispettato e ammirato Saddam Hussein e i suoi compagni per aver visto quello che
ho visto in trent'anni di frequentazioni del paese e del popolo, un popolo
felice, generoso e fiero come lo avevo potuto conoscere a Cuba, forse oggi in
Venezuela. Quei popoli che dal nulla arrivano alla dignità, alla storia. E mi
sarei sciacquato la bocca se mi fosse scappata la parola ignorante, stolta,
eurocentrica, saccente, di "dittatore", quando sapevo benissimo che
quella forma di governo era l'unica, nel contesto dell'assedio costante dei
"cani da guerra"
, che poteva assicurare benessere e sovranità.
Dittatore da che punto di vista? Nella valutazione di chi? Di noialtri che
sguazziamo passivi tra liste elettorali blindate, dettate dai capibastone
partitici a loro volta obbedienti ai padrini confindustriali, clericali,
mafiosi e massonici, tra campagne elettorali sostenibili solo da chi ha
dotazioni o sovvenzioni milionarie, tra brogli modellati dall'esempio del "comander
in chief"
idiota e assassino, tra diritti civili che annullano il
conflitto tra sfruttatori e sfruttati nei depistanti deliri di genere e
transgenere, tra diritti umani che non vedono masse di incazzati correre a
staccare la spina a chi è già mille volte morto di dolore, tra pacifisti che
menaguerrescamente si seccano dei frastuoni delle Frecce Tricolori, ma
"riducono il danno" avallando spedizioni
"antiterroristiche" di sterminio di popoli, dal Libano
all'Afghanistan, alla Somalia e al Darfur, tra antimperialisti ernestini che,
pateticamente mugugnando, votano per la rivincita colonialista voluta da chi
nel grande '900 se l'era presa nel culo? Ma che titoli abbiamo? Che cosa ne
sappiamo dei rapporti sociali, culturali, storici di popolazioni che, per
sopravvivere, devono colmare in brevissimo tempo il ritardo nei confronti di
chi li vuole fare fuori e che, soprattutto, hanno potuto per millenni, sotto
tirannie assolute, romane, mongole, bizantine, britanniche, coltivare un minimo
di identità e autonomia grazie a un ordine tribale che assegnava, in mancanza
di altre possibilità di autodeterminazione, al più valido, al più autorevole, al
più stimato dei membri, la potestà di gestire la società negli spazi ignorati
dall'impero?




E allora io ho gli elementi per sapere per quali
crimini è stato processato e assassinato Saddam. Eccoli. Segnateli, Tommaso De
Francesco. O sennò copiali dai libri di storia e dai rapporti ONU. Per aver
cacciato con due rivoluzioni il dominio britannico, primo gassatore degli
iracheni con Churchill nel 1922; per aver costruito una nazione in un paese
lasciato dagli inglesi senza ospedali, senza scuole, senza nome; per aver
opposto ai vassalli feudali arabi dei dintorni un modello sociale basato
sull'equa distribuzione della ricchezza, sull'eguaglianza, sulla dignità senza
poveri e senza miliardari; per aver nazionalizzato il petrolio, linfa vitale
dell suprematismo giudaico-cristiano bianco; per aver sostituito l'euro al
dollaro; per aver resistito all'obnubilazione della tirannia religiosa
persiana; per aver alfabetizzato un popolo che, sotto gli inglesi, era felice
di vivere senza leggere e scrivere; per aver fatto diventare qualsiasi ragazzo
lo volesse uno dei migliori medici, ingegneri, chimici, letterati, agricoltori
del Terzo Mondo; per aver reso obbligatoria e gratuita l'istruzione fino alla
maturità e gratuita fino all'ultimo giorno di università, tanto che l'ONU
proclamò quello iracheno il miglior sistema educativo dei paesi in via di
sviluppo; per aver garantito una sanità gratuita di altissimo livello a 25
milioni di iracheni e a tutti gli altri che fossero venuti a goderne; per aver
dato alle donne una legge di parità e un ruolo raggiunto nemmeno nei paesi
cosiddetti sviluppati; per aver concesso ai curdi, primo tra tutti i paesi che
li albergano, l'autonomia, l'autogoverno, una lingua ufficiale che tutti gli
iracheni dovevano studiare, alla faccia dei capiclan narcotrafficanti che,
istigati e pagati da Israele e gli Usa, come in Kosovo massacravano i
rappresentanti dello Stato e gli arabi insediati dalle loro parti (la
repressione della rivolta di Anfal, per la quale Saddam veniva pure processato
nella propaganda occidentale, avrebbe causato 180.000 morti: non si sono mai
trovati); per aver governato in coalizione con il Partito Comunista fino a
quando questo non si è schierato con Khomeini, su ordine di Brezhnev, come oggi
è schierato con i fantocci su ordine di Bush; per aver utilizzato la ricchezza
dell'Iraq industrializzando il paese, lavorando per l'indipendenza alimentare
attraverso la riforma e l'industrializzazione agraria; per aver distribuito
gratuitamente a tutti i contadini, oltre ai macchinari, frigoriferi e
televisori, onde imporgli dittatorialmente di bere acqua potabile e fresca e
impedirgli di dormire presto la sera; per non aver intascato una lira dei
progetti governativi, per aver proibito ai suoi funzionari di avere conti
all'estero; per aver spedito medici, insegnanti e ingegneri iracheni nei paesi
arabi per assisterli nello sviluppo e per avere difeso questi paesi
dall'espansionismo persiano con il prezzo di centinaia di migliaia di caduti;
per aver respinto la richiesta degli Usa (visita di Rumsfeld) di riattivare
l'oleodotto Iraq-Israele, di riconoscere lo Stato ebraico e di permettere
l'installazione di basi Usa in Iraq; per aver costruito in pochissimi
decenni un paese sovrano, equo, benestante, con piena occupazione e servizi
sociali senza paragone, polo di riferimento per tutto il fronte progressista e
antimperialista arabo e internazionale; per non aver mai rinunciato al destino
storico dell'unità araba; per aver appoggiato fino al 9 aprile 2003 la
resistenza palestinese attraverso il sostegno finanziario alle famiglie dei
martiri; per aver resistito senza mai piegarsi a due aggressioni e a un embargo
eurostatunitense genocidi, costato due milioni di morti, di cui 500.000
bambini; per aver dato al mondo, durante le fasi della detenzione sotto tortura
e del processo, un esempio di coraggio, di incredibile forza morale, di
dignità; per aver fornito la motivazione, i mezzi, la forza ideologica a una
resistenza che sta sconfiggendo la più potente e feroce coalizione di criminali
di guerra di ogni tempo; per essere stato e continuare a essere il simbolo di
un fronte mondiale di popoli e individui in lotta contro le barbarie
.




Saddam è morto, ma, davvero, vive e lotta con noi. Il
suo retaggio gli sopravviverà e trionferà, alla faccia dei planeticidi di ogni
risma
.




UNA MAGGIORANZA SCIITA?



Vale la pena riandare alle giustificazioni avanzate
per la liquidazione dell'Iraq e del suo governo. Le patacche – armi d
distruzione di massa, Al Qaida, democrazia da portare – le conosciamo (questi
vorrebbero portare la democrazia anche agli Aztechi e Carlo Magno). Ma non vi
ha anche convinto fino alla totale passività l'affermazione che gli sciti,
discriminati e perseguitati dal governo di Saddam, fossero la grande
maggioranza in Iraq? Non avete forse imboccato alla stessa maniera con cui vi
hanno fatto trangugiare la bubbola della maggioranza del 90% di albanesi in
Kosovo (erano, prima dell'unica pulizia etnica, non più di 900.000 su
1.800.000, per metà immigrati dall'Albania sospinti da un lungimirante Henver
Hoxa)? E in difesa delle maggioranze oppresse e escluse si deve pur
intervenire, no? Salvo per quella palestinese (77% nel 1948). Ecco, la storia
della "maggioranza scita", da restaurare nella sua posizione di
diritto, era forse la scusa più universalmente accettata, anche a sinistra.
Solo che era falsa. Ecco i dati – visto che a priori non si deve credere ai
censimenti sotto Saddam - delle elezioni parlamentari e della ricerca londinese
dell'Al Quds Press Research Center. Demografia: Arabi, 82-84%, curdi,
turcomanni e altri 16-18%. Confessioni musulmane: sunniti 60-62%, di cui arabi
42-44%, di cui curdi e turcomanni 16-18%; sciti 38-40%, di cui curdi e
turcomanni 2-4%. Elezioni del 31/1/05: aventi diritto al voto 15.450.000,
votanti 8.456.266. Iracheni, quasi tutti sunniti, che hanno boicottato il voto
6,693,734 = 46%. Secondo l'Autorità Provvisoria votarono il 95% di sciiti
(minacciati di Fatwa da Al Sistanti se non avessero votato) e il 98% dei curdi.
Voto per il blocco scita 26,3%. Partito Comunista collaborazionista 69.920
voti, sunniti collaborazionisti di Al Pachachi 23.302, blocco curdo 14%. Nelle
successive elezioni parlamentari del 15/12/05 il blocco scita ha registrato il
32,2 %. Cifre, inoltre, da porsi sullo sfondo di lampanti brogli constatati
universalmente, con camion pieni di schede "votate" in arrivo
dall'Iran. Ha rifiutato il voto il 57,8%. I calcoli che originano da questi
dati danno una popolazione di sunniti al 60-62% (arabi, curdi e turcomanni), di
sciti al 38-40%. Cade così un altro pilastro della leggenda democraticista che
ha visto "il manifesto" e co. affiancati agli aggressori. Se troverò
il tempo, vi darò poi i dati che comprovano la presenza paritaria delle
minoranze nell'amministrazione Saddam, dal vertice in giù, compresi il vicepresidente,
il presidente dell'Assemblea Nazionale e i membri del Comando del Consiglio
della Rivoluzione.




LE SINISTRE VERNACOLARI, ARLECCHINE E
CALUNNIATRICI




A novembre l'agenzia e associazione Infopal è
riuscita ad organizzare, nientemeno che in una sala del Senato, un' affollata
assemblea sulla Palestina alla quale sono intervenuti i più qualificati
sostenitori della causa palestinese e nella quale sono state denunciate con
forza documentale gli aspetti orripilanti della colonizzazione e del genocidio
operati da Israele contro il popolo palestinese e, dai "cani da
guerra" occidentali, contro quello iracheno. Una giornata memorabile.
Pochi giorni dopo, in un locale privato di notevole prestigio e costo, viene
allestita un'altra giornata per la Palestina.




Gli organizzatori sono quelli del corteo del 18
novembre, i vernacolari di Radio Città Aperta e della Rete dei Comunisti, che
all'epoca delle elezioni amministrative di primavera avevano tentato di
convogliare l'autentica sinistra antagonista, Forum Palestina compreso, in una
lista per Veltroni sindaco. Già quel Veltroni. Quello dell'indissolubile
complicità con Israele e con la lobby filoisraeliana in Italia, quello dello
sgoverno senza precedenti della capitale, quello delle manifestazioni vippiste
e fuffarole e del degrado dei servizi e delle periferie, quello del Partito
Democratico amerikano, quello del "non sono mai stato comunista poiché il
comunismo è incompatibile con la libertà", quello della stazione Termini
rinominata al papa della destabilizzazione e reazione (sul modello di
quell'altro campione comunista, Nichi Vendola, governatore della Puglia, gay
adoratore di un Vaticano ammazzagay, privatizzatore delle acque e liquidatore
di chi le voleva pubbliche e titolatore dell'aeroporto di Bari allo stesso papa
da crociata). Il bilancio del loro exploit elettorale al servizio del sindaco
che ne finanzia la radio? Lo 0,6% del voto romano. Risultato di una perspicace
intelligenza politica che, successivamente, è stata ribadita nel compitino di
ovvietà superficiali sul Medio Oriente, redatto da un loro luminare
"teorico", mettendo insieme un po' di ritagli di giornale. Forum per
la Palestina e per Veltroni? Un ossimoro che non se n'è mai visto uno di più
paradossali. Un ossimoro che spiega l'astuta presa di distanza – successiva
agli anatemi dei sionisti e succubi dei sionisti – dagli ottimi compagni che
ottimamente hanno bruciato i fantocci di chi va in giro distruggendo il mondo e
le sue vite. Si sono ben guardati, i palestinoveltroniani, dal far volare una
sola parola – al di là del rituale appoggio "ai popoli resistenti"-
sulla Resistenza irachena, in coerenza con quella prudente ambiguità che ha
lasciato praterie politiche alle più improprie e spurie delle associazioni
bonsai italiane. Non solo. Neanche l'argomento dei quattrocentomila palestinesi
dannati della Terra nei campi del Libano, o dei cinque milioni seminati nel
mondo, è stato sfiorato e, tanto meno, quello dei 40.000 palestinesi profughi
dal ‘48 in Iraq, prossimi all'estinzione e alla mercè delle squadracce
iraniano-scite del doppiogiochista Moqtada al Sadr, collaborazionista nel
governo mercenario, stragista di iracheni resistenti. Ne sono rimasti 15.000
nel bel quartiere per loro costruito da Saddam, superstiti di una comunità
espropriata, sterminata o cacciata dagli sgherri di Moqtada e dei suoi compari
"iraniani", dagli squadroni della morte di "Dawa" e
"Sciri" al "premier" Al Maliki. Gli altri sopravvissuti, o
sono riusciti a riparare in paesi vicini, o sono accampati senza tende, viveri,
medicinali, nelle intemperie invernali, nella terra di nessuno tra Iraq e
Siria. Un'emergenza pari a quella determinata a Gaza dalla coppia
sionista-nazista Olmert e Lieberman. Vicenda che non competerebbe al Forum
Palestina? Ma i vernacolari, che riflettono a sinistra tutte le qualità di una
piccola borghesia burina, tanto incolta quanto autoreferenziale, che ci
infligge quella "classe politica destrosinistra" in lotta di classe
contro tutti noi di cui parla Gianni Vattimo, non solo tacciono certe cose urticanti,
altre le dicono, chiare e sporche.




INFOPAL E LINGUE BIFORCUTE



Scendiamo nella cronaca. Quella misera delle nostre
sinistre in disarmo. C'è stata, nello strascico dei due eventi per la Palestina
una sconcertante polemica. Infopal, alla quale rendiamo merito per essere la
più informata e puntuale diffonditrice di notizie nascoste sul colonialismo
israeliano, ha denunciato di essere stata accusata da ambienti vernacolari di
essere finanziata da Hamas. Identificandosi tali ambienti con questa esecrazione,
con coloro che a una forza resistente preferiscono i quisling corrotti e
collaborazionisti di Fatah, protetti da milizie addestrate e finanziate dagli
assassini del loro popolo, Sion e Usa.




Respinta l'accusa, i compagni di Infopal ne hanno sottolineato
l'assurdità assoluta. Potete immaginarvi Hamas, cui la civiltà occidentale,
europea e italiana compresa, nega la possibilità di governare da maggioranza
democraticamente – questa sì – eletta, affamando i palestinesi, cui i ladroni
di Stato israeliani rapinano i fondi dalle banche e dalle tasche dello stesso
Primo Ministro, che non ha neanche un soldo per pagare dipendenti, medici,
ospedali, scuole, cibo, infrastrutture vitali distrutte da Israele, potete
immaginarvi che vada a finanziare in giro per il mondo piccole agenzie di
notizie e associazioni tenute insieme dal concorso di volontari a costo di
pesanti sacrifici? Il Forum Palestina, chiamato in causa dai diffamati, ha
sdegnosamente e perentoriamente smentito di aver detto quelle cose. Vorremmo
tanto potergli credere! Ma in occasione dell'iniziativa del Forum, il 6
dicembre, davanti al Centro Congressi di Via Napoli in Roma, il sottoscritto
accompagnato da testimoni si è sentito dire da esponenti del Forum:
"Infopal è la voce di Hamas". E poi: "Infopal è finanziata da
Hamas". Ci vengano ora a smentire. Devo fare i nomi?. Ma fosse anche per
assurdo vera l'affermazione, quella denuncia avrebbe un carattere infame e
delatorio, vista la qualifica data a Hamas di "organizzazione terrorista"
da tutto l'establishment, veltroniano e non, di questo paese. Fosse anche vero,
come è vero che la Terra è piatta e che Veltroni merita i voti dei
filopalestinesi, sempre meglio finanziati da Hamas che da Veltroni.




CALUNNIA, CALUNNIA, QUALCOSA RESTERA'



Quando ti impegni, accanto agli integralisti di
destra (Arturo Michelini), per soluzioni amerikanamente pornografiche al
governo della capitale, e poi marci e comizii per la Palestina, è ovvio che non
sei molto attendibile e rimani in quattro gatti. Alla base di questa patologia,
secondo recenti ricerche, sta un virus cui gli scienziati hanno dato il nome
CVC-M. E' il virus della diffamazione dei "concorrenti" come
strumento di autopromozione. Costringe chi ne è colpito a urlare in tutte le
direzioni "spie", "pagati", "venduti",
"questurini", "pericolosi", "squilibrati". E'
infermità perniciosa, porta alla quarantena. E allora hai voglia ad allestire
noiosi seminari di una compagnia di giro accademica avvitata su se stessa e
autoperpetuantesi nella totale indifferenza della politica e della storia.




Avessimo avuto un Saddam. Certo, era un duro. Lo
erano anche Robespierre e Lenin, Nasser e i Tupamaros, l'IRA e i partigiani
italiani. Li hanno costretti ad esserlo. Lo era Arafat, fino a quando, a
Beirut, non ha chiuso una rivoluzione, chinato il capo e messo la coda tra le
gambe all'ombra dei cannoni atlantici e del terrorismo israeliano. I fanatici
dei diritti individuali ricordino che i diritti collettivi sono fatti per tanti
individui. La rivoluzione non è un pranzo di gala.




E noi oggi stiamo come d'autunno sugli alberi le
foglie. O si fa una rivoluzione, o si muore.




Israele ha esultato all'impiccagione del suo più
grande nemico, quello dell'ultima rivoluzione vittoriosa del Grande Secolo del
'17. Già solo per questo dovremmo piangerlo tutti.



 



 



 

 
 
 

QUESTI SONO PEGGIO

Post n°27 pubblicato il 05 Gennaio 2007 da socialismo2017
Foto di socialismo2017

di Fulvio
Grimaldi


Da Roma veltronizzata e, dunque,
burinizzata, cafonizzata, glamourizzata, fuffizzata, vippizzata, sionizzata,
clintonizzata, inciuciata, paralizzata, inquinata, disastrata, vernacolizzata,
vaticanizzata, mafizzata, massonizzata... da una Roma in cui il
candidato sindaco scelto (insieme a Opus Dei) dai radiovernacolari antagonisti
cum disobbedienti, ha intitolato la stazione della Capitale dello Stato
democratico e laico al più integralista e antiprogressista dei papi, quello del
banchiere furfante e P2 Marcinkus, quello del cardinale Pio Laghi, compare di
merende dei carnefici argentini… dal palazzo del governo di
"centrosinistra" (la destra col silenziatore) dove uno dei due capi
più sanguinari del mondo, che emula le persecuzioni subite dalla sua gente
duplicandole, intima al collega-figurante Prodi di dire che Israele deve essere
Stato ebraico (razzista), che i palestinesi sono solo un problema umanitario e
che di cinque milioni di profughi ci se ne impippa (e lui, a chiappe larghe, esegue)…
da uno Stato in cui Prodi sta a D'Alema com Bush sta a Cheney e tutti
quattro stanno al giusto e al vero come Adriano Sofri sta a Gasparazzo (mitico
operaio rivoluzionario di Lotta Continua)... da una maggioranza di
centro-sinistra-sinistra radicale che inciucia con i delinquenti mafiosi già
sgovernanti, che tenta di mandare impuniti gli amministratori ladri, che manda
a morire i suoi cittadini perchè per i propri mandanti rubino le risorse e la
vita a stranieri innocenti, che intossica tutta la popolazione sovvenzionando,
con i soldi che paghiamo per energie pulite, i criminali dei rifiuti e degli
inceneritori cancerogeni... alla Terra tra i Due Fiumi, a Hammurabi,
Nabuccodonosor, Avicenna, Averroé, Harun Al Rashid... Saddam. Dal fondo toccato
e oltre il quale stiamo scavando, alla luce di un esempio di città del sole
possibile.




"I nemici del nostro paese, gli invasori
e i persiani, hanno scoperto che la vostra unità è una barriera tra voi e
coloro che oggi vi governano. Perciò essi hanno cercato di inserire l'infame
cuneo tra voi. Restate uniti. Avete conosciuto il vostro fratello e leader come
conoscete la vostra stessa famiglia. Sapete che non si è mai piegato ai despoti
e, in sintonia con il desiderio di coloro che lo amavano, è rimasto una spada e
una bandiera. Grande popolo, ti chiedo di preservare i valori che ti permisero
di degnamente operare nella tua fede e di restare un faro di civiltà. La tua
unità ti preserva dalla servitù.




Ti chiedo di non odiare, perchè l'odio non ti
permette di essere equo, ti acceca e chiude tutte le porte al pensiero,
impedisce il ragionamento equilibrato e la scelta giusta. Ti chiedo anche di
non odiare i popoli dei paesi che ci hanno aggredito e di vedere la differenza
tra il popolo e coloro che prendono le decisioni, Chiunque si penta, in Iraq o
fuori, deve essere perdonato. Dovete sapere che tra gli aggressori v'è gente
che sostiene la vostra lotta contro l'invasore, alcuni si offrirono volontari
alla difesa legale dei prigionieri, compreso Saddam Hussein.




Coraggiosi e sacri Iracheni dell'eroica Resistenza,
figli di una sola nazione, dirigete le vostre ostilità contro l'invasore. Non
permettete che vi dividano. Popolo fedele, ti dico addio... Viva la nostra
nazione, viva il nostro grande popolo combattente, viva l'Iraq, viva l'Iraq,
Viva la Palestina, viva la guerra di liberazione e i suoi combattenti.


(Saddam Hussein, Presidente e comandante in capo
delle Forze Armate di Liberazione).




Così, dopo la condanna a morte per impiccagione,
colui che, profetico, nel 1991 dichiarò l'inizio della "Madre di tutte le
battaglie". Dopo le dichiarazioni di vittoria di due presidenti, con
parate a New York e celebrazioni en travesti sulla portaerei, la madre
di tutte le battaglie ruggisce più che mai. Chi era che ridacchiava quando
Saddam, nel 1991, parlò della "madre di tutte le battaglie"? E chi
parlava del "pagliaccio iracheno" quando il ministro
dell'informazione di Baghdad, con i carri armati dei barbari alle porte,
annunciava che Baghdad "sarà la tomba degli americani"? La Resistenza,
guidata dagli uomini di Saddam, ne uccide ora cinque al giorno (versione
ufficiale che occulta i morti senza nome, quelli senza cittadinanza Usa, come
gli immigrati clandestini dal Messico e quelli tra i 100mila mercenari privati)
e controlla trequarti del paese. E sono passati più anni di quanti ce ne
vollero per liquidare Hitler e la Germania. Ma Saddam non era Hitler. Hitler è
quell'altro, quello che sta a Cheney come Prodi sta a D'Alema e a Montezemolo.




Fu vera gloria? Ai posteri / l'ardua sentenza:
nui / chiniam la fronte al Massimo / Fattor, che volle in lui / del creator suo
spirito / più vasta orma stampar… Tu dalle stanche ceneri /




sperdi ogni ria parola: / il dio che atterra e
suscita, / che affanna e che consola / sulla deserta coltrice / accanto a lui
posò.


(Alessandro Manzoni)




Ho visto in Tv l'abbagliante Apollo di Vejo, quello
etrusco del VI secolo prima della catastrofe, quello che in veste merlata
incede a testa alta e col sorriso, come se fosse portato dal vento, chissà se
verso una sposa, verso il suo popolo, o verso la morte. I grandi ci vanno così.
E così, come ce lo hanno materializzato le sue parole di amore e di lotta e il
suo comportamento di combattente indomito, ci va Saddam Hussein. Avete visto
Saddam nei rari flash tv che filtravano dal verminaio
occupazional-collaborazionista. Un Saddam segregato, aggredito, torturato, con
gli avvocati e i testimoni a difesa che gli venivano assassinati uno per uno.
Un Saddam che ha esploso in faccia ai suoi boia, ai boia del mondo, l'invincibile
forza del martire incorrotto, vessillo nei secoli per chi resiste e manda
avanti questa baracca sfondata chiamata Pianeta Terra. Vi auguro che abbia
fatto germogliare un dubbio nelle vostre granitiche certezze sul "boia di
Baghdad". L'Apollo di Vejo è certamente un dio. Ed è forse vero che dio ha
creato l'uomo "a propria immagine e somiglianza" (lo sapete dalla
bibbia che, però, ha scopiazzato da tutti). E l'uomo che oggi mi pare più
somigliante a quanto gli dei si erano proposti impastando argilla è proprio
Saddam. Retorica? Ma pensate a quella dei diffamatori, quelli dei
"dittatore sanguinario", del "tiranno criminale", del
caldaroliano "lapidatore di donne", il "massacratore del proprio
popolo". Pensate alla retorica vigliacca e complice dello stivale sinistro
dell'imperialismo, l'immondo movimento della pace che invoca un'ONU manutengolo
di assassini seriali, insieme ai partiti moralmente putrescenti che, galoppando
alla Bertinotti o strisciando (vero "sinistra" del PRC?), vendono,
per trenta denari, all'imperialismo una copertura di melma. E pensate, dopo
aver visto l'Apollo, ad altre facce: il senile farfugliatore mortadelliano agli
ordini di Olmert, il velista sottocosta con i baffini del disprezzo cosmico,
mozzo dell'Opus Dei e capomandamento della Nato, Fassino, Rutelli, Berlusconi,
Bossi, Biondi, Merkel, Blair, Bush. Veltroni, il sempre più vespizzato e
avariato Bertinotti. Quale dio ha mai creato costoro? Non certo l'Apollo di
Vejo. Semmai sono scaturiti dal pennello allucinato di Hyeronimus Bosch... Ho
la netta sensazione che una delle angosce più forti da me sofferte in una vita
intrecciata di politica, professione e tutto il resto, sia da decenni quella
per la mostruosamente ingiusta e bugiarda diffamazione del presidente iracheno
da parte di chi la dovrebbe sapere più lunga. Subito seguita da quella, appena
meno virulenta, di Slobo, o di Fidel. Una satanizzazione che possiamo dare per
scontata tra coloro che a muso duro ci combattono e dai quali, a partire da
Costantino e dal primo papa, nulla ci aspettiamo. Una diffamazione tanto più
esasperante poichè prodotto di scarto dell'intelligenza politico-professionale
di tanta sinistra, quasi tutta. E i sinistri che non ci cadono, magari non
fanno i corifei della balle galattiche su Saddam, ma, audacemente, tacciono.
Come tace fragorosamente il papa, pronto a sciogliersi in sdegno e pianti su
embrioni da mezz'etto e agonizzanti liberati, appena levati gli artigli dal
corpo di Piergiorgio Welby. Papa che pure farfuglia banalità di pace e amore (ma
sottende nequizie, d'intesa con un'intera classe, sempre quella, di monatti).




Chi controlla il passato controlla il futuro.
Chi controlla il presente controlla il passato


(Gorge Orwell)




I BOIA E GLI "SCIACALLI"



Che fossimo preda di orridi serialkiller
psicopatici, USraeliani con tutti i loro sicofanti europei e i loro ascari nel
Terzo Mondo, non c'era bisogno della barbara esecuzione di Saddam a
dimostrarcelo. Più oscena è la turpitudine compunta e finta addolorata di
coloro che, nella politica e nei media, ottusi e servi più che mai, deprecano
la condanna a morte di questo grande eroe della resistenza umana. Eroe al cui
martirio hanno incessantemente lavorato confermando - e rilanciando tra masse
disinformate del fatto che Saddam lottava per tutti noi - l'immane costruzione
di menzogne fabbricata da chi, correttamente, aveva temuto - e sempre più dovrà
temere - nella figura del grande statista e leader della rinascita araba la
nemesi dell'imperialismo capitalista e colonialista, l'esposizione della fetida
natura della "civiltà occidentale". Da farabutti bulimici di
arricchimenti che s'inventano un terrorismo islamico per mimetizzare i propri
crimini razzisti e genocidi, dalle Torri Gemelle ai mattatoi in giro per il
mondo, dalla tortura legalizzata allo sterminio sociale, dal nichilismo
culturale alla devastazione planetaria, da diritti umani e democratici
disintegrati da truffe elettorali ormai generalizzate, al sequestro del
pensiero e della parola dell'intero genere umano, nulla di diverso c'era da aspettarsi.
Quello che sconvolge, indigna oltre ogni misura tollerabile, è la complicità
con questi abominii di sinistre fetecchie alle quali i popoli e le classi della
speranza e della lotta avevano affidato la verità, la liberazione, la vita.




Saddam è stato condannato per la strage di 148
iracheni colpevoli di aver attentato alla vita del capo dello Stato. Strage?
Almeno un quinto dei presunti uccisi è tuttora in vita. Molti altri sono
deceduti di morte naturale negli anni che vanno dal 1982 ad oggi. E nessuno s'è
preso la briga di andare a vedere le carte. Carte che raccontano invece come
quegli attentatori, mercenari prezzolati dal nemico quando l'Iraq si difendeva
dall'aggressione persiana finanziata da Israele e Usa, fossero stati
processati, con pieni diritti alla difesa, per ben tre anni? Non ricordate i
finanziamenti ai terroristi contras scaturiti dalla vendita di armi israeliane
a Khomeini? Non avete visto negli archivi di Washington gli annuali
stanziamenti a Tehran da parte del Congresso? Avete visto una sola arma Usa in
mano alle truppe irachene nelle immagini delle due guerre del Golfo? Vi siete
scordati le provocazioni armate di Khomeini nell '80, la modifica unilaterale
delle frontiere concordate, l'infiltrazione di migliaia di provocatori tra gli
sciiti, la sua minaccia di chiudere all'Iraq i vitali Stretti di Hormuz proprio
quando Israele e l'Occidente erano in difficoltà per la creazione voluta da
Saddam di un Fronte del Rifiuto arabo contro l'inciucio di Camp David del
rinnegato Sadat con il terrorista Begin? Non vi dice niente il fatto che, oggi,
i persiani coronano il loro sogno di frantumare e divorare l'Iraq in perfetta
cogestione con gli invasori occidentali? E continuate a ripetere, all'unisono
con gli stragisti della loro gente dell'11 settembre, di Londra, Madrid e di
tutto intero il terrorismo "islamico", che a Halabja Saddam gassò i
curdi, la propria gente, quando tutti i servizi segreti del mondo, Cia in
testa, vi ripetono che fu il cianuro iraniano a piovere su quei disgraziati, cianuro
che l'Iraq non ha mai possseduto e chissà chi l'aveva fornito a Khomeini. Quel
Khomeini, promotore di un oscurantismo che avrebbe fornito alle elite
cannibalesche occidentali il nemico che gli avrebbe permesso di far rinascere
un colonialismo sconfitto dai popoli. Quel Khomeini, ospitato e nutrito in
Europa, giunto a Tehran su un aereo statunitense perchè impedisse che al
fantoccio Shah succedessero le forze politiche comuniste e patriottiche che lo
avevano abbattuto?




C'è chi nasconde i fatti perché non li
conosce, è ignorante, impreparato, sciatto e non ha voglia di studiare, di
informarsi… c'è chi nasconde i fatti perché non vuole rogne e tira a campare
barcamenandosi… c'è chi nasconde i fatti perché altrimenti non lo invitano più
in certi salotti… c'è chi nasconde i fatti perché contraddicono la linea
dell'editore… c'è chi nasconde i fatti perché quelli che li raccontano se la
passano male… c'è chi nasconde i fatti anche a se stesso perché ha paura di
dover cambiare opinione… c'è chi nasconde i fatti perché altrimenti poi tolgono
la pubblicità al giornale… c'è chi nasconde i fatti perché altrimenti è più
difficile voltare gabbana quando gira il vento… c'è chi nasconde i fatti perché
il coraggio uno non se lo può dare…


(Marco Travaglio, che però farebbe bene ad
applicare il suo bisturi anche agli assassini seriali di Tel Aviv
)




Dagli abissi, a volte pozzi neri, della loro
ignoranza, malafede, servilismo, ributtante opportunismo, del loro gongolante
brunovespismo, questi cialtroni, spurgo di una tradizione conformista e
ipocrita inculcatoci da due millenni di imposture e violenze vaticane,
arricciano il naso sull'esecuzione mentre portano sulle spalle la piena
responsabilità di averla agevolata, quella e tutte quelle che stanno eliminando
dalla faccia della terra popoli di troppo, grazie a una collusione fatta di
scimmiottamenti delle demonizzazioni e, peggio, di coltellate alla schiena di
chi non assume, a Bush piacendo, il suicidio della specie sotto forma di
"non violenza".




Cari Tommaso di Francesco, signora Mariuccia Ciotta
e solitamente bravo Danilo Zolo del "manifesto", siete i capifila là
dove casca l'asino (da Sofri al "terrorismo", dalla Jugoslavia all'11
settembre, irresponsabilmente e vilmente avvallato nella megafrode dei
delinquenti di Washington) dell'armata arlecchina di grilliparlanti
cerchiobottisti e dunque correi, che si stanno mangiando quanto resta della
residua credibilità (della sciagurata connivenza del nonviolento, ma
filoisraeliano "Liberazione" non mette neanche più conto parlare)




Perdete lettori? Forse perchè qualcuno trova ormai
insopportabile la vostra compunzione pietista e legalitaria sulle nefandezze di
una pagliacciata processuale senza prove, con testimoni d'accusa mascherati,
con testimoni e avvocati di difesa trucidati, con il filo diretto tra i microbi
giuridici in aula e i massacratori Usa del loro popolo, che dettano gli abusi
dal santuario della Zona Verde. Pensate di esservi fatti politicamente corretti
quando avete denunciato l'ovvio? Fa schifo quando sull'altro piatto della
vostra bilancia, fintobuonista e sconciamente ipocrita, scaricate i macigni
delle falsità condivise con i padroni, a partire da quell'"alleato degli
americani" che avete la compulsione a ripetere, senza mai esservi
documentati. Così la foto di Rumsfeld che, nel 1982, stringe la mano a Saddam,
diventa la prova provata della turpe intesa tra il "finto nazionalista
arabo antimperialista" e la criminalità organizzata di Washington. Una
foto! T.d.F ne deduce che "quel regime non avrebbe mai prosperato senza il
sostegno degli Stati Uniti che all'epoca dei crimini contestati a Saddam,
l'uccisione di 140 sciti (148, De Francesco, 148!) a Dujail e il massacro di
migliaia di curdi nella risposta alla rivolta dei curdi israelo-amerikani,
erano i primi alleati del rais di Baghdad".




L'ottimo giornalista del "manifesto",
quello con l'altra coazione a ripetere infamie quando gracchia di "contropulizie
etniche in Kosovo, avallando ancora, con tutta l'abbagliante evidenza contro,
la menzogna della pulizia etnica fatta prima dai serbi, gareggia addirittura
con Bush e Colin Powell (quello del 5 febbraio 2003 all'ONU ridicolizzato dal
mondo), in protervia di inganni: Rumsfeld, mentre stringeva la mano al rais,
dall'altra faceva arrivare al regime "armi letali di distruzione di massa,
gas e armi chimiche, armi e sistemi logistici". E' stata l'attenta
professionalità di questo canarino da salotto mediatico a trascurare i
documenti che rivelano come Rumsfeld fosse andato per chiedere a Saddam di
riaprire l'oleodotto Kirkuk-Haifa, onde alimentare la pandemia bellicista
israeliana, ottenendo in cambio una linea Usa meno squilibrata a favore
dell'ayatollah persiano? E che dimostrano che Saddam respinse la richiesta e
mandò a casa il futuro mostro della tortura con le pive nel sacco? E poi vai
con il "tiranno", con le "tante malefatte",
"responsabilità criminale". Finisce, T.d.F. con l'implicito lamento
che Bush padre non abbia, lui, fatto fuori Saddam, tradendo gli sciiti nel
frattempo insorti (contro l'unita nazionale e al servizio dell'espansionismo di
Khomeini, ma T.d.F. non lo dice), e corona l'inqualificabile libello (Il
manifesto, 28/12/06) con l'accreditamento dell'autenticità endogena di Al
Qaida, che "esulterebbe della fine del nemico giurato", riconoscimento
ormai di prammatica, nelle tetre pagine del "quotidiano comunista",
della balla spaziale di coloro che, a Langley, Al Qaida l'hanno inventata, e la
gestiscono a pro della futura dittatura USraeliana mondiale. Sì, De Francesco,
Al Qaida ha esultato. Mentre con Bush e Blair si sorbiva il té servitogli dal
paggetto baffuto che cazza le rande.




Nulla di diverso si può dire dell'altro, il
solitamente rispettabile Danilo Zolo: "Gli Stati Uniti hanno sostenuto sul
piano economico, militare e diplomatico quell'aggressione (all'Iran)... Essi si
sono fatti complici di Saddam Hussein non denunciando alcuni crimini gravissimi
commessi dalle truppe irachene: gli attacchi compiuti con l'uso di armi
chimiche contro la popolazione iraniana". Davvero stupefacente. Eppure un
certo nome questo Zolo ce l'ha. Tanto nome da non aver bisogno di andare a
documentarsi, magari sui comunicati di guerra degli stessi iraniani, oppure di
tutte le cancellerie interessate, con la ripetuta denuncia dei gas iraniani
contro gli iracheni! Non saprà, come il 99% dei nostri "informatori"
l'inglese, ma la traduzione dell'analisi sul New York Times del 31/1/04, che
prova la paternità iraniana dei gas sui curdi, è da anni disponibile in rete. E
poi, davvero curioso questo "alleato degli Usa", che agli Usa strappa
il petrolio e se lo tiene fino all'ultimo giorno, che sostiene i palestinesi
con armi, uomini e fondi dal primo giorno della rivoluzione fino al 9 aprile,
giorno dell'irruzione dei vandali a Baghdad, che manda in vacca la prima
tentata normalizzazione del Medio Oriente con il Fronte del Rifiuto arabo, che
costruisce a Baghdad il polo di raccolta, coordinamento e mobilitazione di
tutte le forze progressiste, antimperialiste e antisioniste del mondo, non meno
di Cuba. Singolare alleato del loro padrino Usa cui gli israeliani polverizzano
l'unica centrale nucleare civile, proprio mentre Rumsfeld sta per partire per
Baghdad. Lasciamo perdere, ricordiamoci le epigrafi di Travaglio sul
giornalismo italiano. Questa è gente che ha subito smesso di chiamare mercenari
quei quattro "nostri ragazzi", professionisti del killeraggio per
soldi, finiti in mano ai patrioti iracheni, che sta zitta davanti alle cerimone
e ai monumenti ai "nostri ragazzi" di Nassiriya. Quelli che,
sghignazzando, mitragliavano e uccidevano centinaia di civili iracheni, fin
nelle case, fin nelle ambulanze, urlando, ebbri dell'educazione fornitagli,
"annichilito!" "Operatori dell'informazione"! Gli stessi
daI quali invano ci aspettavamo urla di furore per la verità e la giustizia al
tempo delle aberrazioni processuali di Carla del Ponte all'Aja e del processo
dei macellai istruttori di pupazzi a Baghdad.






 



 

 
 
 

DICHIARAZIONE DEL MINISTERO DEGLI ESTERI DI CUBA

Post n°26 pubblicato il 04 Gennaio 2007 da socialismo2017
 
Foto di socialismo2017



Il mondo ha ricevuto con doloroso stupore la notizia
dell’esecuzione di Saddam Hussein avvenuta nello
stesso giorno in cui i musulmani celebrano un giorno
sacro per l’esercizio della clemenza.




È un grave errore politico, un atto illegale in un
paese che è stato condotto ad un conflitto interno
per il quale milioni di cittadini sono andati in
esilio o hanno perso la vita.




Un fatto che, per diverse ragioni, è stato
condannato in forma quasi unanime dai paesi
musulmani e dalle nazioni ricche e povere.




Cuba, dove la pena di morte non è ancora stata
abolita per colpa della brutale guerra che impongono
gli Stati Uniti, ha il dovere morale di esporre il
suo punto di vista sull’assassinio commesso dalla
potenza occupante.




È già ora di interrompere la sequela di morti e di
sofferenze dovute alla guerra per migliaia di
giovani nordamericani. 




L’Avana - 31 dicembre 2006

 
 
 

Pellegrinaggio per Saddam

Post n°25 pubblicato il 03 Gennaio 2007 da socialismo2017
 
Foto di socialismo2017

(grazie al lavoro di giornalisti veri come Stefano Chiarini, Giulietto Chiesa, Fulvio Grimaldi, ci sentiamo meno soli nella ricerca della verità sui motivi politici, storici ed economici del terrore contro l'Iraq e dell'omicidio di Saddam Hussein)

In migliaia rendono omaggio alla salma dell'ex
presidente iracheno. Rabbia e sdegno per l'impiccagione e per gli
insulti al condannato da parte dei miliziani filo-iraniani che lo hanno
ucciso per conto di Bush



di Stefano Chiarini (da "il manifesto" del 2 gennaio 2007)



Tra le tante «pietre miliari» degli ultimi tre anni
e mezzo di occupazione americana dell'Iraq, quella di Domenica resterà
negli annali non solo per la barbara uccisione dell'ex presidente
Saddam Hussein ad opera dei suoi nemici nord-americani e filo-iraniani
- che per il suo carattere settario, confermato ieri da un piccolo
filmato amatoriale ricco di insulti e offese al condannato, ha
suscitato lo sdegno di gran parte del mondo arabo, e di quello sunnita
in particolare - ma anche per la morte del 3000millesimo soldato Usa -
Dustin Donica, un ragazzone texano di 22 anni - anche lui vittima della
lucida follia fondamentalista del presidente Bush. Presidente Bush che
nelle prossime ora si appresterebbe ad inviare nell'inferno iracheno
altri trentamila soldati. Naturalmente "solo per alcuni mesi",
sufficienti per stabilizzare la situazione", nella illusione di
schiacciare la resistenza irachena almeno nella capitale, e accelerare
poi la realizzazione del progetto di una divisione del paese in tre
mini-entità una curda, una sunnita e una sciita, in perenne conflitto
tra di loro. Un passo che faciliterebbe il controllo Usa sul petrolio
iracheno - da spartire in parte con l'Iran - e toglierebbe per sempre
l'Iraq dalla mappa del conflitto arabo-israeliano.

Un progetto nei
confronti del quale anche negli Usa crescono però dubbi e malumore,
rafforzati ieri dalle scene sconvolgenti dell'impiccagione di Saddam,
prova provata che questi 3.000 soldati sono morti non in nome della
democrazia ma della barbarie di abu Ghraib, del napalm, del fosforo
bianco, delle stragi e delle forche. E proprio a questi 3.000 ragazzi
americani il New York Times ha dedicato nel giorno di Capodanno quattro
pagine con le foto degli ultimi mille soldati tornati dall'Iraq in bare
avvolte dalla bandiera a stelle e strisce. Ma il presidente Bush non
sembra destinato a rispondere agli interrogativi dell'opinione pubblica
del suo paese: l'accelerata e brutale impiccagione di Saddam Hussein,
il fermo e dignitoso comportamento dell'ex leader iracheno messo a
confronto con la brutalità dei suoi aguzzini prezzolati, l'assalto ieri
agli uffici di uno dei pochi leader sunniti che si sono prestati a
partecipare al gioco truccato del processo politico a Baghdad, Salah al
Mutlaq, con l'uccisione di almeno dei persone e la distruzione dei
locali del suo partito, il «Dialogo Nazionale Iracheno», la chiusura a
Baghdad dell'unica televisione indipendente, e per questo la più
popolare «al Sharkiya», colpevole di appartenere all'uomo di affari
sunnita Saad al Bazzaz e di criticare gli squadroni della morte
filo-iraniani, hanno fatto giustizia nelle ultime ore di tutte le
chiacchere sui progetti Usa di «coinvolgere i sunniti» e rilevanti
settori di coloro che sono contrari all'occupazione in una qualsiasi
«exit strategy».

Non vi sono dubbi che il premier al Maliki firmando
venerdì notte la condanna a morte di Saddam - senza ottenere
l'approvazione, prevista dalla legge, dell'intero «Consiglio
presidenziale» composto da un curdo, un sunnita e uno sciita - abbia
firmato anche la condanna a morte sua, del suo governo e della stessa
occupazione americana dell'Iraq. Il corpo di Saddam Hussein, sepolto
domenica all'alba nella frazione natale di Awja, dove era nato 69 anni
fa, nei pressi di Tikrit, è in poche ore divenuto oggetto di un
continuo pellegrinaggio di cittadini provenienti da ogni parte
dell'Iraq.

Nella vicina Tikrit, patria dell'eroe arabo Salah ed Din, il
«liberatore di Gerusalemme», e una volta fiorente centro cristiano,
sono state innalzate decine di tende, addobbate con gigantografie di
Saddam Hussein e bandiere irachene, in cui migliaia di persone in
lutto, tra cui molte donne e bambini, hanno reso omaggio alla memoria
del loro leader e hanno partecipato alla lettura del Corano. Lo sdegno
diffusosi non solo in Iraq ma anche nell'intera regione per
l'impiccagione del leader iracheno, fatta coincidere esattamente con
l'inizio della festa musulmana del sacrificio, è cresciuto ieri in
seguito alla diffusione di un video amatoriale, girato con un
telefonino, nel quale si vede e si sente tutto quel che il filmato
ufficiale dell'esecuzione aveva nascosto: non solo le invocazioni ad
allah negli ultimi istanti della vita del condannato e l'appello agli
iracheni a «restare uniti contro gli occupanti americani e iraniani» ma
anche il fatto che gli esecutori della condanna erano tutti membri
delle milizie sciite filo-iraniane al governo, in particolare di quella
del leader sciita radicale Moqtada al Sadr, che hanno insultato il
condannato sino al momento estremo. Quest'ultimo, prima di recitare
l'ultima preghiera, si sarebbe rivolto a loro dicendo, con un sorriso
sarcastico «E' questa la vostra umanità?». Intanto la direzione del
partito Baath avrebbe nominato Izzat Ibrahim al-Duri, l'ex
vicepresidente superricercato dagli Usa, «presidente legittimo
dell'Iraq».

 
 
 

QUEL VIDEO CI PARLA DELLA MISERIA UMANA..

Post n°24 pubblicato il 02 Gennaio 2007 da socialismo2017
 
Foto di socialismo2017

..DEL NUOVO FASCISMO



Hanno inveito sul presidente Saddam Hussein anche in punto
di morte.



Non bastava, a questi disgustosi criminali fascisti, aver
imposto un calvario lungo mesi al leader dell’Iraq libero, non bastava a questi
funzionari corrotti aver messo in piedi un processo finto su ordine degli Stati
Uniti d’America.



Bisognava distruggere l’immagine del leader, farlo con
inaudita crudeltà. Il risultato però non è stato raggiunto. Il Presidente dell’Iraq
esce ingigantito, come statista e come uomo, da questa terribile pagina della
storia.



Saddam Hussein non è stato processato dal popolo iracheno,
che reclamava la sua liberazione e che oggi lo acclama come leader, più di ieri;
in questo senso appaiono ridicoli i paragoni con Mussolini (avanzati
strumentalmente dalla destra fascista e dal governo finto dell’Iraq occupato),
giustiziato al termine di una guerra di popolo e di liberazione su ordine del
CLN; Saddam Hussein è stato giustiziato da una potenza straniera, contro la
volontà del suo popolo (che oggi resiste nel suo nome); una potenza che dopo
aver occupato un paese sovrano, ha edificato uno stato fantoccio e messo in
piedi un procedimento illegale.





Lo ripetiamo per l’ennesima volta: per noi la questione non
deve essere letta sul piano del diritto internazionale o sul versante della
discussione sulla moralità della pena di morte.



Per noi la vicenda dell’omicidio di Saddam Hussein deve
essere posta sul piano della politica, delle vicende politiche che hanno
portato alla guerra contro l’Iraq, ai crimini contro il popolo iracheno, fino
al patibolo per il presidente di un paese sovrano, occupato militarmente.

Va costruita una campagna che spieghi le motivazioni
politiche dell’assassinio del Presidente dell’Iraq, che squarci il velo delle menzogne
costruite dalla propaganda sulla storia dell’Iraq progressista nato dalla
rivoluzione del 1968; una grande campagna che metta in relazione l’omicidio di
Saddam Hussein con il castello di bugie messo in piedi dagli Usa, da Israele (in
parte anche dall’Iran) e da larghi settori della comunità internazionale.





Perché si tace sulla questione delle stragi da gas nervino,
mai compiute dall’Iraq?

Quei crimini furono in realtà commessi dall’Iran (l’Iraq non
possedeva armi di quel tipo, è noto anche ai servizi segreti Usa). Si tace
sulla nazionalizzazione del petrolio e sulla delegittimazione del dollaro come
moneta di scambio (nel 2000 l’Iraq adottò l’euro come moneta di scambio), veri
motivi della guerra di aggressione Usa. Si tace sulla realtà civile, sociale,
culturale dell’Iraq di Saddam Hussein, un paese moderno, laico, colpevole di
non essere allineato agli Stati Uniti, colpevole di aver guardato con troppa
simpatia all’Urss.



Si tace sulla
popolarità di Saddam Hussein, un leader nazionale amato dal popolo iracheno, che
in queste ore si riversa nelle strade e nelle piazze del paese, per il suo
presidente; un leader deposto contro la volontà del suo popolo e ucciso perché pericoloso
politicamente, unica alternativa credibile al regime d’occupazione.





Qui stanno le ragioni dell’omicidio di Saddam Hussein e per
capire la drammatica fine del Presidente dobbiamo leggere la storia dell’Iraq
degli ultimi 30 anni. Non è questione di diritto internazionale (che, tra le
altre cose, ha perso ormai ogni credibilità), né la vicenda irachena può essere
ridotta ad un dibattito, di carattere morale ed etico, sull’utilizzo della pena
capitale. Certo, possiamo discuterne, ma senza capire le motivazioni politiche
dell’assassinio del Presidente e senza sfondare la barriera della disinformazione
sulla storia di Saddam Hussein e dell’Iraq libero, non si potrà mai giungere ad
una valutazione seria dei terribili eventi in corso.




 
 
 

IBRAHIM AL DURI E' IL PRESIDENTE DELL'IRAQ

Post n°23 pubblicato il 01 Gennaio 2007 da socialismo2017
Foto di socialismo2017

La direzione del partito Baath in esilio, alla testa di tutte le forze democratiche di resistenza impegnate nella lotta di liberazione nazionale, ha nominato Presidente legittimo della Repubblica dell'Iraq e capo delle forze armate, il comandante Ibrahim Al Duri, già alla testa del Consiglio del comando della rivoluzione.

Questa notizia costituisce un forte segnale politico e testimonia la pronta riorganizzazione di tutte le forze nazionali Irachene ed in particolare del partito baath, spina dorsale della resistenza nazionale, laica e progressista al regime d'occupazione. Dopo l'omicidio del presidente Saddam Hussein le forze democratiche dell'Iraq ripartono sotto la guida di un grande protagonista della rivoluzione del 1968. Al Duri è una figura di grande prestigio, un leader unitario, laico, socialista; è una salda testimonianza della storia civile e politica dell'Iraq libero e noi non possiamo che rallegrarci per questa positiva notizia che viene dalle forze di liberazione in esilio.

Quanto più le forze laiche e progressiste di liberazione nazionale, le forze del presidente Saddam Hussein, sapranno riprendere il cammino unitario, tanto più la minaccia di una nuova era di oppressione sanguinaria, fascista, fanatica (costruita su occupanti stranieri e su corrotti fantocci curdi e sciiti filoiraniani), potrà essere scongiurata

 
 
 
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